Capitolo Primo
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1 Basi di partenza
1.1 Definizione della materia
La tesi si occupa dello studio della contabilità dei costi
-cost accounting- più spesso indicata come contabilità analitica
nella teoria contabile italiana, ed altresì come contabilità
industriale
1
nella prassi.
L’intento è quello di approfondire la conoscenza di tale tipo di
dottrina e nella prassi anglosassone.
A tale scopo diventa necessario definire cos’è la contabilità dei
costi ed in quale ambito è inserita.
Gli autori inglesi fanno più spesso riferimento alla definizione
riportata dal Terminology
2
pubblicato dall’Institute of Cost and
Management Accountants (ICMA), più volte ribattezzato, dove
vengono forniti principi e definizioni per il corretto svolgimento
delle operazioni contabili.
Per quel che riguarda la contabilità dei costi si deve fornire
una prima importante definizione che la introduce, quella
riguardante la contabilità direzionale.
Indicata come Management Account dall’ICMA, ovvero
come contabilità direzionale, essa mette a disposizione le
informazioni richieste dal management per scopi quali:
1
“Il termine contabilità industriale, così diffuso nella pratica, non sembra sempre opportuno in
quanto si tratta di rilevazioni che trovano un campo di applicazione assai vasto, non certo
limitato alle sole imprese industriali, o alla sola fase tecnico-industriale della gestione
aziendale.”, tratto da O. Paganelli, La contabilità analitica d’esercizio, Patron editore,
Bologna, 1991.
2
L’ICMA ha pubblicato il Management Accounting nel dicembre del 1982, si tratta dell’ultima
edizione del Terminology, glossario ufficiale in materia contabile inglese.
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1. la formulazione delle politiche aziendali,
2. la pianificazione ed il controllo delle attività dell’impresa,
3. la scelta di percorsi alternativi,
4. l’apertura agli esterni della realtà aziendale
(share/stakeholders
3
),
5. l’apertura agli impiegati,
6. la salvaguardia delle attività.
Quanto sopra richiede la partecipazione del management per
assicurare l’esistenza d’una effettiva:
(a) formulazione di piani per il perseguimento degli obiettivi
(piani di lungo termine),
(b) formulazione di piani operativi a breve termine (budget nei
suoi diversi aspetti),
(c) registrazione delle transazioni attuali di contabilità generale
dei costi,
(d) azioni di correzione per allineare le transazioni future
(controllo finanziario),
(e) per raggiungere e controllare l’equilibrio finanziario,
(f) per esaminare e fare rapporto sui sistemi e le operazioni (audit
interno e direzionale).
Questo è il contesto all’interno del quale si innestano le
procedure di contabilità analitica, parte fondamentale della
contabilità direzionale come si evince dal già citato Terminology,
secondo cui:
3
Si tratta dei portatori di interessi nei confronti dell’impresa, primi fra tutti gli azionisti,
seguono poi i finanziatori, lo stato, i sindacati, e l’opinione pubblica in genere.
Capitolo Primo
9
Cost Accounting- That part of management accounting
which establishes budgets and standard costs and actual costs of
operation, processes, departements or products and the analysis of
variances, profittability or social use of funds.
4
Si notano quindi i profondi legami tra le funzioni a cui è
adibita la management accounting e i metodi di contabilità dei costi
che forniscono le basi di informazione corrente attraverso le quali
la direzione dell’impresa può formulare strategie.
La contabilità dei costi resta comunque una parte della
contabilità direzionale e non solo una tecnica che lavora in una
zona separata. In ciò si distingue dalle altre contabilità per la sua
attenzione ai costi, in particolare a quelli effettivi passati, poiché è
insindacabile il fatto che, malgrado i manager si focalizzino su
valori futuri, sono le attente considerazioni sui costi già sostenuti e
sui quelli correnti a darne l’esatta dimensione.
Secondo Harper: “la contabilità analitica propriamente detta si
concentra sui costi”
5
. D’altra parte sono proprio i costi ad indicare
al manager le conseguenze economiche del condurre a termine ogni
specifica attività poiché è attraverso di essi che si giunge alle
valutazioni. Ed è la contabilità industriale a rendere possibile la
valutazione dei lavori e dei processi in modo da indicare quanto
sono costati e quanto sarebbero potuti costare, evidenziando
sprechi e perdite prima che il lavoro sia terminato, in modo da
effettuare azioni immediate di correzione dove ciò si renda
necessario.
4
Trad. “la contabilità dei costi: quella parte della contabilità direzionale che elabora budget,
stabilisce costi standard e costi effettivi di operazioni, processi, dipartimenti o produzioni ed
analizza le varianze, la redditvità o l’uso dei fondi per il perseguimento degli obbiettivi della
società.
