2
verso la fine del XIII secolo, divenendo poi tipica durante i
secoli successivi, parallelamente alla definitiva
affermazione dell'economia monetaria (3).
Nella tradizione cristiana la problematica dell'usura
era in effetti sempre stata presente, ereditata tanto dalla
cultura ebraica quanto da quella classica, assorbita e quindi
rielaborata dai dottori della Chiesa cattolica. Essa fu
inoltre proibita già nei canoni dei primi concili di Elvira
(300), Nicea (325) e Clichy (626), e poi affrontata
soprattutto da quasi tutti i grandi concili ecumenici del
Medioevo che vanno dal 1123 al 1311-1312 (4).
Dai sermoni dei tre predicatori da me presi in esame per
il presente lavoro di tesi (san Bernardino da Siena, san
_________________________________
(3) Per J. Le Goff, in La borsa e la vita, Cles 1992, p. 4.,
"l'usura è uno dei grandi problemi del XIII secolo", amplificato da
"un nuovo sistema economico, il capitalismo, che per avviarsi
necessita, se non di tecniche nuove, per lo meno di un uso
massiccio di pratiche da sempre condannate dalla Chiesa"; da qui le
proibizioni di quest'ultima, che imperniò la sua reazione sulla
"legittimazione del profitto lecito, che bisogna distinguere
dall'usura illecita".
Sull’azione dirompente dell’usura nel XIII secolo, F. Sinatti
D'Amico ha scritto che, invece, nell'XI e XII secolo l'usura non
era stata "temuta come arma catastrofica proprio perchè non
esercitata in modo sistematico" (F. Sinatti D'Amico, I Monti di
Pietà e la povertà operosa, in AA. VV., S. Giacomo della Marca...,
op. cit. p. 93).
(4) In tale arco di tempo infatti, ogni concilio (Laterano II,
Laterano III, Laterano IV, i Concili di Lione I e II, il Concilio
di Vienne) "porta una pietra al muro della Chiesa destinato a
contenere l'ondata usuraria" (J. Le Goff, in La borsa e la vita,
op. cit., pp. 17-18).
3
Giacomo della Marca, ed il beato Bernardino da Feltre)
trapela in effetti una coscienza antica e comune, ma anche
tipicamente "popolare" nei confronti della piaga feneratizia.
In particolare, e significativamente, quest'ultimo aspetto si
poteva manifestare più chiaramente quando nei discorsi dei
predicatori si voleva soprattutto difendere i poveri
dall'attività illecita dell'usuraio.
In realtà questa attenzione non era rivolta solo ai "veri"
poveri, quelli che avevano già diritto all'elemosina e al
sostentamento diretto da parte del prossimo facoltoso
(costoro, essendo poveri, avevano ben poco da portare in
pegno agli usurai); ma era rivolta anche all'indigente
potenziale, agli artigiani, ai contadini, ai piccoli
professionisti che per impellenti difficoltà economiche
potevano trovarsi nel baratro dell'indebitamento perdendo i
loro beni, e soprattutto gli stessi strumenti con i quali
essi lavoravano, trovandosi così costretti ad "abbandonare
l'esercizio del mestiere o della professione" (5).
_____________________________
(5) F. Casolini, Bernardino da Feltre. Il martello degli usurai,
Milano 1939, p. 208.
4
Si intuisce perciò come il frutto usuraio potesse essere
ritenuto spesso sic et sempliciter il guadagno che si era
potuto estorcere, approfittando dello stato di bisogno, di
precarietà del prossimo.
Così, per esempio, durante un periodo di carestia, usuraio
era anche chi non esitava a vendere i beni di prima necessità
a prezzi esorbitanti, magari dopo aver tenuto la merce
nascosta dolosamente, nell'attesa fiduciosa del rincaro dei
prezzi; proprio come nell'accusa di san Giacomo: "Et dum fuit
in maiori pretio ipse vendidit centum" (6).
