7
Premessa
―Ritengo che il lavoro rappresenti la più grande approssimazione
di felicità sulla terra”.
Partendo da questa citazione di Primo Levi, vorrei raccontare la mia
esperienza all‘interno del progetto di RadiOrientale, esprimendo la felicità di
riuscire a ―lavorare‖ attraverso uno stage nella web radio dell‘Università degli
studi di Napoli L‘Orientale.
Quasi catapultata in questa nuova realtà, investita di responsabilità e compiti
che non avrei mai pensato di poter vivere sulla mia pelle, respirando
l‘emozione di realizzare quello che da sempre è stato un mio desiderio, mi
sono trovata a far parte di un gruppo di amiche del mio stesso corso di laurea
in Comunicazione Interculturale e che come me volevano intraprendere
quest‘avventura.
Tutto è iniziato nei primi mesi del 2009, quando in un giorno di gennaio sono
entrata nella sala registrazioni del ―C.I.L.A‖ (Centro Interdipartimentale di
Servizi Linguistici e Audiovisivi), dove ho incontrato alcune colleghe del mio
corso intente alla registrazione di una puntata pilota che sarebbe servita per
verificare il livello d‘autonomia produttiva, prima della messa in onda sulle
frequenze della web radio dell‘Università. Incuriosita ed affascinata mi sono
subito resa conto che l‘idea che da un po‘ di tempo mi balenava nella testa
era davanti ai miei occhi, pronta ad essere colta. Mettere a frutto quello per
8
cui studiavo da due anni, approfondendo questo aspetto della comunicazione
in prima persona, era quello che più volevo. Il coinvolgimento degli studenti,
che sono i veri protagonisti all‘interno della radio perché personalizzano il
servizio erogato, ha destato in me un forte desiderio di partecipare, e così
senza pensarci troppo, presa dall‘entusiasmo, ho chiesto di poter collaborare.
La linea editoriale di RadiOrientale si inseriva perfettamente nel contesto
universitario. Infatti, lo studio delle lingue e delle culture di tutto il mondo
costituiscono la peculiarità di un Ateneo proiettato verso l‘incontro
multiculturale. Per quanto riguarda la scelta della programmazione
RadiOrientale è stata attenta a rispettare i criteri di J. Reith, ossia educare,
informare, intrattenere, grazie ai vari approfondimenti, interviste, rubriche di
servizio, e soprattutto musica rigorosamente CC (Creative Commons), per
dare spazio e voce alle differenti espressioni socio-culturali, linguistiche,
artistiche, poetiche degli studenti, ma anche dei giovani (e non) di tutto il
mondo che non hanno la possibilità di avere alle spalle una casa discografica
o un contratto che li faccia emergere ed apprezzare, tutto questo però è stato
fatto in chiave Podcast, (ovvero documenti audio o video scaricabili grazie ad
un programma, chiamato aggregatore o feed reader).
Le web radio di ateneo sono realtà che da pochi anni si stanno affermando nel
campo mediatico, e sempre di più stanno emergendo, anche se c‘è ancora
molta strada da percorrere prima che questo mezzo possa esprimere tutte le
sue potenzialità.
9
Introduzione
Gli argomenti trattati nella mia tesi seguono la linea della comunicazione
radiofonica, partendo dalla storia della radio e puntando poi sulla web radio
oggi in Italia, per finire col fare una panoramica sulle web radio universitarie.
Ecco qui di seguito un piano generale della tesi:
- nella prima parte parlerò della Radio dando particolare rilevanza alla "voce"
(come elemento indispensabile degli speaker, visto che è un po‘ il filo rosso di
tutto il lavoro), ma soprattutto di come i format si modellino al linguaggio
radiofonico sia della radio, che delle webradio;
- nella seconda parte tratterò della comunicazione radiofonica in tutte le sue
sfaccettature, approfondendo la figura dello speaker, soprattutto attraverso
interviste fatte direttamente da me, approfondendo soprattutto il linguaggio
verbale usato dagli speaker, sia in ambito di radio che di web radio;
- nella terza parte mi occuperò del passaggio dal mondo della radio a quello
della web radio;
- successivamente incentrerò l‘attenzione sulle web radio e su quelle
universitarie in particolare. A questo scopo utilizzerò un questionario per
poter raccogliere più dati possibili e sviluppare grafici e tabelle.
