7
curando gli interessi della collettività medesima nel miglior modo
possibile
2
.
Tuttavia, analizzando il modello organizzativo, soprattutto come
delineato dalla normazione più risalente, si nota che esso risultava
e risulta poco rispondente al dettato costituzionale a causa dei
diversi fattori che incidono negativamente sul suo assetto.
Il primo di tali fattori è costituito dal riconoscimento di una
pluralità di interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento,
di cui tuttavia non ne è effettuata una classificazione gerarchica; di
conseguenza, il rapporto, la ponderazione, il contemperamento fra
gli stessi vengono sempre più spesso realizzati con moduli
orizzontali e consensuali e non più, o sempre di meno, con moduli
verticali e gerarchici.
3
Il secondo fattore è costituito dall’altissimo tasso di dispersione
delle funzioni. Difatti, la loro allocazione si presenta alquanto
irrazionale, rispondendo a logiche assai eterogenee e risente di un
processo di stratificazione nel tempo, per cui non soltanto le
diverse funzioni sono male ripartite tra le diverse
Amministrazioni, ma spesso la stessa funzione è allocata per
frammenti e particelle tra più amministrazioni.
E’ pertanto di tutta evidenza l’esigenza di semplificazione ed è al
perseguimento di quest’obiettivo che vanno imputati i numerosi
tentativi posti in essere dal legislatore per “alleviare” il peso di un
sistema troppo complicato e poco rispondente ai dettami
costituzionali.
In questo quadro si collocano i diversi strumenti di
semplificazione concepiti come meccanismi sostitutivi di
2
CERULLI IRELLI, corso di diritto amministrativo, Torino, ed. 1994
3
BASSANINI e CARBONE, in La nuova disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di Vincenzo Cerulli
Irelli, Napoli, ed. 2006.
8
procedimenti, grazie ai quali si sposta e si concentra l’esercizio di
attribuzioni diffuse in capo a numerosi soggetti.
Tali strumenti trovano attualmente regolamentazione nella legge
n θ 241 del 1990, che dedica un apposito capo, il IV°, alla
semplificazione dell’azione amministrativa.
Quest’ultimo, in particolare, contiene una serie di disposizioni di
notevole rilievo dirette a snellire l’azione amministrativa e, di
conseguenza, ad uniformarla ai principi di economicità ed
efficacia enunciati dall’art. 1 della legge stessa.
Tra i vari istituti previsti per il perseguimento di tale finalità
rilevano: il silenzio assenso, la denuncia (ridenominata
“dichiarazione”) di inizio attività e la conferenza di servizi.
In particolare, la conferenza di servizi è uno strumento
organizzativo che, consentendo un esame contestuale dei vari
interessi pubblici coinvolti nel procedimento amministrativo,
realizza pienamente l’obiettivo della semplificazione, sia in
termini di svolgimento del procedimento che di migliore
valutazione complessiva dei vari interessi rilevanti, in quanto
assicura il passaggio da un’azione diacronica ad un’azione
sincronica
4
.
L’istituto in questione rappresenta, pertanto, uno strumento
mediante il quale il legislatore ha dato piena attuazione all’art. 97
della Costituzione. In realtà, già nella scelta del lessico usato per
disegnare i principi essenziali dell’azione amministrativa mostra la
inclinazione, estremamente profetica e di grandissima utilità, per
la irrinunciabile sovrapposizione di azione ed organizzazione,
quale specchio, metodo, essenza della giuridicità dell’uso
4
VESPERINI, “che fine ha fatto la semplificazione amministrativa?”, ed . 2006.
9
legittimo del potere amministrativo
5
. In tale norma è quindi
costituzionalizzato il principio di legalità, che esprime l’esigenza
dell’assoggettamento dell’azione amministrativa alla legge,
principio strumentale rispetto a quelli di imparzialità e di buon
andamento, che impone pertanto all’amministrazione di agire nel
modo più adeguato e conveniente possibile
6
.
E’ di tutta evidenza il nesso stringente, legame definito quasi
filiale, tra la conferenza di servizi e l’art. 97; il risvolto giuridico
del buon andamento si sostanzia, infatti, nel conferimento
all’Amministrazione di “mezzi giuridici elastici” per il miglior
proporzionamento dell’attività amministrativa, elasticità che deve
essere criterio guida sia riguardo al contenuto dell’attività, sia al
suo modo di farsi. E’ proprio in relazione a questi due aspetti del
principio in esame che è stato concepito l’istituto della conferenza
di servizi.
La stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto che l’istituto appare
preordinato alla realizzazione del principio del buon andamento
dell’attività amministrativa di cui all’art. 97 Cost.
7
, mentre la
necessità che si proceda ad un esame simultaneo degli interessi
pubblici coinvolti induce a ritenere che l’istituto sia posto a
salvaguardia, altresì, del principio di imparzialità della funzione
amministrativa e di cooperazione tra soggetti pubblici titolari di
interessi contermini
8
.
