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insegnamento delle scienze nelle scuole, ma questo avviene, ci pare, nel
senso che la propria esperienza pedagogica si presenta in Bachelard nel
segno di una sensibilità maggiore rispetto agli altri epistemologi verso i
modi di apprendimento e di sviluppo delle conoscenze scientifiche.
Questa sensibilità, poi, si innesta su una logica della scoperta
scientifica che già nella Connaissance si presenta assai duttile, nel senso
che per Bachelard la logica non prescrive delle regole universali e valide
per sempre per definire ciò che è scientifico o meno, ma descrive semmai
il modo in cui i concetti si rettificano attraverso la scienza, creando una
rete concettuale, un modo di vedere il mondo che, approfondendosi,
modifica anche l’approccio al mondo del soggetto che usa questa rete.
In altre parole, Bachelard, in virtù di questa sensibilità pedagogica,
parte già, nell’analisi della conoscenza, da un presupposto che non
distingue tra psicologia della conoscenza e logica della conoscenza e che,
perciò, vede la logica come il risultato della dinamica psicologico-
conoscitiva.
Se questo è il presupposto già presente nella Connaissance, è facile
comprendere perché Bachelard sia giunto in seguito alla definizione del
concetto di ostacolo epistemologico: una scoperta è vera non solo perché
risponde ad una logica ben precisa, ma perché è giunta a quella logica
attraverso un percorso corretto e, di conseguenza, definire le modalità
della correttezza del percorso diventa, per Bachelard, un punto cruciale.
4
Il primo capitolo, incentrato sull’analisi dell’Essai sur la
connaissance approccheé cercherà di ricostruire le origini della dottrina
epistemologica bachelardiana, nei suoi punti più qualificanti, avendo cura
di mettere in risalto, nel definire il concetto di rettificazione, come il
carattere duttile e impersonale della conoscenza riposi sulla visione
genetico-psicologica del concetto e sottolineando, allo stesso tempo come,
pur nell’impostazione generale e pur nell’avvertenza dell’aspetto
individuale-psicologico dell’approccio alla scienza, manchi una
comprensione chiara del problema da parte dell’epistemologo francese.
Una volta presentata nelle sue linee portanti l’epistemologia di
Bachelard si passerà allora a mostrare come questa si approfondisca negli
anni che vanno dal 1927 al 1934, fino alla stesura del secondo grande
scritto epistemologico del filosofo francese, vale a dire Il nuovo spirito
scientifico. In quest’opera l’urgenza di definire con maggior precisione i
presupposti psicologici della conoscenza si fa più forte: si riconosce
sempre più esplicitamente il valore di una psicologia che purifichi il
razionalismo applicato della scienza non cartesiana.
Anche in questo caso si tenterà di delineare i principali temi e
novità della epistemologia bachelardiana – come il superamento
dell’opposizione tra razionalismo e empirismo, il superamento compiuto
dalle scienze delle intuizioni immediate di spazio e di tempo e via dicendo
– e, nel contempo, di mettere in evidenza come alle argomentazioni di
carattere epistemologico si affianchi, già prepotentemente, la
preoccupazione per gli aspetti psicologici del progresso scientifico.
5
Il terzo capitolo, sarà infine dedicato all’altro importante testo
epistemologico del primo Bachelard, cioè La formazione dello spirito
scientifico, in cui è definita la nozione di ostacolo epistemologico, si
presentano i principali ostacoli e si indicano i motivi e le possibili
modalità per la loro rimozione. L’analisi di questo lavoro verrà svolta, e
non potrebbe essere altrimenti, anche in rapporto ai temi che si sono
evidenziati nei due capitoli precedenti, mostrando come i limiti del
pensiero scientifico riconosciuti e discussi nelle opere precedenti (come,
per fare un esempio, il realismo) trovino le loro radici proprio negli
ostacoli epistemologici.
Il presente lavoro ha tenuto inoltre conto di un dato generale
fondamentale riguardante la posizione dell’epistemologia bachelardiana,
cioè il fatto che si tratti, a detta dei suoi maggiori studiosi, di una
epistemologia storica.
La storia viene ad assumere, per Bachelard – scienziato e filosofo
ma anche maestro liceale e poi docente universitario – una duplice
rilevanza: essa è educativa nella misura in cui è in grado di indicare gli
ostacoli epistemologici che si sono frapposti nello sviluppo del discorso
scientifico; ma è anche l’essenza stessa dell’epistemologia in quanto il
progresso scientifico è un processo eminentemente storico.