10
CAPITOLO I
COME NASCE LA RADIO
11
LA VOCE COME MEZZO
Se volessimo dare all‘esistenza della radio una collocazione storica precisa,
non dovremmo partire dal 1895, data che si collega all‘inventore Marconi, ma
ancor prima, ovvero alla presa di coscienza dell‘uomo che considera la ―voce‖
come strumento che permette la comunicazione. Infatti, fin dai tempi di
Aristotele si distingue il rumore prodotto da alcuni animali, come ad esempio
gli insetti, ed il suono emesso solo da esseri umani.
1
Si può così parlare di
culture orali, se bisogna riferirsi alle origini della comunicazione umana,
dove la voce quindi è lo strumento che soddisfa le esigenze sia di relazione
che di scambio d‘informazioni, ma anche di emozioni.
2
Questa è anche
l‘opinione di Maria Beatrice Mirri, che afferma: “l’importanza della voce
umana è incontrovertibile e può essere esaminata in relazione a molteplici
aspetti […] occorre soffermarsi sul valore della voce umana in una società
sempre più avanzata e tecnologica, richiamandosi così a modi e significati
più antichi e profondi. Si pensi all’importanza della tradizione orale; alla
trasmissione della cultura di un popolo; ai procedimenti di guarigione (canti
degli indiani americani) ed ancora ai canti etnici, mantra o canti gregoriani
in cui suoni e parole conducono ad uno stato di coscienza ulteriore, più
elevato”
3
. Inoltre la Mirri continua sostenendo che: “la voce è bene
culturale, ma ancor prima è qualcosa di così personale e particolare che non
è agevole separarla dalla persona umana cui appartiene e che sicuramente la
qualifica e la rende riconoscibile insieme ad altri attributi e segni distintivi.
La voce può così divenire un elemento inconfondibile (come quella di Sinatra,
Totò, Mina) come una impronta digitale o dell’iride costituire anche elemento
1
A. DE DOMINICIS, La voce come bene culturale, Roma, Carocci editore, 2002, p 8.
2
P.C. RIVOLTELLA, Teoria della comunicazione, Brescia, Editrice la scuola, 1998, p. 124.
3
M. B. MIRRI, La voce come bene culturale, Roma, Carocci editore, 2002, p. 209.
12
di identificazione”
4
.
Su quest‘ultima affermazione però non tutti sono concordi: molti esperti
sostengono infatti che la biunivocità dell‘abbinamento voce-individuo sia
ancora da dimostrare, perché la voce a differenza dell‘impronta digitale, è
variabile (infatti particolari stati patologici, o le droghe o l‘alcool, possono
alterare la voce
5
).
Inoltre lo stato emozionale al momento della produzione del messaggio
vocale rappresenta un ulteriore elemento di differenziazione che rende ancora
più complesso il compito d‘identificazione del parlante
6
.
Resta dunque da capire se la voce sia una caratteristica biometrica univoca,
come l‘impronta digitale, o se più persone posseggono voci così simili da
essere tra loro indistinguibili
7
. Se per alcuni gli occhi nascondono l‘unicità
più profonda di ogni essere umano, in quanto rappresentano lo specchio
dell‘anima, per Quintiliano
8
la voce è considerata lo specchio dello spirito,
perché rappresentazione immediata dell‘individuo che la emette.
Secondo alcuni studi ―una voce porta con sé un messaggio ed anche
informazioni sulla persona che l‘ha emesso, da essa pertanto si può ricostruire
l‘immagine del parlante, stimarne caratteristiche anatomiche come il sesso, la
statura, il peso, ed anche altri elementi identificativi, quali l‘età, la regione
d‘appartenenza e l‘educazione‖
9
.
Inoltre, le caratteristiche apprese non sono solo la lingua o il dialetto natale,
4
Ibidem, p. 210.
5
Ibidem, p. 129.
6
Ibidem.
7
Ibidem, p. 125.
8
Ibidem, p. 8.
9
Ibidem, p.125.
13
ma anche il gergo
10
con cui il parlante viene a contatto, ovvero l‘ambiente
linguistico che frequenta.
Klaus R. Scherer, nel saggio Social, cultural, and historical variation in the
vocal expression of emotion, mostra che gli studi delle espressioni (sia facciali
che vocali) delle emozioni
11
sono subordinati a regole culturalmente variabili
che stabiliscono la voce come lo strumento ed il veicolo della lingua in quanto
codice condiviso da una data comunità culturale. Tutto ciò è particolarmente
vero quando si passa al contesto comunicativo del mezzo radiofonico. Infatti,
attraverso la radio si riescono a trasmettere delle emozioni.
Una voce può essere acida, accusatrice, agitata, amorevole, artificiale, bassa,
squillante, cavernosa, tesa, rilassata, ipocrita, infantile, irritante, malinconica,
nasale, melodiosa, timida, volgare etc.
