La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 2 -
Francesco Loforte - 2 -
Capitolo I
Il fenomeno pubblicitario
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 3 -
Francesco Loforte - 3 -
Parte I: Introduzione al sistema pubblicitario
1. Pubblicità e comunicazione, spunti economici
E' opinione generalmente condivisa che il fenomeno pubblicitario afferisca
all'attività commerciale e d'impresa,costituendone specifico settore.
Principalmente in relazione alle imprese di maggiori dimensioni , la pubblicità
risulta anzi essere proprio uno dei presupposti per l'efficacia e l'incisività
dell'attività imprenditoriale .Quindi, vista la sua connessione naturale con gli
aspetti normali della vita d'impresa, ne è limitato o ristretto l'ambito d'operatività,
attraverso la regolamentazione relativa. La ragione di queste limitazioni
risiede,evidentemente, nell'intrinseca capacità di influenzare gli stimoli sociali
conseguenti.
Un'altra funzione, che ad una immediatamente superficiale riflessione viene in
evidenza, è quella informativa. Questa risponde all'esigenza ad un tempo dei
consumatori di avere contezza di nuovi prodotti presenti sul mercato per
soddisfare i propri bisogni nella maniera più esauriente, e dell'impresa di proporre
il proprio prodotto sul mercato con annesse le relative notizie.
Tali notizie pubblicitarie sono caratterizzate da un aspetto ulteriore: hanno per
scopo convincere il destinatario della comunicazione a fare o non fare qualcosa;
sono strumento di persuasione, dunque. A tale scopo,quindi, la pubblicità si serve
dell'informazione, della quale è dispensatrice. Per l'esattezza la pubblicità può
essere definita come strumento di comunicazione finalizzata alla persuasione
1
.
Sul problema della persuasione connessa alla comunicazione-informazione, vari
autori, di orientamento più o meno liberal si sono espressi, con risultati
contrastanti
2
.
1
V.C.PINELLI, Suggestione dei messaggi televisivi,persuasione e manifestazione del pensiero, Diritto
dell'informazione e dell'informatica 1995,p 1...passim.
2
E' frequente, fra gli studiosi l'opinione che la garanzia dell'art.21 si estenda a qualsiasi manifestazione di
contenuti psichici, anche quella diretta a suscitare pura emozione.Il P.BARILE, La libertà di
manifestazione del pensiero,voce Enc. Giur. Treccani. Estratto dal più ampio Liberta' di manifestazione
del pensiero,Milano, 1975. (la tendenza dottrinale è condivisa con qualche critica anche da S. FOIS,
Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero, Milano 1957) esclude che la propaganda (e
persino l'apologia) possano formare oggetto di incriminazione sul presupposto che<< la libertà di
espressione non è altro che la libertà di persuasione>>., pur ammettendo la debolezza di questa
costruzione avverso i c.d. persuasori occulti. V. anche C.ESPOSITO,Libertà di manifestazione del
pensiero nell'ordinamento italiano,1958,, per il quale l'art.21 non protegge quel tipo d i propaganda
diffusasi nel corso delle esperienze totalitarie,volta a provocare l'azione senza la mediazione del pensiero.
Ciò, secondo l'autore, vivifica l'esperienza assistita dall'art.21 che, in una accezione quasi etica non
coprirebbe poi il subiettivamente falso,lasciando invece sotto le sue cure pressoché ogni altra
manifestazione del pensiero. Vi sono ancora altre posizioni, più o meno estremizzate, caratterizzate da un
più o meno spinto orientamento individual-liberistico, ovvero volto a far ricadere senz'altro sotto le tutele
dell'art. 21 tutto ciò che risulta connesso in qualche modo alla manifestazione del pensiero
(V.P.F.GROSSI, I diritti di libertà ad uso di lezioni,Milano, 1991, che può ricollegarsi direttamente al
pensiero di Hobbes, e A.Di GIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero, Milano
1998). Volendo allargare il campo di ricerca oltre i confini nazionali, e in special modo all'esperienza
americana, laddove sembra che certe questioni siano da maggior tempo in osservazione e dibattito,ci si
rende conto che le posizioni sono radicalizzate e tutt'altro che al divenire di una conciliazione (v. R.
ABEL, Speech and respect e v.contra C.McKINNON, Only words).
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 4 -
Francesco Loforte - 4 -
Tuttavia, la giurisprudenza costituzionale in materia pubblicitaria risulta scevra da
riflessioni e approfondimenti sulla natura comunicazionale della pubblicità
3
.Tali
interventi sull'argomento potrebbero diventare sempre più impellenti vista la
natura diffusiva sempre più vasta e coinvolgente più mezzi di comunicazione. E
visti anche gli interessi incrociati in un quadro non più solo nazionale.
In questa prospettiva, il legislatore europeo ha emanato la direttiva CEE 84/450,
in linea anche con la libera circolazione dei beni e servizi, che ha adottato
un'ampia definizione della pubblicità
4
.Con particolare riferimento al mezzo,è
stata emanata la direttiva 552/89 in materia televisiva ove si rileva l'esigenza di
una rafforzata tutela del consumatore-telespettatore "senza frontiere", dunque
travalicando (già nell'ormai lontano 1989!) i confini nazionali per abbracciare un
ambito europeo.