5
FORTE P., conferenza di servizi, ed. 2000.
6
NIGRO, Amministrazione pubblica, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1998.
7
C.Cost.16-2-1993,n°62.
8
C.Cost.19-3-1996,n°79.
10
CAPITOLO I
Origini storiche della
Conferenza di servizi.
1. Origini ed evoluzione dell’istituto.
Benché la conferenza di servizi abbia trovato una compiuta
disciplina normativa solo con la legge 241/1990, l’origine
dell’istituto è ancora più risalente, in quanto esso era già noto alla
prassi amministrativa (in particolare nei settori della pianificazione
urbanistica e delle opere pubbliche) ed era stato disciplinato,
seppur con modelli talvolta dissimili, da interventi legislativi di
settore
9
.
Il primo meccanismo che potrebbe essere assimilato
strutturalmente alla conferenza di servizi risale alla legislazione
fascista di settore, che prevedeva la conferenza formale in
contraddittorio, in materia di trasporti, denominata “riunione
compartimentale”, in quanto si teneva presso il compartimento
della motorizzazione civile ed avente per oggetto l’esame
comparativo delle domande relative all’istituzione di nuove
autolinee.
Intorno agli anni cinquanta incominciò a manifestarsi una notevole
attenzione verso tale istituto, in particolare molteplici enti pubblici
9
MORBIDELLI, il procedimento amministrativo, in AA.VV., Diritto Amministrativo, Bologna ed.2001
11
individuarono in tale meccanismo un valido strumento per
risolvere problemi altrimenti insolubili.
10
Questo “inedito” strumento, affermatosi spontaneamente e in
modo informale nella prassi amministrativa fu portato
all’attenzione del Convegno di Varenna del 1959, in cui si
evidenziò come, “al fine di accelerare e razionalizzare i complessi
procedimenti di formazione e approvazione dei piani urbanistici, il
Ministero dei lavori pubblici ideò uno dei più utili ed efficienti
strumenti di collaborazione non organica: “la conferenza di
servizi”; si evidenziò, sempre nel corso del convegno “come
questo mezzo fosse uno strumento utilissimo e collaudato, ormai
da una pluriennale esperienza, per armonizzare le attività degli
enti interessati alla formazione ed esecuzione dei piani urbanistici,
consentendo, attraverso il dibattito, di trovare punti di accordo su
questioni determinate, ad esempio l’individuazione di zone con
vocazione specifica, l’ordinata previsione di percorsi di autostrade,
ferrovie e strade ordinarie, etc.”
11
.
Tuttavia, nonostante un certo entusiasmo iniziale e la sua pratica
utilità, dottrina e giurisprudenza da un lato e il legislatore
dall’altro non mostrarono grande interesse per l’istituto, tanto che
venne abbandonata l’iniziativa del Ministero dei Lavori Pubblici,
che aveva concepito l’istituto come “strumento di collaborazione
non organica”, per accelerare e snellire lo svolgimento dei piani
urbanistici
12
.
Conferma di tale atteggiamento è la scarsa applicazione dell’
istituto; difatti, all’epoca unico esempio di rilevante spessore
poteva essere individuato nella legge 6 dicembre 1962, n°1643,
10
GIANNINI, La semplificazione, in dir.amm., ed. 2000
11
D’ORSOGNA, Conferenza di servizi ed amministrazione della complessità. ed. 2002.
12
Le origini informali dell’istituto sono state considerate ed analizzate anche da:BERTINI, La conferenza di servizi, ed.
2000;BENVENUTI, Coordinamento e sviluppo, ed.1996.
12
istitutiva dell’ENEL, la quale aveva previsto l’indizione di
periodiche conferenze per la consultazione di rappresentanze
degli enti locali ed organizzazioni sindacali
13
.
Le fattispecie di conferenze di servizi esistenti si limitavano
pertanto a quelle poc’anzi indicate: conferenze informali nel
settore dell’urbanistica,conferenze formali previste nella legge
istitutiva dell’ENEL, riunioni compartimentali obbligatorie in
materia di trasporti.
Lo scarso interesse dedicato a questa figura era direttamente
proporzionale alla scarsità dei dati offerti dalla prassi
amministrativa e dal diritto positivo: la dottrina, infatti, laddove si
era interessata alla conferenza di servizi, si era in sostanza limitata
a prendere atto dell’esistenza dello strumento e ad una descrizione
dei suoi caratteri esteriori, senza offrire particolari
approfondimenti
14
.
