6
Gli aspetti tecnici del caso sono affrontati e risolti in maniera
radicalmente diversa nei sistemi di common law e in quelli di diritto
continentale, per cui questa dicotomia deve essere tenuta presente in tutta
la trattazione della materia.
Proporre soluzioni attendibili e applicabili in campo internazionale
significa capire preventivamente le modalità di svolgimento di un
apprezzamento tecnico dei fatti nei vari sistemi giuridici, per poi
procedere ad una comparazione che faccia forza sugli aspetti comuni e
cerchi di mediare su quelli divergenti.
L’intero lavoro trae spunto dalla mancanza di trattazioni
monografiche sull’importanza e i confini della consulenza tecnica
d’ufficio nell’ambito di una procedura arbitrale internazionale ed è
impostato su basi prettamente sostanziali, che vogliono far luce su aspetti
di primaria importanza.
L’analisi che molti studiosi – soprattutto quelli di formazione
anglosassone – sono portati a compiere, verte essenzialmente sul dato
normativo procedurale, supportato da esempi di casi in cui la norma o il
principio ha trovato applicazione, per giungere poi a proposte di
soluzioni applicative in base ad un’accurata analisi degli svantaggi o dei
vantaggi che ad una certa impostazione sono riconnessi.
7
Questo studio vuole essere condotto al riparo da un’ottica locale e
partigiana, in cui la verifica delle diverse soluzioni prospettabili avviene
in piena libertà dalle abitudini giuridiche che ci sono familiari.
Affrontare e (si spera) risolvere annose e difficili questioni quali
quella del rapporto fra una consulenza tecnica disposta d'ufficio ed il
dogma del libero convincimento dell’organo giudicante ovvero cercare
una opportuna qualificazione giuridica ad un fenomeno così pieno di
zone grigie o ancora chiedersi dell’ammissibilità di una consulenza
tecnica basata su conoscenze giuridiche e non più tecniche aggiunge
sicuramente qualcosa al quadro, finora tutt’altro che limpido, in cui lo
studioso quanto il pratico sono costretti ad operare.
La struttura del lavoro rispecchia questa esigenza e, dopo una
breve quanto necessaria introduzione all’istituto arbitrale internazionale,
affronta il “problema” consulenza tecnica partendo dalla sua definizione
e analizzando poi molte delle domande che il cultore della materia si
pone di fronte ad un istituto di non facile collocazione (difficoltà
accresciuta in ambito internazionale dalle diverse impostazioni presenti e
dalla possibilità per le parti di nominare arbitri–esperti).
È parso poi necessario un riferimento conclusivo alle altre attività
di assistenza tecnica che possono prendere luogo al di fuori o prima di un
giudizio arbitrale, proprio per l’esigenza di delimitare l’area di
applicazione del nostro istituto, senza per questo trascurare quei nuovi
8
strumenti che il mondo degli affari internazionali sta introducendo al fine
di sveltire e rendere più efficace la risoluzione di difficoltà di ordine
prevalentemente tecnico.
9
CAPITOLO I
PROFILI DELL’ARBITRATO COMMERCIALE INTERNAZIONALE
§.1. L’arbitrato come mezzo di risoluzione delle controversie e il
significato delle etichette “internazionale” e “commerciale”.
§.2. I vantaggi dell’arbitrato per gli operatori commerciali.
§.3. Arbitrati ad hoc e arbitrati amministrati.
10
§.1. L’arbitrato come mezzo di risoluzione delle controversie
e il significato delle etichette “internazionale” e “commerciale”.
L’arbitrato è per definizione un metodo di risoluzione delle
controversie alternativo alla giurisdizione ordinaria1. Nel commercio
internazionale tuttavia, può rilevarsi come esso abbia conquistato sempre
più la fiducia degli operatori fino a divenire il mezzo normale, ordinario
di cui essi fanno uso per dirimere questioni legali (c’è chi parla di “scelta
irreversibile”)2. Prima di passare all’analisi dei motivi che ne hanno
determinato il successo e delle forme in cui un arbitrato può presentarsi
(tanto varie e flessibili da suscitare il sospetto che si debba parlare di
“arbitrati”) sarà bene inquadrare correttamente l’istituto mediante la
disamina delle due etichette che accedono al sostantivo “arbitrato”:
soltanto in tal modo sarà possibile determinare l’ambito di applicazione
dello stesso.
