2
Ciò nonostante, lo iudicium, si è tramandato fino alle
comunità moderne forte della funzione sociale, di cui lo stato
moderno si è appropriato, disciplinando e garantendo l’esclusività
della giurisdizione, la quale costituisce una delle funzioni principali
degli stati moderni volta ad assicurare l’osservanza delle norme di
diritto approvate dal potere legislativo.
Nell’ ambito della funzione giurisdizionale, peraltro il
processo di cognizione, che costituisce il prototipo dei
procedimenti giurisdizionali civili mira ad inquadrare i fatti,
attraverso l’acquisizione probatoria affinché il giudice possa
verificare se, ricorra realmente quella fattispecie a cui la legge
riconduce la nascita di un obbligo ed il corrispondente diritto
soggettivo
4
.
Le caratteristiche fondamentali della giurisdizione si
rinvengono innanzitutto nell’imparzialità e indipendenza del
giudice, dalla configurazione di tutti i procedimenti come
procedure ad iniziativa di un soggetto diverso dall’organo
giudicante e, dalla valenza di “cosa giudicata” che viene
riconosciuta ai provvedimenti definitivi, i quali, pertanto sono da
considerarsi incontestabili e intoccabili, oltre che suscettibili di
azione esecutiva.
Alla luce di tale prospettiva di imparzialità e di efficacia del
sistema giurisdizionale statuale, si può facilmente comprendere
come mai lo stesso rappresenti la principali struttura di riferimento
per la tutela dei diritti.
4
Secondo la terminologia correntemente adottata la “cognizione del giudice ha per oggetto il
merito della causa, laddove il termine causa sta a indicare ciò che genera l’intervento del
giudice, mentre il merito è l’oggetto della controversia, cioè la situazione sostanziale.
Conoscere per il giudice significa, pertanto, risolvere la questione dell’accertamento di tale
situazione e, quindi, della cosiddetta questione di merito. Sul punto v. REDENTI, Breve storia
semantica di “causa in giudizio”, Milano, 1961.
3
Non ci sono altri metodi che consentano ad un privato di
ottenere il medesimo livello di garanzia e di coercizione
equiparabili alla giustizia ordinaria, salvo alcuni casi particolari
previsti e regolamentati dall’ordinamento (nei limiti della loro
diffusione ed efficacia) che saranno oggetto del presente lavoro.
4
1.2 La crisi del sistema giudiziario e la giustizia alternativa
L’analisi svolta nel paragrafo precedente ci consente di
comprendere, la naturale propensione degli ordinamenti moderni
per una tutela dei diritti fondata, su un sistema giudiziario facente
capo allo Stato.
Tuttavia nel nostro ordinamento si riscontrano altri sistemi
attraverso i quali i diritti di un qualsiasi soggetto possono trovare
soddisfazione. Per comprendere i motivi che spingono lo Stato a
promuovere la diffusione di tali meccanismi o il singolo a farvi
ricorso, è necessario in prima analisi verificare lo stato effettivo
della giustizia.
La violazione di un diritto o di un interesse legittimo,
necessita di un intervento tempestivo nelle modalità di ottenimento
di un provvedimento che possa soddisfare l’esigenza di giustizia
del singolo, non si può non dubitare che la durata degli odierni
processi sia inidonea a realizzare l’effettiva tutela dei diritti. Ciò si
constata soprattutto in quei settori (quello del commercio e quello
societario) dove la necessità di una rapida soluzione di una
controversia diviene un requisito indispensabile. Le condizioni
attuali del processo italiano, con particolare riferimento alla durata
comportano una “denegata giustizia”
5
, se è vero, com’è vero, che,
per ottenere una sentenza da un giudice di tribunale, occorrono
mediamente tre anni.
A fronte di una situazione di crisi ormai cronica
6
, il
legislatore ha prodotto una serie di riforme (si pensi a quella del
rito civile e a quella dello ordinamento giudiziario che ha introdotto
la figura del giudice unico) che hanno contribuito, solo in minima
parte, ad una accelerazione dei nuovi procedimenti.
