Introduzione 3
ricchezze si concentravano nelle mani di pochi, mentre i molti pur
avendone diritto non ne potevano usufruire, fino a dover morire di fame.
A questa frattura nella società cercavo una risposta: volevo sapere se il
problema della povertà fosse eterno e definitivo, oppure risolvibile;
volevo sapere se i principi che regolano oggi l’economia fossero davvero
“innati” e quindi immutabili ed eterni, oppure contingenti e sostituibili
con altri fatti per l’uomo, per il suo bene, e destinati a durare.
Dopo aver cercato una risposta “teorica” a queste domande – tra
gli amici e i parenti più grandi, negli ambienti ecclesiastici, tra i testi dei
filosofi – senza trovarla, mi sono chiesto se ci fosse qualcuno che stesse
tentando di dare una risposta “pratica” al “mio” problema. E' stato così
che ho conosciuto, tra le altre, l'esperienza dell’Economia di Comunione:
un tentativo di applicazione dei principi della comunione dei beni
cristiana alla conduzione aziendale nel mercato economico
contemporaneo. In essa ho trovato una possibile risposta alla mia
domanda sulla ricchezza e sulla povertà, sulla soluzione del problema
della fame. Una risposta non teorica, ma concreta, fatta di beni condivisi
dalle persone, dai gruppi, dalle aziende e addirittura da intere città.
Questa concretezza mi ha spalancato anche la mente alla
comprensione del pensiero altissimo della Chiesa e dei suoi Padri e
soprattutto del pensiero e dello stile di Gesù sull’uso dei beni materiali.
Ho scoperto, con grande sorpresa e gioia, che «la religione di Cristo si
Introduzione 4
differenzia dalle altre religioni soprattutto in questo, che associa al
servizio di Dio il servizio verso l’uomo, alla liturgia la sociologia, alla
fede le opere. Questa associazione di divino e di umano, di spirituale e di
materiale, è la proiezione dell’Incarnazione, cioè dell’avventura divina,
la quale fece di Dio un uomo perché l’uomo si facesse Dio. Fu essa a
imprimere al fatto umano uno slancio, e una direzione, verso una
risultante divina. Nel mondo pre-cristiano ed extra-cristiano, in generale,
la religione si interessa di Dio, la politica si interessa dell’uomo. Quella è
culto, questa è azione. L’una vale dai tetti in su, come diceva Hitler,
l’altra dai tetti in giù. […] Erroneo è il giudizio di chi vede la religione
come una fuga dal mondo, nel senso di evasione dall’operare umano e
dalla natura in genere. È vero invece che, se la religione tende a cieli
nuovi, ci arriva attraverso una terra nuova: si vale della terra come di
pedana di lancio al Paradiso; sottrae il corpo e l’esistenza terrena
(economia, arte, scienza, politica) al male, che è sempre l’antagonista
dovunque e comunque si presenti, ma non rinnega la carne, non deprime
il lavoro, non condanna la politica. Li redime»
1
.
Questo lavoro racchiude quello che ho "scoperto" e vuole essere
anche un umile contributo per chi forse sta cercando, come me, una
risposta al problema più urgente dell'umanità. Il percorso che seguo si
articola in tre parti: nella prima, parto dal pensiero di Gesù sull’uso dei
1
I.GIORDANI, Il messaggio sociale del cristianesimo, Roma 2001
9
, pp.29-31.
Introduzione 5
beni e arrivo alla sua realizzazione pratica nelle primitive comunità
cristiane, individuando i principi-base della comunione dei beni
cristiana; nella seconda, prendo in considerazione la “dottrina”
sviluppata dalla Chiesa su questo argomento durante secoli di storia;
nella terza, invece, dapprima analizzo il background dell’esperienza che
voglio approfondire, indispensabile per comprenderla a fondo – cioè la
spiritualità dell’Unità e il carisma di Chiara Lubich e del Movimento dei
focolari, con particolare attenzione alla comunione dei beni vissuta dai
suoi membri – e in seguito mi concentro sull’Economia di Comunione,
stile di vita, oggi, di quasi 800 aziende nel mondo.
Scopo della mia tesi è cercare di dimostrare che un principio come
quello della comunione dei beni – presente all’interno dell’annuncio di
un profeta religioso, che per i credenti era il Figlio di Dio, e scaturito
quindi da un’esperienza di fede – ha validità universale nello spazio e nel
tempo e che può ispirare, oltre all’agire dei singoli individui, la
conduzione di aziende nel mercato attuale, liberalizzato e globalizzato.