Fu solo a partire dalla seconda metà degli anni ottanta che la
conferenza di servizi acquista una grande diffusione nel panorama
legislativo: fu la legge 441/1987, relativa all’approvazione
regionale degli impianti di smaltimento rifiuti, ad inaugurare la
nuova stagione della conferenza di servizi, mettendo a punto un
modello per molti versi originale, punto di partenza delle
successive elaborazioni
15
.
Tra le fattispecie disegnate dalla legislazione degli anni ottanta
vanno senz’altro ricordate: la legge 424/1989 con la quale si tentò
di sostenere le attività economiche nelle aree interessate dai
fenomeni di eutrofizzazione del Mare Adriatico; la legge205/1989,
13
Relativamente a questa ipotesi,la dottrina dell’epoca,come sottolinea CIMELLARO,La conferenza di servizi,ed.
2001,ha sostenuto che con questa previsione il legislatore ha inteso valorizzare il momento partecipativo degli Enti
pubblici e di quelli esponenziali di interessi diffusi,per garantire l’interlocuzione tra Enti ed utenti.Intorno alla
previsione in esame non è rilevabile alcuna speculazione scientifica che lasci intravedere un interesse della dottrina
dell’epoca per una definizione della funzione specifica della conferenza di servizi come modello procedimentale.
14
D’ORSOGNA, conferenza di servizi e amministrazione della complessità, Torino, ed. 2002.
15
BERTINI, La conferenza di servizi, in Dir. Amm., 1997.
13
approvata per far fronte ai campionati mondiali di calcio e la legge
135/1990, contemplante un “programma di interventi urgenti per
la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”.
La copiosa legislazione degli anni ottanta in materia contribuì
anche ad aumentare l’interesse della dottrina verso tale istituto,
benché la stessa non mancò di denunciare l’incertezza esistente
circa lo stato dell’elaborazione teorica intorno all’istituto.
2. Modelli di Conferenza delineati dalla legislazione di
settore fino alla Legge 241 del 1990.
Dall’esame dei vari e frammentati interventi normativi in materia,
si evince che la prima forma di conferenza di servizi ad essere
prevista dal legislatore è stata la c.d. “conferenza istruttoria”
convocata in via facoltativa per il coordinamento e l’esame
congiunto degli interessi pubblici involti da una determinata
decisione amministrativa, ferma restando la competenza dell’ente
decidente all’assunzione del provvedimento finale. Ne sono
esempi, in primo luogo, la legge istitutiva dell’ENEL, che
prevedeva la convocazione di periodiche conferenze “per la
consultazione di rappresentanze locali ed economiche ed in
particolare delle Regioni,degli Enti locali,delle organizzazioni
sindacali e dei corpi scientifici”
16
; in secondo luogo, la conferenza
16
Il D.M. 28 ottobre 1965,contenente modalità relative alle conferenze periodiche in materia di energia
elettrica,prevedeva la loro convocazione,“su determinazione del Ministro per l’industria e per il commercio”,a cura
dell’Ente nazionale per l’energia elettrica“mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo e
l’elenco delle materie da trattare”.Avevano ad oggetto i programmi generali di sviluppo interessanti la Regione in
relazione alla programmazione degli impianti elettrici adeguati allo sviluppo industriale,agricolo, edilizio e
turistico,della Regione stessa,i rapporti con Enti locali e con l’utenza,l’assistenza e la consulenza agli utenti,le attività
tecniche e commerciale,con particolare riferimento ai servizi che interessassero direttamente l’utenza,i problemi di
carattere generali concernenti l’applicazione della politica tariffaria,relazioni pubbliche ed ogni altro problema connesso
con le attività elettriche. L’art.3 disciplinava minuziosamente i soggetti da invitare ai lavori;per ogni
conferenza,inoltre,era prevista la redazione di apposito verbale che,sottoscritto dal presidente della conferenza,veniva
depositato presso il Ministero dell’industria e del commercio.
14
prevista dalla legge 441/1987, in materia di smaltimento rifiuti,
nella quale confluivano osservazioni, proposte pareri e progetti di
tutti i soggetti interessati, cui conseguivano effetti procedimentali
di tipo prettamente istruttorio, ferma restando la competenza della
Regione all’assunzione del provvedimento di localizzazione degli
impianti.
17
La legislazione degli anni ottanta ha invece delineato una seconda
forma di conferenza di servizi che ha ingenerato una confusione
nella definizione dei confini dell’istituto e della sua distinzione, in
particolare, dall’accordo di programma e dall’intesa tra enti, dei
quali la conferenza di servizi sembra talvolta acquistare gli effetti
tipici.
Un esempio di tale “ambiguo” modello è quello delineato dal 4°
comma dell’art. 27 della legge 67/1988, il quale prevedeva che i
partecipanti alla conferenza si impegnassero “ad eseguire gli
interventi di propria competenza sulla base di un programma
concordato tra le parti convocate”, programma che veniva
pubblicato con le modalità di cui all’art. 7 della legge 1 marzo
1968, n°64, in tema appunto di accordo di programma.