L’aggettivo “internazionale” era tradizionalmente riservato
all’arbitrato tra Stati o ad alcuni casi di arbitrato tra Stati ed individui,
mentre per l’arbitrato tra privati si distingueva semplicemente tra
1
In generale sull’argomento vedi FOUCHARD, L’arbitrage commercial international, Paris 1965;
DOMKE, The law and practice of commercial arbitration, New York 1967; DAVID, L’arbitrage dans
le commerce international, Paris 1982; BERNARDINI, L’arbitrato internazionale, Milano 1987;
RUBINO SAMMARTANO, L’arbitrato internazionale, Padova 1989; REDFERN–HUNTER, Law and
practice of international commercial arbitration, London 1991; FOUCHARD–GAILLARD–
GOLDMAN Traitè de l’arbitrage commercial international, Paris 1996.
2
BERNINI, L’arbitrato, Bologna 1993, 34.
11
arbitrato nazionale ed estero3. Ma la forte crescita dei rapporti
commerciali transnazionali e l’accresciuto livello della competitività
internazionale conseguente alla progressiva apertura dei mercati hanno
prodotto tutta una serie di nuovi e più sofisticati tipi di contratti del
commercio internazionale; in questo quadro ha cominciato a consolidarsi
una tendenza favorevole a riconoscere agli arbitrati privati aventi
carattere di internazionalità una qualche autonomia di disciplina rispetto
all’arbitrato interno o estero di diritto comune4.
Una parte della dottrina è giunta perfino a sostenere la tesi
secondo cui un procedimento arbitrale internazionale sarebbe tale anche
per la sua capacità di instaurarsi e svolgersi in completa autonomia
rispetto a qualsiasi ordinamento giuridico nazionale ( si parla di arbitrato
floating o unbound) in quanto sorretto dalla sola volontà delle parti. In
realtà la fattiva collaborazione dei tribunali nazionali è condizione
essenziale per il migliore funzionamento del meccanismo arbitrale.
Nei complessi normativi appositamente dedicati all’arbitrato
(privato) internazionale, la relativa nozione è individuata attraverso: a)
un criterio oggettivo, o economico, imperniato sulla natura della
controversia e segnatamente sul coinvolgimento in essa di rapporti e/o
3
Per arbitrato internazionale in senso tradizionale cfr. la Convenzione di Washington del 15 marzo
1965 in materia di investimenti e gli Accordi di Algeri del 20 gennaio 1981 per l’arbitrato Iran–Stati
Uniti.
4
Sugli sviluppi legislativi e giurisprudenziali dell’arbitrato internazionale v. GIARDINA, L’arbitrato
internazionale in Enc. Giur. Treccani, Roma 1988.
12
interessi del commercio internazionale (art.1492 nuovo c.p.c. francese e
legge portoghese n.31 del 1986); ovvero b) un criterio soggettivo
imperniato sulla provenienza delle parti (art. 176 legge federale svizzera
su dir. int. priv. ed art.1717 code judiciaire belga); ovvero c) il riscontro
nella fattispecie di entrambi i criteri (art.1 Conv. Ginevra del 21.4.1961);
ovvero d) il riscontro alternativo dell’uno o dell’altro criterio (art.1 legge
modello UNCITRAL e art.832 nostro c.p.c.)5.
Il carattere di internazionalità rimane quindi una qualificazione
attribuita dai vari ordinamenti e per ciò stesso non riconducibile ad un
concetto unitario: d’altra parte, “quanto maggiori sono le aperture del
legislatore rispetto all’autonomia negoziale delle parti, tanto minori sono
le esigenze di normative differenziate per il c.d. arbitrato
internazionale”6. Alcuni autorevoli autori inoltre, vedono l’arbitrato
internazionale come “una sorta di aereo in perenne volo” che trova la sua
pista d’atterraggio solo nel momento in cui si tratta di eseguire il lodo
arbitrale, per cui diventa necessariamente dipendente da un dato
ordinamento nazionale. Se si pensa poi che la maggioranza dei lodi sono
spontaneamente eseguiti dalle parti per una serie di motivi che trovano
nelle regole del mercato la loro ragione, ci si rende facilmente conto che
5
Questo criterio è quello che maggiormente testimonia il favore per l’arbitrato internazionale, le cui
regole devono poter essere applicate alla maggioranza dei contratti commerciali: compito di uno stato
moderno è anche quello di intralciare il meno possibile l’opera dei settori produttivi della società
senza per questo adottare legislazioni sull’arbitrato spregiudicate solo per essere frequentemente scelta
come sede di procedimenti.
6
RECCHIA, Riforme legislative straniere sull’arbitrato, parte prima in Riv.Arb.1991 p.182
13
a volte quella pista d’atterraggio rappresentata dagli ordinamenti
nazionali non è neanche necessaria7.