In ogni caso,l'indicazione legislativa che scaturisce da questi interventi dimostra
che la considerazione della pubblicità come comunicazione e quindi come
particolare forma espressiva, non si pone in contrasto con la presenza di
normative in qualche modo limitative della libera attività pubblicitaria. La
questione centrale però è che le normative di carattere autorizzatorio, in sé
legittime, si fondano non su una rilevanza autonoma del messaggio pubblicitario,
della sua natura e contenuto, ma sul messaggio quale manifestazione di attività
soggetta a controllo pubblico,nel quadro e con le regolamentazioni e le limitazioni
riconosciute dall'art.41 Cost (limiti relativi all'utilità sociale, alla sicurezza,alla
libertà e dignità umana e ai programmi o controlli determinati per legge).In
sostanza, quindi, tali limitazioni incidono sullo svolgimento di attività che
comunque, ad esempio, trovano immediato riconoscimento nella previsione
dell'art.10 CEDU
5
e non sulla natura e sul contenuto del messaggio. Tali
trattamenti (a volte di divieto addirittura) possono in concreto giustificarsi nel
raffronto tra esigenze legislative e tutela costituzionale di interessi prioritari. Allo
scopo (de jure condendo o in via interpretativa)si potrebbe dunque predisporre un
quadro di valori universalmente accettato,con la valutazione delle situazioni
rappresentate, le conseguenze di esse, il rapporto tra i modi di presentazione del
messaggio e gli intenti sottostanti, e gli effetti poi sul piano economico e sociale.
Questi problemi nascono dalla considerazione che la suggestione pubblicitaria
può mettere pericolosamente a repentaglio valori diversi dall'autodeterminazione
del consumatore, che costituisce, ad oggi il valore assunto a paradigma di
3
Del resto, la Dottrina costituzionalista, nonostante un interesse crescente per il fenomeno informativo,
non ha mai trattato sistematicamente la questione (v. infatti i manuali P.CARETTI,Diritto pubblico
dell'informazione,Bologna 1999 R.ZACCARIA, Materiali per un corso sulla libertà di informazione e di
comunicazione,Padova, 1996)Diversamente A.PARIGI,in I limiti qualitativi della pubblicità
commerciale,in Radiotelevisione,a cura di R.ZACCARIA,Trattato di DirittoAmministrativo,a cura di
G.SANTANIELLO, Padova, 1996, p582ss., che pone maggiore attenzione agli interessi costituzionali in
gioco.V anche, per le particolari caratteristiche del mezzo televisivo,C. PINELLI, Suggestione..cit in
Diritto dell'informazione e dell'informatica,1995,p1
4
come <<qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell'esercizio di una attività commerciale,
industriale,artigianale o professionale allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi, compresi
beni immobili, diritti e obblighi>>
5
che sarà bene riportare:1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include[..]la
libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità
pubbliche e senza considerazione di frontiera. [..]2.L'esercizio di queste libertà, comportando doveri e
responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità. condizioni, restrizioni o sanzioni previste
dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica...
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 5 -
Francesco Loforte - 5 -
genuinità dell'informazione pubblicitaria da contaminazioni ingannevoli. Questi
valori ed interessi diversi si possono esemplificare nella dignità della persona
umana, nella salute, i minori, ma anche il senso estetico, le religioni, i principi
stessi della società civile.
La persuasione pubblicitaria non ha poi come strumento la sola informazione.
Uno spot pubblicitario è spesso e volentieri confezionato con una massiccia
presenza di allusioni, mezze verità, ammiccamenti e altri artifici comunicativi, per
cui, la semplice suggestione creata da un singolo spot, o un'intera campagna
pubblicitaria, sfugge per natura al divieto di ingannevolezza.
Ancora, caratteristica della pubblicità quale manifestazione del pensiero è la sua
strumentalità, e non è pura comunicazione di idee, opinioni, visioni del mondo,
filosofie. Infine, un'altra caratteristica è l'invasività: essa tende,attraverso tecniche
psicologiche ed economiche, a costringere il maggior numero di persone possibile
ad operare delle riflessioni nel recepire il messaggio, cui è difficile sottrarsi.
Benché asservita ad uno scopo, oltre che come aspetto dell'attività d'impresa, la
pubblicità deve essere vista poi anche come comunicazione del pensiero.
L'allestimento delle regole relative potrà così non essere agevole sotto i due
aspetti dell'individuazione dei beni protetti e la scelta degli strumenti di
intervento, ma la pratica suggerisce che non ci siano alternative.
Addentrandoci nella questione sulla natura comunicazionale della pubblicità, dal
punto di vista socio-economico, è essenziale al libero consumo: da essa –la
pubblicità come passaggio di informazioni- si riconosce una società in evoluzione
economica.
Osservava Marshall McLuhan come <<storici e archeologi scopriranno un
giorno che i richiami pubblicitari della nostra epoca sono le riflessioni quotidiane
più ricche e più fedeli che mai una società abbia fatto sull'intero campo della sua
attività
6
>>. Domande e bisogni del vivere civile hanno la intrinseca necessità di
diffondersi, nel più ampio degli ambiti preferibilmente.
Si tratta dunque di cogliere l'aspetto propulsivo di concrete opportunità di
sviluppo economico.
Se l'obiettivo è quindi lo sviluppo economico, e se è vero che questo non possa
prescindere da una generale armonica crescita della collettività, sarà bene definire
le regole degli strumenti di sviluppo.