5
Cfr. FAZZALARI, Problemi e prospettive del processo civile, in Riv. Trim. dir. Proc.
civ.,1984, p. 343
6
Sul grave stato in cui versa la giustizia vedi CHIARLONI, Anatomia di un disastro, in Riv.
Trim. dir. Proc. civ.,1999, pp. 361 ss.
5
Così nella convinzione che l’unica soluzione fosse quella di
diminuire il numero di contenziosi che accedono alle aule
giudiziarie, il legislatore si è rivolto ai metodi “alternativi” alla
giurisdizione, introducendo l’obbligatorietà del ricorso alla
conciliazione per alcune materie specifiche, tra le quali le
controversie in materia di subfornitura di cui alla legge n. 192 del
1998.
Tuttavia sostenere che il malfunzionamento della giustizia è
un presupposto per la diffusione di procedure alternative, non è
corretto, l’ordinamento giudiziario deve essere messo in grado di
funzionare in modo adeguato attraverso una radicale revisione dei
meccanismi di gestione del processo
7
.
Il privato si rivolgerà tanto più volentieri ai sistemi
alternativi, quanto più sarà libero di scegliere tra due sistemi
paralleli ed efficienti per la soluzione delle controversie, ciò è
quanto avviene negli Stati Uniti nel cui ordinamento i sistemi
extragiudiziali si sono sviluppati in maniera consistente ed oggi
costituiscono una valida opportunità.
7
Per un’analisi più diffusa sul punto v. DI ROCCO-SANTI, La Conciliazione, 2003 pp. 35 ss.
6
1.3 La nascita dell’ADR
Per individuare un sistema di risoluzione delle controversie
indipendente dalla giurisdizione statale bisogna andare negli Stati
Uniti. E’ qui che si sono affermate le prime forme di giustizia
privata, alternativa a quell’ordinaria, sulla base di un’articolato
movimento culturale che ha portato alla nascita dei sistemi di
risoluzione delle controversie conosciuti con l’acronimo ADR
8
.
Con una legge approvata nel 1978, partì la sperimentazione, il
provvedimento prevedeva che tutte le controversie con certe
caratteristiche di materia e valore fossero trattate preliminarmente
nell’ambito di una procedura arbitrale, che costituiva condizione di
procedibilità dell’azione civile.
Negli anni successivi e precisamente nel 1983 venne
approvato un importante emendamento al codice federale di
procedura civile che prevedeva che il giudice nel corso della
pretrial conference
9
, si adoperasse per facilitare la transazione della
lite, illustrando alle parti la possibilità di risolvere la controversia
mediante il ricorso a procedure extragiudiziali
10
.
Nel 1990 il congresso approvò il Civil Justice Reform Act,
una legge di riforma della giustizia civile che demandò a ciascun
distretto federale la possibilità di studiare le cause del malessere dei
propri sistemi giudiziari e di redigere un piano di azione che
tenesse conto di alcuni principi base tra cui, la sottoposizione delle
cause giudicate idonee ai procedimenti di ADR. Per la
realizzazione di questi piani di azione, si diede il via alla
costituzione nell’ambito di ciascun distretto, di appositi organi
consultivi composti per lo più da avvocati, con il compito di
studiare la situazione della giustizia locale e avanzare delle
8
A.D.R.: “Alternative dispute Resolution” (risoluzione alternativa delle controversie).
9
Costituisce la fase del giudizio in cui il giudice delinea l’oggetto.
10
Tuttavia già prima di questo emendamento, alcuni giudici erano soliti impiegare strumenti
di risoluzione alternativa delle controversie nell’ambito delle pretrial conference.
7
proposte ai giudici.
Conseguentemente nel 1998, venne approvato l’Alternative
dispute resolution Act il quale stabilisce che “Ciascuna Corte
distrettuale degli Stati Uniti autorizza l’uso di procedure di
risoluzione alternativa delle controversie in ogni azione civile”.
Negli Stati Uniti l’adozione dei sistemi di ADR oggi è un fatto del
tutto normale, soprattutto per il diffondersi di una cultura
alternativa di gestione del conflitto, da qui il movimento di ADR si
è presto diffuso in Europa,cominciando a mettere radici in Gran
Bretagna.
