VI
Nella seconda parte si focalizzerà l’attenzione sul regime di contabilità
semplificata, sui requisiti per l’ammissione e sugli obblighi contabili cui l’impresa
è sottoposta. Si punterà soprattutto l’attenzione sulla determinazione del reddito
dell’impresa minore, sulle norme ed in particolare sul principio di competenza
economica dei costi e dei ricavi, principio applicato al regime di contabilità
semplificata, e alle eventuali sue deroghe.
Saranno, infine, analizzati i principali componenti positivi e negativi del reddito
generalmente riscontrati in un’impresa minore in virtù sempre del principio di
competenza economica.
Il tentativo che anima il capitolo finale è quello di ricercare un giusto
inquadramento dei vari adempimenti e delle comunicazioni che devono essere
affrontati da un’impresa minore.
L’obiettivo è quello di fornire gli strumenti necessari per le modalità di
determinazione e presentazione della liquidazione definitiva del debito o credito
d’imposta nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria. Di conseguenza, pur
tralasciando di illustrare in modo approfondito il modello Unico PF-base
nonostante la particolare rilevanza che assume fra tutti gli obblighi del
contribuente, ho voluto soffermarmi sul quadro RG, specifico per la denuncia dei
redditi delle imprese minori (persone fisiche), sul quadro RE, specifico per i
professionisti e artisti e sul quadro IQ, inerente l’imposta Irap valida per entrambe
le tipologie a seconda della sezione compilata.
In conclusione, ma non ultimi per importanza, il testo dedica l’ultima parte agli
studi di settore che rappresentano i moderni strumenti a disposizione
dell’amministrazione finanziaria per l’accertamento del volume d’affari
conseguito dalle imprese medio – piccole.
Capitolo primo
La piccola impresa: aspetti introduttivi.
2
CAPITOLO PRIMO
Sommario: 1.L’imprenditore e l’attività organizzata alla produzione e allo scambio di
beni e servizi. – 2. Requisiti necessari e sufficienti per l’individuazione del piccolo
imprenditore. – 3. La disciplina delle imprese: un inquadramento generale. – 3.1.
Classificazioni e distinzioni soggettive, oggettive e dimensionali. – 4. Gli attuali regimi
contabili. – 4.1 Caratteri generali del regime dei contribuenti minimi. – 4.2. Aspetti del
regime delle nuove iniziative produttive. – 4.3. Cenni sul regime ordinario. – 4.4.
Riferimenti al regime di contabilità semplificata.
1.1. L’imprenditore e l’attività organizzata alla produzione e allo
scambio di beni e servizi.
“ L’art. 2082 c.c. identifica l’imprenditore in colui che esercita
professionalmente un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
Il codice civile definisce però non tanto l’impresa, che secondo l’opinione
prevalente coincide con l’attività economica, quanto l’imprenditore
soggetto di diritto.
Tale articolo fissa, infatti, i requisiti indispensabili per il riconoscimento
della qualità di imprenditore, ponendo l’accento sulla professionalità,
sullo svolgimento di un’attività economica, nell’organizzazione e sul fine
della produzione o dello scambio di beni o servizi.
Il requisito della professionalità si identifica con l’esercizio dell’attività in
modo coordinato, sistematico, stabile e non occasionale
1
.
1
Il requisito della professionalità si configura in maniera indipendente dalla continuità. Abitualità
non significa continuità, per cui è professionale un’attività a carattere stagionale, purché venga
esercitata ad ogni ricorrenza. Pertanto, rispondono a tale requisito anche le imprese stagionali
(Cass. N. 1051/86).
3
Il perfezionamento di un’unica operazione o di un unico affare non
determina pertanto l’acquisizione automatica dello status di imprenditore
a meno che la loro rilevanza economica assume proporzioni tali da non
rendere più configurabile il carattere dell’occasionalità, come per esempio
nel caso della costruzione di un unico edificio destinato alla rivendita di
appartamenti o nel caso di costruzione di una strada.
Nell’ambito della nozione di imprenditore tracciata dall’art. 2082 del c.c.
sono comprese solo due figure: gli imprenditori agricoli (art. 2135) e gli
imprenditori commerciali (art. 2195).
E’ imprenditore agricolo, secondo l’art. 2135 comma 1, colui che esercita
un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura,
all’allevamento del bestiame e alle attività connesse. Si reputano connesse
tutte le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti
agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura. Il
carattere di imprenditorialità agricola non esiste però se non vi sono i
requisiti di cui all’art. 2082 c.c., quindi, devono essere presenti
innanzitutto le condizioni richieste per l’imprenditore in generale e poi
quelle per l’imprenditore agricolo
2
.