7
Tali regole devono basarsi su
un'osservazione per lo più scientifica,e nella fattispecie soprattutto economica.
Si ritiene qui opportuno dare brevemente conto di alcuni temi economici
strettamente connessi col discorso giuridico, e che sarà bene tenere a mente nello
studio della materia pubblicitaria
8
.
6
M.McLUHAN, Gli strumenti del comunicare, Milano,1981, p242
7
Contra, v.: G.CORASANITI, La regolamentazione della pubblicità, in Diritto della comunicazione
pubblicitaria, Torino 1999,pag.3
8
A proposito del tema strettamente economico, sembra pressoché definitivamente risolta a favore dei
pro, la questione relativa alla effettiva utilità della pubblicità e alle eventuali economie o diseconomie a
livello macroeconomico che essa comporta. Non pochi sono stati gli economisti che hanno sostenuto la
tesi di una sostanziale inutilità e lesività economica della pubblicità, (per i costi che essa impone al
mercato e alle barriere economiche che essa spesso comporta dal punto di vista dell'accesso, ad esempio)
che rimangono non controbilanciati da un'effettiva crescita economica. Questa tesi però è stata
sconfessata nel tempo dall'esperienza e dalla realtà fattuale, che dà invece ragione a chi sostiene la grande
utilità della pubblicità( in termini di informazione, aumento degli scambi e dei consumi, prevalenza del
miglior prodotto, ad esempio).
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 6 -
Francesco Loforte - 6 -
La questione economica probabilmente più importante,è quella sull'effetto della
pubblicità sui beni di consumo. Ciò ci permetterà di capire le dinamiche
economiche in connessione a quelle psicologiche della pubblicità in base al
prodotto pubblicizzato. E gli eventuali effetti inducibili sul destinatario-
consumatore.
I beni che andremo ad analizzare (un pacchetto di caramelle, un personal
computer, un gioiello, un detersivo) verranno posizionati su una griglia,frutto
dello studio economico, che si basa sulla divisione fra esperienza e ricerca,
laddove "ricerca"(search) è da intendersi "bene che richiede impegno
intellettivo",mentre "esperienza" (experience), è da intendersi come "bene che non
richiede impegno intellettivo". E' ovvio che sia più probabile un inganno nel
campo dei beni "experience"
9
. E' necessario, per meglio indagare sul livello
d'attenzione che il prodotto richiede, prestare considerazione alle attività richieste
dal prodotto stesso, nonché tenere presente, come vedremo poco oltre, la
specificità del soggetto consumatore che si assume a target:
TAVOLA 1: modello di Vaughn
10
.
ALTO COINVOLGIMENTO
apprendere provare
provare apprendere
fare fare
RAZIONALITA' EMOZIONALITA'
(Search) (Experience)
fare fare
apprendere provare
provare apprendere
BASSO COINVOLGIMENTO
9
Dall'impostazione classica di CARLTON-PERLOFF Modern industrial organisation,1990, p. 611, della
distinzione fra experience o search goods, si passa alla visione più analitica di FABRIS la pubblicità,
teorie e prassi,1992, che invece formula una distinzione fra convenience, shopping, speciality, e
preference goods. La distinzione ha però il solo scopo di verificare il livello di attenzione e d'indagine del
consumatore nell'acquisto del prodotto. La distinzione di cui noi ci serviamo è più risalente:la espresse
VAUGHN in una rivista,nel 1984, così come spiegata da R.FERRANDI: Pubblicità redazionale e product
placement, in Diritto dell'informazione e dell'informatica,2001 p63.
10
Per una analisi dei modelli relativi all'elaborazione della pubblicità si veda LOMBARDI, (a cura di),
Manuale di tecniche pubblicitarie. Il modello in analisi verrà tenuto presente anche per la trattazione
dell'argomento relativo alle forme atipiche della pubblicità. Lo schema è di intuitiva semplicità, si tiene
conto di ciò che è più rilevante per ogni categoria di beni: Il fare o il provare o ancora l'apprendere,con
l'avvertenza che il termine "feel", che ha nella lingua inglese una vastità di significati legati alle
esperienze sensoriali, è stato tradotto con "provare", piuttosto che "sentire".
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 7 -
Francesco Loforte - 7 -
In questo schema, collocheremmo il personal computer a nord-ovest, il gioiello a
nord-est, il pacchetto di caramelle a sud-est, a sud-ovest il detersivo
11
.
Nel quadrante nord-ovest, (computer) il consumatore compie una ricerca per
informazioni, e addiviene ad una serie diversa di dati. E' evidente che la fonte più
affidabile risulterà favorita. Nel quadrante nord-est (gioiello), ha una enorme
rilevanza l'aspetto dell'immagine, ed il pubblicitario cercherà di lavorare su
questo, e spesso come vedremo (V. infra,4,6,12,13,14), non in maniera ordinaria.
Nei quadranti a sud, il coinvolgimento economico è basso:da una parte (a sud est)
prevale il fattore edonistico e si tende (da parte del pubblicitario) "tentare" l'istinto
(le campagne di cioccolatini e caramelle hanno spesso questa caratteristica)
,oppure a rendere il prodotto, di per sè non indispensabile, appetibile dal punto di
vista dell'apprendere o del provare, così cercando un improbabile "sfondamento"
in altre categorie (e quadranti!) .Dall'altra, a sud ovest, prevale il fattore razionale,
ma il consumatore medio non intende destinare molto tempo ai prodotti. Il
risultato è che il prestigio della fonte, o dell'esperto che parla del prodotto ha un
grosso ascendente sul consumatore,che tende a fidarsi del messaggio pubblicitario
così confezionato.