In questo paese, nonostante le forti resistenze iniziali del
sistema giudiziario si sono diffusi velocemente centri sia pubblici
che privati per la gestione alternativa delle controversie e preso atto
della diffusione delle procedure di ADR, si è cercato di integrarle
nell’ordinamento giudiziario interno. La c.d. commissione Wolf,
incaricata di studiare un progetto di riforma della procedura civile
inglese allo scopo di fronteggiare l’eccessiva durata dei processi,
ha preso in considerazione anche le soluzioni di ADR, portando
alla approvazione delle Civil Procedure Rules, entrate in vigore nel
1999.
La nuova disciplina ha previsto così la possibilità per le parti
in lite di esperire nel corso del processo, su propria richiesta o su
impulso del giudice, un tentativo di conciliazione gestito da un
soggetto terzo neutrale.
L’onda lunga del movimento dell’ADR è poi giunta anche
negli altri paesi europei. Per quanto riguarda l’Italia,dopo che il
legislatore
11
ha deciso di sostituire al giudice conciliatore il giudice
di pace, si sono moltiplicate le ipotesi di conciliazione
extragiudiziale introdotte per legge nell’ordinamento.
11
Con la legge n. 374 del 21 novembre 1991.
8
Si può osservare come nel nostro paese la conciliazione sia
stata introdotta direttamente, soprattutto grazie all’introduzione
legislativa di meccanismi di conciliazione amministrata
12
. Ad
interventi normativi frammentati, ma sicuramente sensibili
all’innovazione, non ha però corrisposto una altrettanto rapida
diffusione culturale di questi strumenti.
In conclusione, l’uomo da sempre ha cercato di individuare
gli strumenti più idonei a risolvere ordinatamente i conflitti tra i
consociati, dopo numerosi sforzi si sono visti affermare finalmente
principi fondamentali come quelli della certezza del diritto,
imparzialità e terzietà del giudice. Tuttavia lo sviluppo sociale ed
economico dei paesi occidentali e l’incremento del numero dei
cittadini che invoca la tutela dei propri diritti, hanno evidenziato
l’incapacità della giustizia tradizionale di far fronte alle richieste
dei consociati, facendo avvertire come sempre più necessaria
l’individuazione di soluzioni alternative per la gestione dei
conflitti
13
.
12
A partire dalla legge di riforma dell’ ordinamento delle Camere di commercio, la n. 580 del
1993.
13
Da uno studio dell’Istat sulla conoscenza dei metodi di ADR in Italia, realizzato fra il
dicembre 2001 e il gennaio 2004, è risultato come, sebbene il 5,2% degli italiani abbia una
causa civile in corso, siano ancora in pochi a sapere della possibilità di utilizzare strumenti
alternativi. Dallo studio emerge un generale senso di sfiducia nei confronti della giustizia
italiana, derivante dal lento smaltimento dei carichi delle pendenze arretrate e dagli oneri
economici da sostenere. La conoscenza di forme alternative alla giustizia ordinaria per la
risoluzione delle cause civili non è uniformemente diffusa in Italia. Il 27,5% degli intervistati
(l’indagine ha riguardato circa 20.000 famiglie e oltre 53.000 individui) ha dichiarato di
conoscere le commissioni di conciliazione, tuttavia non tutti sarebbero disposti a rivolgersi ad
esse.
9
1.4 Natura e tipologia degli strumenti di ADR.
Con l’acronimo ADR si è soliti indicare l’insieme degli
strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al
procedimento giurisdizionale ordinario. Con lo stesso termine si
indica altresì il movimento culturale che ha portato alla
promozione di queste procedure in America e in Gran Bretagna.
