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Cap. 1
I GIOV ANI FINO ALLA SECONDA MODERNITA‟
1.1 Chi sono i giovani?
Per poter parlare di un fenomeno, quali sono i giovani e più in generale la
giovinezza, è necessario darne una definizione e capire di cosa si tratti realmente.
Da un punto di vista prettamente grammaticale il dizionario della lingua italiana ci
dice che: giovane è una persona che si trova tra l‟adolescenza e la maturità
(Dizionario Italiano Hoepli, 2011). Nella lingua latina, invece, iuvenis indica una
persona che denota vivacità, in continuo movimento, interessata a ciò che si
rinnova. In una seconda accezione la parola giovane è utilizzata per indicare un
individuo ancora inesperto, innocente, ingenuo, non ancora pronto per affrontare
autonomamente la vita nella società (Merico, 2004).
Ma a chi ci riferiamo concretamente quando utilizziamo questo termine?
Rispondere a al quesito risulta alquanto difficoltoso, dal momento che si sta
trattando un argomento che nel senso comune, così come anche in ambito
sociologico, non ha una chiara delimitazione, poiché chiaro non è il confine entro il
quale collocare anagraficamente la giovinezza. Ecco perché anche per le scienze
sociali risulta complicato non tanto discorrere di giovinezza e degli elementi che la
caratterizzano, quanto individuare i soggetti che possono rientrare nella categoria
giovanile. Tuttavia, non basta dare una definizione grammaticale per capire chi sono
i giovani. Ancora più importante è analizzare il fenomeno da un punto di vista
sociologico, dal momento che il riferimento alla mera crescita biologica di un
individuo non è di per sé sufficiente quando si analizza la società e i processi che si
creano al suo interno. In tal caso, infatti, si fa riferimento al processo di maturazione
psicosociale dell‟individuo, che è nettamente indipendente da quello biologico.
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Quando ci si addentra nello studio della giovinezza bisogna avere come presupposto
base il fatto che si tratta di un concetto ricco di incertezze e caratteri indefiniti.
Questo particolare periodo della vita dell‟individuo rappresenta infatti, per molti,
un‟età di confine che si colloca tra l‟infanzia e l‟età adulta. Ma anche in questo caso
risulta difficile stabilire, dal punto di vista anagrafico, dove si concluda l‟infanzia e
dove invece abbia inizio l‟età adulta.
Vi è poi un ulteriore problema di interpretazione legato alla confusione che si crea
in merito alle differenze tra giovinezza e adolescenza. Infatti, alcuni studiosi
utilizzano i due termini come sinonimi, altri invece per indicare due fasi della vita
che si susseguono l‟una all‟altra, altri ancora attribuiscono le differenze tra entrambi
i termini ad un fattore prettamente disciplinare, secondo cui l‟adolescenza viene
studiata dagli psicologi, la giovinezza dai sociologi. Il problema di fondo consiste
nell‟interpretazione dell‟età. L‟età infatti, può essere analizzata da due punti di
vista: biologico e sociale. Dal primo possiamo distinguere un periodo della vita di
un individuo di accrescimento delle dimensioni del corpo e delle capacità fisiche;
un successivo periodo di stabilità di queste capacità, ed infine un periodo di declino.
Le trasformazioni che si verificano in questi tre periodi influenzano le azioni, gli
atteggiamenti, le relazioni ed il modo di rapportarsi con l‟ambiente dell‟individuo.
Tuttavia, il processo biologico non è sufficiente per comprendere pienamente in che
modo l‟età influenzi la vita sociale degli individui. È a questo punto che svolge un
ruolo importante il secondo aspetto dell‟età, quello sociale. Ogni società, infatti,
elabora un insieme di norme e codici con cui stabilisce ciò che l‟individuo può o
non può fare, richiede e prescrive una serie di comportamenti. Le aspettative però,
non sono identiche per la totalità degli individui, ma mutano in relazione alla
posizione occupata all‟interno della stratificazione sociale, al genere e all‟età
anagrafica.