5
W. M. Harper “Cost accounting”, M+E handbook Series, terza edizione.
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Si tratta di un sistema che attua meccanismi di feedback ma
limitatamente anche di feedforward
6
. Un efficiente sistema di COA
diventa quindi un fattore essenziale per il controllo nelle condizioni
di business odierne dando la possibilità alla direzione di assicurare
la stabilità dell’impresa.
Non si deve mai dimenticare che il fine ultimo dell’organizzazione
d’azienda è quello di controllare che i volumi desiderati di
produzione siano assicurati al minor costo possibile in relazione
alla quantità richiesta di prodotto. La COA mette in grado di
provvedere alla misurazione delle soglie in cui tali obiettivi sono
raggiunti assumendo un ruolo fondamentale nel sistema
informativo dell’impresa.
6
Il concetto di feed-back ingloba i meccanismi di controllo a posteriori del risultato ottenuto
sottolineando gli eventuali scostamenti da ciò che era stato pronosticato, il fedd-forward è un
meccanismo di controllo concomitante che permette di porre in essere correzioni in corso
d’azione. Tratto dal “Wheldon’s cost accounting” L.W.J. Owler & J.l: Brown, Pitman
Publishing.
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1.2 Definizione di costo
E’ necessario fare un primo elementare riferimento al
concetto di costo, poiché è considerato la base fondamentale
dell’intero lavoro svolto della contabilità analitica.
Secondo la definizione data da Harper
7
:
“Cost is the value of economic resources used as result of
producing or doing the thing costed”.
L’autore richiama altresì l’attenzione sulla parola valore.
Nella maggior parte dei casi infatti il valore economico della
risorsa usata risulta appunto essere il denaro impiegato per
acquistarlo o produrlo. S’intende in questo caso sottolineare, non
tanto il concetto di denaro come fattore economico della
produzione ma come misura delle performance economiche
dell’impresa.
Infatti mentre nella contabilità generale il denaro viene considerato
più come uscita di cassa, nella contabilità analitica l’obbiettivo
finale riguardante il costo è sempre quello di valutare il risultato
che evidenzi la variazione in se, cioè il cosiddetto consumo in
senso lato. Diventa fondamentale enfatizzare alcune nozioni di
base.
E’ necessario ricordare innanzitutto che il costo è sempre la
risultante di due fattori:
- le quantità di risorse impiegate,
- il loro prezzo,
dove il denaro riveste solo il ruolo di comune mezzo di misura
mentre è la quantità di risorse impiegate a giocare una parte
fondamentale.
E’ importante inoltre definire l’unità di costo, con cui ci riferiamo
alla unità di prodotto o servizio, in relazione alla quale i costi
vengono sostenuti.
7
Ibidem.
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12
Si devono poi individuare i cosiddetti centri di costo; centri che
possono essere riferiti non solo ad oggetti di riferimento, come i
prodotti, ma anche a parti separate dell’impresa (reparti, divisioni,
ecc.) che debbono comunque possedere la caratteristica di essere
riconoscibili in modo inequivocabile.
Si deduce, già in prima approssimazione come i costi debbano
seguire tre fasi: l’identificazione, l’accertamento e l’imputazione.
Per quel che riguarda l’identificazione dei costi, ciò significa
saperli prima di tutto riconoscere e localizzare. Poi di come i costi
possono essere accertati ci viene fornito un suggerimento da Owler
& Brown
8
. Essi elencano alcune modalità d’accertamento quale
prima guida per il lavoro da svolgere:
(a) accertamento storico, ad es. appena i costi sono sostenuti,
(b) “ con predeterminati standard, combinati con
susseguenti analisi delle varianze e degli scostamenti,
(c) accertamento con l’uso di metodi marginali di presentazione
per (a) o (b) che coinvolgano la differenziazione tra costi fissi e
costi variabili.
Vedremo poi di volta in volta quali saranno adottati.
Per quel che concerne l’imputazione dei costi si rimanda ad
un’analisi più dettagliata nel seguito.
8
Vedi cap. 1, “Wheldon’s Cost accounting” di L.W.J. Owler & J.L. Brown, 15esima edizione,
Pitman Publishing.
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1.3 Approccio sistemico all’informazione contabile
La contabilità analitica nel suo insieme di elementi, può
essere presa in considerazione come un sistema a sua volta inserito
in sistemi di maggiori dimensioni così da creare un’entità superiore
nota come sistema informativo d’impresa.
