La continuità assistenziale: ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente psichiatrico
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psichico dal quale è colpito egli adotta un comportamento che non è
adeguato alle richieste dell’ambiente circostante.
Il compito di chi lo assisterà sarà quello di riavvicinarlo per quanto
possibile, al “ mondo della vita ” che lui non è in grado di avvertire come
suo stesso mondo.
La volontà di trattare questa tematica per la discussione della mia tesi è
nata da una personale sensibilità nei confronti delle persone più deboli,
ma in particolar modo per via di esperienze più personali mi sento più
sensibile nel trattare argomenti che prendono in esame il paziente
psichiatrico o con handicap mentale.
Proprio per questa sensibilità lo scopo della mia tesi è quello di voler
avvicinare il pubblico che leggerà, a tali soggetti e ai pensieri che
passano loro per la testa, e a tal scopo altro non posso fare che, dopo una
descrizione in generale a quali difficoltà tali soggetti sono stati incontro,
descrivere quale è il è il percorso migliore per potersi approcciare ad
essi senza timore e senza pregiudizi.
Allo scopo di far comprendere al meglio quali sono le mie intenzioni,
riporto una frase del noto filosofo Soren Kierkegaard
1
, che mi ha
particolarmente colpita e che penso riassumi al meglio quello che voglio
trasmettere.
1
www.infermierionline.net/index/htm
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La frase cita:
“ Voglio andare in un manicomio a vedere se la profondità della follia
mi spiegherà l’enigma della vita ”.
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CAPITOLO 1: UN PO’ DI STORIA..
Il disturbo psichico è conosciuto sin dai tempi remoti ed è stato
interpretato ed affrontato in modi differenti nel corso degli anni.
Del resto la stessa parola psichiatria (cura della psiche, cura dell’anima)
è stata coniata solo nei primi anni dell’Ottocento da alcuni medici
tedeschi.
Con questo termine s’intendeva curare l’anima (psiche) con una tecnica
medica, rafforzando così la scientificità di tutte quelle patologie che
erano state classificate precedentemente con il termine di FOLLIA.
A partire dalle antiche civiltà ove vigeva la cultura magico-religiosa il
disturbo psichico era interpretato difatti solo come un qualcosa
proveniente dall’esterno, dovuto dalla volontà divina.
La cura dunque avveniva tramite riti magico-religiosi e spesso la persona
invece di essere allontanata assumeva ruoli di rilievo sociale (es.
stregone).
PLATONE (438-327 a.C.)
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era l’unico a sostenere che è errore assai
diffuso tra gli uomini quello di voler intraprendere separatamente la cura
del corpo e la cura dello spirito ma i greci in quel periodo però
ritenevano che la follia non fosse una malattia, ma una particolare
condizione a cui un dio condannava un individuo.
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Ivi p.2
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Di conseguenza i luoghi di cura di quel periodo erano i santuari dedicati
al Dio della medicina Asclepio e la terapia consisteva in una serie di riti
religiosi e di tecniche suggestive, praticate dai sacerdoti.
Sarà solo con IPPOCRATE (450-377 d.C.)
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che alla visione religiosa si
sostituisce una concezione che attribuisce le cause della malattia, a
fenomeni naturali, quindi egli propone un’osservazione accurata dei
sintomi, che tenga conto anche dell’ambiente di vita.
Questa visione ha caratterizzato il periodo classico della storia greca e
romana, facendo considerare la persona malata di mente un soggetto da
rispettare e curare, e sul quale intervenire sia a livello farmacologico sia
a livello ambientale indicando viaggi, luoghi di riposo.
Segue il Medioevo, sviluppatosi in seguito alla caduta delle grandi
civiltà antiche, che vide uno sviluppo non ordinato del pensiero
psichiatrico, ma bensì un complesso intreccio di indirizzi molteplici e
contraddittori:
1) INDIRIZZO ORGANICISTICO: considera il disturbo mentale come
una conseguenza dell’alterazione dell’equilibrio degli umori e delle
qualità. In questo caso il malato era trattato con delle erbe, salassi,
viaggi, ecc.