Sociologicamente l‟età rappresenta una condizione provvisoria, in continua
trasformazione: l‟individuo attraversa le differenti classi di età a cui corrispondono
diversi diritti, doveri, modelli comportamentali. Per quanto ci riguarda, dunque, il
contesto sociale prevede anche per la fase giovanile determinate aspettative. La
difficoltà nello stabilire i confini entro cui inserire l‟età della giovinezza è dovuta al
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fatto che questi stessi confini possono mutare e di fatto mutano continuamente,
analogamente al mutare delle aspettative che il contesto sociale attribuisce a questa
fase della vita. Mutano nelle diverse epoche storiche, da società a società, tra i
differenti strati sociali, tra i generi, ecc. E‟ chiaro quindi che la giovinezza
rappresenta un fenomeno parzialmente indefinito, eterogeneo e per certi versi
confuso, su cui comunque i sociologi hanno saputo individuare elementi omogenei
e di continuità.
La giovinezza viene considerata dalla sociologia una fase del corso di vita che segue
all‟infanzia e precede l‟età adulta e la vecchiaia. L‟intento di questo primo capitolo
è quello di individuare all‟interno di questa fase gli elementi caratteristici
fondamentali per poi rispondere a quesiti insistenti e comuni, quali ad esempio:
“Chi sono i giovani oggi? Quali sono i valori che perseguono? Quale posto occupa
il periodo della giovinezza nel corso della vita di un individuo? E ancora: quali
caratteri la contraddistinguono?” Ancor prima di dare risposte quanto più possibile
esaudenti a queste domande, risulta essenziale ricostruire le principali
trasformazioni della giovinezza che si sono verificate nel succedersi delle diverse
epoche storiche, a partire da quelle più antiche, ed illustrare le differenti definizioni
di giovinezza che sono state date sino ad oggi. Questo excursus, ci consentirà di
evidenziare le principali trasformazioni che si sono succedute in merito
all‟interpretazione di questa fase della vita.
1.2 I giovani nelle società premoderne
Nelle società premoderne, per la maggior parte degli individui ed in particolar modo
per quelli appartenenti agli strati sociali più poveri, il periodo della giovinezza
coincideva con l‟esecuzione dei cosiddetti riti di passaggio (riti religiosi, quali la
comunione e la cresima, o altri riti come il fidanzamento, ecc.), riti di durata
limitata a poche settimane. Definire il periodo anagrafico in cui tali riti si
verificavano è difficile, rispetto all‟idea contemporanea che si ha della giovinezza.
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Quello che si può affermare con certezza è che in queste società la fase compresa tra
l‟infanzia e l‟età adulta si limitava ad un periodo molto breve.
Nella polis greca, ad esempio, i cittadini maschi intorno all‟età di 18 anni
frequentavano i ginnasi, dove ricevevano un addestramento di tipo sportivo e
militare, mentre nella città di Atene, durante lo stesso periodo storico, il ginnasio
costituiva anche un luogo di studio, che forniva ai giovani maschi istruzione e
preparazione culturale. Dunque, si può evidenziare nell‟antichità come il periodo
della giovinezza fosse organizzato e vissuto all‟interno di strutture specificamente
destinate all‟istruzione e al controllo sulla crescita dei giovani individui. Tutto ciò
era però prerogativa degli appartenenti alle classi sociali più elevate. Per quanto
riguarda le classi inferiori, infatti, non era previsto alcun tipo di formazione.
L‟attività principale svolta dai giovani e così anche il loro interesse principale,
corrispondevano per la maggior parte dei casi al lavoro svolto dai rispettivi padri.
Ciò significa che non vi era alcuna differenza tra giovani e adulti, se non quella di
tipo anagrafico, o quella legata all‟organizzazione sociale, la quale prevedeva per
gli adulti la possibilità di partecipare alle assemblee civiche. Per il resto, gli
individui di giovane età erano molto simili ai loro genitori, poiché giovani e anziani
erano chiamati a svolgere le medesime mansioni lavorative.