Pertanto, è considerato imprenditore agricolo chi esercita una delle
seguenti attività cosiddette fondamentali:
ξ Coltivazione del fondo. Essa comprende qualsiasi tipo di attività
diretta all’utilizzo produttivo della terra, con mezzi sia primitivi
che evoluti, sempre che sia un collegamento tra attività e
sfruttamento della terra che generalmente sussiste quando ci si
trovi in presenza anche del rischio degli eventi atmosferici, rischio
addizionale rispetto al normale rischio di impresa;
2
Per un approfondimento si veda il d.lgs. 99/4 a 102/04 di attuazione alla legge delega 38/03.
4
ξ Silvicoltura che si esercita nella forma di conservazione della
capacità produttiva del bosco con sfruttamento contestualmente
delle sue risorse, pertanto, non rientra nella categoria il semplice
taglio del legname fino ad esaurimento, senza contestuale
coltivazione del bosco;
ξ Allevamento del bestiame, da latte, da carne e da lavoro
3
;
ξ Oppure un’attività connessa ossia quelle esercitate assieme ad una
delle fondamentali sopraelencate e strettamente legate con le stesse
o da un rapporto funzionale (per esempio bonifica del suolo) o da
un rapporto di dipendenza (per esempio coltivazione di granoturco
per l’allevamento del pollame)
4
.
Gli imprenditori commerciali, invece, sono disciplinati dall’art. 2195 in base
al quale sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nella sezione ordinaria del
registro delle imprese.
Le attività per le quali sussiste l’obbligo di registrazione sono:
ξ Attività industriale, diretta alla produzione di beni o di servizi
5
;
ξ Attività intermediaria nella circolazione dei beni, la quale
ricomprende anche le figure singolari come il farmacista e lo
speculatore di borsa;
3
Secondo la giurisprudenza prevalente nella fattispecie giuridica dell’imprenditore agricolo non
rientrano né l’avicoltura, né la pollicoltura , mentre, la dottrina continua ad essere divisa circa la
possibilità di un’interpretazione estensiva della categoria “bestiame”.
4
Nel secondo comma dell’art.2135 c.c. la legge detta un criterio empirico per stabilire quando
l’attività di alienazione dei prodotti della terra rientri nel concetto di impresa agricola affermando
che le stesse risultano connesse “quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Della
“normalità” si deve giudicare in concreto in quanto, in astratto, la stessa attività può ritenersi sia
rientrante nell’esercizio normale dell’agricoltura sia non rientrante nello stesso.
5
L’interpretazione dell’aggettivo “industriale” non è univoca in quanto secondo alcuni autori
l’attività industriale coincide con qualsiasi attività che non sia artigiana, mentre secondo altri,
l’aggettivo industriale deve essere inteso in chiave estensiva comprendendo tutte le attività che
comportino trasformazione della materia. Per esempio è stata considerata industriale l’attività delle
società di leasing, attività delle case di cura, attività alberghiera perché diretta alla produzione di
servizi, mentre non è stata riconosciuta l’industrialità all’attività di acquisto, pulitura, macellazione
e vendita di pollame.
5
ξ Attività di trasporto per terra, per acqua o per aria: imprese che
sono soggette oltre alla disciplina del codice civile anche a quella
del codice navale;
ξ Attività bancaria o assicurativa: in concorso con la disciplina
civilistica, la l. del 7 marzo 1938 n.141 prima e l’art.80 della l. 385/93
poi, regolamenta le imprese esercenti attività bancaria, tra le quali
rientrano anche gli Istituti di credito agrario nella loro qualità di
enti pubblici economici;
ξ Altre attività ausiliarie alle precedenti: sono considerate imprese
ausiliarie l’agente di cambio, l’agente di commercio, le agenzie di
viaggi, le holdings, lo spedizioniere.
Quando si parla di attività economica il legislatore intende fare
riferimento ad un’attività diretta alla produzione di ricchezza nel duplice
significato di un’economicità oggettiva del risultato e di un agire secondo
metodo economico: economicità nel fine e nel mezzo.
Espressamente escluse dalle attività imprenditoriali sono quelle di
professionista intellettuale o di artista (art.2238 c.c.): tuttavia, può essere
ammesso l’esercizio di impresa che consista nell’organizzazione di attività
intellettuale altrui.
6
1.2. Requisiti necessari e sufficienti per l’individuazione del piccolo
imprenditore.
Al particolare statuto dell’impresa commerciale sono tuttavia sottratti i
piccoli imprenditori.
Secondo l’art.2083 c.c. viene considerato piccolo imprenditore colui che
esercita un’attività d’impresa organizzata in prevalenza con il lavoro
proprio e dei propri familiari.
In realtà la prima parte della disposizione citata elenca alcuni soggetti
che normalmente sono piccoli imprenditori (i coltivatori diretti, gli
artigiani e i piccoli commercianti), ma questo elenco è soltanto indicativo e
deve essere integrato dal criterio della prevalenza del lavoro del titolare e
dei suoi familiari, contenuto nella seconda parte della stessa disposizione.