Categoria a sé, è poi quella dei prodotti c.d. fly-by-night firms, per i quali
frequentissimi sono gli inganni. Trattasi di prodotti di basso costo, di per sé
qualificabili come ingannevoli
12
, che le imprese produttrici recano a effetto con
l'uso di accorte tecniche pubblicitarie persuasive.
In definitiva, quindi, l'intero fenomeno della pubblicità commerciale si svolge, nel
lato attivo, nell'ambito di tre direttrici di rilievo costituzionale: manifestazione del
pensiero (con le specificazioni che abbiamo sommariamente visto), informazione,
iniziativa economica.
11
E' evidente che questo sistema definisce meglio le situazioni di pericolo per l'ingannevolezza dei
messaggi, evidenzia le possibili armi a favore del pubblicitario e differenzia le diverse situazioni in base
al bene considerato.
12
Il Giurì ha ricordato come il prodotto non possa essere oggetto di giudizio di ingannevolezza, ma
soltanto la pubblicità di esso.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 8 -
Francesco Loforte - 8 -
2. Etica e Pubblicità
La pubblicità odierna ci dimostra che possono essere persuasivi, oltre che gli
"strumenti" tradizionali -gli abbinamenti più disparati, come immagini di bellezza,
fascino, richiamo erotico, successo, fortuna con iniziative di ogni genere-, anche
"strumenti" diversi quali l'uso di immagini <<forti>>: ad esempio violenza,
situazioni sessuali particolari o singolari, situazioni di drammaticità estrema.
Queste immagini hanno il solo scopo, per lo più di imprimere più possibile nella
memoria dell'osservatore, un marchio, un prodotto. In poche parole si cerca, in un
mondo affollato di messaggi pubblicitari, dove l'effetto <<marmellata
13
>> è
sempre incombente, di gridare più forte, sovrastando le altrui strida. Si pensi
anche a quelle tecniche pubblicitarie che strumentalizzano istinti e sentimenti
della persona umana, come l'uso del corpo femminile, dei bambini o di scene di
rapporti familiari.
Questi divengono mezzi per il raggiungimento dello scopo persuasivo della
pubblicità: un'esposizione strumentale di situazioni, che costituisce uno degli
aspetti potenzialmente più pericolosi, allo stato, della pubblicità.
Pericolosi per l'intrinseca ingannevolezza del messaggio, nel quale eminentemente
prevale l'aspetto emotivo - istintivo.
A fronte di questa, come di altre, pubblicità può esservi bisogno di regole, la
scelta delle quali può essere questione delicata.
La crisi comunicazionale nel campo pubblicitario può derivare, infatti, come
acutamente osservato da un autore
14
,da un conflitto di cinque posizioni
assiologiche: quella aziendale, relativa all'efficacia della campagna pubblicitaria,
quella dei professionisti del settore, legati a un certo gusto estetico, quella
dell'utenza, e degli osservatori, legata a canoni di rispetto per certe richieste di
tutela e per un generale diverso gusto etico -estetico,quella delle chiese, attestate
ancora su un diverso piano morale, e quella dello Stato, in un ottica comprensiva
di istanze concernenti la collettività.
La disciplina che in parte viene incontro a queste necessità è contenuta nel
D.lgs.25.1.92/74, che affida all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(ciò che oltreoceano viene chiamata agency)compiti di repressione del mendacio.
Permangono i problemi derivanti dalle "generiche vanterie innocue" (il dolus
bonus), che in un sistema a contrattazione asimmetrica, come quello di massa,
possono produrre danni irreparabili
15
.
Lo strumento rappresentato dal giudizio di ingannevolezza di cui al D.Lgs 74/92,
può non essere sufficiente, sia per la mancanza di un raccordo fra tutela
amministrativa e tutela civilistica, sia, per il profilo che qui ci interessa, per la
strutturale fugacità della comunicazione pubblicitaria a canoni normativi o
categorie dogmatiche.
13
G.COTTARDO, Pubblicità:sempre meglio che lavorare,Genova, 2001.
14
P.AUTERI, La nuova normativa sulla pubblicità ingannevole:tutela dei concorrenti e dei consumatori,in
Relazione al convegno La pubblicità ingannevole:istituzioni,imprese,mezzi e consumatori a confronto,
1992.
15
V. V.ZENO-ZENCOVICH, il Diritto europeo dei contratti (verso la distinzione fra <<contratti
commerciali>> e <<contratti dei consumatori>>),in Giur.it., 1993, IV,p.57
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 9 -
Francesco Loforte - 9 -
La caratteristica della pubblicità, vuoi per ragioni che le sono proprie e
connaturate (ad esempio,la necessità di apparire credibile e la necessità di fissarsi
nella memoria del destinatario), vuoi per i mezzi nuovi che essa è in condizione di
sfruttare, è quella di rifuggire alle classificazioni e a tutto ciò che può essere
routine.
Queste caratteristiche viste nel complesso, nei loro sviluppi, comportano che
spesso la pubblicità presenti degli "scavalcamenti" in ordine agli ordinari canoni
di moralità come percepita nelle cinque posizioni assiologiche i cui sopra. Ed è
questa forte compromissione etica della pubblicità che suggerisce in sè una
risposta sullo stesso piano.