Per quanto riguarda invece le coetanee di sesso femminile, non era prevista una
immissione di queste nella vita pubblica. La loro funzione continuava ad essere
quella di moglie e madre, e ciò valeva sia per le giovani appartenenti ai ceti più
elevati, che per quelle dei ceti inferiori.
La definizione dei contenuti della giovinezza iniziò a mutare in maniera
significativa nella società medievale. Gli studiosi hanno evidenziato che la gioventù
in quest‟epoca storica rappresentava un periodo transitorio molto lungo, che
iniziava nel momento in cui il bambino diveniva parzialmente indipendente dalla
propria famiglia (solitamente intorno ai 7-8 anni) e proseguiva sino al
raggiungimento della completa indipendenza, rappresentata dal matrimonio, di
regola raggiunto tra i venti ed i trent‟anni (Gillis, 1974; Merico, 2004). L‟idea di
fondo è che la giovinezza nell‟età medievale rappresentava, da un lato, l‟età
dell‟attesa (di ereditare le proprietà paterne o del matrimonio) e, dall‟altro, il
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periodo della semidipendenza sia all‟interno della famiglia, sia in altri ambiti come
la scuola, i campi, le botteghe. La giovinezza corrispondeva infatti ad una fase di
preparazione ai ruoli adulti, la quale si svolgeva attraverso un confronto diretto con
l‟adulto stesso, che poteva essere il padre di famiglia, il maestro nella bottega, ecc.
Tuttavia, è necessario sottolineare come, nonostante questi elementi basilari e
comuni, i caratteri della gioventù variavano al variare dei diversi ceti sociali e
soprattutto tra i due generi. A tal proposito, si possono distinguere, proprio nell‟età
del medioevo, tre gruppi principali: i figli dei nobili, i figli degli artigiani e i figli
dei contadini a cui corrispondono tre modi diversi di vivere il periodo della
giovinezza. Per i figli dei nobili e dei possidenti, tale periodo era dedicato
principalmente alla formazione e, nel contempo, costituiva la fase in cui si
attendeva di ereditare le proprietà dei padri ed il titolo nobiliare paterno. Si
concludeva nel momento in cui si contraeva matrimonio e si diventava genitori. Una
fase dunque, vissuta tra il nucleo famigliare e le istituzioni dedite all‟ istruzione
dell‟individuo.
Per i giovani figli di artigiani, invece, la giovinezza coincideva con il periodo in cui
si svolgeva l‟apprendistato, il che avveniva presso una famiglia diversa dalla
propria e spesso in una città che non era quella d‟origine. In questo caso la fase
giovanile aveva una durata più lunga, poiché lo svolgimento dell‟apprendistato era
previsto in genere per 10-15 anni. Al suo termine l‟individuo doveva affrontare le
prove previste, e solo superandole poteva rendersi indipendente, contrarre
matrimonio e formare una famiglia, quindi diventare adulto.
Per quanto riguarda, infine, i giovani appartenenti alla classe contadina, è necessario
anzitutto premettere che le condizioni igienico-sociali difficilmente consentivano di
raggiungere l‟età della giovinezza. Chi comunque ci riusciva era indirizzato al
lavoro nei campi oppure veniva ceduto come servo alle famiglie dei ceti superiori.
In tal caso la giovinezza coincideva con il periodo dell‟ attesa di ereditare i beni
paterni (che nella maggioranza dei casi si limitavano ad un campo da coltivare e una
casa) e cessava nel momento in cui si arrivava al matrimonio.
In tutto ciò però non rientra la figura femminile, la quale, durante il medioevo,
continuava a ricoprire una posizione marginale nella società, che consisteva
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nell‟acquisizione delle competenze domestiche nella casa della famiglia di
appartenenza, in attesa del matrimonio, a cui seguiva l‟assunzione dell‟unico e solo
ruolo di moglie e madre.
Fatta dunque eccezione per una ristrettissima fascia di popolazione giovane,non è
possibile ancora nel medioevo parlare di giovinezza in senso stretto. Per farlo
bisognerà attendere l‟avvento dell‟ età moderna.