Proprio questa sua particolare posizione, e teoretica e
metodologica, spiega il motivo per il quale l’epistemologo francese fu
nell’ambiente scientifico, sostanzialmente, un isolato, mentre nella tarda
riscoperta che venne fatta delle sue opere – intorno agli anni ’50 del
6
secolo scorso – furono privilegiati gli scritti dedicati al tema della rêverie,
l’altro grande cuore pulsante dell’opera bachelardiana; e tuttavia la
medesima posizione spiega pure quanto l’epistemologia di Bachelard ha
portato in sé di nuovo e di innovativo nel discorso epistemologico
contemporaneo.
La storia dunque, quale categoria interpretativa della filosofia di
Bachelard, indica la massima estensione ma nel contempo la giusta
limitazione entro cui deve svilupparsi il discorso epistemologico. Questo il
percorso seguito da Bachelard partendo dall’Essai sur la connaissance
approccheé fino a La formazione dello spirito scientifico, passando per Il
nuovo spirito scientifico.
7
1. LA CONOSCENZA APPROSSIMATA: I MODI DI
RETTIFICAZIONE DEL CONCETTO
L’Essai sur la connaissance approchée, che risale al 1928,
1
presenta la prima forma compiuta, seppur non definitiva,
dell’epistemologia di Gaston Bachelard e la premessa del suo discorso
teoretico successivo. La logica della scienza che emerge da quest’opera è
quella della rettificazione dei concetti, vale a dire di un loro vero e proprio
approfondimento. Essi sono duttili perché, appartenendo all’aspetto
vivente dello spirito, crescono insieme ad esso ed al suo progredire. Ne
derivano alcune importanti conseguenze.
In primo luogo la conoscenza ha una sua dinamica interna ed il
mondo cui si rivolge non è il mondo della conoscenza comune, bensì
quello dell’esperimento scientifico creato dalla conoscenza già posseduta;
in tal modo si ha una riorganizzazione dei concetti che permette lo
sviluppo di nuove ipotesi.
In secondo luogo il processo della conoscenza così inteso porta ad
un approfondimento del concetto in termini universalistico-matematici ed
essi quanto più divengono astratti, tanto più perdono la loro natura
personale-individuale-reale.
1
Bachelard, (1928). Esiste una traduzione parziale italiana nel testo antologico Sertoli,
(1974), che in parte utilizzeremo in questa sede per citare il testo del filosofo francese. Per
un primo orientamento bibliografico su Gaston Bachelard si veda Gonzáles, (1992).
8
Infine l’astrazione della conoscenza scientifica procede
parallelamente allo sviluppo dello spirito che impara a lavorare con
concetti il cui rapporto con la realtà diventa sempre più rarefatto.
2
Se nella conoscenza approssimata Bachelard si sofferma sulla
rettificazione dei concetti e manca di giungere pienamente all’idea di
ostacolo epistemologico, per altro verso avanza già l’ipotesi che tanto più
questi diventano astratti, tanto più è difficile tradurli nel concreto psichico
degli scienziati e degli uomini, per il suo stretto rapporto con l'individuo e
il mondo esperibile.
Tuttavia il carattere duttile ed impersonale della conoscenza si pone
già in questo testo sulla via di una visione, per così dire, genetico-
psicologica del concetto, anche se essa avrà poi i suoi più proficui
approfondimenti nelle opere successive dell’epistemologo francese.
2
Su tutti questi aspetti, seppure in via preliminare, si possono vedere i diversi interventi
contenuti nel volume Bonicalzi, Vinti (2004).
9
1.1 Il carattere sintetico del giudizio conoscitivo
L’epistemologia di Bachelard parte dalla considerazione del doppio
valore della conoscenza: da un lato è descrizione, mentre dall’altro lato
essa è apprensione del reale: «connaître, c’est dècrire pour retrouver».
3
La conoscenza si trasmette come un insieme di dati descrittivi che
sembrano non avere valore ipotetico, bensì assertorio. Essa venendosi a
creare a lato del soggetto necessita che i suoi termini generali siano ri-
tradotti nel linguaggio dello spirito vivente.
La scienza, dunque, deve sì comprendersi come generalizzazione e
quindi cercare di disgiungersi dalla verificazione del soggetto, ma nel
contempo nel suo valore ipotetico.
4
Il conflitto che ne deriva è evidente:
quando si pone la conoscenza di fronte al suo compito completo di assimilazione
e di utilizzazione, al centro stesso dell’opposizione tradizionale del dato e della
ragione, ci si accorge subito che essa implica, nel suo sviluppo come nel suo
oggetto, un conflitto intimo che non riesce mai a spegnere totalmente. La sua
perfezione è un limite centrale che riunisce due condizioni contrarie: la minuzia
e la chiarezza.