Sono questi i presupposti dai quali intendo partire per
mostrare, attraverso l'analisi dei sermoni trattati in questa
sede, come sia stata avvertita la problematica dell'usura nel
XV secolo, e come gli usurai stessi siano stati condannati;
ma come altre volte essi furono "non solo tollerati, ma
riconosciuti ufficialmente" (7) dai Comuni italiani del
tempo, dove i tre predicatori svolsero il loro apostolato
________________________
(6) S. Iacobus de Marchia, Sermones Dominicales, a cura di R. Lioi,
Falconara M. 1978, Sermo LV: De mercantia et contractibus super
evangelium, vol. II, p.338.
(7) F. Casolini, Bernardino da Feltre..., op. cit., p. 148.
5
contro i creditori di mestiere.
Fu questo un periodo nel quale il progresso dell'economia
monetaria aveva ormai fatto deflagrare drammaticamente il
problema del credito ad interesse, portando sulla scena una
figura nuova (lo specialista in tale attività), colui che
traeva il suo sostentamento, la sua ricchezza, proprio
dall'usura, approfittando dello stato di indigenza e a volte
della vanagloria altrui.
Sarebbe però apparso successivamente anche il suo antagonista
istituzionale, che fu il Monte di Pietà, propagandato con
successo nelle piazze delle città medievali dagli stessi
frati francescani, che individuarono in esso la soluzione che
poteva coronare concretamente la loro denuncia verbale
dell'usura e dell'usuraio, contrapponendo nei fatti la
"concezione cristiana della solidarietà con chi è in stato di
necessità" a quella del profitto usurario (8).
____________________________
(8) Cfr. F. Sinatti D'Amico, I Monti di Pietà e la povertà operosa,
in AA. VV., S. Giacomo della Marca..., op. cit. p. 94.
6
Capitolo I
GLI AUTORI E LE FONTI
Nel presente lavoro di tesi, l'usura è rappresentata come
una piaga capace di collegarsi a tutti i vizi dell'uomo; ciò è
evidenziabile tanto nei sermones espressamente dedicati al
credito ad interesse, quanto in quelli dove il problema viene
solamente menzionato.
E' mia intenzione perciò mostrare come i tre predicatori
dell'Osservanza avessero piena coscienza del fatto che l'usura
poteva essere presente in atti come la frode, il furto e
l'omicidio, o anche nell'odio, nella vanità, nel gioco, e nei
ricatti di ogni specie.
Attraverso il lavoro di esegesi si evidenzia anche come
san Bernardino, san Giacomo e il beato Tomitano, si
scagliassero particolarmente contro la figura dell'usuraio
7
ogni volta in cui le vittime di quest'ultimo potevano essere
identificate nei poveri, negli indifesi, o nei bisognosi;
questi erano infatti coloro che Dio aveva posto principalmente
sotto la protezione dell'intero Ordine francescano.
1.1 San Bernardino da Siena
L'opera di san Bernardino da Siena fu fondamentale, nel
quindicesimo secolo, per il sostegno e l'affermazione del
movimento di riforma francescana dell'Osservanza iniziato
verso il 1368 per opera di Paolo Trinci da Foligno.
Il Santo, nato a Massa Marittima l'otto settembre del 1380,
entrò nell'Ordine dei frati minori a ventidue anni, aderendo
poco dopo all'Osservanza.
Nel 1405 san Bernardino iniziò la sua opera di predicatore;
8
questa venne però connotata da quella "nuova" tecnica
oratoria, che sarà poi caratteristica anche dei successivi
predicatori osservanti; il Santo infatti si volle avvicinare
alle folle secondo la "tradizione più viva del
francescanesimo" (1), riportando al centro dell'attenzione dei
fedeli il valore della povertà, dell'umiltà, dell'adesione a
Gesù; e cercando con la sua parola di accostarsi sempre di più
alla realtà popolare, ai problemi quotidiani della gente, per
dare a quest'ultima risposte che fossero "concrete" ed
evangeliche allo stesso tempo.