Viene qua in aiuto l'istituto di autodisciplina pubblicitaria: difatti, rispetto alle
regole di diritto, le norme autodisciplinari hanno sovente anticipato l'intervento
del legislatore
16
.
D'altra parte l'autodisciplina rappresenta una reazione proveniente dal mercato con
lo scopo precipuo di tutelare la credibilità pubblicitaria. Essa interviene poiché
non è conforme all'etica pubblicitaria ledere il principale valore della pubblicità:
la sua persuasività. Per mezzo di questa tutela, si è pervenuto alla sustanziazione
di regole etiche di condotta, che vengono equiparate alle regole di correttezza
professionale ex art 2598 c.c.
17
.
E' bene fare una precisazione.
La vicenda della pubblicità comparativa in Italia porta con sé delle riflessioni sul
carattere spiccatamente etico delle regole autodisciplinari "giuridicamente vestite"
sia sull'ordinamento autodisciplinare come istituzione che come insieme di regole
che lo compongono.
Infatti è stato il legislatore,comunitario prima e nazionale poi,a dover fare fronte
ad un atteggiamento di chiusura degli operatori del settore.
Nella sostanza in questo caso,secondo alcuni autori, l'etica pubblicitaria fu
<<silenziatrice
18
>> del diritto d'informazione dell'impresa e del diritto di essere
informato del consumatore, complementi essenziale dell'attività pubblicitaria.
Basilarmente, sotto la regola etica,come giustamente è stato osservato in dottrina,
può nascondersi l'interesse protetto del gruppo dominante, e l'ambito pubblicitario
non fa eccezione.
Tornando quindi all'allestimento delle regole ed alla ricerca di beni-valori
protetti
19
, le regole etiche, non meno del diritto, riguardano il dover essere: è
un'etica del cambiamento, e la pubblicità, persuadendo, crea o modifica quel gusto
e quella sensibilità che per tendenza diventa ex post essa stessa regola etica.
16
A.PARIGI, op. cit., che individua i limiti delle regolamentazioni del messaggio pubblicitario, e nella
individuazione di tali limiti, l'A. ritiene di utilizzare le decisioni del giurì e dell'autorità amministrativa,
comunque mai spintesi fino a una ricostruzione di principi ed esigenze alla base della regolamentazione
pubblicitaria
17
L'equiparazione sostanziale tra regole di autodisciplina e regole di correttezza professionale rilevanti
ex 2598 è affermata in Cass,15.2.99, in Riv .dir. ind. 1999 II p.193 ss.
18
G.ROSSI, La persuasione pubblicitaria tra diritto ed etica:uno sguardo comparatistico,in Diritto
dell'informazione e dell'informatica, 2002, p427, da Relazione al convegno Una comunicazione senza
regole? Per un'etica dei mass-media nella società contemporanea.Cuneo,4.5.2002, Atti in corso di
pubblicazione.
19
v.supra, Cap.1§1,in fine
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 10 -
Francesco Loforte - 10 -
Quindi, l'etica pubblicitaria deve tradursi in un'autolimitazione, ma che comporti
coraggiose scelte prospettiche, anche a costo del sacrificio parziale di un potere, in
nome di un interesse superiore e di una responsabilità sentita nell'esercizio di così
potenti strumenti di comunicazione di massa
20
.
Sul piano degli strumenti etici di intervento, è evidente, l'unico mezzo è costituito
da una certa pressione ambientale, una reazione sociale di condanna nei confronti
del trasgressore. Tanto più forte e radicata la regola, tanto più forte sarà il
condizionamento e la "sanzione"data. L'autorità pubblica in qualche modo, a
differenza del caso della regola etica condivisa, agisce come censore terzo, e
soffrendo di questa eteronomia, può incontrare quelle difficoltà che una regola
autonoma non deve affrontare o affronta diversamente.
20
V.contra U.RUFFOLO, Manifestazione del pensiero e pubblicità redazionale: il percorso tortuoso di
una libertà scomoda, in Riv.dir.ind.,1988,II,132 ss., che ravvisa violazioni del principio costituzionale di
libera manifestazione del pensiero con riferimento ai poteri del Giurì.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 11 -
Francesco Loforte - 11 -
3. Pubblicità e società dei consumi: possibili sviluppi
Le questioni relative all'etica pubblicitaria sono direttamente afferenti alla
tematica degli sviluppi futuri. Non pochi sono gli autori che auspicano la
formazione di un quadro di regole giuridiche, entro le quali operino regole etiche.
La situazione prospettata diventa argomento di attualità se solo si pensi
all'utilizzazione di tecniche multimediali e la graduale affermazione del fenomeno
pubblicitario come condizione per l'accesso gratuito alle risorse informative dei
media.
Il fenomeno pubblicitario mostra ancora quindi, grandi potenzialità espansive, che
difficilmente potranno essere orientate da interventi pubblici. Tuttavia il modello
che potrebbe affermarsi potrebbe essere meno invasivo, con l'uso di tecnologie
interattive e un più esteso e generalizzato riconoscimento della lealtà e della
correttezza quale clausola implicita, condizione per raggiungere e mantenere il
rapporto di fiducia col pubblico. La stessa concezione di qualità produttiva
potrebbe svilupparsi secondo schemi nuovi, essendo già passata, finora, dai
materiali, alla fattura complessiva, agli standard di sicurezza (duty of care), fino
alla customer satisfaction, e, più in generale all'attenzione alle esigenze del
consumatore (customer care).
