6
maternità, la paternità ed i diritti dei figli sono valori sociali fondamentali che
devono essere protetti. Il rafforzamento delle politiche di uguaglianza, delle
opportunità per le donne e per gli uomini si concretizza anche attraverso
l’introduzione di misure per conciliare la vita professionale e quella familiare.
La conciliazione è stata prevista come obiettivo di pari opportunità ed a questo
fine sono notevoli gli strumenti adottati ed adottabili in materia, sia a livello
nazionale e regionale, sia a livello aziendale: strumenti che riducono o articolano
diversamente i tempi di lavoro (part-time, flessibilità in entrata e uscita, job
sharing, telelavoro, banca delle ore ecc.); misure legislative di sostegno alla
maternità/paternità (congedi parentali); strutture e servizi di supporto al lavoro di
cura, sia pubblici che privati (nidi nei luoghi di lavoro, doposcuola, voucher di
cura, ecc.).
A livello europeo non mancano buoni esempi sull’utilizzo degli strumenti
disponibili e la stessa UE ha individuato nelle misure di conciliazione tra famiglia
e lavoro uno degli elementi chiave per garantire l’uguaglianza di opportunità tra i
sessi.
Partendo da queste premesse ho voluto condurre un’indagine sull’entità e sulla
tipologia degli interventi realizzati attraverso il Fondo Sociale Europeo in una
realtà come quella piemontese. La Regione Piemonte, infatti, si è dimostrata
particolarmente attiva su questo fronte, tanto da poter contare ad oggi un
significativo numero di iniziative e progetti aventi tra i propri obiettivi proprio
quello di agevolare il delicato equilibrio tra i tempi di vita degli individui.
Dopo una prima parte teorica, rivolta ad inquadrare l’argomento nella più
ampia cornice comunitaria, ed in cui si espone brevemente dove e perché si è
iniziato a parlare di conciliazione, il lavoro prosegue affrontando gli aspetti
strettamente economici che entrano in gioco quando una coppia di individui si
trova a dover fronteggiare contemporaneamente esigenze lavorative e familiari,
ponendo l’attenzione sulle variabili potenzialmente in grado di influenzarne le
scelte. Il primo capitolo si conclude poi con una breve descrizione del quadro
normativo italiano in materia di conciliazione.
7
La seconda parte è prettamente dedicata all’individuazione ed all’analisi dei
principali strumenti a favore della conciliazione, dei quali viene anche proposta
una suddivisione basata sull’ambito d’incidenza delle singole misure.
Nella terza parte, esclusivamente rivolta alla realtà piemontese, sono riportate
le più importanti azioni intraprese a favore della conciliazione attraverso il
Programma Operativo Regionale (POR) Ob. 3 (FSE) 2000/2006 relativamente
all’Asse E dedicato alla promozione delle pari opportunità.
Il lavoro si conclude con il quarto capitolo contenente i risultati dell’intera
attività di ricerca. Questa parte è dedicata all’analisi ed alla valutazione di quattro
progetti selezionati tra quelli approvati con il bando della Regione Piemonte del
2002 per le Linee d’intervento 3 e 4 Misura E.1 del P.O.R. Obiettivo 3 - 2000/06.
L’obiettivo è quello di individuare l’entità e la tipologia degli interventi realizzati
per valutare l’effettivo contributo apportato a favore della conciliazione da simili
iniziative che, oltre a permettere la sperimentazione di nuove formule
organizzative, sono portatrici, in ogni caso, di cambiamenti significativi sia sotto
l’aspetto culturale, attraverso un’efficace promozione delle pari opportunità e del
mainstreaming, sia nell’intento rimuovere gli ostacoli che tutt’oggi impediscono
alle donne una piena partecipazione alla vita sociale.
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CAPITOLO I
LE POLITICHE DI CONCILIAZIONE LAVORO-FAMIGLIA
1.1. La conciliazione in ambito UE
Fin dalla sua istituzione, la Comunità Europea ha riconosciuto il principio di
parità di retribuzione
1
ed ha elaborato un insieme di provvedimenti legislativi
volti a garantire la parità di diritti tra uomini e donne nei diversi settori (accesso al
posto di lavoro, formazione professionale, avanzamento di carriera).
Il Consiglio europeo svoltosi a Essen nel dicembre 1994 ha dichiarato che la
promozione della parità di opportunità per le donne e per gli uomini è, insieme
alla lotta contro la disoccupazione, un compito fondamentale dell'Unione Europea
e degli Stati membri, riconoscendo di fatto nelle pari opportunità uno dei fattori
indispensabili per uno sviluppo duraturo dell’Europa.