La fama di predicatore di san Bernardino si consolidò
sempre di più dal 1416, anno in cui predicò a Padova per la
seconda volta. Da tale data infatti il santo Senese cominciò
una vasta predicazione itinerante fra le città dell'Italia
centro settentrionale, spesso in occasione delle principali
feste liturgiche, e così, ininterrottamente, fino al giorno
_____________________
(1) R. Manselli, sub voce "Bernardino da Siena", in Dizionario
Biografico degli italiani, a cura dell' Istituto della Enciclopedia
Italiana, Roma 1967, vol. IX, p. 225.
9
del suo decesso, avvenuto nel 1444 all'Aquila, nel convento di
san Francesco (2).
Le prediche di san Bernardino da Siena che ho utilizzato
appartengono a due cicli di prediche differenti.
Dalla prima raccolta, relativa al ciclo senese del 1425,
ho scelto le due seguenti prediche, in quanto significative
dell'assunto che mi sono proposto:
- Predica XVIII: "Questa è la predica a cui si
debba restituire".
- Predica XXX: "Questa è la predica dell'usura".
Nell'anno della loro stesura, san Bernardino si era trattenuto
a Firenze almeno fino al giorno 8 di aprile, dove aveva
predicato la quaresima in Santa Croce. Si diresse poi a
__________________
(2) Ibidem, pp. 215-226.
10
Siena dove, in piazza del Campo, svolse la sua opera
apostolica dal pulpito dal 20 aprile al 10 giugno.
Tali prediche, riprese direttamente dalla voce del
predicatore, ci sono state tramandate in due redazioni:
- La prima di queste è in latino, ed è dovuta al cittadino
senese Giacomo de Griffulis; è rappresentata dal codice Magl.
Cl. XXXIX. 60, conservato nella Biblioteca Nazionale di
Firenze.
- La seconda redazione, in volgare, dovuta ad un anonimo, è
invece giunta a noi attraverso due codici:
- quello segnato Cl. XXX. 240, si trova anch'esso
nella Biblioteca Nazionale di Firenze;
- l'altro, il codice membranaceo 130. D. 26 (XV secolo),
si trova invece nella Biblioteca Universitaria di
Pavia, ed è il codice seguito dalla edizione della
11
raccolta di prediche che ho utilizzato nel presente
lavoro (3).
La seconda raccolta a cui mi sono dedicato è
rappresentata dal ciclo senese del 1427, che, grazie al suo
fedele riportatore, il senese Benedetto di Maestro Bartolomeo,
è considerato "il più perfetto dell'intero corpus delle
reportationes bernardiniane" (4).
L'edizione che ho usato si basa sul codice membranaceo U.I.4
[B] (XV secolo, custodito nella Biblioteca Comunale di Siena);
in essa vengono però corretti i passi ritenuti lacunosi o
imperfetti, con l'ausilio degli altri venti codici esistenti,
testimoni anch'essi del ciclo senese del 1427 (5).
In quest'ultimo, dove non è presente alcuna predica dedicata
esclusivamente alla piaga usuraria, ho ritenuto utile, per il
_____________________________
(3) Bernardino da Siena, Le prediche Volgari. Predicazione del 1425
in Siena, a cura di C. Cannarozzi, Firenze 1958, vol. I, pag. V-
VII.
(4) Bernardino da Siena, Prediche Volgari sul Campo di Siena 1427,
a cura di C. Delcorno, Milano 1989, vol.I, p. 24.
(5) Ibidem, pp. 67-70.
12
mio scopo, segnalare tutte le prediche del ciclo in cui vi
fossero comunque evidenti passi significativi, adatti ad
essere inseriti nel mio iter esegetico:
- Predica IV: "Qui dice come si die lassare il male e fare
il bene, assegnando bellissime ragioni".
- Predica VII: "In questa settima predica si tratta anco
della mala lingua, e de' remedi contra e detrattori,
con belle ragioni".
- Predica X: "Qui tratta delle divisioni e parzialità, e
delli stermini che Idio manda."
- Predica XIII: "In questa predica si tratta di tre
giudicii, quando Cristo verrà a giudicare el mondo,
con bellissime autorità".
- Predica XVII: "Qui in questa presente predica si tratta
de reggimenti e delli stati, e con quanta giustizia
debba reggiare chi ha offizio".