Per quanto concerne l’aggettivo “commerciale” si può dire che
esso sia sinonimo di privato e opposto quindi a inter–statuale: anche gli
Stati possono essere parti di un arbitrato commerciale (basti pensare ai
contratti con imprese straniere per la realizzazione di grandi lavori civili
o di impianti industriali), ma devono in tal caso rinunciare ai privilegi del
potere sovrano e sottostare alle regole del gioco esattamente come una
qualsiasi parte privata.
La dottrina si è a lungo affannata in discussioni circa il
fondamento contrattuale o giurisdizionale dell’arbitrato: la tesi
contrattuale sembra preferibile ed è anche quella prevalente, vista
l’amplissima autonomia riconosciuta alla volontà privata nella
regolamentazione dei rapporti del commercio internazionale. I fautori
della tesi giurisdizionale pongono invece in risalto il momento finale
costituito dalla decisione dell’organo arbitrale per rilevare come il
meccanismo arbitrale funzionerebbe in forza di una sorta di delegazione
7
Stiamo accennando qui alla natura prevalentemente contrattuale del meccanismo arbitrale, che può
essere regolato e condotto interamente sulla base della volontà delle parti. La critica a tale concezione
è invece fondata sul fatto che gli ordinamenti statuali giocano tuttora un ruolo prevalente nella
disciplina giuridica dei rapporti commerciali internazionali e sono disposti a rinunciare all’esercizio
del potere giurisdizionale solo a condizione di conservare una misura di controllo sullo svolgimento
del procedimento arbitrale al fine di evitare abusi o la violazione di principi fondamentali di giustizia.
Più ampiamente sui termini della disputa dottrinaria circa il fondamento dell’istituto arbitrale
internazionale cfr. COSTA, Arbitrato nel commercio internazionale, in Enc.Giur Treccani, Roma
1988.
14
di potere da parte dello Stato, cui bisogna poi far riferimento per evitare
l’arbitrio ed il prevalere della legge del più forte.
15
§.2. I vantaggi dell’arbitrato per gli operatori commerciali.
Allo stadio attuale delle relazioni economiche e commerciali, è
sempre più frequente che le parti diano vita a rapporti giuridici che
trascendono l’ambito di un singolo Stato: è la conseguenza inevitabile
della globalizzazione, dello sviluppo tecnologico e della sempre
crescente esigenza di far fronte alla nuova dimensione della
competitività internazionale.
Spesso le parti di un contratto internazionale sono radicate in
ambienti geograficamente, culturalmente, politicamente e giuridicamente
molto diversi. Proprio perché consapevoli delle differenti tradizioni
giuridiche delle aree di rispettiva provenienza, nessuna delle parti è
disposta a sottomettersi ai giudici nazionali dell’altra e ad offrirle il
vantaggio di “giocare in casa” davanti ai propri giudici, nella propria
lingua e secondo regole di procedura ad essa più familiari8. Ma la
consapevolezza che semplici incomprensioni possono degenerare in liti e
che è dovere di un buon uomo d’affari prevederne l’insorgere determina
il ricorso all’arbitrato. D’altra parte la fiducia reciproca è condizione
indispensabile per il successo di queste delicate relazioni ed il
8
Alcuni autori ritengono questa impossibilità di servirsi del proprio giudice nazionale come il motivo
principale di ricorso all’arbitrato, che appare quindi come una scelta obbligata o addirittura un male
necessario; altre considerazioni quali la confidenzialità, la celerità e il minor costo sarebbero quindi
solo elementi di contorno di una soluzione inevitabile. Cfr. per tutti RUBINO–SAMMARTANO,
L’arbitrato internazionale ,Padova 1989, p.8
16
meccanismo arbitrale risponde anche all’esigenza di eliminare le
ripercussioni negative sulla armoniosa prosecuzione della collaborazione
tra partners commerciali, questo essendo nella maggioranza dei casi
l’obiettivo più importante da essi perseguito.
Ma anche se le parti provengono da realtà culturali e giuridiche
vicine (i paesi dell’Unione Europea e dell’area dell’EFTA possono per
esempio usufruire di convenzioni internazionali che hanno unificato le
regole di competenza e di esecuzione delle sentenze)9, i tribunali
nazionali offrono uno strumento valido solo a patto che funzionino bene,
che la materia del contendere non sia particolarmente tecnica e
complessa e che le parti siano collegate da una legge abbastanza
conosciuta e vicina o da una disciplina unificata e comune. Ma
quand’anche fossero ottemperate queste condizioni, il meccanismo
arbitrale conserva ancora delle prerogative allettanti.
La maggiore rapidità ed il minor costo costituiscono vantaggi
tradizionalmente richiamati ma non sempre effettivi10: se infatti nella
maggioranza dei casi il lodo viene spontaneamente adempiuto dalle
parti, non sono da sottovalutare le eventuali impugnazioni e comunque il
9
Conv. Bruxelles del 27 settembre 1968 e Conv. Lugano del 16 settembre 1992.