5
3
Bachelard, (1928), p. 9
4
Su questo punto si veda l’interessante saggio di Cotesta, (1974), pp. 246-273, laddove si
sostiene, a proposito del saggio bachelardiano qui considerato, che «1) Bachelard ritiene che
la realtà sia inesauribile; 2) egli ritiene che la conoscenza sia “relativa” e “approssimata”. La
formula della connaissance approchée presuppone una realtà esterna a cui la conoscenza si
avvicina sempre più e, nello stesso tempo, la relatività di questa conoscenza, storicamente
oggettiva, agli strumenti di cui la scienza dispone», (Ivi, pp. 269-270; virgolettature e corsivi
nel testo).
5
Sertoli, (1974), p. 100
10
La conoscenza è prima di tutto, come dicevamo all’inizio,
descrizione; da cui muove e a cui giunge, ancora, la scienza per compiere
il suo percorso. Ma in questo cammino la scienza trova davanti a se alcune
resistenze, prima fra tutte quella sistematica tipica del pensiero filosofico:
Per resistere alla tendenza sistematica, tanto seducente per il filosofo, dobbiamo
dunque attribuire pieno senso alla descrizione iniziale, e d’altra parte non
dobbiamo perdere di vista che la descrizione è anche il fine della scienza. Da
essa dobbiamo partire. Ad essa dobbiamo tornare.
6
Una descrizione, tuttavia, che per essere tradotta nel linguaggio
scientifico, deve svilupparsi intorno ad un centro d’interesse e, di
conseguenza, andrà nella direzione di una sua estensione massima:
L’organizzazione dei punti di riferimento, a qualunque principio obbedisca, ci
condurrà dunque fatalmente a una conoscenza che tenderà a svilupparsi nel senso
della massima estensione, che avvicinerà fra di loro qualità simili e i pretesti di
azioni identiche.
7
In tal modo però si arriva a condurre il significato dentro una
teoria, tornando così al pensiero sistematico attraverso l’autosintesi della
descrizione, che si fonda su un accordo del pensiero con se stesso.
L’epistemologia di Bachelard si presenta, da questo punto di vista,
come una teoria in cui il dato è all’interno di una prospettiva d’insieme. La
scienza descrive il fatto entro un sistema teorico ed all’interno di una
sintesi razionale che lo collega ad altri fatti. Si ha perciò la trasformazione
6
Ivi, p. 102
7
Ivi, p. 104
11
da una visione della scienza come accumulazione di conoscenze in una
nuova visione della scienza come una teoria d’insieme in cui i fatti sono
dei punti di snodo.
È un elemento importante quest’ultimo perché segna il vero
discrimine tra la concezione della scienza ottocentesca e quella invece,
nuova, dei primi del Novecento, una visione della scienza in cui questa
non è più vista come un sistema ma, al contrario come una teoria
d’insieme che non riduce la pluralità delle ragioni ad un unicum
sistematico e gerarchizzato:
Ritroveremo quindi, affidandoci al solo impulso descrittivo, l’inclinazione dello
spirito umano al sistema. Questa auto-sintesi della descrizione può compiersi
secondo diversi punti di vista. Può essere aiutata da un’intuizione privilegiata,
una tendenza, un’impressione. Tutto sembra utile per amalgamare le esperienze
d’ordine più diverso. Contatti fra l’io e il non-io, in apparenza molto diversi dal
contatto epistemologico […] raggiungono una rapida unità.
8
Ma ciò implica una costruzione idealista, che si considera completa
sin dall’inizio. Da qui nasce la critica che Bachelard svolge contro le
posizioni idealiste, il cui carattere specifico viene riscontrato nella sua
staticità che è l’esatto opposto della concezione bachelardiana della
conoscenza scientifica, cioè il fatto che essa sia soprattutto progressiva.
9
8
Ibidem
9
Si legga il Sertoli per comprendere cosa sia la realtà per Bachelard, sin dal saggio qui
considerato: «La realtà, nella scienza moderna, è una realizzazione. Il “realismo costruito”
secondo cui si definisce l’epistemologia bachelardiana, pone la realtà come il risultato di un
processo conoscitivo (ma meglio sarebbe dire. “produttivo”) che, al termine di numerose
rettifiche, moltiplicanti e precisanti i “dettagli”, ha oggettivato la teoria, ossia ha creato una
realtà. Se il progresso della conoscenza è un progresso di complicazione crescente, tale
complicazione va intesa nel senso di una costruzione sempre più articolata e
particolareggiata. La teoria aggiunge al proprio progetto sempre nuovi “dettagli” (la parola è
12
L’idealismo ci pare incapace per principio, di seguire e spiegare il movimento
continuo e progressivo della conoscenza scientifica. I sistemi ai quali si affida,
non possono evolversi in una lenta deformazione […] Nell’idealismo, infine, la
conoscenza è sempre intera, ma chiusa ad ogni estensione. Essa non conosce
nessuna mobilità all’infuori di quella dei cataclismi. Noi pensiamo che una delle
più temibili obiezioni per le tesi idealiste sia l’innegabile esistenza di un errore
che non può, per sua natura, essere totalmente eliminato e che ci obbliga ad
accontentarci solo di approssimazioni.