13
- Predica XXV: "Come debba ministrare iustizia chi ha
offizio".
- Predica XXVII: "Come si de' domandare a Dio che ci
insegni a fare la sua volontà."
- Predica XXXI: "Come si de' perseverare insino al fine
chi vuole avere la corona".
- Predica XXXV: "Qui tratta delli tre peccati capitali".
- Predica XXXVII: "Come ogni cosa di questo mondo è
vanità."
- Predica XXXVIII: "Dei mercatanti e de' maestri, e come
si den fare le mercantie."
- Predica XL: "Qui tratta della elemosina, e a chi si de'
dare la limosina."
- Predica XLII: "Qui si tratta come David profeta,
cercando in questo mondo per la pace, non la potè
trovare".
14
1.2 San Giacomo della Marca
Frate Giacomo della Marca (al secolo Domenico Gangali),
nacque una domenica del mese di settembre 1393 o 1394 a
Monteprandone, in provincia di Ascoli Piceno.
Nel 1416 (o 1415), alcuni anni dopo aver terminato gli studi
di Diritto a Perugia, il Santo, che già aveva deciso di
"abbandonare il mondo", andò ad Assisi, dove prese l'abito
francescano nella Porziuncola, dopo che questa era passata
all'Osservanza.
Terminato il periodo di noviziato, attese agli studi
teologici nel convento di San Salvatore presso Firenze; e
proprio durante quest'ultimo periodo fr. Giacomo potè
incontrarsi più volte con san Bernardino, che in quegli anni
era superiore del vicino convento di Fiesole (6).
_______________________
(6) Il legame che vi fu fra san Bernardino e san Giacomo è
testimoniato in modo particolare dal discorso che il santo
marchigiano fece all'Aquila nel 1444, in occasione della morte di
san Bernardino da Siena. In proposito, Ludovico Gatto, in L'attesa
della fine dei tempi e la nuova età nei sermoni di san Giacomo, in
AA. VV., S. Giacomo della Marca..., op. cit., p. 38, fa notare
come, dietro il ricordo "irreale" di san Giacomo che rammenta come
san Bernardino gli tagliasse "la prima tunica con le sue mani"
allorchè era novizio, si celi un simbolismo volto ad affermare la
piena dipendenza spirituale "del Marchigiano dal Senese che,
seppure non necessariamente nel momento della vestizione, fu
tuttavia spesso a lui vicino e prodigo di suggerimenti e
insegnamenti".
15
A 27 anni, il santo di Monteprandone iniziò la sua attività di
predicatore con un discorso in onore di santo Antonio da
Padova, dall'altare della chiesa del convento francescano di
San Salvatore. E a questa attività egli si dedicò poi con
vigore, in Italia e fuori di essa, sospendendola ufficialmente
all'età di 75 anni, ma continuandola in realtà, anche se in
tono minore, fino ad un anno prima di quando lo colse la morte
a Napoli, il 28 settembre del 1476. Egli si mantenne e si
proclamò sempre discepolo ed imitatore di san Bernardino nella
carità, nella penitenza, nonchè nel modo concreto e specifico
con il quale, anche san Giacomo della Marca, predicò sempre
alle popolazioni (7).
Fra le prediche appartenenti alla raccolta edita dei
Sermones Domenicales che ho utilizzato, ho ritenuto in
____________________________
(7) U. Picciafuoco, San Giacomo della Marca (1393-1476). Uomo di
cultura, apostolo, operatore sociale, taumaturgo del sec XV,
Convento S. Maria delle Grazie, Monteprandone 1976, pp. 1-29, p.
203.
Cfr. anche M. Sgattoni, La vita di S. Giacomo della Marca (1393-
1476) per Fra Venanzio da Fabriano (1434-1506), Zara 1940, pp. 85-
122; e R. Lioi, Alcuni aspetti della predicazione di S. Giacomo
della Marca, "Annali del Pontificio Istituto Superiore di Scienze e
Lettere S. Chiara", XII (1962), pp.97-104.