Il riferimento alla metodologia sistemica rimane in parte
sottinteso nella dottrina anglosassone in quanto non è fatto esplicito
riferimento a come questa venga messa in pratica ma utilizzarla qui
esplicitamente rende più chiara l’esistenza ed il funzionamento
della contabilità stessa.
Rendendosi necessaria una base di partenza, si tratta di
scegliere una metodologia di riferimento che si allarghi quanto più
è possibile ad inglobare le varie definizioni di contabilità ecco
perché diventa utile la teoria sistemica. Questa permette di
inquadrare tutti i fenomeni che verranno a più riprese considerati,
mettendo in evidenza come le proprietà tipiche dei sistemi,
appunto, possano essere naturalmente applicate alla disciplina
contabile.
Perchè una entità possa essere definita sistema devono
sussistere alcune condizioni
9
:
1. L’entità sia teleologica: cioè finalizzata al raggiungimento di un
fine. Il fine della contabilità dei costi è quello di porre in atto, con
una serie di rilevazioni più o meno vincolate, la determinazione di
costi, ricavi, risultati analitici, cioè valori significativi per le scelte
di gestione dell’impresa stessa.
10
2. L’entità disponga di una misura di risultato (quantitativa e
qualitativa), che in contabilità è spesso il denaro nelle sue
“configurazioni” di reddito, prezzo, costo primo, ecc..
9
Appunti tratti dalle “Lezioni di programmazione e controllo” del prof. A. Matacena.
10
A confronto con la definizione inglese vale la pena riportare la definizione italiana più
consueta, espressa da O. Paganelli nell’opera già citata. “La COA è un complesso di
rilevazioni sistematiche, a periodicità infra-annuale, volte alla determinazione dei costi,
ricavi, e risultati analitici della produzione aziendale, in prescelte organizzazioni, nonchè alla
formazione del risultato economico di breve periodo, per somma algebrica di risultati
analitici, costi comuni non imputati e differenze varie.”
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3. Esista un utilizzatore dell’entità: che è l’imprenditore, o chi per
lui, pone alla base delle sue decisioni i risultati della contabilità
analitica.
4. Che tale entità sia formata da sotto/sovrasistemi in modo da
formare una gerarchia, per cui i risultati dell’entità finiscono per
dipendere dalle relazioni e dalla coordinazione tra i diversi
componenti di tale gerarchia. Vedremo come, ad esempio, gli stessi
piani dei conti funzionino con sottosistemi, e come tutti i
componenti dell’entità siano coordinati all’interno della gerarchia.
5. Esista un decision-maker, cioè un gestore di tale sistema che ne
utilizza le risorse ed implementa risultati.
Si tratta dei contabili dei costi che “gestiscono” il sistema sapendo
come e dove intervenire tecnicamente.
6. Esista un progettista che svolge la mansione di concettualizzare
il tipo di sistema con l’obiettivo di creare una coerenza logica e
facilitare i cambiamenti all’interno del sistema senza che
comunque questo ne resti dipendente. In questo caso si tratta, molto
spesso, della figura del controller che svolge attività di audit
interno
11
in modo da ridurre i rischi connessi con le decisioni di
contabilità direzionale.
Una volta soddisfatte tali condizioni l’entità potrà essere
definita un sistema e vedremo, mano a mano che si procede
nell’analisi dei sistemi di contabilità inglesi, come tali condizioni
aderiscano pienamente alla realtà concettuale.
Individuiamo dunque la composizione della gerarchia di sistemi
che fa dell’entità: “Sistema informativo” dell’impresa, il
sovrasistema a sua volta composto dalla:
11
Si tratta di un processo di verifica che verrà preso in considerazione più avanti.
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(a) COGE
12
= contabilità generale, indicata nel mondo
anglosassone come Financial Account,
(b) COA = contabilità analitica indicata come Cost Account,
(c) COD = contabilità direzionale detta Management Account.
Inutile dire che a loro volta tali sistemi saranno composti da
sottosistemi necessari al reperimento dei dati elementari.
L’informazione contabile viene ad essere incanalata in tale
meccanismo attraverso la rilevazione in uno o più subsistemi
correlati seguendo un percorso studiato per renderla il più
significativa possibile per l’intero complesso delle rilevazioni.
12
Le abbreviazioni qui indicate verranno spesso usate per rendere più chiaro il riferimento ai
diversi tipi di contabilità, prassi di sovente usata nella teoria italiana ma che non ha alcun
riscontro in quella contabile inglese.