Nel ringraziare il professor Germinario per avermi dato la
possibilità di affrontare quest'argomento e scoprirne ancora di più
l'attualità e la bellezza, vorrei dedicare il mio lavoro a tutte quelle
persone che si sono fatte risposte viventi al grido dell'umanità,
lanciandosi in quest’avventura che non ha altro fondamento se non una
fede incrollabile nell’amore di Dio!
Capitolo primo
6
CAPITOLO PRIMO
L’uso dei beni alla luce del Regno
«Il regno di Dio non viene in
modo da attirare l'attenzione…
Perché il regno di Dio è in
mezzo a voi!»
Lc 17,21
Come primo passo di questo lavoro, cercherò di delineare i punti
essenziali del pensiero di Gesù sull’uso dei beni. Nelle parole del
Maestro, infatti, non si trovano diretti riferimenti ad una sistematica
pratica di comunione dei beni. Questa si definirà in maniera organizzata
solo nella prima comunità di Gerusalemme, come conseguenza del modo
di usare i beni che Gesù aveva insegnato ai suoi discepoli. Ma
addentriamoci ora nella vita e nel pensiero di Gesù di Nazareth.
Capitolo primo
7
1.1 Il cuore dell’annuncio di Gesù.
Come sappiamo, e come abbiamo sentito dire innumerevoli volte,
il cuore dell’annuncio di Gesù è il Regno di Dio, la sua venuta: «Il tempo
è compiuto, il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete alla buona
novella» (Mc 1,15). Gesù è venuto per questo: realizzare il Regno di
Dio. Il legame fra l’arrivo di questo Regno e la venuta stessa di Gesù è
messo bene in luce dall’episodio in cui Egli legge il rotolo della Scrittura
nella sinagoga di Nazareth
1
e sottolinea che in lui si avverano le parole
con cui i profeti avevano annunciato la definitiva liberazione del popolo
d'Israele.
2
E il Regno di Dio è proprio una liberazione, perché «lo Spirito
del Signore [...] mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto
messaggio [...] per rimettere in libertà gli oppressi...» (Lc 4,18). Per
questo è venuto il Salvatore.
Dopo aver annunciato la sua rivoluzione sociale a Nazareth,
dunque, agli inizi della predicazione, Gesù inizia a viverla
concretamente, inaugura il Regno: solidarizza con gli umili, i poveri, gli
emarginati; cura i malati, sfama gli affamati, libera gli ossessi, conforta
chi piange, risuscita i morti; i suoi amici sono pezzenti, peccatori,
contadini, infermi, pescatori, donne tribolate, bambini – e poi anche
1
Cfr. Lc 4,16-21.
2
Sappiamo che la liberazione realizzata da Gesù è totale ed è soprattutto liberazione dalla schiavitù
del peccato. Tuttavia d’ora in avanti io dovrò concentrarmi soltanto sull’aspetto della liberazione dalla
schiavitù della ricchezza e della povertà, che Gesù ha operato nella comunità umana, senza voler con
ciò ridurre il mistero della salvezza all’aspetto materiale.
Capitolo primo
8
pubblicani, farisei e dottori della legge in buona fede: tutto il popolo
insomma, con le sue classi –. Gesù si fa “uno” con queste persone fino al
punto di poter affermare che, come i più poveri e a differenza degli
uccelli del cielo e delle volpi, lui non ha nemmeno dove posare il capo. E
la gente, sbalordita, commenta: «Non si è mai vista una cosa simile in
Israele» (Mt 9,33).
A chi gli chiede se veramente lui è il Messia – venuto ad
inaugurare il Regno – Gesù dice: «Andate e riferite a Giovanni ciò che
avete visto e udito: [...] ai poveri è annunciata la buona novella» (Lc
7,22-23). L'arrivo del Regno di Dio, secondo il pensiero di Gesù, è realtà
spirituale – presente e futura –, strettamente legata all'uso dei beni
materiali, poiché né la spiritualità né l’escatologia ne escludono un
influsso e un’azione sociale sul mondo. La buona novella annunciata ai
poveri si realizza subito: questo Regno spirituale, infatti, forma qui ed
ora una famiglia nuova, una famiglia in cui ognuno porta tutto di sé,
anche i suoi beni materiali, e tutto diventa "della famiglia". I poveri e gli
oppressi, quindi, vengono liberati subito, già in questa vita, anche dalla
schiavitù materiale, perché entrano nella nuova famiglia, dove non c'è
più povertà né oppressione. Insomma, «il Regno di Dio è già in mezzo a
voi», come assicura Gesù, ed è un Regno che «non viene in modo da
attirare l’attenzione» (Lc 17,21), cioè non con avvenimenti straordinari,
bensì nella straordinarietà di una quotidianità rivoluzionaria.
