3
INTRODUZIONE
La presente ricerca intende occuparsi della conoscenza dell’Atlantico
settentrionale nel mondo antico, restringendo l’indagine al periodo che va dai
Micenei all’epoca dello straordinario viaggio del massaliota Pitea verso gli
estremi limiti settentrionali dell’ecumene . Il motivo che adduce
all’approfondimento di tale argomento è la volontà di chiarire alcuni
interrogativi sui primi popoli del Mediterraneo orientale che prima di Pitea
hanno solcato le acque dell’o ceano Atlantico settentrionale.
Nell’approfondimento de i vari punti che verranno trattati, si comincerà
dalla lettura delle fonti letterarie che verranno integrate da quelle
archeologiche, al fine di offrire un quadro più completo degli argomenti.
Si riterrà opportuno iniziare la ricerca dai lontani Micenei, nel tentativo
di capire se, ben prima dei Greci, essi si fossero spinti sulle coste atlantiche
della Penisola Iberica ed oltre. Seguendo un ordine cronologico, l’attenzione
verrà rivolta ai Fenici che spianarono ai naviganti greci la strada verso le terre
oltre Gibilterra.
Prima di prendere in esame le fonti storiche ed archeologiche inerenti la
scoperta e la frequentazione dei Greci dei territori prospicienti l’O ceano
Atlantico settentrionale, sarà opportuno aprire una finestra sul mito, nel
tentativo di cogliere quegli elementi che per i Greci erano parte di quel mondo
semi-sconosciuto in cui tramontava il sole. A questo punto, si prenderanno in
esame le fonti antiche che accennano al dell’estremo
Occidente, cercando dei riscontri, dove sarà possibile, nei dati archeologici.
Un capitolo della ricerca sarà dedicato alle vie dello stagno, metallo
molto ambito dalle popolazioni del Mediterraneo orientale, che le fonti antiche
ricordano come proveniente da luoghi lontani, dalle isole
Cassiteridi/Estrimnidi.
Verranno esaminati i probabili motivi della crisi dell’elemento fenicio
stanziato in Iberia unitamente alle possibili cause e conseguenze della fine dei
traffici greci nell’estremo Occidente.
4
L’ultimo capitolo della ricerca si concentrerà sul viaggio di Pitea oltre
le Colonne d’Eracl e. Si tratterà del problema della datazione e dello scopo del
viaggio. Infine, attraverso i frammenti della sua opera, raccolti da S. Bianchetti,
si tenterà di capire quali possano essere stati l’itinerario percorso dal
Massaliota e la meta del suo viaggio.
5
1. PRIMA DEI GRECI
1.1. I Micenei nell’estremo Occidente
Sebbene le tavolette in lineare B registrino semplicemente dati
riguardanti l’amministrazi one dei palazzi, tuttavia offrono notizie indirette
sull’organizzazione sociale, politica, religiosa ed economica
1
che, unite ai dati
offerti dalla cultura materiale, mostrano i Micenei come un popolo di abili
navigatori e commercianti.
Essi intrattennero, sin dal XVI secolo a.C., rapporti di tipo commerciale
con le zone costiere del Mediterraneo orientale: Asia minore, Rodi, Cipro,
Turchia meridionale, ma anche Libia ed Egitto e, secondo Taylour
2
, anche con
le zone del mar Nero, della cui conoscenza non resterebbe che un’eco nel mito
di Giasone e degli Argonauti. Le testimonianze archeologiche attestano la
presenza dei Micenei anche in alcune zone del Mediterraneo occidentale.
Secondo Godart
3
dalla qualità dei reperti rinvenuti in Oriente ed in Occidente è
possibile dedurre che i Micenei ebbero un tipo di relazione commerciale
diverso con le due parti del mar Mediterraneo. I Micenei operarono, secondo
questa tesi, due tipi di traffici: quello verso Oriente, di notevole ampiezza,
avvenne sotto il diretto controllo del palazzo, con mercanti ed ufficiali
rispondenti all’autorità palaziale, m entre quello verso Occidente fu un
commercio di minori proporzioni e gestito da privati che si avventurarono per
mare alla conquista di mercati dove smerciare i propri prodotti. Quest’ultimo
tipo di commercio è, quindi, secondo Godart, quello intrattenuto con le isole
Eolie, la Sicilia, l’Italia meridionale e la Sardegna.
Ma cosa spinse i mercanti Micenei ad avventurarsi per mare ed in
particolare verso Occidente? Probabilmente ciò che spinse i Greci d’età
arcaica, come afferma Musti
4
, cioè la sopravvivenza. Le testimonianze della
1
Per le difficoltà dello studio della società micenea attraverso i testi in lineare B si veda G.