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2) INDIRIZZO PSICOLOGICO: considera il disturbo mentale come
espressione delle profonde crisi emotive che si verificano durante
l’esistenza e che richiedono di essere risolte all’interno di una
relazione interpersonale dal significato terapeutico
3) INDIRIZZO MAGICO: dove il disturbo mentale veniva attribuito a
cause extra-naturali es. influenza degli astri.
Alcuni ritenevano che la principale responsabile di queste malattie
fosse la luna da qui il termine lunatico che comunemente designava il
malato di mente
4) INDIRIZZO RELIGIOSO: era quello dominante.
La malattia era imputabile a un’offesa fatta dall’uomo a Dio.
Infatti è da ricordare che a quel tempo la malattia era considerata una
punizione per una colpa commessa, da scontare con dolore e
sofferenza. Le chiese divennero così riferimenti importanti per i
malati. Il malato era considerato un indemoniato, ma veniva trattato
con attenzione e umanità.
Col passare del tempo a questa immagine si sovrappose l’immagine
di un malato di mente quale mago o strega da identificare inquisire e
punire al rogo
Segue la Rivoluzione Industriale durante la quale ci fu un notevole
sviluppo di agglomerati urbani, con accumulo di persone in condizioni
socio-economiche difficili.
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Nascono problemi di ordine pubblico che spingono la ricca società
borghese a volersi tutelare dal pericolo rappresentato dal deviante,
dall’alcolista, dal povero che fosse, con la creazione di istituti destinati
per la carcerazione di tali figure.
Parallelamente nasce la figura di custode del carcere, con compito
custodialistico-repressivo che è riconosciuto come precursore
dell’infermiere psichiatrico.
In tali strutture i custodi-infermieri dovevano eseguire gli ordini,
mostrare ai malati tratti di cortesia, non dare del tu ai pazienti, non
chiamarli pazzi, furiosi, ecc.
Esempi di compiti di un’infermiere in psichiatria:
- se insorgevano dispute doveva cercare di appianarle e se non
riusciva doveva chiamare il direttore
- doveva controllare che i pazienti stessero a letto e si alzassero solo
quando previsto fatta eccezione per i pazienti che avevano speciali
permessi del direttore
- doveva far mangiare sempre tutto al paziente anche ricattandolo di
riferire la mancata assunzione di cibo al medico
- non doveva assolutamente consegnare nessun tipo di oggetto al
paziente
- doveva sorvegliare i pazienti depressi per evitare suicidi
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Segue l’Illuminismo durante il quale si sviluppano per la prima volta
concetti di cura e umanità.
Il disturbo psichico è riconosciuto come malattia che deve essere curata
anche se ancora si riteneva necessario tenere in isolamento il soggetto
che ne era colpito.
Gli istituti carcerari divengono così manicomi, quindi rete di istituti
pubblici destinati esclusivamente ai malati di mente.
Un contributo importante è da attribuirsi allo psichiatra PINEL
4
e
all’infermiere PUSSIN
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i quali in sedi distinte avevano compreso la
necessità di creare un ambiente più umano intorno al malato mentale.
Alla fine del XVIII° secolo fiorì in Francia una scuola psichiatrica di
altissimo livello scientifico, dalla quale furono esponenti maggiori Pinel
(1745-1836) e ESQUIREL (1772-1840)
6
.
Pinel diresse gli ospedali parigini di Bicêtre e della Salpetrière e studiò
profondamente il fenomeno della pazzia umana.
Intuì che si doveva sottoporre i malati ad una osservazione continua e
attenta e capì che per poter osservare le più autentiche manifestazioni del
male doveva poterle distinguere dalle esasperazioni che venivano
dall’incatenamento.
4
Ivi p.2 ;P.Bertelli-E.Spagnoli, Nursing di salute mentale, Carocci Faber Roma 2003
5
ibidem; www.wikipedia.it;
6
P.Bertelli-E.Spagnoli, Nursing di salute mentale, cit.
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La moderna psichiatria, nasce proprio, secondo la leggenda del “ gesto ”
di Pinel che libera i folli dalle catene dell'inferno di Bicêtre.
La liberazione dei malati fu strumentale all’osservazione, così come lo fu
una riorganizzazione interna dell’ospedale.