In linea generale, le soluzioni di ADR si caratterizzano per il
fatto di essere finalizzate alla ricerca di un accordo che soddisfi il
più possibile le parti, e le relative procedure si basano sulla
elasticità, sulla confidenzialità e sull’informalità delle regole,
prevedendo l’intervento di uno o più soggetti in funzione di terzi
neutrali che supportino le parti con modalità differenti a seconda
dello strumento utilizzato, indicando a volte delle soluzioni
concrete. L’ADR può essere inquadrato in tre grandi categorie,
all’interno delle quali si possono distinguere le procedure di
autocomposizione delle controversie nelle quali l’accordo è
raggiunto dalle parti in piena autonomia, e le procedure di
autocomposizione delle liti eterodirette, nelle quali invece si
rinviene la presenza di un soggetto terzo che esprime una propria
valutazione vincolante per le parti. Vi sono infine le procedure di
autocomposizione eterodiretta ove il terzo chiamato a coadiuvare i
litiganti si limita ad agevolare la discussione tra le parti, facendone
emergere i relativi interessi, lasciando alle stesse il compito di
determinare i termini dell’accordo, oppure suggerendo una
possibile soluzione.
Nel novero delle soluzioni di ADR rientrano numerose
procedure che si contraddistinguono per alcune specifiche
caratteristiche, vale la pena soffermarsi sulle principali forme.
10
L’Arbitrato
14
Si tratta di un tipo di procedimento che si svolge in contraddittorio
tra le parti e al termine del quale un soggetto terzo incaricato dalle
parti decide la controversia che gli è stata sottoposta. L’arbitro
quindi, alla pari del giudice, pur trattandosi di un soggetto privato
ha il potere di adottare una decisione vincolante in merito alla
controversia.
Il nostro ordinamento ha individuato due fattispecie:
l’arbitrato rituale
15
e quello irrituale. Il primo al di la delle
polemiche sulla sua reale natura, disciplinato dagli artt. 806 e
seguenti c.p.c., è strutturalmente simile al procedimento ordinario e
si configura come una sorta di processo privato gestito da soggetti
che operano su mandato delle parti e autorizzati da esse a decidere
la controversia.
Gli arbitri risolvono la lite secondo le norme di diritto a
meno che le parti non li abbiano autorizzati a risolvere la lite
secondo equità (art. 822 c.p.c.) La decisione finale, cd. lodo ha
efficacia vincolante per le parti, inoltre può divenire pienamente
esecutivo se omologato dinanzi al tribunale (art. 825 c.p.c.). Lo
stesso può essere impugnato davanti all’autorità giurisdizionale
dalla parte che vi abbia interesse nei casi previsti dalla legge (artt.
827 e seguenti c.p.c.).
L’arbitrato irrituale, invece, non è regolamentato, né dal
codice di procedura civile, né dal diritto sostanziale, è una forma di
risoluzione convenzionale delle controversie, le parti conferiscono
all’arbitro o agli arbitri il compito di comporre una lite mediante un
14
Secondo alcuni fra le soluzioni di ADR, rientrerebbero anche le procedure arbitrali. Tuttavia
l’arbitrato, soprattutto quello cd. rituale sia per il maggiore formalismo previsto, che per
l’emissione di un lodo vincolante per le parti, presenta maggiori analogie con il procedimento
giurisdizionale ordinario. Anche l’arbitrato cd. irrituale, pur avendo natura negoziale dipende
comunque dalla decisione di un terzo a cui le parti demandano il compito di giudicare.
15
Circa la natura dell’arbitrato, v. HERNANDEZ, Le alternative al processo, in Dir. Lav., 1993,
I, p. 500 il quale esclude categoricamente che l’arbitrato rituale possa comprendersi nel novero
delle alternative al processo.
11
atto negoziale impegnandosi ad accettare come espressione della
propria volontà quanto sarà deciso.
Un’ulteriore distinzione può essere fatta tra arbitrato ad hoc
e arbitrato amministrato. Nel primo modello sono le parti stesse a
stabilire le regole della procedura, nella seconda ipotesi invece i
litiganti si rivolgono ad istituzioni arbitrali (vedi Camera Arbitrale
di Milano, International Chamber of commerce di Parigi, ecc.) che
offrono un apposito servizio, occupandosi di amministrare la
procedura e di definire i relative costi.