L'emergere dunque di un'impresa su altre potrà essere quindi legata invece a
politiche commerciali diverse, che non prevedano solo la bontà di una campagna
pubblicitaria, in grado di caratterizzare il prodotto, ma un rapporto inverso, nel
quale l'impresa compie un follow through del proprio prodotto, in un rapporto
continuato, che prosegue, dopo la vendita del prodotto stesso: questo rapporto
potrà essere in grado di ridurre anche il grado d'invasività del messaggio
pubblicitario, aumentando invece il grado d'informazione, e in definitiva
diminuendo la congestione pubblicitaria stessa e il vituperato <<effetto
marmellata>>.
La riconduzione dei messaggi pubblicitari nell'ambito di un quadro di valori
comuni di riferimento,poi, sembra tanto più importante,quanto più obsoleta
apparirà la regolamentazione affidata a specifiche autorità eteronome, dalle quali
sono esclusi i soggetti utenti e coinvolti dal punto di vista attivo o ricettivo.
Le regole d'ora in avanti emanande, devono tenere conto dei cambiamenti in atto
e, cogliendo questa dimensione comunicativa, devono rispettarne le forme e le
metafore, riconoscendo, ove ricorrano, i principi per il cui raggiungimento deve
essere incentivato il ruolo promozionale in sé degli strumenti di autodisciplina, in
grado di coniugare effettività della tutela con immediatezza e partecipazione dei
soggetti al controllo e all'intervento di garanzia
21
.
21
Come già evidenziato da F.P.CASAVOLA, Relazione "Chi governa le telecomunicazioni" in Diritto
dell'informazione e dell'informatica,2001 p249.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 12 -
Francesco Loforte - 12 -
Parte II:Le definizioni
4. La pubblicità
Appare chiaro ad una prima superficiale scorsa del materiale, che è difficile
racchiudere entro un quadro definito gli innumerevoli tipi pubblicitari esistenti, e
altrettanto difficile immaginare delle categorie tipiche più ampie entro le quali
fare confluire questi ultimi. Si dovrebbe poi abbandonare già da subito l'idea di
prevedere singolarmente i modelli pubblicitari di qui in avanti realizzandi
22
.
Consapevole di questa moltitudine di possibilità, non rimane che tracciare un
profilo essenziale dell'esistente, ricercando poi un collegamento con la realtà
giuridica in maniera da enucleare efficacemente i problemi e le questioni aperte.
L'art. 2,lett. a) del decreto 74/92 contiene la prima definizione di pubblicità fornita
da un testo legislativo italiano (uno dei pochi, a presentare tale definizione, in
Europa ) e considera tale <<qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso,in
qualsiasi modo, nell'esercizio di una attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o
immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure
la prestazione di opere e servizi>>. Dalla relazione dell'Authority della
concorrenza e mercato, viene poi la precisazione che è da ritenersi messaggio
pubblicitario <<qualunque comunicazione, purché diffusa nell'esercizio di una di
quelle attività di cui all'art 2, cui comunque possa ricondursi una finalità
promozionale, anche quando tale finalità non risulti disgiunta da scopi puramente
informativi
23
>>.
L'indicazione delle finalità promozionali "apre" la nozione di pubblicità a una
serie il più possibile indistinta e indifferenziata di ipotesi. A tale scopo è stata
prescelta per l'applicazione della disciplina, un"Autorità indipendente", sul
modello anglosassone, per le capacità d'adeguamento, la flessibilità tipica
dell'autorità amministrativa in contrapposizione a quella giurisdizionale, più rigida
e scientifica.
D'altra parte, la natura di comunicazione d'impresa finalizzata alla promozione di
beni,porta ad escludere, dal novero delle pubblicità, la pubblicità a carattere
politico e la pubblicità sociale.
Un'altra definizione, riguardante il settore televisivo, si trova nella direttiva
89/522/CEE, che non risulta riprodotta comunque nella legge di
attuazione:pubblicità è, dunque << ogni forma di messaggio televisivo trasmesso
dietro compenso o pagamento analogo da un'impresa pubblica o privata
nell'ambito di un'attività commerciale [...] allo scopo di promuovere la fornitura,
dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le
22
E'infatti noto a molti che il concetto di pubblicità si è evoluto, spinto dalle tecniche di marketing e dalla
nascita di nuovi mezzi di comunicazione. La raccolta ufficiale degli usi pubblicitari della Provincia di
Milano, realizzata dalla C.C.I.A.A. locale reca oltre la classica pubblicità tabellare, anche promozioni,
incentivazioni, sponsorizzazioni,pubblicità diretta, le public relations,le comunicazioni tecniche e, nel suo
insieme, la gestione della brand image.
23
AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, Relazione annuale
sull'attività svolta, 1995, p10.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 13 -
Francesco Loforte - 13 -
obbligazioni>>. Requisito ulteriore è qui che i messaggi siano diffusi dietro una
forma di compenso. E' evidente qui invece, la problematicità di tale previsione che
preveda il compenso, visto che non è necessariamente che questo debba essere
erogato materialmente.