Questi sono solo alcuni degli aggettivi
che potrebbero caratterizzare oggettivamente alcune voci. È dunque
impossibile trovare, ad oggi, una macchina capace di riprodurre tutti i tipi
vocali e le sottigliezze del suono e di riconoscerle nonostante il dialogo uomo-
macchina
12
.
Se, molto più semplicemente, volessimo dare la definizione di voce, si
potrebbe iniziare col dire che è un prodotto acustico nato dalla vibrazione
delle onde sonore, prodotte nella laringe grazie alla vibrazione delle corde
vocali
13
.
E‘ l‘uomo di Cro Magnon che, a differenza di tutti gli altri ominidi
precedenti
14
, riesce a compiere il passo decisivo per la comunicazione
10
Ibidem, p. 129.
11
Ibidem, p. 10.
12
Ibidem, p. 78.
13
Ibidem, p. 71.
14
P. C. RIVOLTELLA, Teoria della comunicazione, Brescia, Editrice la scuola, 1998, p.130.
14
umana,
15
grazie ad una struttura del teschio e una conformazione della laringe
che gli consentono di articolare i suoni
16
per poter passare così, dai segnali e
suoni gutturali, alla parola articolata. Possiamo dunque affermare che
l‘evoluzione ha dotato il nostro organismo di alcuni apparati naturali di
trasmissione e di ricezione. Tuttavia la voce ha anche i suoi limiti. Ad
esempio riesce a ―viaggiare‖ conservando la sua capacità di veicolare
l‘informazione solo per alcuni metri. Per questo motivo l‘uomo, per
migliorare la sua capacità di comunicazione e conservare l‘informazione nel
tempo e nello spazio, è stato costretto ad estendere le potenzialità dei suoi
apparati naturali mediante altri canali artificiali di comunicazione.
Questi apparati sono le tecnologie della comunicazione
17
.
1.1 La terza oralità
La tradizione orale è da sempre un modo che la società ha per trasmettere
conoscenza di generazione in generazione senza utilizzare un sistema di
scrittura. W. J. Ong distingue due diverse forme di oralità: l‘oralità primaria e
quella secondaria. L‘oralità primaria si riferisce al pensiero e alle sue
espressioni verbali, infatti prima dell‘avvento della scrittura la parola era
voce, non poteva essere conservata né fermata, il suo statuto era effimero non
aveva documenti ma solo memoria e la mente teneva conto di ciò, la parola
parlata infatti, era evocativa, paratattica, richiedeva un interazione faccia a
faccia. Poi è arrivata la scrittura che ha sequestrato la parola relegandola in
uno spazio visivo, e nell‘epoca della scrittura l‘oralità, quando c‘è, è
un‘oralità secondaria. L‘oralità secondaria si riferisce al pensiero e alle sue
15
Ibidem, p. 129.
16
Ibidem, p. 130.
17
F. CIOTTI, Il mondo digitale, Roma, GLF editori Laterza, 2000, p. 293.
15
espressioni verbali in una cultura che è stata esposta alla scrittura e alla
stampa, ma che non ha completamente interiorizzato l‘uso di queste
tecnologie nella vita di tutti i giorni. Ecco che troviamo il ritorno all‘oralità,
perché le voci ci raccontano più di quello che in realtà dicono e molto più di
quello che si può leggere in un libro.
La voce è tridimensionale ed è parte integrante del racconto che narra, con
tutte le sfumature che possiamo ritrovarvi, dal tono al timbro al volume alla
velocità stessa con cui le parole vengono dette, l‘intenzione con cui vengono
pronunciate. Un ritorno all‘oralità che in questi anni si è verificato attraverso
la radio e l‘uso di fonti orali in storiografia, da qui si sono sviluppati altri
modi di raccogliere testimonianze e restituirle alla comunità, al pubblico,
attraverso diversi mezzi e con diversi intenti. A questo proposito Enrico
Menduni sostiene l‘esistenza di una ―terza oralità‖: ―la nuova radio sviluppa
la propria cultura dell‘oralità (…) fondata su un flusso e su un ritmo‖
18
.
Walter J. Ong nel suo saggio sulle diversità tra le culture dell'oralità, afferma
che: ―una nuova oralità è incoraggiata dal telefono, dalla radio, dalla
televisione e da altri mezzi elettronici la cui esistenza e il cui funzionamento
dipendono dalla scrittura e dalla stampa. È difficile che oggi esista una cultura
orale primaria in senso stretto, poiché tutte sanno dell‘esistenza della scrittura
e hanno esperienza dei suoi effetti. Comunque, in diversa misura, molte
culture e sottoculture, persino in ambienti ad alta tecnologia, conservano gran
parte della forma mentis dell‘oralità primaria‖
19
. ―L'ascoltatore radiofonico si
trova proprio nelle condizioni di verificare le caratteristiche dell‘oralità
primaria.
