INTRODUZIONE
Questa tesi è nata grazie alla collaborazione con la Fototeca della Biblioteca
Panizzi di Reggio Emilia, nell’ambito del tirocinio formativo svolto sotto le direttive
della relatrice e curatrice della Fototeca, Laura Gasparini. La professoressa
Gasparini mi ha dato la preziosa opportunità di prendere in mano il fondo
fotografico Virgilio Artioli (1900-1986), un vasto archivio degli scatti compiuti dal
fotografo durante gli anni di attività del suo studio fotografico a Reggio Emilia,
principalmente riferibili agli anni ‘50 del Novecento. Le immagini contenute
costituiscono un campione considerevole (circa 90.000 fotografie) dell’operato di
Virgilio Artioli: questo si caratterizza non solamente per la quantità, ma anche per
una riconoscibilissima cifra stilistica dell’autore che, se non afferibile a quella di un
maestro della fotografia, è di considerevole pregio, al punto da non aver lasciato
indifferente un artista internazionale del calibro di Christian Boltanski. Il fondo
Artioli comprende principalmente ritratti degli abitanti di Reggio Emilia e dintorni,
ritratti sia singoli per formato tessera, sia di famiglia. E’ d’obbligo sottolineare
come l’attività ritrattistica dello studio Artioli sia stata tanto fiorente grazie proprio
alla forte personalità professionale di Virgilio Artioli e alla notevole qualità delle
sue fotografie. La qualità era infatti indispensabile per il fotografo che pretendeva
da tutti i suoi collaboratori una dedizione totale al raggiungimento del risultato
prefisso. Lo stile dei ritratti, caratterizzato dall’uso della posa e dell’illuminazione,
mantiene una sua uniformità, per quanto attraversato da cambiamenti di gusto
rivelati, per esempio, dal fondale utilizzato. Ancora oggi è l’impronta del maestro
a influenzare lo stile dei ritratti dello studio Artioli, incorporata nell’uso sapiente
del controluce. I ritratti di Artioli costituiscono inoltre un documento della città: la
ripetitiva mole degli scatti conservati nel fondo Artioli costituisce un censimento
importante della popolazione del luogo, ma esso è in parte negato, in quanto
i registri, che attestavano il nome e quindi l’identità dei soggetti ritratti, sono
andati perduti. L’anonimato e la perdita dell’identità sono temi cari a Christian
Boltanski: egli, infatti, si è servito di alcuni scatti del fondo Artioli per dare vita
a una coinvolgente opera site specific dedicata espressamente ai reggiani,
Camminando, allestita all’interno della chiesa di San Carlo e lungo le strade del
centro storico di Reggio Emilia nell’Ottobre del 2005.
Scrivere una storia interrogando fotografie che hanno perso la loro memoria non
è facile, ma incredibilmente affascinante. Questa tesi è il frutto di un percorso di
analisi e ricerca a partire dal dato fotografico interrogato secondo i suoi differenti
aspetti e funzioni. Inizialmente si è provveduto ad analizzare un campione
significativo delle immagini del fondo Artioli. L’analisi dei materiali fotografici si è
svolta su più livelli, partendo dal dato fisico, oggettivo, dalla tipologia dei materiali
e delle tecniche utilizzate, e alle problematiche inerenti l’archivio fotografico,
come la conservazione dei ritratti negativi su lastre di vetro. Successivamente
le fotografie sono state considerate quali documenti: si è dunque svolta una
ricerca storica relativa sia ai materiali, sia alla nascita di queste fotografie,
visitando i locali storici dello studio Artioli e raccogliendo le testimonianze di
fotografi come Marco Moratti, Guglielmo Morini e di Vera Artioli, figlia di Virgilio.
Infine si sono considerate le fotografie in quanto immagini, analizzandone
l’uso e la composizione, inserendole in un panorama fotografico e artistico più
ampio fino ad apprezzarne la loro presenza estetica, scevra ormai di qualsiasi
preteso utilizzo mnemonico. Le fotografie di Virgilio Artioli si presentano, infatti,
come interessanti manufatti di un fotografo che aveva lo spirito e l’inventiva
dell’artigiano, che desiderava uscire dagli schemi della manualistica e trattatistica
fotografica a lui contemporanea. Questi manufatti, perduto ormai il loro valore
d’uso, hanno assunto, nella forma dell’archivio, il valore di documento storico
e, grazie all’attenzione di artisti contemporanei come Christian Boltanski e Lena
Liv, hanno raggiunto la dimensione artistica. Del loro significato si fa portavoce
l’arte di Christian Boltanski che, utilizzando le immagini stesse come significante,
rivendica l’attualità di questi ritratti, immagini – traccia, epifanici di una verità che
giace silente negli archivi. L’archivio fotografico si fa protagonista di un rapporto,
garante di uno scambio tra due realtà distinte: quella del fotografo di professione
e quella dell’artista, della storia e della contemporaneità. L’incontro di queste due
realtà ne genera un’altra: archivio e storia collaborano con l’artista per creare
qualcosa di attuale, ma che comporta una memoria, porta il segno in se stessa di
un significato, una funzione, una vita persa, svuotata, ma comunque testimoniata
dalla presenza. Consideriamo i ritratti anonimi di Artioli perle. Esse, prima di
essere composte in una collana, erano qualcos’altro, quindi sono tracce di una
vita, ma la collana ne cambia l’uso, valore e significato, per poi divenire, una volta
indossata, parte di un’altra vita e di un’altra storia.