Pinel, era attratto soprattutto dalle cause morali che producono la pazzia,
egli dichiarava: “ i medici sono stati nel circolo chiuso dei salassi,dei
bagni freddi, delle docce violente, senza nessuna attenzione all’atto
morale del trattamento.. ”.
La cura morale fu quella che egli suggeriva: se la malattia aveva cause
morali passionali, la cura non poteva che essere morale.
Pinel ebbe validi allievi, a loro volta maestri di grandi alienisti tutti
indirizzati alla cura morale, sbocco naturale delle tesi psicologiste (a
parte qualche loro dubbio o ripensamento in senso organicista).
Philippe Pinel riunisce le sue esperienze, le sue teorie, le sue proposte
terapeutiche nel suo “ Traité medico-philosophique sur l'aliénation
mentale ”, pubblicato nel 1809.
La sua vita si caratterizza per la tenacia e l'onestà con cui ha saputo
portare avanti il suo programma di riforma e di liberazione.
Sul piano operativo il medico francese ha saputo fondere e intrecciare tre
momenti che fino a quel momento erano rimasti separati: la nuova
clinica psichiatrica, l'opera riformatrice, il rapporto personale con il
malato.
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Per quanto riguarda Pussin, egli nasce a Lons-le-Saunier nel 1746 da una
famiglia di conciatori e si ammala, come frequentemente accadeva a chi
praticava tale mestiere, di tubercolosi e nel 1771 viene ricoverato prima all’Hotel-
Dieu e poi alla Bicêtre (si tratta di grandi nosocomi parigini).
Guarito, decide, secondo le usanze del tempo, di rimanere all’interno
dell’Ospedale iniziando così un percorso che lo porterà ai più alti gradi della
carriera direttiva.
Dal 1785, in particolare, nel settore della gestione dei malati di mente.
Egli si trova, allora, ad affrontare la spaventosa situazione dell’inumano
trattamento dei folli all’interno dell’istituzione di cui era divenuto soprintendente.
Persona ricca di ideali illuministici, dotata di elevate capacità personali, profondo
conoscitore dei meccanismi amministrativi ed organizzativi, del grande Ospedale
in cui opera, Pussin, con l’aiuto della moglie, avvia una profonda
riorganizzazione del lavoro con i folli secondo criteri empirici, basati sul metodo
e sull’esperienza, orientati a quello che, anni dopo, verrà chiamato
“ il trattamento morale ” della pazzia.
Il trattamento morale rappresenta una delle tappe fondamentali, in epoca
moderna, dello sviluppo della nascente assistenza psichiatrica.
Vero e proprio spartiacque tra “ un prima ” che può essere ricompreso,
unicamente, in una segregazione atroce e disumana, senza alcun intento curativo
ed “ un dopo ”, il trattamento morale appunto, in cui viene posta al centro
dell’intervento la persona del malato, il rispetto a lui dovuto e una metodica
organizzazione dell’assistenza e delle condizioni di vita nell’istituzione.
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Tuttavia, nel IXX° secolo, si avrà un ritorno di tendenza, in quanto i
diritti dell’uomo che avevano guidato il periodo precedente, furono
soppressi e per opera dello psichiatra Esquirel fu reintrodotto il
carattere custodialistico dell’assistenza al paziente psichico, inoltre gli
interventi “ terapeutici ” erano violenti e di connotazione punitivo-
repressiva.
Venne poi ristabilito il ruolo di padronanza del medico nei confronti
dell’infermiere il quale era un vero e proprio servo che non poteva
nemmeno sposarsi altrimenti perdeva il lavoro e qualsiasi sua attività era
comandata dal direttore.
Solo con la fine dell’Ottocento si cominciò a capire che era necessario
dare una formazione più completa al personale di assistenza negli istituti
manicomiali e sempre in tale periodo si avvertì per la prima volta la
necessità di emanare delle leggi che regolavano la cura degli alienati.
A tal proposito i requisiti per l’accesso del personale erano
fondamentalmente due:
- saper leggere e scrivere (per tenere aggiornati appositi registri di
vigilanza)
- avere la residenza “ nei pressi del manicomio ” (la norma poneva
l'obbligo continuo di reperibilità)