Il Mini Trial
Si tratta di un procedimento di risoluzione delle controversie che
prevede la partecipazione diretta dei manager delle aziende in lite i
quali, avvalendosi dell’aiuto di un soggetto terzo neutrale
costituiscono una sorta di giuria priva di poteri decisionali
vincolanti per le parti, alla quale gli avvocati presentano il caso
16
.
Lo scopo è quello di presentare i termini esatti della
questione ai manager delle aziende tra le quali è sorta la lite, il
compito del terzo invece è quello di vigilare sull’ordinato
svolgimento del procedimento e di agevolare la discussione tra le
parti. Anche il Mini Trial come la Mediation si basa sulla libera
scelta delle parti, e incoraggia le parti a raggiungere un accordo,
tuttavia qui gli avvocati delle parti svolgono un ruolo più marcato
che nelle altre forme di ADR.
A causa della sua complessità richiede tempi più lunghi e
costi elevati,ecco perché è utilizzato per risolvere controversie tra
aziende caratterizzate da particolare gravità.
16
Cfr. STETTER, The Minitrial: A User- friendly Means of Alternative Dispute Resolution, in
Lousiana Bar Journal, 1995, pp. 159 ss.
12
L’Ombudsman
Con questo vocabolo di evidente importazione scandinava si
indica, una figura di prima istanza di tutela di interessi individuali e
collettivi nei confronti della pubblica amministrazione. Sebbene
concerna aspetti pubblicistici, tale organo è stato trasposto nel
nostro sistema nell’ambito dei rapporti privatistici
17
con la
creazione dell’Ombudsman bancario, istituito nel 1993 dall’ABI
(Associazione Bancaria Italiana), con il compito di pronunciarsi
sulle istanze della clientela riguardanti i rapporti con le singole
banche
18
.
Pur con le dovute riserve per quanto attiene alla terzietà ed
indipendenza dell’organo deputato, l’esperienza compiuta in
ambito bancario ha costituito un significativo esempio
dell’applicazione di un metodo aggiudicativo nel circuito della
giustizia alternativa.
17
Sulla figura dell’Ombudsman, v. DELFINO, L’Ombdudsman come modello di “alternative
dispute resolution” nel settore privato, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1995, pp. 247ss.
18
Oggi, l’Ombudsman bancario è stato ricompreso nel network comunitario Fin-NET, istituiti
dalla Commissione Europea l’1 febbraio 2001, con il compito di gestire le controversie
transfrontaliere in materia di servizi finanziari, fino al limite di valore di euro 10.000.
13
1.5 La conciliazione: questioni terminologiche
“Che cosa si intende esattamente per conciliazione”
“Esistono delle differenze tra conciliazione e mediazione”, sono
tra le domande più ricorrenti nella letteratura, e che trovano solo
parzialmente risposta nella prassi.
Tradizionalmente nei paesi di Common law, mediation è il
termine più usato per definirla, ma si sta arrivando sempre più a
considerare la terminologia come un elemento assolutamente non
determinante. Pertanto si può utilizzare indifferentemente il
termine mediation o conciliation, ma è essenziale capire quali
sono i caratteri distintivi dello strumento a cui si sta facendo
riferimento
Approfondendo la ricerca a livello internazionale non è
possibile ricavare sicuri criteri di distinzione: la Model law on
International Commercial conciliation, 17/28 giugno 2002, pur
essendo espressione di un organismo internazionale come
l’UNCITRAL
19
, stranamente parla di conciliation. La Corte
Internazionale di Arbitrato della Camera di Commercio
Internazionale di Parigi, sostituendo il precedente regolamento di
conciliazione ha adottato un regolamento di ADR, in cui la
mediation è la tecnica di riferimento, in mancanza di accordo tra le
parti sulla procedura da utilizzare. Anche altre prestigiose
istituzioni arbitrali, come la London Court
20
lo Stockholm
Chamber of Commerce Arbitration Institute
21
e il Vienna Arbitral
Institute
22
hanno recentemente adottato delle mediation rules.
19
La cd Model law è un modello di legge proposto dall’UNCITRAL United Nation
Commission on International Trade (www.uncitral.org), che i singoli paesi possono adottare
nell’obbiettivo di uniformare a livello internazionale la disciplina di alcune materie che hanno
dimensione ultranazionale.