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L’ARCHIVIO DI VIRGILIO ARTIOLI
La Fototeca e il fondo Artioli
Il fondo Virgilio Artioli (5/10/1900–3/3/1986) consiste in un vasto patrimonio
di negativi fotografici su lastre di vetro alla gelatina ai sali d’argento, acquisiti
dalla Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia nel 1985. La Fototeca fa
parte della sezione di Conservazione e storia locale della Biblioteca Panizzi. La
Fototeca, racconta la curatrice Laura Gasparini,
“È nata nel 1980 con lo scopo di raccogliere e riordinare il patrimonio fotografico
presente delle diverse collezioni della biblioteca, quali cartoline, albumine e
lastre e dare avvio al progetto di censimento e quindi di tutela della memoria
visiva della città.”
1
Grazie alle continue acquisizioni, la Fototeca conserva ora un totale di circa
1.000.000 pezzi di diversa natura: la maggior parte del materiale appartiene alla
storia della città e dei fotografi presenti sul territorio, ma, grazie all’impegno della
Fototeca nell’ambito di esposizioni di più ampio respiro, come la collaborazione
con Luigi Ghirri negli anni Ottanta e in seguito con il festival della Fotografia
Europea, conserva ora anche le opere di artisti contemporanei italiani e
1 Laura Gasparini, La Fototeca della Biblioteca Panizzi a Reggio Emilia, in
http://www.mufoco.org/wp-content/uploads/2011/05/gasparini.pdf, pag.1.
Figura 1
Figura 1.
La Biblioteca Panizzi a
Reggio Emilia.
12
internazionali. Una grande importanza riveste infatti il fondo Luigi Ghirri, un vasto
patrimonio fotografico che consiste in negativi e diapositive della produzione
dell’autore inventariato, riordinato e in parte digitalizzato. Tra i fondi contenenti
materiale storico possiamo annoverare il fondo storico (1850-1900), il fondo Foto
Ars(1900-1921), il fondo Roberto Sevardi (1865-1940), il fondo Vaiani (1900-
1980), il fondo Stanislao Farri(1950-1980), il fondo Amanzio
Fiorini(1930-1950), il fondo Andrea Mandarino, il fondo del
Gabinetto Fotografico dell’Amministrazione Comunale e il fondo
degli autori locali
2
.
L’archivio dei negativi di Artioli è stato acquisito dalla Fototeca
come donazione della famiglia Artioli nel 1985. I materiali relativi
al fondo sono attualmente ospitati nei magazzini climatizzati della
Biblioteca Panizzi. Le lastre fotografiche sono tuttora conservate
nelle scatole originali, principalmente di marca Ferrania,
Gevaert e Tensi, con qualche eccezione: Ilford, Agfa, Cappelli
3
.
Il fondo conta 1636 scatole originali contenenti ciascuna circa
15 negativi in lastre di vetro, per un totale approssimativo di
24.430 lastre, e in particolare 1428 scatole per lastre 7x24 cm,
spessore 1 mm, 2889 scatole per lastre 10x15 cm, spessore 1
mm, 2 scatole per lastre 13x18 cm, spessore 1 mm e 5 scatole
vuote per lastre 6,5x9 cm. Secondo una stima approssimativa
possiamo annoverare un totale di 90.000 negativi fotografici.
Fanno inoltre parte del fondo alcune lastre fotografiche e buste originali usate
per le riproduzioni o ingrandimenti di immagini. Le fotografie conservate sono
principalmente ritratti della popolazione del luogo, di tutte le età e condizioni
sociali, da famiglie in vista come i Maramotti, Lombardini, Slanzi e Landini alle
famiglie contadine dei dintorni di Novellara e Campagnola.
2 Le informazioni riguardanti la fototeca sono principalmente desunte da Laura
Gasparini, La Fototeca della Biblioteca Panizzi a Reggio Emilia.
3 L’industria Cappelli (dal 1887) e la Tensi (dal 1905 fino agli anni ‘60) furono le principali
produttrici di lastre di vetro in Italia. Nel 1932 la società FILM (Fabbrica Italiana Lamine Milano,
costituitasi nel 1917) assorbì la Cappelli: la denominazione della fabbrica diventò Fabbriche
Riunite Prodotti Fotografici Cappelli e Ferrania. Nel 1938 il marchio di fabbrica mutò in ferrania,
ma certi prodotti continuarono a essere pubblicizzati risaltando il nome Cappelli, garante di una
certa qualità. La Ferrania è tuttora attiva sotto il gruppo americano 3M, dal 1964. Per quanto
riguarda le altre marche la Ilford è una società inglese fondata nel 1879, mentre la tedesca Agfa
nata nel 1867 e la belga Gevaert del 1894, si sono fuse nel 1964; entrambe sono tuttora nel
mercato dei supporti filmici e fotografici.
Figura 2
Figura 2.
La sala Negri della
Biblioteca Panizzi.