Capitolo primo
9
1.2 I destinatari dell’annuncio di Gesù.
Ma a chi parlava Gesù nella sinagoga di Nazareth? Cosa
pensavano i suoi ascoltatori? Qual era il loro concetto di Dio e del
Regno? Mi sembra indispensabile rispondere a queste domande, per
cogliere la portata storica dell’annuncio di Gesù e per capire quali
rivolgimenti sociali possa causare il Regno da lui inaugurato.
Certamente gli ascoltatori erano Ebrei, Israeliti, figli di Abramo.
3
Nella loro tradizione, quella biblica e giudaica, Dio è buono, benigno e
misericordioso, libera gli oppressi, dà il pane agli affamati, difende i
piccoli, gli orfani e gli indifesi come le vedove e lo fa attraverso gli
uomini stessi. Dio inoltre, lo stesso Dio di cui Maria ha poi cantato «ha
ricolmato di beni gli affamati» (Lc 1,53), già nell'Antico Testamento
pensa ad una società senza nessun bisognoso e promette che così sarà,
ma vuole che ciò si realizzi per mezzo degli uomini stessi, con il suo
aiuto naturalmente. Il libro del Deuteronomio è molto chiaro in
proposito: «Del resto, non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi;
perché il Signore certo ti benedirà nel paese che il Signore tuo Dio ti dà
in possesso, purché tu obbedisca fedelmente alla voce del Signore tuo
Dio, avendo cura di eseguire tutti questi comandamenti che oggi ti do»
3
Per capire a fondo la portata rivoluzionaria del pensiero di Gesù occorrerebbe analizzare
dettagliatamente la condizione economico-sociale del suo popolo e la tradizione ebraica in proposito.
Per esigenze di spazio non posso però dilungarmi molto in questa sede e do solo alcuni cenni.
Capitolo primo
10
(Dt 15,4-5). Sembra quasi esprimere un'equazione matematica:
obbedienza ai comandamenti di Dio = nuova situazione sociale, il non-
bisogno spirituale e materiale. La divina promessa, così, è legata
all’adempimento dei comandamenti. E quali sono i comandamenti,
secondo lo stesso Libro del Deuteronomio? L’adorazione e l’amore
verso il Dio Liberatore, indissolubilmente uniti alla giustizia, alla
solidarietà e all’amore nei riguardi degli altri membri del popolo eletto.
4
Come vedremo più avanti, nel Regno di Dio inaugurato da Gesù, cioè
nella comunità cristiana, questa promessa di Dio diventa realtà concreta.
Israele era già stato liberato dall'oppressione egiziana,
sperimentando così il più grande segno dell'amore di Dio e
l’adempimento delle sue promesse, tuttavia per molti Israeliti
l'oppressione non era mai finita. Nel popolo stesso di Dio, infatti, aveva
preso piede lo sfruttamento di un membro della comunità da parte di un
altro, oltre a desiderio sfrenato e corrotto di accumulare, tasse ingiuste,
commercio disonesto, processi iniqui, tangenti, ecc.: comportamenti,
questi, che avevano intaccato profondamente quell'Alleanza fra Dio e il
popolo e non avevano consentito alle promesse divine di realizzarsi.
4
Cfr. Dt 15,6-11.
Capitolo primo
11
Più volte i profeti si erano fatti paladini della giustizia e portavoce
del grido dei poveri.
5
Ma, sembrava, avevano parlato invano. Anche la
legislazione di Israele aveva stabilito alcune leggi, ispirate alle Scritture,
che avevano lo scopo di aiutare il popolo a vivere secondo il patto
stabilito con Dio e a vincere le tentazioni del proprio egoismo e
malvagità.