La prevalenza dell’attività lavorativa dell’imprenditore, ed
eventualmente anche dei suoi familiari, deve riguardare sia i fattori
personali (i lavoratori dipendenti) sia i fattori reali (il capitale) impiegati
nell’impresa.
Pertanto, non si può qualificare piccolo imprenditore colui che utilizza
macchine costose per dei veri e propri processi produttivi, oppure realizza
cospicui investimenti di capitale
6
.
Anche se da una parte il piccolo imprenditore viene regolamentato dalla
disciplina codificata per l’imprenditore, proprio perché piccolo, gode però
di agevolazioni che derogano a tale normativa. Infatti, il piccolo
imprenditore, pur esercitando un’attività commerciale appartenente ad
una qualsiasi delle categorie descritte dall’art.2195 c.c., non è obbligato:
6
Si pensi all’esempio scolastico: non può certamente essere definito piccolo commerciante il
gioielliere che non dispone di commessi e che si occupa in prima persona del banco di vendita, in
considerazione dell’investimento di capitale necessario allo svolgimento della sua attività che è
sicuramente prevalente rispetto all’opera del personale.
7
ξ All’iscrizione nel registro delle imprese (art.2201 c.c.);
ξ Alla tenuta delle scritture contabili cosiddette obbligatorie (art.2214
c.c.);
ξ A sottostare alle procedure concorsuali nel caso di insolvenza
(art.2221 c.c.).
Il legislatore indica così i requisiti necessari e sufficienti per individuare
il piccolo imprenditore e fornisce tre figure esemplificative: coltivatore
diretto, piccolo commerciante e artigiano.
Poiché i coltivatori diretti, a causa della natura agricola della loro attività,
in nessun caso possono essere soggetti alla disciplina dell’impresa
commerciale, l’accertamento della situazione di prevalenza assume un
rilievo particolare in relazione alle altre due figure, appunto perché gli
artigiani sono sottratti a quella disciplina solo se “piccoli”.
La figura dell’artigiano è disciplinata dall’art.2083 c.c. e dalla l. quadro per
l’artigianato, la legge 8 agosto 1985 n.443.
Nell’art.2083 c.c. il legislatore parla di piccolo imprenditore; nella l.
quadro, invece, parla volontariamente e ripetutamente di impresa
artigiana, in aperta contrapposizione con l’impresa commerciale di cui
all’art. 2195 c.c. Ciò significa che il legislatore qualifica l’imprenditore
artigiano come colui che esercita un’attività economica :
1. con fine di lucro;
2. diretta alla produzione di beni o alla prestazione di servizi di
natura particolare;
3. con il supporto di un’organizzazione di mezzi all’interno della
quale il ruolo personale dell’artigiano è del tutto preponderante.
8
Pertanto, mentre l’impresa commerciale si concretizza in un organismo
economico del tutto autonomo rispetto alle persone fisiche che l’hanno
predisposto o che in qualche misura lo gestiscono e lo controllano,
l’impresa artigiana, invece, si traduce in un’organizzazione in cui l’attività
personale del soggetto che ne è titolare è talmente indispensabile e
determinante da rendere addirittura impensabile il funzionamento dei
mezzi della produzione senza la presenza dell’artigiano. Da ciò si può,
quindi, dedurre che l’impresa artigiana, a differenza di quella
commerciale non potrà mai assumere una propria autonomia oggettiva
indipendente dall’apporto soggettivo dell’imprenditore artigiano,
assolutamente necessario in tutte le fasi del processo produttivo in virtù
della professionalità e delle capacità individuali che l’artigiano è in grado
di esprimere sul risultato finale.
Secondo l’art. 3 l. 8 agosto 1985 n. 443 il fine dell’impresa artigiana è la
produzione di beni, anche semilavorati, o la prestazione di servizi. Se si
coordina l’art. 3 con l’art. 4 si deduce che può anche trattarsi di lavorazioni
artistiche, laddove con l’aggettivo “artistiche” si intende fare riferimento
non alla produzione dell’artista in senso stretto, visto che l’artista non è
mai imprenditore, ma alle produzioni per così dire ornamentali e
decorative. Sono escluse la prestazione di servizi commerciali,
l’intermediazione nella circolazione dei beni e attività ausiliarie di
somministrazione al pubblico di alimenti all’esercizio dell’impresa
artigiana in quanto tale.
Il requisito specifico richiesto dall’art. 2 della legge citata per la
sussistenza dell’impresa artigiana è che l’artigiano svolga in misura
prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo
7
7
Si noti che il requisito corrisponde alle disposizioni di cui all’art. 2083 c.c.
9
(cioè non può svolgere soltanto un lavoro di direzione e di coordinamento
del lavoro di altre persone) e può essere titolare di una sola impresa
artigiana.