L‘oralità incoraggiata dalla radio è nettamente primaria rispetto a quella che in
qualche modo può essere suscitata dalla televisione che, pur priva della
18
E. MENDUNI, Il mondo della radio.Dal transistor a internet, Ed.Il Mulino, 2001, p.75.
19
W. J. ONG, Oralità e scrittura, Bologna, 1986, pp.29-30.
16
testualità scritta, è comunque sostenuta dall‘ancoraggio alle immagini‖
20
.
Ong descrive alcune caratteristiche comuni alle culture orali, che possono
essere rilevanti per l‘ascolto della radio,
21
eccone alcuni esempi:
Paratattico e non ipotattico, importante nella costruzione delle frasi che si
leggono in un giornale radio scegliendo la coordinazione piuttosto che la
subordinazione.
Aggregativo piuttosto che analitico, cioè ―l'espressione orale porta con sé un
bagaglio di epiteti e di altri elementi formulaici che l‘alfabetizzazione
avanzata rigetta come pesi morti dalla ridondanza fastidiosa‖
22
sottolineando
che un po‘ del ―colore‖ del linguaggio giornalistico radiofonico può essere
una caratteristica fondamentale, legata all‘oralità.
Caratterizzato dalla ridondanza o copia, cioè la radio ogni tanto deve
ripetersi per venire incontro all'ascoltatore; questo comporta un uso intelli-
gente delle ripetizioni nell'ambito di un testo che rischia di essere poco
comprensibile senza l'aiuto di queste ridondanze consapevolmente utilizzate.
Vicino all'esperienza umana: la conoscenza nelle culture orali è legata
all'esperienza vissuta e non può esistere, nel caso della radio, informazione
astratta che non abbia agganci concreti ad attività o esigenze umane, ma deve
far ricorso a una continua esemplificazione e a costanti riferimenti legati
all'esperienza umana vissuta.
Enfatico e partecipativo piuttosto che oggettivo e distaccato: lo stile
informativo radiofonico deve, con molto equilibrio, evitare di essere troppo
freddo e formale e cercare, invece, di introdurre elementi misurati di
partecipazione che coinvolgano l'ascoltatore e lo facciano sentire non
terminale del processo comunicativo ma attore e protagonista insieme a chi
20
G. MAZZEI, Giornalismo radio televisivo, Roma, Editoria Periodica e Libraria, 2005, p.118.
21
Ibidem, p. 119.
22
W. J. ONG, Op. cit., p. 67.
17
lavora per lui in un giornale radio.
ALCUNI CENNI STORICI
L‘affermazione della radio non è stata immediata, poiché la messa in onda,
tanto attesa da parte degli industriali che avevano investito nella nuova
scoperta, non rispecchiava l‘idea iniziale di Guglielmo Marconi, cioè quella di
inviare messaggi in codice morse solo a determinati apparecchi. I messaggi
viaggiavano liberamente nell‘etere, affermandosi così come mezzo per la
comunicazione ―circolare‖
23
ovvero usufruibile da migliaia di ascoltatori
contemporaneamente. Una quindicina di anni più tardi, nel 1910, si iniziarono
a trasmettere negli Stati Uniti le prime trasmissioni regolari, anche se a
carattere sperimentale
24
, dando luogo a una vera e propria programmazione
con la nascita dei primi network: la BBC nel 1922 le statunitensi NBC, ABC,
CBC nel 1926, la URI in Italia nel 1924 (futura EIAR nel 1928).
L‘invenzione del transistor da parte dei laboratori Bell nel 1947 garantisce la
comunicazione radiofonica alla massa, poiché consente a chiunque di ricevere
segnali in qualsiasi parte del globo
25
.
Si può affermare che la comunicazione è una realtà che appartiene alla natura
dell‘uomo e che, nella sua dimensione, non può mancare al pari delle sue altre
funzioni vitali
26
. ―I nuovi media e le nuove tecnologie con cui amplifichiamo
ed estendiamo noi stessi costituiscono una sorta di enorme operazione
chirurgica collettiva eseguita sul corpo sociale con la più totale assenza di
23
P. ORTOLEVA, Mass media, Firenze, Giunti edizioni, 2001, p. 151.
24
P. C. RIVOLTELLA, Teoria della comunicazione, Brescia, Editrice la scuola, 1998, p. 169.
25
Ibidem.
26
Ibidem, p. 60.