10
Al contrario della posizione degli idealisti, Bachelard avanza
l’ipotesi che la scienza presuppone una realtà ma i cui caratteri non sono
quelli dell’evidenza del dato immediato, ma conservano invece dentro di
sé qualcosa di ignoto, un elemento che suscita la ricerca stessa.
La sua essenza, per Bachelard, consiste
nella sua resistenza alla conoscenza. Noi assumeremo dunque come postulato
dell’epistemologia la fondamentale incompiutezza della conoscenza.
11
una fra le predilette di Bachelard): è un’approssimazione continua, ma non nel senso di un
progressivo accostamento (rivelativi) a una realtà già data in sé e da sempre là, bensì nel
senso di una fabbricazione sempre più minuta di particolari, di una creazione sempre più
complicata e precisata», (Sertoli, 1972, pp. 41-43).
10
Sertoli, (1974), p. 105
11
Ibidem. In questa frase è importante notare un cauto riferimento alla centrale difficoltà
dell’epistemologia bachelardiana. Bachelard rifiuta l’empirismo realistico e d’altro canto
non vuole cadere nell’idealismo, dunque è costretto ad ammettere la presenza di una realtà
materiale ribelle al pensiero, di un quid che si oppone alla conoscenza. Per una maggiore
chiarezza su questi punti citiamo quanto scrive il curatore dell’antologia italiana
nell’introdurre i brani tradotti appena citati: «La ragione scientifica, dunque, è una ragione
che parte da sé, ponendo dei postulati, deducendo da essi dei teoremi, costruendo tutta una
teoria che poi “verifica” sottoponendola a prove rigorose […] dettagliandola e arricchendola
via via con la produzione di nuovi particolari – e solo al termine di questo processo di
“approssimazione” (costruttiva) verso oggetti sempre più precisi e definiti, la “realtà” appare
nel fuoco della teoria, fra le sue maglie. Essa è stata, appunto, realizzata – e per questo
Bachelard definisce la propria epistemologia una “realismo costruttivo” (o anche una
“ontologia costruttiva”, “ontologia progettata”: per significare che l’ “essere”, appunto, è un
prodotto, ossia è ciò che viene deposto da una attività factice», (Ivi, p. 98; virgolette,
citazioni e parentesi nel testo).
13
Ma in questa prima parte dell’Essai sur la connaissance approchée
la critica dell’epistemologo francese si allarga contemporaneamente
all’impostazione opposta all’idealismo, vale a dire all’empirismo.
Secondo Bachelard la sensazione deve poter avere anche un
elemento speculativo, diverso da quello puramente fisiologico. Inoltre
l’immaginazione opera già prima dell’azione ed in ogni caso quest’ultima
è troppo grossolana per farci comprendere il significato del dato nella sua
complessità.
E dunque,
se si può sperare di determinare e rivivere i "dati immediati” della coscienza, non
si vede in qual modo si possa restituire lo spirito immediato […]. E quanto
all’introspezione, essa è, in fondo, una cultura, e non può oggettivare un ricordo
se non attraverso una personalità che si fortifica e che muta per il solo sforzo di
ritrovare la sua origine.
12
Se queste parole del filosofo francese ci mostrano bene già in
questo suo lavoro l’importanza che poi egli attribuirà sempre più sia al
dato psicologico sia a quello propriamente culturale, dall’altro lato ci
spiegano un fatto, cioè che la coscienza immediata deve essere legata ad
un significato altrettanto immediato, pena la confusione tra dato primitivo
e immediato, tra l’ordine del dato e la descrizione del metodo.
13
12
Ivi, p. 108, corsivo nel testo.
13
Infatti, come è stato sottolineato, «non ha senso epistemologico allora parlare di “dati”
come termini originari della conoscenza, dal momento che il dato è sempre “necessariamente
implicato in una costruzione”. Certamente bisogna che qualcosa di dato sia ricevuto, perché
il processo conoscitivo abbia inizio, ma il fatto è sempre necessariamente preso in un metodo
di iscrizione tra altri fatti; la rilevazione del dato è in realtà la sua inserzione in un ordine
senza del quale il dato sarebbe senza ‘forma’, sarebbe un puro e irrimediabile caos»,
(Botturi, 1976, p. 22; citazione e virgolettature nel testo).