1.3 I mutamenti dell‟età moderna
Il riconoscimento dei contenuti tipici della giovinezza e di una sua specificità è
l‟esito di un processo lungo e molto lento, che conosce il suo momento cruciale nel
periodo della transizione dall‟epoca preindustriale a quella industriale, la quale
determina appunto il sorgere della società moderna. Processi di industrializzazione
ed urbanizzazione, trasformazioni del lavoro, riduzione della mortalità infantile,
miglioramento della qualità della vita e conseguente incremento demografico:
questi i principali fattori che hanno consentito il passaggio all‟epoca moderna, la
quale ha portato con sé una serie di mutamenti sociali e non solo.
Uno degli effetti più significativi di tali mutamenti consiste nell‟aumento della
complessità sociale. Ciò significa che si verifica in questo periodo un incremento
della specializzazione e della divisione del lavoro. Ma, ancora più significativo è il
fatto che i processi di modernizzazione hanno provocato una sostituzione del
tradizionale modello di riproduzione della società, basato sulla trasmissione
ereditaria delle funzioni lavorative e della proprietà, con un tipo di lavoro salariato e
specializzato. Dunque, le competenze e le conoscenze non sono più trasmesse ai
giovani all‟interno della famiglia, di generazione in generazione, bensì tale compito
viene affidato ad istituzioni specializzate, in cui si svolge il processo di
apprendimento per i giovani individui. Tali istituzioni sono rappresentate dalle
scuole primarie, secondarie e dalle università. Viene introdotto e progressivamente
esteso un sistema di istruzione universalistico, al quale si affida il compito di
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trasformare i bambini in adulti, capaci di affrontare una società caratterizzata da una
divisione del lavoro sempre più complessa. L‟istruzione dunque, non è più
prerogativa della sola aristocrazia, ma diviene un sistema che coinvolge la maggior
parte della popolazione, conseguenza quest‟ultima dell‟esigenza sempre più forte di
diffondere un tipo di educazione organizzata ed orientata alla trasmissione di
competenze utili alla vita dell‟individuo. Per la prima volta la giovinezza viene
considerata una fase di apprendimento e i giovani vengono visti come una forza di
progresso per la società.
Si pone maggiormente l‟attenzione sull‟esigenza del giovane di esplorare ciò che lo
circonda, attraverso un processo che non è solo formativo, ma anche e soprattutto di
socializzazione. Diviene fondamentale un tipo di formazione sempre più specifica,
poiché la crescente differenziazione sociale lo richiede. Ecco perché durante
quest‟epoca si assiste ad un prolungamento del periodo di istruzione, ed è
soprattutto intorno a questo fenomeno che si costruisce la nuova immagine della
gioventù. Con la modernità l‟emblema della collocazione strutturale dei giovani
diviene l‟inserimento nei processi formativi e la temporanea esclusione dal mondo
del lavoro. “L‟apprendistato” che caratterizzava i giovani durante il medioevo, non
è più il lento percorso che conduceva al lavoro del padre, ma diviene esplorazione
incerta e progressiva della società circostante.
Ciò che viene a mancare in questa nuova epoca è il ruolo cruciale della famiglia di
tipo patriarcale, che sino ad allora aveva rappresentato l‟unico mezzo di
socializzazione per i giovani e che svolgeva contemporaneamente i ruoli produttivi
e riproduttivi. Nella famiglia urbana moderna, invece, si assiste ad una separazione
tra sfera economica e sfera privata, cambiano inoltre le forme di comunicazione e si
trasformano le tradizionali gerarchie di potere. In tutto ciò la vera grande
protagonista è la scuola, che va a sostituire parzialmente quello che in precedenza
era il ruolo totalizzante della famiglia. La scuola non rappresenta solo un luogo di
istruzione e formazione, ma anche un punto di incontro tra coetanei. Attraverso la
scuola il giovane ha la possibilità di socializzare e di confrontarsi con i suoi pari.
Un‟importanza rilevante inizia ad assumerla anche il gruppo dei pari. È all‟interno
di questo, infatti, che avviene la trasformazione più significativa della giovinezza.