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1.4 Origini della contabilità dei costi
Prima di procedere ulteriormente nell’analisi della materia è
necessario fare un passo indietro considerando le origini che essa
ha avuto. Storicamente parlando, non si può certo dire che
all’inizio ci si interessasse già di sistemi e sovra-sistemi, né tanto
meno di contabilità dei costi, poiché esisteva solo “la contabilità”
in senso lato.
La tenuta dei libri contabili era legata al denaro solo come
risorsa economica e non come misuratore di performance.
Secondo Harper
13
, furono gli ingegneri, più legati al significato di
profitto, inteso come guadagno, che non ai contanti, a sentire il
bisogno di stimare un prezzo per il loro lavoro esigendo più
accurate valutazioni del valore delle risorse impiegate in ogni
singolo progetto. Con questa funzione vennero impiegati dei
contabili posti accanto alla funzione di produzione perché si
occupassero esclusivamente di costi, mancando all’inizio il
collegamento con chi si occupava invece della contabilità vera e
propria.
Ciononostante le deficienze di tale approccio divennero via
via sempre più evidenti ed i contabili dei costi iniziarono ad
adottare per i loro compiti un sistema di “contabilità totale”.
Essi giunsero al punto di incrementare la complessità del
loro lavoro in modo tale da portarli ad esigere il riconoscimento di
uno status professionale e da vederli assumere un ruolo
fondamentale nella condizione dell’impresa.
Nacque così l’ICWA, Institute of Cost and Werks Accountants.
Tuttavia, per molto tempo, la contabilità industriale continuò a
concentrarsi soprattutto sull’approfondimento dei costi e questo
stato di cose continuò fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Nella letteratura degli anni ‘30 non si trovano particolari
innovazioni, poiché si occupò maggiormente di problemi meno
incisivi come ad esempio se l’interesse fosse o no un costo, o di
13
Ibidem
Capitolo Primo
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definire il senso di capacità produttiva. Solo dopo il ‘45 l’enfasi
della ricerca mutò direzione. Il significato “manageriale” delle cifre
cominciò ad essere molto più apprezzato e la preparazione di
prospetti informativi sull’andamento dell’impresa divenne così
vantaggiosa da essere sempre più apprezzata da chi gestiva le
politiche dell’azienda.
Il termine “Management Account” entrò finalmente in uso e
l’ICWA divenne l’Istitute of Cost and Management Account e poi
ancora il Chartered Institute of Management Account.
Tali mutamenti portarono anche ad nuovo approccio alla
contabilità, fino ad allora considerata solo un modo per
approfondire la conoscenza dei costi passati relativi ai diversi
lavori ed ai diversi reparti piuttosto che un metodo per predire
valori futuri ed analizzarli in termini di profitto per l’impresa. Così,
in poco tempo, l’intera area d’influenza della contabilità si allargò,
da sistema di valori a consuntivo interno volti ad enfatizzare
misurazioni non prese in considerazione dalla contabilità generale,
fino ad assumere un ruolo base nella formazione delle decisioni da
parte del top-management.
Dalla breve storia della contabilità direzionale è chiaro che la
distinzione fra contabilità manageriale e dei costi è più storica che
logica. In realtà esistono entrambe, e sono separate, solo
funzionalmente, poiché si inquadra oramai la contabilità analitica
come sottosistema della contabilità direzionale e, naturalmente,
sempre e solo in funzione della direzione economica dell’impresa.
Quest’ultima può, a grandi linee, essere inquadrata come:
1. Amministrazione del cash, che include la contabilità per la
pianificazione delle sue manipolazioni economiche;
2. Misurazione dei risultati, includendo performance passate e
future.
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A causa dello sviluppo storico la moderna divisione di tali
funzioni basilari e, quindi, l’attribuzione alle diverse contabilità che
se ne occupano, è diventata diversa nella pratica.
Molti autori, non solo inglesi, hanno cercato di porre una
distinzione logica alle attuali divisioni distinguendo tra:
(a) Financial Accounting: inquadra il denaro come risorsa fisica ed
economica, ad es. cassa, assegni, creditori, debitori ecc..
Ha il compito di conoscere le fonti, la varietà, ed il valore
economico in termini di interesse della risorsa denaro.
La contabilità generale è principalmente il relazione con
l’amministrazione delle risorse e diventa, con questa connotazione,
quasi una funzione specialistica.
(b) Management Accounting: si occupa della misurazione delle
conseguenze economiche e delle implicazioni delle decisioni dei
managers aiutandoli così a prendere decisioni.
(c) Cost Accounting: prende in considerazione la misurazione dei
risultati economici dei reparti, delle divisioni, e quindi del valore
delle risorse ivi impiegate per la produzione di beni e servizi.