6
Come spiega bene Rinaldo Fabris parlando dell'anno
sabbatico, «l'obiettivo ultimo di questa "remissione" è così formulato nel
testo biblico: ‘Del resto non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi…’
(Dt 15,4). Devono sparire i poveri, cioè gli indebitati, orfani, vedove,
stranieri, che non hanno una condizione di piena libertà»
7
. Tuttavia
neanche queste leggi erano servite a riportare una situazione di vera
uguaglianza socio-economica in Israele. E si capisce che in questo clima
l’attesa della liberazione era fortissima.
Gesù, nella sinagoga di Nazareth, risponde a tale attesa,
inaugurando quel Regno di Dio in cui si sarebbe realizzata la promessa
del Deuteronomio. È l’inizio della liberazione dalla schiavitù del peccato
5
Da Amos a Michea, da Elia a Isaia la loro parola aveva puntato a ristabilire quel legame tra
obbedienza ai comandamenti di Dio e prosperità, secondo il volere del Signore. Ai loro occhi, le
pratiche religiose che si accompagnavano ad ingiustizia e ad egoismo erano soltanto un’abominevole
ipocrisia (cfr. Is 1,10-20). La loro predicazione era sia un appello alla conversione quanto un ordine
esigente.
6
L'offerta delle decime dei raccolti ai bisognosi ogni tre anni, l'anno sabbatico, il giubileo sono alcuni
esempi. Ma Nella Scrittura ne sono presenti tanti altri: divieto di mietere oltre i limiti del campo, dove
ha diritto di mietere il povero (cfr. Lv 19,9); dovere di non spigolare, la spigolatura è diritto del
povero (cfr. Lv 19,9; 25,3-6; Rt 2,1-3); divieto di raccogliere completamente i grappoli della vite, che
spettano al povero e al forestiero (cfr. Lv 19,10; 25,3-6).
7
R.FABRIS, La scelta dei poveri nella Bibbia, Roma 1989, p.106.
Capitolo primo
12
e – come conseguenza – della povertà e della ricchezza. Le attese della
gente che lo ascolta, come abbiamo visto, sono legate a problemi molto
materiali ed urgenti.
A tali problemi, il Maestro non dà una soluzione contingente (che,
proprio perché tale, sarebbe stata provvisoria e avrebbe portato ad altre
crisi), poiché costruisce il suo “edificio” sul terreno dello Spirito e in
vista dell’eternità. Ma se non risolve direttamente la questione, illumina
la mente dell’uomo sulla causa prima del problema, dando a lui la
possibilità di risolverlo.
Egli insegna che la cupidigia dei ricchi nasce da una
sostanzialmente erronea idea della ricchezza, fatta, da strumento, fine:
idea che va capovolta. Da una società che considera suo scopo il
guadagno, Gesù vuole far nascere una società – il Regno di Dio – che
considera suo mezzo il guadagno: mezzo per stabilire l’uguaglianza, per
alimentare la fraternità, per costruire l’unità del Corpo Mistico. Egli dice
a tutti che la ricchezza non è fine a se stessa, perché fine ultimo è la
salvezza dell’anima, da raggiungere insieme nel Regno.
Capitolo primo
13
1.3 Il Regno di Dio e la ricchezza.
Nel Regno di Dio, dunque, c’è anche la liberazione dalla schiavitù
della povertà e della ricchezza. Vediamo allora cosa dice Gesù di questo
Regno, come fare per entrarci. Scopriremo anche le reazioni della gente.
Un episodio che ci può essere utile è quello del “giovane ricco”
8
.
Sullo sfondo di questo racconto c’è una domanda importante, decisiva
oggi come allora: cosa fare per ereditare la vita eterna, cioè il Regno di
Dio. Al ricco, come sappiamo, Gesù risponde citando alcuni
comandamenti, tra i quali anche «non frodare» (Mc 10,19), che si
riferisce al dare la giusta paga ai lavoratori, specialmente quelli poveri,
entro il tramonto del sole.
9
Ma il suo interlocutore è già abituato ad
adempiere questi comandamenti fin dalla giovinezza: insomma, non è
uno qualsiasi, è un pio ed onesto israelita. Tuttavia questo per Gesù
ancora non basta per entrare nella vita, infatti guarda l’uomo con
intensità, amandolo, e gli fa la sua proposta, l’invito ad entrare nel Regno
di Dio: «Una cosa ti manca: va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e
avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi» (Mc 10,21). L’invito di
Gesù, a proposito di tutte le dimensioni della vita, e quindi anche della
ricchezza, è quello di mettersi nella dimensione dell’amore: non basta
essere onesti. In quel «vendi quello che hai e dallo ai poveri» c’è l’invito
8
Cfr. Mc 10,17-22; Mt 19,16-22; Lc 18,18-23.