Altri testi di fonte convenzionale, si occupano della definizione della materia, ma
fra di essi non risulta esservi concordanza nell'individuazione dei principi né, a
maggior ragione,nella redazione di testi.
24
L'esperienza del C.A.P. dimostra le capacità espansive della pubblicità, e la
conseguente risposta sul piano della (auto) regolamentazione, che vede
valorizzato un criterio teleologico, così approdando ad una definizione più ampia
del concetto di "pubblicità"
25
.
Rimane chiaro che, visti i dichiarati intenti del Giurì, e ancora di più la fonte
negoziale dalla quale trova legittimazione, risulta difficile immaginare una simile
applicazione dei concetti sul piano giuridico. Infatti l'applicazione delle regole
risulta così ampia da rispecchiare una sorta di volontà comune delle parti, la
piattaforma sulla quale poggia la stessa autorità del Giurì.
Viceversa, per quanto concerne il decreto 74/92 gli intenti sono quelli della
protezione della libertà di scelta economica del consumatore e quindi la nozione
di pubblicità non può che essere quella per la quale tale libertà non venga
intaccata.
Andiamo dunque ad analizzare le caratteristiche soggettive e oggettive che una
comunicazione deve possedere perché la si possa considerare pubblicitaria.
Sotto il profilo oggettivo, deve esistere una comunicazione, finalizzata a stimolare
la domanda di beni o servizi
26
.
Lo scopo quindi, va desunto dalle caratteristiche oggettive della comunicazione
stessa.Il riferimento a qualsiasi forma di messaggio induce a ricomprendere
qualsiasi comunicazione che non risulti esplicita. Ciò fa sì che vengano ricompresi
nella nozione di pubblicità messaggi impliciti, di altrimenti incerta classificazione:
per esempio quei messaggi in cui è il contesto della comunicazione a risultare
promozionale, senza un messaggio che definisca la promozione esplicitamente.
L'identificazione della natura pubblicitaria di tali messaggi appare delicata per la
difficoltà, in certi casi di riferire soggettivamente la comunicazione e il contenuto
di essa, a un operatore.
24
Si va dalle definizioni della camera di commercio internazionale, molto ampie:<<toute forme d'action
publicitarie en faveur de produits, services et commoditès>>, fino alle definizioni del C.A.P., che
contiene anche una definizione di "messaggio", attraverso il quale la disciplina relativa è estensibile anche
ai marchi, gli imballaggi, l'etichetta dei prodotti, a differenza della formulazione del decr. 74/92, per il
quale resta da stabilire se la disciplina relativa valga anche per queste forme.
25
<<Agli effetti del Codice il termine pubblicità comprende ogni comunicazione, anche istituzionale,
diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano i mezzi utilizzati>> (C.A.P.-Norme
preliminari e generali – lett e))
26
Al profilo teleologico della comunicazione pubblicitaria ha fatto riferimento C.Cost.,231/1985, in Foro
it, 1985,I. Si veda anche Trib.Roma 23/7/1984,in Foro it,1984,I che ha definito il Warentest come
manifestazione del pensiero, negandone la natura pubblicitaria. Sulla stessa prospettiva il Giurì, che ha
affermato come la pubblicità sia manifestazione del pensiero, ma "strumentale ai fini economici
dell'impresa". V.anche L.VASSELLI -A.PROVENZANO, La disciplina della pubblicità ingannevole nel
decr. lgs. 74 del 1992,in Diritto della comunicazione pubblicitaria, a cura di G.CORASANITI-
L.VASSELLI.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 14 -
Francesco Loforte - 14 -
Non ricomprensibile nella definizione in commento appare la c.d. pubblicità
sociale
27
, cioè diretta a promuovere comportamenti di carattere sociale (vedi ad
es. Pubblicità Progresso).
La lettera del decreto potrebbe poi in prima battuta porre dei problemi in ordine
alla ricomprensione nella nozione di messaggi diretti semplicemente a
promuovere l'immagine (c.d. Pubblicità d'immagine, appunto) di un'impresa
presso il pubblico.
In effetti, tale comunicazione non promuove direttamente la vendita di beni mobili
o immobili, la costituzione di diritti o obblighi. Evidentemente, sia l'Autorità, che
i primi commentatori del decreto
28
ritengono, correttamente,che sebbene l'oggetto
della disposizione di legge in commento viene perseguito indirettamente,non di
meno viene perseguito.
Del resto la stessa legge alla succ. lett. b) dell'articolo in commento,precisa che
l'interpretazione non va ristretta , ma abbraccia ogni comunicazione che miri ad
influenzare, in favore dell'impresa, il complessivo comportamento economico del
consumatore.
Natura pubblicitaria va poi riconosciuta ai messaggi pubblicitari d'immagine
29
(advertorial advertising), così come a quelli che mirano a spingere il consumatore
ad avvicinarsi presso i punti vendita, magari adescandolo con opportune offerte-
sconto( bait and switch ). Rientra nella categoria pubblicitaria anche tout-court,
poi eventualmente, il messaggio diretto a screditare i prodotti altrui.
Il messaggio, stando alla lettera della legge, deve considerarsi singolarmente, ed è
quindi da ritenersi che l'esame dell'Autorità debba vertere su messaggi presi
singolarmente,non potendosi escludere, però in caso di campagne articolate, un
esame del messaggio complessivo proveniente dall'intero svolgimento della
campagna
30
.