A partire dagli anni Novanta le prime azioni intraprese a favore della
conciliazione, nonché a favore dell’equa distribuzione dei carichi di cura, sono
rappresentate da direttive, informative e raccomandazioni promosse affinché i
diversi Paesi membri adottino misure in grado di conciliare la vita professionale
con quella familiare sostenendo modelli di genere meno rigidi.
In questa prospettiva, il tema della conciliazione esce dalla riduttiva ottica di
ricerca di soluzioni per le esigenze personali delle donne, richiedendo, invece, il
coordinamento dell’organizzazione sociale con una migliore ripartizione dei
rispettivi ruoli, adeguando, ad esempio, l’organizzazione del lavoro per offrire a
uomini e donne la possibilità di conciliare vita professionale e vita familiare,
oppure sostenendo lo sviluppo locale apportando risposte più flessibili in materia
di occupazione, oppure ancora garantendo i diritti dei padri alla stregua di quelli
1
Cfr. il Trattato di Roma del 1957, che prevede, nell’art. 119, che “ciascun stato membro assicuri l’applicazione del
principio della parità della retribuzione fra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro”
9
delle madri affinché gli uni e le altre possano esercitare appieno le proprie
responsabilità e doveri di genitori.
A tal proposito è importante ricordare la Direttiva 96/34/CE del Consiglio
europeo del 3 giugno 1996 sui “Congedi parentali per motivi familiari”, con la
quale l'Unione Europea ha sollecitato i Paesi membri a prendere atto del problema
invitandoli al recepimento, in tempi brevi, delle indicazioni date.
Nel corso degli ultimi anni, soprattutto a fronte delle forti variazioni
internazionali in termini di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, l’UE
ha individuato nelle misure di conciliazione tra famiglia e lavoro uno degli
elementi chiave per garantire l’uguaglianza di opportunità tra i sessi.
L’evolversi dei modelli demografici, i mutamenti intervenuti nella
composizione dei nuclei familiari e nelle tipologie di famiglie, nell’economia e
nel mercato del lavoro hanno richiesto risposte più adeguate alle mutate
condizioni di vita e soluzioni efficaci per far fronte a problematiche ancora
insolute.
Il Consiglio europeo tenutosi a Lisbona nel marzo del 2000, ha invitato la
Commissione e gli Stati membri a favorire tutti gli aspetti legati alle pari
opportunità nelle politiche per l’occupazione, compresa la riduzione della
segregazione professionale e la possibilità di conciliare ulteriormente lavoro e
famiglia, promuovendo azioni ed eventi volti ad attuare il duplice approccio del
mainstreaming e della azione positiva, direttrici maestre per una reale promozione
dell’uguaglianza di opportunità. In questa direzione sono orientate le iniziative
cofinanziate dai Fondi Strutturali Europei, principale strumento comunitario
fondato sui quattro pilastri che sostengono la Strategia Europea per l’Occupazione
(SEO).
All’interno delle iniziative comunitarie di pari opportunità, la conciliazione tra
vita lavorativa e vita familiare rappresenta, dunque, una delle priorità da attuarsi
non solo attraverso la predisposizione di direttive, raccomandazioni e informative,
ma anche attraverso un’azione di monitoraggio e di rilevamento delle
sperimentazioni sul campo.
10
Partendo dal presupposto che conciliazione significa facilitare la
combinazione di lavoro pagato e responsabilità di cura, al fine di rendere meno
drammatico il conflitto sul tempo nella vita quotidiana, è necessario che gli
interventi siano rivolti in più aree e su molteplici fattori che interagiscono:
- sui tempi e le forme dell’organizzazione del lavoro;
- sui tempi e le forme del lavoro di cura;
- sui tempi e le forme della vita sociale, sui tempi delle città e sui tempi e le
modalità di erogazione dei servizi.
Tali fattori, profondamente interconnessi e soggetti a mutamenti ed evoluzioni
continue, interagiscono tra loro talvolta in modo sinergico, talaltra in modo
oppositivo.
Ne consegue che nella definizione di un sistema di misure di conciliazione
efficace non si può prescindere dal prendere in considerazione sinergicamente
l’insieme complesso di questi fattori e le trasformazioni sociali ed economiche ad
essi connesse.
Una seppur breve disamina dei principali mutamenti in atto nella struttura
sociale, demografica ed economica nei Paesi europei può essere utile per
l’individuazione di valide politiche di conciliazione.
1.1.1. I mutamenti degli ultimi decenni nell’UE
Negli ultimi decenni all’interno dell’UE abbiamo assistito ad un andamento
demografico caratterizzato da una crescente diminuzione della natalità.