18
Discorso a parte merita la norma della legge 205/1989, che
attribuiva alla deliberazione unanime di una conferenza di servizi
su progetti di opere pubbliche, connessi ai campionati di calcio del
1990, effetti immediatamente modificativi degli strumenti
urbanistici, dai quali gli interventi concordati fossero difformi. La
sua peculiarità risiedeva nel fatto che, data la straordinaria urgenza
con cui si doveva procedere per realizzare alcune opere pubbliche
in vista dei mondiali, assai imminenti,essa sostituiva tutto il
17
Cfr il commento alla legge di F.Giampietro, in Foro Amministrativo 1988, p.2308 ss.; concorda sulla natura
istruttoria BERTINI, La conferenza di servizi,in Dir.Amm. 1997.
18
Cfr. Sticchi Damiani, La conferenza di servizi, in Scritti in onore di P.VIRGA., Milano, ed.1994.
15
procedimento amministrativo sino all’approvazione del progetto,
con i possibili effetti di variante urbanistica già delineati. Questa
conferenza, peraltro, si segnala per un suo carattere che potremmo
definire, nel suo genere, paradigmatico per altri procedimenti di
approvazione di opere pubbliche, specie se estremamente urgenti;
tale modello, infatti, ha trovato un riscontro anche per altre opere o
eventi specifici, quali i lavori necessari per lo svolgimento dei
Campionati mondiali di sci alpino del Sestriere, valle di Susa e
Pinerolese del febbraio 1997 o i giochi del Mediterraneo di Bari.
19
Molteplici sono gli esempi, dunque, di impiego da parte del
legislatore, dell’istituto della conferenza di servizi, quale
strumento di semplificazione e accelerazione dei processi
decisionali delle amministrazioni pubbliche, ma si è sempre
trattato di un utilizzo pur sempre settoriale; è soltanto con la legge
241/1990 che il legislatore ha elaborato un istituto non più limitato
a singoli settori come in passato, ma di applicazione generale, la
cui disciplina è oggi allocata nel capo IV della suddetta legge,
intitolato “semplificazione dell’azione amministrativa”.
3.Legge 241/90: riconoscimento generalizzato
dell’istituto e problemi applicativi.
Con l’introduzione della disciplina della conferenza di servizi
nell’ambito della legge sul procedimento amministrativo, la
conferenza assurge ad istituto di carattere generale dell’attività
amministrativa. Sebbene tale dato sia salutato con favore dalla
dottrina, che avverte e sottolinea, in linea di principio, le
19
Nel medesimo genere,sia pure con finalità lievemente diverse,può ascriversi anche la conferenza di cui
all’art.2,comma 15°e ss. Del decreto legge 5 dicembre 1991 n°386,convertito in legge 35/1992,in tema di
alienazione,gestione e valorizzazione del patrimonio pubblico,dove la conferenza è investita anche di poteri di
approvazione di lavori ed opere,con limitati effetti urbanistici.
16
potenzialità insite nello strumento, per buona parte degli anni
novanta, tuttavia, un alto grado di incertezza e instabilità
caratterizza l’assimilazione dell’istituto da parte del sistema. Si
assiste cioè ad un vero e proprio moto circolare in cui le
amministrazioni, del tutto impreparate ad un’utilizzazione efficace
dell’istituto, tendono, soprattutto in una prima fase, ad una sua
utilizzazione scarsa ovvero riduttiva.
Del resto, la normazione originaria di cui alla legge 241/1990
recava una disciplina scarna e incompleta, concentrata in un solo
articolo, in cui era disegnato un modello “puro” di conferenza di
servizi: questa era infatti configurata quale modulo di
collaborazione volontaria tra le amministrazioni (sia la conferenza
interna sia quella esterna erano infatti previste quali moduli di
utilizzazione soltanto facoltativa), in cui le “determinazioni”
potevano essere concordate soltanto all’unanimità dei partecipanti.
Pertanto, la previsione della facoltà dell’amministrazione di
dissentire dalla proposta di decisione dell’amministrazione
procedente si risolveva nel riconoscimento implicito di un vero e
proprio potere di veto in capo a ciascuna delle amministrazioni
partecipanti.
Con tale previsione, quindi, il legislatore si era limitato a dare
riconoscimento sul piano del diritto positivo a quel modello di
conferenza di servizi che, in un periodo risalente, era stato
sperimentato nella prassi amministrativa.
20
Si può, dunque, constatare come le aspettative della comunità
giuridica non sono state da subito realizzate con la legge
241/1990, a causa della scarsa funzionalità e della limitata
20
D’ORSOGNA, “La conferenza di servizi:i procedimenti”, in La disciplina generale dell’azione amministrativa ,a
cura di CERULLI IRELLI,ed.2006