Sotto il profilo soggettivo, invece, perché una comunicazione-informazione sia
qualificabile come pubblicità, è necessario che essa sia diffusa <<nell'esercizio di
una attività commerciale, industriale, artigianale o professionale>>. Ciò porta
quindi ad escludere i soggetti che non esercitino tali attività, anche se l'effetto del
loro agire potesse avere comunque degli effetti sul piano economico. E' il caso per
esempio, delle associazioni ambientaliste per le dichiarazioni a proposito delle
loro iniziative, che costituiscono diritto di manifestare il pensiero.
Ulteriore problema,è se possa definirsi pubblicità qualunque forma di
comunicazione con contenuto promozionale, anche quando sia effettuata da un
soggetto, nell'esercizio delle suddette attività (per esempio nel caso dell'attività
professionale, un giornalista), indipendentemente da un rapporto di committenza
con l'impresa interessata.
27
F.CAFAGGI in F.CAFAGGI- V.CUFFARO -L.DI VIA ,Commentario al d.lgs 74/92,in Le nuove
leggi civili commentate, Padova 1993,p671.
28
M.FUSI -P.TESTA -P.COTTAFAVI ,La pubblicità ingannevole (Commento al d.lgs.
74/92),Milano,1993; F.CAFAGGI-V.CUFFARO-L.DI VIA, op. ult. cit ,1993.
29
Questa è detta anche pubblicità istituzionale,avendo come scopo l'accreditamento dell'immagine o del
marchio d'azienda. Alcuni autori (A.CONTALDO,La pubblicità istituzionale, in G.CORASANITI-
L.VASSELLI,Diritto della comunicazione pubblicitaria, Torino 1999) parlano invece di pubblicità
istituzionale come di quella pubblicità che riguardi il soggetto pubblico.
30
Così F.CAFAGGI in F.CAFAGGI-V.CUFFARO-L.DI VIA,Commentario cit., 1993; v. contra
V.MELI La repressione della pubblicità ingannevole ,1994 p.30, che comunque valuterebbe l'incidenza
del singolo messaggio ingannevole sull'intera campagna.
La comunicazione pubblicitaria nella prospettiva costituzionale
- 15 -
Francesco Loforte - 15 -
Il dibattito è ancora aperto in Italia, ove in altri paesi si è già chiuso addirittura
facendo ricomprendere nella copertura costituzionale della libera manifestazione
del pensiero, la pubblicità commerciale
31
.
Il nodo qui considerato
32
risulterà evidente quando si parlerà di pubblicità
redazionale ed altre forme di pubblicità non dichiarata come tale. La disciplina
che se ne occupa mira infatti,proprio a regolare,attraverso il disvelamento
obbligatorio, quei casi di mascheramento della pubblicità da manifestazione del
pensiero.
La norma dell'art. 4 D. Lgs. 74/92, individuando come illecita la pubblicità
redazionale non riconoscibile è orientata alla ricerca del limite fra pubblicità e
manifestazione del pensiero, in base ad un criterio funzionale.
Fin qui si è parlato della pubblicità come comunicazione proveniente dall'impresa,
e non vi è dubbio che la comunicazione pubblicitaria sia necessariamente
connessa all'esercizio di attività economiche qualificabili come imprenditoriali,
ma secondo la normativa non è indispensabile il requisito dell'attività
imprenditoriale, richiedendosi solo l'attività professionale. Il che segna un
ulteriore progresso rispetto alle tradizionali regole di legittimazione in materia di
concorrenza sleale
33
.
Terzo ed ultimo elemento, nell'analisi di queste fattispecie definitrici legali, e
specificamente nell'ambito della più rilevante, quella contenuta nel D.lgs 74/92 è
la diffusione del messaggio, qualora questa sia in corso,quindi non sia stata inibita
e non sia stata sospesa dall'Autorità , come previsto dall'art.7, 5°comma dello
stesso decreto.
31
V.A.CERRI, La pubblicità commerciale fra libertà di manifestazione del pensiero,diritto di
informazione, disciplina della concorrenza, in Diritto dell'informazione e dell'informatica,1995, p.537
32
L'inquadramento costituzionale della materia si è avuto dopo l'approdo della giurisprudenza alla
distinzione fra quanto è da inquadrarsi nell'art.21 e quanto invece all'art 41, con i limiti diversi derivanti
dalla diversa sfera di collocazione costituzionale della comunicazione pubblicitaria.Non si può risolvere il
problema affermando che l'art.21 riguarda la censura e che nulla toglie che la pubblicità possa essere
sanzionata ove scorretta.
Il ragionamento per cui la libera manifestazione del pensiero non debba comunque porsi in contrasto con
altri valori garantiti,vale a consentire l'applicazione di norme penali o civili, ma non consente di invocare
contro qualunque comunicazione ingannevole la semplice disciplina orientata al controllo del fenomeno
pubblicitario.
33
V. per es. le c.d."campagne collettive":M.FUSI-P.TESTA-P.COTTAFAVI , op.ult.cit. 1993 p.104 (in
merito a comunicazioni pubblicitarie da parte di associazioni professionali, artigianali, o professionali).
V.anche G.GHIDINI, Della concorrenza sleale,in Il codice civile,Commentario Milano, 1991,p457, in
merito agli atti di concorrenza sleale compiuti da associazioni professionali.