La situazione tuttavia non è omogenea all’interno dell’Unione: i dati relativi
agli anni 1998 e 1999 evidenziano tassi di fecondità (numero medio di figli per
donna) più bassi nei Paesi Europei della fascia mediterranea (Italia, Spagna,
Grecia) dove più bassa è la partecipazione delle donne al mercato del lavoro
(OECD, 2003).
La presenza di tassi di natalità relativamente alti nei paesi del nord, dove sono
presenti misure più avanzate di conciliazione famiglia-lavoro, sembra evidenziare
una connessione tra tassi di fertilità e politiche di welfare nazionali.
11
L’attivazione di politiche di conciliazione può quindi diventare uno strumento
di sostegno alla natalità e di contrasto a una tendenza demografica definita
preoccupante dalla stessa Commissione Europea.
La contrazione della natalità è accompagnata in tutti i paesi dell’UE
dall’aumento del numero di persone anziane.
Nel corso dei prossimi dieci anni, comincerà a diminuire la popolazione
europea in età lavorativa. La crescita dell'occupazione dipenderà quindi, più che
nel passato, da una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
La Commissione Europea ha evidenziato come gli Stati membri devono creare
le condizioni che possano consentire all'economia europea e alle imprese di
beneficiare pienamente della creatività, del talento e delle competenze delle
donne, consentendo agli uomini e alle donne di beneficiare di un maggiore
equilibrio fra la vita professionale e la vita familiare.
La volontà europea è quella di raggiungere entro il 2010, la percentuale del
60% di donne lavoratrici di età compresa tra i 15 e i 64 anni, contro l’attuale tasso
di occupazione medio europeo pari a 54,0% (EUROSTAT, 2004), con un
incremento non solo del numero delle donne che entreranno nel mercato del
lavoro, ma anche dei loro salari relativi rispetto a quelli degli uomini.
In ambito europeo si registra, inoltre, un aumento dei divorzi e delle famiglie
monogenitoriali, soprattutto nella fascia centrale dell’Europa. La Gran Bretagna è
il paese che presenta il più alto tasso di divorzi in Europa: quattro matrimoni su
dieci finiscono in divorzio. In Italia l’aumento dei divorzi e delle famiglie
monogenitoriali è relativamente basso e contenuto rispetto agli altri Paesi, tuttavia
si pone anche nel nostro paese il problema di donne che lavorano per sostenere in
prima persona la famiglia, contribuendo a rendere sempre più obsoleto il modello
“male-breadwinner” (capofamiglia) su cui si è costruito il mercato del lavoro in
Italia.
L’aumento del tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro,
rappresenta un fattore indicativo delle trasformazioni sociali avvenute negli ultimi
decenni. Il tasso di attività delle donne, tra i 15 e i 64, ha superato nel periodo
2003/2004 il valore medio europeo (EU25) del 60% (EUROSTAT, 2005).
12
Anche in questo caso la situazione non si presenta omogenea all’interno dei
paesi dell’UE: Italia, Spagna, Grecia e Lussemburgo sono i paesi che registrano i
più bassi tassi di attività femminile, significativamente al di sotto del tasso medio
europeo. Svezia, Finlandia e Danimarca sono i paesi che presentano i tassi di
attività femminile più elevati.
In tutti i Paesi europei una porzione significativa di donne è presente sul
mercato del lavoro con una forma atipica di contratto di lavoro; indicativo è
l’incremento delle donne con contratto part-time nell’Europa dei 25 che ha subito
un notevole incremento passando dal 30,0% nel 2003 al 30,9% nel 2004
(EUROSTAT, 2004)
La richiesta di flessibilità è riconducibile non solo alla domanda di lavoro, ma
anche all’offerta di lavoro femminile.
Da un lato, infatti, l’accresciuta partecipazione del lavoro femminile,
soprattutto delle donne sposate con figli, ha aumentato l’offerta di lavoro a tempo
parziale e con orari flessibili. Dall’altro, lo sviluppo del settore terziario e le
crescenti esigenze di flessibilità nell’organizzazione del lavoro delle imprese
industriali, hanno aumentato la domanda di lavoro flessibile per ciò che concerne
orari, durata, grado di subordinazione/autonomia della prestazione.
Le due principali forme di lavoro atipico a livello europeo sono il lavoro part-
time (atipico rispetto al regime standard di orario di lavoro) e il lavoro
temporaneo (atipico rispetto alla continuità del rapporto di lavoro).