20
London Court of International Arbitration(LCIA), www.lcia-arbitration.com
21
Stockholm Chamber of Commerce ArbitrationInstitute www.sccinstitute.com/uk/Home/.
22
International Arbitral Centre of the Austrian Federal Economic Chamber,
www.wk.or.at/arbitrtion/.
14
Mediation è infine anche il termine usato dal CEDR
23
uno dei più
importanti centri in questo settore. Anche i regolamenti di
numerosi centri statunitensi, che offrono servizi di Mediation-
Conciliation, non danno una risposta precisa a questa
problematica
24
.
La definizione contenuta nell’art. 1 (3) della Model Law
supera queste distinzioni terminologiche, in quanto fa esplicito
riferimento alla presenza di un terzo che aiuta le parti a
raggiungere un accordo, qualunque sia il termine utilizzato,
escludendo espressamente i casi in cui il terzo ha il potere di
imporre una soluzione
25
.
In Italia la scelta del termine “conciliazione”, risponde allo
scopo di evitare confusioni con il contratto di mediazione di cui
all’art. 1754 del codice civile. Del resto il legislatore, con
l’eccezione della cd “proposta Vaccarella”
26
, in cui si parla di
“forme di Mediazione”, fa quasi sempre riferimento alla
conciliazione. Ad eccezione dell’ambito commerciale e
processuale, il termine mediazione sta entrando invece, nel
linguaggio comune per individuare forme di soluzione dei conflitti
alternative ai sistemi tradizionali (mediazione penale, familiare,
scolastica).
23
CEDR, Centre for Effective Dispute Resolution, con sede a Londra, www.cedr.co.uk/.
24
Il CPR Institute for dispute Resolution,www.cpradr.org. presentando la Mediation, precisa
che con questo termine si fa riferimento a tutti quei procedimenti di conciliazione/mediazione,
in cui un terzo neutrale partecipa alle trattative con le parti assistendole nella ricerca di un
accordo.
25
Questa tendenza è confermata dalla recente proposta di Direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio, su alcuni aspetti della mediazione civile e commerciale, SEC (2004) 1314, del
22 ottobre che all’art. 2 (a) precisa che è mediazione ogni procedimento, qualunque sia il
modo in cui viene chiamato o citato, in cui due o più parti in lite sono assistite da un terzo per
arrivare ad un accordo sulla risoluzione della lite sia che questo procedimento sia intrapreso
dalle parti per una loro iniziativa, sia se consigliato o ordinato da un tribunale o prescritto dal
diritto nazionale di uno stato membro, escludendo i tentativi di conciliazione ad opera del
giudice nel corso della procedura giudiziaria.
26
Schema di legge delega per la riforma del codice di Procedura civile approvato dal
Consiglio dei Ministri il 24 ottobre 2004 Capitolo 1, nota 11.
15
Un’ ulteriore motivo di confusione è dovuto al significato del
termine conciliazione che può ugualmente riferirsi sia all’ accordo
con cui le parti, alla presenza del terzo, compongono una
controversia fra loro insorta, sia il procedimento ad esso legato,
anche se in questo secondo caso sarebbe più corretto definirlo
tentativo o procedimento di conciliazione
27
.
Concludendo è utile ricordare che il decreto istitutivo del
registro degli organismi di conciliazione
28
così definisce sia il
conciliatore che la conciliazione: “un procedimento in cui un
terzo, il conciliatore, in condizione di imparzialità rispetto agli
interessi in conflitto, aiuta le parti a risolvere o prevenire
l’instaurarsi di una lite attraverso modalità che ne favoriscano la
composizione autonoma”.
27
Sul punto vedi CAPONI R., La conciliazione stragiudiziale come metodo di ADR, relazione
presentata al convegno” La conciliazione e l’avvocato: nuove prospettive per la professione”,
svoltosi presso la Camera di commercio di Milano in data 6 giugno 2003.
28
Decreto 23 luglio 2004, n. 222, Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle
modalità di iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui
all’art. 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003.