MADDOLI (a cura di), La civiltà micenea. Guida storica e critica, Roma 1992.
2
W. TAYLOUR, I Micenei, Milano 1966, p. 180.
3
L. GODART, Minoici e micenei: precolonizzatori e precolonizzati in Momenti precoloniali nel
Mediterraneo antico, Roma 1988, p. 54.
4
D. MUSTI, La tradizione storica e l’espansione micenea in Occidente: questioni preliminari, in
Momenti precoloniali cit., p. 29.
6
presenza micenea in vari punti della costa italiana, tradiscono le cause della
medesima: il bisogno di derrate alimentari e soprattutto di metalli (rame e
stagno in particolare, dalla cui lega si ricava il bronzo) e pietre preziose. I
Micenei entrarono in rapporto con luoghi ricchi di queste materie prime: nel
sito di Vivara, per fare qualche esempio, sono state trovate tracce di attività
fusoria di oro e rame nei livelli con ceramiche micenee del TE I-II. Qui i
metalli giungevano dalla costa dell’alto Lazi o, ricca di mineralizzazioni di
rame e di altri metalli; sulle coste della Puglia arrivavano i prodotti dall’area
padana, tra cui l’ambra del nord Europa , molto utilizzata dai Micenei per la
fabbricazione di ornamenti; infine, le isole Eolie erano un punto di
rifornimento per l’allume e l’ossidiana estratti in loco, e per lo stagno
proveniente dalla Cornovaglia e dalla Bretagna
5
.
Per quanto riguarda le regioni più occidentali del Mediterraneo, ad oggi
non ci sono dati sufficienti che possano dare spazio ad ipotesi riguardo ad una
frequentazione, sia di carattere commerciale che coloniale, dei Micenei con
questi territori. Gli unici dati che testimonierebbero una presenza dell’ elemento
miceneo sulla Penisola Iberica, sarebbero alcuni frammenti ceramici rinvenuti
a Montoro (Cordoba) che tuttavia non offrirebbero la prova di un dialogo
costante tra l’elemento indigeno e quello miceneo, ma tracce di sporadici
contatti
6
. Essi sarebbero frutto di contatti secondari tra il mondo miceneo e
l’estremo Occidente nei quali avrebbero operato un ruolo importante i
“prospectors sardi” (cercatori di minerali preziosi) che avrebbero fatto da
tramite fra i commercianti Micenei, presenti in Sardegna sin dal XIV secolo
a.C.
7
, e la Penisola Iberica, come testimonia la presenza di manufatti in bronzo
di tipo iberico nella metallurgia sarda del Bronzo Recente e Finale
8
. I Micenei,
quindi, non si sarebbero spinti verso Occidente oltre le isole Eolie e la
5
M. CULTRARO, I Micenei. Archeologia, storia, società dei Greci prima di Omero, Roma 2006,
pp. 231-232; E. HALLAGER, Aspects of Aegean long-distance trade in the second millennium
b.C. in Momenti precoloniali cit., p.93.
6
L. ANTONELLI, I Greci oltre Gibilterra, in Hesperìa 8, Studi sulla grecità di Occidente a cura di
L. Braccesi, Roma 1990, p. 17; P.ROUILLARD, Le Grecs et la péninsule ibérique du VIII au IV
siècle avant Jésus-Christ, Paris 1991, p. 24; B.CUNLIFFE, Facing the Ocean: the Atlantic and its
people 8000 BC-AC 1500, Oxford 2001, p. 262.
7
M. GRAS, Trafics Tyrrheniens Archaiques, Roma 1985, p. 57.
8
M. CULTRARO, I Micenei cit., pp. 230-231.
7
Sardegna: l’ipotesi di Taylour sull’arrivo dei M icenei sulle coste della
Cornovaglia è da scartare: l’incisione del profilo di un pugnale miceneo su uno
dei monoliti di Stonehenge, la tazza d’oro di Rillaton simile ad una tazza
rinvenuta nella tomba a fossa IV e le perle di pastiglia scoperte in alcuni tumuli
britannici
9
sono tutte testimonianze dell’ influenza della cultura micenea sulla
cultura del Wessex, ma ciò non implica che mercanti micenei abbiano varcato
le Colonne d’Eracle alla ricerca dello stagno di cui il Sud della Bretagna era
ricco. È più semplice pensare ad una influenza della cultura micenea sulla
cultura del Wessex realizzatasi attraverso l’arrivo in terra britannica di prodotti
di manifattura micenea giunti dall’O riente sulle coste della Penisola Italiana e,
da qui, portate da altri “mercanti viaggiatori” attraverso l’Europa continentale
fino alle Isole Britanniche
10
.