Le differenze fra i paesi europei nei tassi di sviluppo di queste forme di lavoro
atipico sono state messe in relazione con alcune variabili significative, quali: il
tasso di disoccupazione, il tasso di partecipazione e occupazione femminile, il
peso del settore terziario sul totale dell’occupazione. Risulta che il tasso di
diffusione del part-time, sia tra gli uomini che tra le donne, è maggiore laddove il
livello di occupazione è più elevato.
Dai dati europei EUROSTAT, nel corso degli ultimi dieci anni un numero
crescente di europei ha scelto il part-time, che impegna ormai più del 18% degli
occupati nell'UE (circa 30 milioni di persone), per la maggior parte donne attive
soprattutto nel settore alberghiero, della sanità e dell' istruzione.
13
Come evidenzia la Figura 1 il lavoro a tempo parziale è maggiormente diffuso
in Olanda e nei paesi nordici in genere. L'occupazione a tempo ridotto trova
invece poco spazio nei Paesi mediterranei, con un minimo del 4% in Grecia.
Fig 1
Fonte: elaborazioni Irs su dati Eurostat, Labour Force Survey
Si evidenzia una relazione positiva tra tasso di occupazione femminile e
incidenza del part-time: i paesi con una larga presenza di lavoro part-time, infatti,
sono anche quelli in cui il tasso di occupazione femminile è più elevato.
Un’elevata incidenza del part-time può essere favorita dal livello di sviluppo
economico raggiunto, dal maggior peso dei servizi nella struttura produttiva
(come nel caso della Gran Bretagna), dalla presenza di politiche di incentivazione
del part-time al fine di favorire la partecipazione e l’occupazione femminile
(come nel caso dei Paesi scandinavi).
A fronte di tali mutamenti ed evoluzioni nell’organizzazione del lavoro, nella
tipologia dei modelli familiari e demografici, nell’identità degli attori sociali,
siano essi uomini che donne, affiora più che mai l’esigenza di favorire l’emergere
14
di una cultura e di una prassi della conciliazione tra tempo di vita e tempo di
lavoro, come risorsa strategica per tutti.
1.1.2. I Fondi Strutturali Europei
Sono due i filoni attraverso i quali l’UE interviene apportando mutamenti
sostanziali nelle politiche nazionali sulle tematiche di uguaglianza, di pari
opportunità e nella lotta alle discriminazioni fondate sulle differenze di genere.
¾ Da un lato la programmazione dei Fondi Strutturali Europei attraverso i
quali, nell’ambito degli interventi a favore della coesione economica e
sociale dei paesi dell’Unione Europea, è stata attribuita un’importanza
strategica alle pari opportunità. Infatti, la previsione di assegnare
nell’ambito dei bandi europei un punteggio aggiuntivo ai progetti
contenenti elementi a favore delle pari opportunità, ha trasformato il tema
della parità in uno degli obiettivi trasversali della programmazione del
FSE 2000-2006. La Commissione Europea ha richiesto, inoltre, un
impegno concreto agli stati membri, imponendo loro che almeno il 10%
delle risorse fosse destinato sul canale specifico di finanziamento per
favorire la crescita e lo sviluppo della presenza femminile in ambito
lavorativo e la diffusione di una cultura di parità.
¾ Il secondo canale d’intervento sulle tematiche specifiche è legato ai cinque
Programmi di azione comunitaria
2
, dal 1981 volti a promuovere la
parità tra donne e uomini. Grazie al V programma (2001-2005) l’obiettivo
della parità tra i sessi deve essere integrato in tutte le politiche che
2
La strategia adottata dalla comunità europea in termini di politiche sociali si è articolata in 5 programmi di azione
specifici che, a partire dal 1991, hanno scandito ogni 5 anni la programmazione in materia di pari opportunità. La strategia
quadro abbraccia vari campi d’intervento che si traducono in diversi programmi di azione.
Un primo programma di azione (1981-1985) si pone come obiettivo la corretta applicazione delle direttive ed un’opera di
sensibilizzazione nei confronti di imprenditori, sindacati delle associazioni femminili sui nuovi diritti delle donne. Questo
attraverso azioni positive nella formazione professionale, negli stages e a sostegno delle cooperative di donne. Un secondo
programma di azione (1986 - 1990) è teso a facilitare l’accesso delle donne alle nuove tecnologie e a migliorare la
ridistribuzione delle responsabilità familiari. Terzo programma d’azione (1991-1995) prevede l’integrazione del principio
di pari opportunità in tutte le politiche dell’Unione europea e dei suoi Stati membri; nel quarto programma (1996-200) si
ribadisce l’importanza delle pari opportunità nell’insieme delle politiche, dei programmi, delle azioni, dei finanziamenti e
dei sistemi di valutazione. L’ultimo programma di azione (2001-2005) sottolinea ancora una volta come la parità fra i sessi
deve essere integrata in tutte le politiche che esercitano un impatto diretto o indiretto sulla vita degli uomini e delle donne.