9
Cfr. Dt 24,14-15; Ml 3,5; Gc 5,4.
Capitolo primo
14
ad annullare le differenze e a realizzare la fraternità, la promessa di Dio.
Così ama il Padre, così Gesù: così deve amare anche chi vuole seguirlo.
Ma conosciamo la reazione del giovane: «rattristatosi per quelle parole,
se ne andò afflitto, perché aveva molti beni» (Mc 10,22). La ricchezza
non aveva lasciato un posto libero per Dio nel suo cuore.
Dunque Gesù ha promesso ai poveri di liberarli dal loro giogo: per
fare questo ha bisogno delle mani di tutti, di tutti quelli che vogliono
seguirlo nella costruzione del suo Regno, e che per seguirlo danno tutto
ai poveri, cioè condividono con loro le ricchezze. Questa condivisione è
talmente importante per Gesù, che la considera una delle condizioni
indispensabili per la sua sequela. Il rivolgimento sociale causato da un
tale insegnamento è enorme, perché, sebbene non tutti gli squilibri
sociali, certo una buona parte di essi discende da una non equa, e non
accettata, distribuzione dei beni. Ora, Gesù nel chiamare qualcuno alla
sua sequela risolve anche i problemi sociali della comunità: chi lo segue,
spinto dall’amore di Dio, mette i propri beni in comune per amore dei
fratelli.
10
E così nasce la nuova società, in cui – vedremo – non ci sarà
nessun bisognoso. Nell’ottica di Gesù, dunque, il tema della ricchezza
gioca un ruolo importantissimo per il Regno di Dio.
11
10
Cfr. 1Gv 3,16-18.
11
A dimostrazione di ciò, più avanti, dopo aver parlato con i discepoli della ricchezza e della
ricompensa per chi lascia tutto per lui, Gesù dà la risposta all’iniziale domanda del ricco (cfr. Mc
10,17.29-30). Per ereditare la vita eterna è indispensabile “distaccarsi” dalle ricchezze. I Padri della
Chiesa discuteranno molto sul senso di questo “distacco”.
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Ma, come dicevamo, qualcuno reagisce male al messaggio sociale
di Gesù, forse perché, vedendo una irrimediabile incompatibilità tra la
ricchezza e la salvezza, non vuole a nessun costo perdere la prima.
Capitolo primo
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1.4 La ricchezza o la salvezza? Ostacolo e opportunità.
A questo punto viene da chiedersi se la ricchezza sia o meno
compatibile con la salvezza, cioè con il Regno.
Gesù ha parlato tante volte e molto chiaramente a tale proposito,
mettendo in guardia i ricchi dal pericolo di fare della ricchezza la propria
sicurezza, di porre fiducia nei beni che possiedono e nel potere che
questi concedono loro: questo atteggiamento chiude il cuore
all’accoglienza dell’amore di Dio, e quindi alla salvezza.
Un brano di una chiarezza lampante lo presenta Luca: è la
cosiddetta “parabola del ricco stolto”.
12
Il termine “aphron” – “stolto” – con cui è apostrofato il ricco
agricoltore indica, nel linguaggio biblico, l’uomo che non riconosce
l’esistenza di Dio.
13
La ricchezza quindi può fare dell’uomo un negatore
di Dio.
Matteo aggiunge: «Nessuno può servire a due padroni; o odierà
l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete
servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). L’alternativa è tassativa.
14
12
Cfr. Lc 12,15-21.
13
Cfr. Sal 14,1.
14
Infatti, come spiega molto bene Giordani, «chi sceglie Dio, ai rapporti sociali applica la legge della
carità, in forza della quale non potrà permettere che ci siano accanto a lui persone che svengano
d’inedia quando nei suoi ripostigli si ammonticchiano le grasce e nei forzieri è stipato l’oro. Chi
sceglie il Mammona – il denaro – sacrifica a quest’idolo, come a un Baal inesorato, anche la famiglia,
anche la giustizia, con tutti i precetti d’amore naturale e divino». GIORDANI, p.238.