La legge, però, fa espressamente riferimento alla prevalenza del lavoro
personale non facendo cenno al lavoro dei familiari così come previsto
dall’art. 2083 c.c. e parla, inoltre, di lavoro “anche” manuale, laddove con
l’avverbio “anche” non s’intende semplicemente eventuale ma che sia
incondizionatamente richiesto nel processo produttivo ai fini
dell’artigianalità dell’impresa.
La prestazione d’opera di personale dipendente è ammessa sotto
condizione. Infatti, il lavoro salariato deve sempre essere diretto
personalmente dall’artigiano e il numero dei dipendenti non può essere
illimitato.
Il lavoro personale dell’artigiano deve essere prevalente anche in
relazione al capitale investito. Tale requisito può essere dedotto da alcune
disposizioni contenute nella l. quadro.
1. innanzitutto, il fatto che vengano previsti limiti inferiori di
dipendenti per la produzione in serie, che richiede macchinari e
quindi investimenti;
2. il fatto che l’art. 4 espressamente neghi la qualità di artigiano al
produttore in serie, quale che sia il numero dei dipendenti, quando
la lavorazione si svolge con processo del tutto meccanizzato, che
richiede investimenti;
3. la disposizione di cui all’art. 3 secondo la quale l’impresa sociale
può essere considerata artigiana a condizione che la maggioranza
dei soci, oppure uno nel caso di società con due soci, svolga con
prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo
10
produttivo e, nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul
capitale.
Un’impresa artigiana può anche avere la forma giuridica di una
società, a condizione che:
8
ξ sia una società in nome collettivo o in accomandita semplice
oppure una società cooperativa, una società a responsabilità
limitata o una s.r.l. unipersonale
9
;
ξ la maggioranza dei soci svolga il proprio lavoro personale,
anche manuale, nel processo produttivo e nell’impresa il
lavoro abbia una funzione prevalente sul capitale.
10
Per concludere, è importante dire che gli artigiani devono essere iscritti
in un apposito albo, tenuto dalla Camera provinciale di commercio (art.5 l.
cit.). Tale iscrizione ha un’efficacia costitutiva per l’impresa artigiana e
rappresenta il presupposto necessario per poter usufruire delle
agevolazioni previste dalle leggi speciali a favore dell’artigianato.
Secondo l’opinione prevalente, tuttavia, l’iscrizione nell’albo degli
artigiani non è sufficiente, di per sé, per qualificare un artigiano come un
piccolo imprenditore dal punto di vista giuridico. L’articolo 2083 del
codice civile e la legge per l’artigianato, infatti, sono due disposizioni
diverse che definiscono, rispettivamente, il piccolo imprenditore agli
effetti civilistici ( per quanto riguarda l’esonero dall’iscrizione nel registro
delle imprese, dalla tenuta della contabilità, dalla soggezione al fallimento,
8
Art. 3 l.8 agosto 1985 n. 443, modificato dalla l. 20 maggio 1997, n.133 e dalla l. 5 marzo 2001,
n.57.
9
Si noti che l’impresa artigiana non può avere la forma di società per azioni o in accomandita per
azioni.
10
Se però la società è costituita nella forma di una s.r.l. uni personale o di una s.a.s. , tale requisito
deve riguardare, rispettivamente, l’unico socio o ciascun socio accomandatario che, inoltre, non
può essere l’unico socio di un’altra s.r.l. o il socio accomandatario di un’altra società in
accomandita semplice.
11
ecc.) e l’artigiano agli effetti pubblicistici ( per quanto riguarda le
facilitazioni e le agevolazioni previste dalla legge).
Quindi, l’impresa artigiana:
ξ deve svolgere un’attività di tipo economico volta alla produzione di
beni o alla prestazione di servizi;
ξ dev’essere esercitata dall’artigiano personalmente, con l’eventuale
ausilio del coniuge e dei parenti entro il terzo grado, degli affini
entro il secondo o di personale dipendente nei limiti massimi
consentiti dall’art.4 della l. quadro;
ξ dev’essere esercitata dal titolare, parenti e familiari in modo diretto
e professionale;
ξ dev’essere esercitata dal titolare con apporto anche manuale
nell’attività lavorativa;
ξ dev’essere esercitata con l’assunzione di tutti i rischi e gli oneri
inerenti alla gestione da parte del titolare.
1.3. La disciplina delle imprese: un inquadramento generale.
Nei paragrafi precedenti si è visto che l’impresa, sotto il profilo
giuridico, è un’attività economica professionalmente organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Ciò è quanto si
desume dalla definizione di “imprenditore” che all’art. 2082 fornisce il
vigente codice civile.
Molto spesso nel linguaggio comune il termine impresa viene
considerato sinonimo di azienda. Quest’ultima, invece, è il complesso dei
beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555
c.c.).