Risulta chiaro come tali strategie di intervento siano finalizzate a promuovere la parità nella vita economica, nella vita
civile e a facilitare la parità di accesso e di pieno godimento dei diritti sociali da parte di uomini e di donne.
15
esercitano un impatto diretto o indiretto sulla vita degli uomini e delle
donne. Il quadro delle opportunità europee si completa grazie ad alcuni
programmi specifici volti a prevenire e a combattere nella Comunità
Europea la violenza contro le persone deboli e a favorire l’integrazione
delle differenze in base al sesso, alla religione, alla razza.
Per quanto riguarda i "Fondi Strutturali", come già detto, rappresentano lo
strumento finanziario con cui l’Unione Europea sostiene il rafforzamento della
coesione economica-sociale riducendo il divario tra i livelli di sviluppo delle varie
regioni. In pratica sono risorse impiegate per riequilibrare le disparità esistenti a
livello di sviluppo economico e di tenore di vita tra i paesi dell’UE.
Gli obiettivi di intervento dei fondi strutturali sono focalizzati nei seguenti
ambiti:
- attività economiche;
- sviluppo occupazionale e risorse umane;
- tutela e miglioramento ambientale;
- eliminazione delle ineguaglianze e promozione delle Pari Opportunità.
Per il periodo di programmazione 2000-2006, i Fondi Strutturali dispongono
di un budget europeo di 195 miliardi di Euro di cui 29.656 destinati all'Italia,
contro i 22.475 miliardi di Euro del periodo 1994-1999 (+ 32%).
L’insieme dei Fondi strutturali è composto da:
¾ Fondo Sociale Europeo (FSE) sviluppa la formazione professionale e
l’occupazione dei/delle lavoratori/lavoratrici;
¾ Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) finalizzato a ridurre il
divario di sviluppo socioeconomico tra le diverse regioni degli Stati
membri;
¾ Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEOGA) favorisce
lo sviluppo del settore agricolo e delle zone rurali;
¾ Strumento Finanziario di Orientamento per la Pesca (SFOP)
16
Gli obiettivi dei Fondi Strutturali sono 3:
- 2 rivolti a regioni specifiche;
- 1 per l’intero territorio dell’UE.
1.1.2. Il Fondo Sociale Europeo: non solo formazione
Il Fondo Sociale Europeo è costituito da risorse comunitarie a cui tutti i paesi
membri attingono per finanziare le attività ritenute in grado di realizzare gli
obiettivi definiti. Il FSE è l'unico fondo strutturale che interviene in modo
orizzontale in tutte le regioni dell'Unione Europea.
Tale fondo rappresenta lo strumento finanziario dell'UE volto a sostenere la
Strategia Europea per l'Occupazione (SEO) fondata sui cosiddetti 4 pilastri
dell’occupabilità, dell’imprenditorialità, dell’adattabilità e delle pari opportunità.
L’obiettivo principale è quindi prevenire e combattere la disoccupazione ed
investire nelle risorse umane, promuovendo un elevato livello occupazionale, il
rafforzamento dell’integrazione sociale, la parità tra uomini e donne e la coesione
Obiettivo Interventi volti a Finanziato da:
Ob.1
Promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale nelle
regioni in ritardo di sviluppo (cioè con PIL pro capite
inferiore al 75% della media comunitaria. In Italia:
Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna).
Per le regioni ex Ob.1 che ora hanno superato il 75% del
PIL comunitario è previsto un regime di sostegno
transitorio (per l’Italia il Molise).
FESR,
FSE,
FEOGA-
Orientamento,
SFOP
Ob.2
Favorire la riconversione economica e sociale delle zone
con difficoltà strutturali (mutamenti socio-economici nei
settori dell’industria e dei servizi, zone rurali in declino,
zone urbane in difficoltà, zone dipendenti dalla pesca in
situazione di crisi).
In Italia: zone specifiche del centro-nord
FESR, FSE,
FEOGA-
Orientamento
Ob.3 ex
Ob.3 e 4
Favorire l’adeguamento e l’ammodernamento delle
politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e
occupazione. In Italia: regioni che non rientrano nell’Ob.1
(tutto il centro-nord, incluso l’Abruzzo).
FSE