10
Secondo le statistiche rese note dalla Camera di Commercio Internazionale la durata media di questi
tipi di arbitrato va da 1 a 2 anni, tenendo però presente che si tratta di cifre in cui sono considerati da
una parte “enormously difficult cases involving great geografic desplacement...” e dall’altra “cases in
which the parties have a gentlement disagreement that they would like to settle fairly and
expeditiously”. Notizie più approfondite in CRAIG, PARK, PAULSSON, International Chamber of
Commerce Arbitration, 2nd ed., New York 1990, p.13
17
tempo necessario perché la decisione sia riconosciuta ed eseguita. Ciò
comporta inevitabilmente il lievitare delle spese, che vanno peraltro
sommate alle non esigue somme richieste per la procedura arbitrale (i
costi sono ancora più elevati se si tratta di arbitrato amministrato da una
camera arbitrale11).
Le parti possono tuttavia decidere di limitare convenzionalmente i
tradizionali mezzi di ricorso contro una decisione arbitrale a quelli
tassativamente previsti come inderogabili dalle legislazioni e
convenzioni internazionali applicabili.
La definitività della decisione arbitrale è infatti un elemento molto
apprezzato nella pratica commerciale internazionale: permette agli
operatori di conoscere in tempi rapidi e appunto definitivi se e in che
misura possono disporre delle risorse tecniche, finanziarie ed
organizzative che avevano investito nell’affare. Nel mondo del
commercio, ancor più che per i privati cittadini, giustizia ritardata è
sinonimo di giustizia negata: rimanere in passiva attesa di una decisione
sulla sorte di un contratto può voler dire tenere congelate somme che
avrebbero potuto essere altrove investite.
La prospettiva dinamica propria del mondo degli affari mal si
concilia con il rigido formalismo che caratterizza la giurisdizione
ordinaria (intralci, lungaggini e ritardi nei procedimenti, per non parlare
11
Vedi infra § 3
18
delle conseguenze pregiudizievoli che le parti subiscono per via di
decadenze o per l’inosservanza degli obblighi formali e soprattutto per la
preclusione dei mezzi di prova). La procedura arbitrale costituisce
espressione della volontà delle parti ed è imperniata sul rispetto del
contraddittorio; permette alle parti un ruolo attivo e le eleva a
protagoniste della propria giustizia12.
L’arbitrato permette inoltre di affidare la risoluzione delle
questioni altamente tecniche e complesse al giudizio di un organo
giudicante dotato di una competenza tecnica e di una particolare
esperienza nella materia oggetto della controversia (da tempo la dottrina
parla di “giudice su misura”) e, quindi, con la migliore garanzia di una
decisione che renda una effettiva giustizia nel caso concreto, un giudizio
obiettivo e qualificato che accresce il grado di consenso per la decisione
arbitrale e conseguentemente le possibilità di spontanea esecuzione di
essa.
Altro fattore largamente apprezzato dagli operatori commerciali è
la maggiore riservatezza e discrezione del procedimento arbitrale rispetto
al giudizio ordinario. Evitare la pubblicità negativa conseguente a una
lite, cercare di mantenere buone relazioni con il partner commerciale
con cui sono sorte le questioni e non lasciar trapelare informazioni e dati
12
Un esempio interessante di come una procedura arbitrale internazionale possa essere condotta
sapientemente senza formalismi è dato dal caso CCI n.6465, pubblicato in Journal du droit
international 1994 con osservazioni di D.HASCHER, 1088 ss.
19
di natura tecnica ed economica suscettibili di utilizzo da parte delle
imprese concorrenti sono i principali motivi per cui la segretezza della
lite è consigliabile. Ovviamente quanto sopra è possibile solo a
condizione che il lodo non venga impugnato di fronte ad un tribunale
nazionale e che le parti si siano opposte alla pubblicazione del loro
caso13.
Un ulteriore aspetto positivo è poi rappresentato dall’elevato
numero di paesi che hanno ratificato la Convenzione di New York del
1958 sul riconoscimento e l’esecuzione di lodi arbitrali stranieri (oltre
90, fra cui anche paesi di diversissime tradizioni culturali e giuridiche)
Questo significa che al momento è sicuramente più facile ottenere il
riconoscimento di una decisione arbitrale avvenuta all’estero che di una
sentenza straniera.
13
Si tratta della c.d. “tesaurizzazione della giurisprudenza arbitrale”, una tendenza giustificabile dal
punto di vista dottrinario, meno da quello pratico. Vedi a garanzia delle parti art. 28.2, 3 del
Regolamento CCI 1998.
.