9
W. TAYLOUR, I Micenei cit., pp. 163-164; L. A. STELLA, La civiltà micenea nei documenti
contemporanei, Roma 1965, p. 219; L. BERNABò BREA, La Sicilia prima dei Greci, Milano 1960,
p. 126.
10
L. A. STELLA, La civiltà micenea cit., p. 219.
8
1.2. I Fenici
Secondo la tradizione letteraria, le imprese commerciali dei Fenici nel
Mediterraneo occidentale ebbero inizio nel XII secolo a.C. con la fondazione
delle colonie di Utica in Tunisia, di Lixus in Marocco e di Gadir in Iberia. Si
esaminino più da vicino le fonti:
Tyria classis, plurimum pollens mari, in ultimo Hispaniae tractu, in
extremo nostri orbis termino, in insula circumfusa Oceano, perexiguo a
continenti divisa freto, Gadis condidit. Ab iisdem post paucos annos in
Africa Utica condita est. Exclusi ab Heraclidis Orestis liberi iactatique
cum variis casibus tum saevitia maris quinto decimo anno sedem
cepere circa Lesbum insulam.
(Velleius Paterculus I 2. 3)
La flotta di Tiro, potentissima sul mare, nell’ultima regione della
Spagna, nell’estremo limite della nostra terra, in un’isola circondata
dall’Oceano, divisa dalla terraferma da un piccolissimo stretto, Gades
fondò. Dagli stessi, dopo pochi anni, in Africa venne fondata Utica.
Allontanati dagli Eraclidi i figli di Oreste e sparsi non solo da vari
accidenti ma anche dalla furia del mare, dopo quindici anni si
stabilirono intorno all’isola di Lesbo.
Velleio sostiene nelle sue Historiae Romanae che Gades sarebbe stata
fondata dai Fenici nel momento del ritorno degli Eraclidi, 120 anni dopo la
morte di Eracle e 80 anni dopo la fine della guerra di Troia, cioè nel 1104/1103
a.C., mentre Utica sarebbe stata fondata pochi anni dopo, nel 1101 a.C., come
riporta anche Plinio nella Naturalis Historia:
Uticae templum Apollinis, ubi cedro Numidica trabes durant ita, ut
positae fuere prima urbis eius origine annis MCLXXVIII.
(Plinio XVI 216)
Il tempio di Apollo ad Utica, dove le travi di cedro della Numidia
resistono da quando sono state poste per prime all’atto di fondazione
della città, 1178 anni fa.
9
Per quanto riguarda Lixus, Plinio pone la sua fondazione in un tempo
precedente a quello di Gades:
Exemplo est arbor malvae in Mauretania Lixi oppidi aestuario, ubi
Hesperidum horti fuisse produntur, CC passibus ab oceano, iuxta
delubrum Herculis antiquius Gaditano, ut ferunt.
(Plinio XIX 63)
L’arbusto della malva nell’insenatura della città di Lixus in
Mauretania, dove si racconta che vi fossero i giardini delle Esperidi,
200 passi dall’Oceano, vicino al tempio di Eracle più antico di quello
di Gades, come dicono.
Le datazioni riportate dalle fonti letterarie non trovano conferma, però,
nei dati archeologici: le ricerche condotte nell’Iberia meridionale e nel
Marocco atlantico hanno portato alla luce siti fenici la cui prima occupazione
risale alla metà dell’VIII/ inizi VII secolo a.C.
11
. Agli stessi risultati sono giunti
gli archeologi in Tunisia: Utica, fondata secondo le fonti pochi anni dopo
Gades, durante gli scavi di Cintas
12
del 1948 e 1950, ha restituito fosse con
ceramica databile all’VIII secolo a.C.. L’archeologia , quindi, fa sorgere dubbi
sull’attendibilità delle fonti che collocano la fondazione delle colonie fenicie
alla fine del II millennio. Gli studiosi
13
spiegano questa discrepanza
ipotizzando per i secoli XI-IX a.C. un periodo di “precolonizzazione” che non
avrebbe lasciato tracce archeologiche. Inizialmente interessati alla formazione
di scali commerciali e non di colonie vere e proprie, i Fenici avrebbero solcato
il mar Mediterraneo con le loro navi partendo dalla madrepatria, facendo tappa
innanzitutto a Cipro e successivamente in Tunisia, Marocco e Spagna
meridionale, dove solamente a partire dall’VIII secolo a.C. quelli che erano
semplici scali commerciali assumono le fattezze di vere e proprie colonie.
11
P. ROUILLARD, Le grecs et la péninsule ibérique du VIII au IV siècle avant Jésus-Christ, Paris
1991, pp. 41-45.
12
P. CINTAS, Deux campagnes de fouilles à Utique, «Karthago» II, 1951, pp. 37 sgg.
13
J. HEURGON, Il mediterraneo occidentale: dalla preistoria a Roma arcaica, Bari 1972, p. 97;
L. ANTONELLI, I Greci oltre Gibilterra cit., pp. 19-20; F. MAZZA, La «precolonizzazione» fenicia:
problemi storici e questioni metodologiche, in Momenti precoloniali cit., pp. 191-203; S. F.
BONDÌ, Problemi della precolonizzazione fenicia nel Mediterraneo centro-occidentale, in
Momenti precoloniali cit., pp. 243-255.
10
Attribuendo ai Fenici un modus operandi tipico della colonizzazione greca,
Strabone ricorda così la fondazione di Gadeira:
< >
(Strabone III 5. 5)
Riguardo alla fondazione di Gadeira i Gaditani, come propria
versione, ricordano un oracolo dato ai Tirii, che imponeva di inviare
una colonia oltre le Colonne di Eracle: quelli che erano stati inviati in
avanscoperta, quando giunsero allo stretto presso Calpe, ritenendo che
quello fosse il confine del mondo e della spedizione di Eracle, e che
l’oracolo avesse anche chiamato quel luogo Colonne, approdarono
nella regione oltre le Colonne, dove ora si trova la città dei Sassitani:
qui, avendo sacrificato, poiché i presagi non si rivelarono favorevoli, se
ne tornarono indietro. Tempo dopo altri coloni giunsero oltre lo stretto,
dopo circa 1500 stadi, a un’isola sacra a Eracle, posta di fronte alla
città iberica di Onoba: pensando che lì si trovassero le Colonne,
sacrificarono al dio; ma poiché di nuovo i presagi non furono
favorevoli, se ne tornarono in patria. Quelli giunti con una terza
11
spedizione fondarono Gadeira e costruirono il santuario sul lato Est
dell’isola e la città sul lato Ovest.
I due tentativi di fondare una colonia oltre le Colonne d’E racle
rifletterebbero la fase precoloniale di cui si parlava sopra, il periodo della
ricerca e della scoperta da parte dei Fenici di nuovi territori con cui instaurare
un rapporto di scambi di mercanzie. È il momento che Heurgon definisce
caratterizzato da “ una lunga attività navale, viaggi di ricognizione, incursioni
eccezionali e anche regolari rotazioni commerciali nel corso delle quali i
navigatori non toccavano terra che per caricare l’oro di Ophir e l’argento di
Tarsis”
14
.
Questa fase precoloniale che spinge i Fenici verso l’estremo O ccidente
sarebbe testimoniata, secondo Antonelli, dall’Antico Testamento dove si fa
riferimento ai viaggi verso Tarshish e alle navi di Tarshish. Si esaminino alcuni
passi esplicativi dell’Antico Testamento
15
:
Sed et omnia vasa de quibus potabat rex Salomon erant aurea et
universa supellex domus saltus Libani de auro purissimo non erat
argentum nec alicuius pretii putabatur in diebus Salomonis quia classis
regis per mare cum classe Hiram semel per tres annos ibat in Tharsis
deferens inde aurum et argentum dentes elefantorum et simias et pavos.
(Re I 10. 21-22)
Ma anche tutte le coppe dalle quali beveva il re Salomone erano d’oro
ed ogni suppellettile della casa della zona montuosa del Libano erano
d’oro purissimo, non c’era argento, né di alcun prezzo ci si
preoccupava ai tempi di Salomone poiché la flotta del re attraverso il
mare insieme alla flotta di Hira andava per tre anni a Tharsis portando
da lì oro e argento, denti di elefanti e scimmie e pavoni.
14
J. HEURGON, Il mediterraneo occidentale cit., p. 97.
15
Si citeranno solamente alcuni passi dell’Antico Testamento che contengono la parola
Tharsis/Tharshish, ma che tuttavia sono sufficienti per cercare di comprendere a cosa si
riferisca questo termine. I passi citati sono tratti dalla Vulgata latina di San Girolamo.