4
«…garantire un processo di comunicazione pubblica comporta l’attivazione
di relazioni di scambio tra soggetti che si sono sempre confrontati
all’interno di una condizione caratterizzata dalla disparità dei ruoli...»
1
.
Infatti proprio la ridefinizione dei ruoli, che da un lato riguarda i
cittadini e le imprese che diventano utenti, e dall’altro i funzionari e
dirigenti pubblici visti come erogatori di servizi, è un aspetto fondamentale
di quella riorganizzazione in chiave aziendale che vede ormai protagonista
l’attività amministrativa pubblica a tutti i livelli, e che costituisce la sua
riforma più radicale.
Questi problemi, sebbene da lungo tempo sentiti dalla società e
affrontati dagli studiosi, hanno suscitato solo recentemente un’adeguata
attenzione del Legislatore, il quale ha reso fondamentale per la loro
risoluzione l’affermazione di principi innovatori quali trasparenza,
partecipazione, semplificazione e diritto d’accesso. In una parola,
comunicazione.
A livello puramente teorico, una comunicazione efficace deve avere
un emittente e un ricevente che si scambiano messaggi attraverso un canale
in senso bidirezionale: in questo caso è sempre esistito un solo emittente
(lo Stato) e una miriade di eterni riceventi (i cittadini), quindi una
1
FACCIOLI F., Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci, Roma 2000,
p.12.
5
comunicazione tronca e priva di un canale che permetta quello scambio di
messaggi necessario perché si possa parlare di comunicazione: il primo
vero canale ideato in questo senso, è quell’elemento di innovazione
strutturale e organizzativa a carattere trasversale chiamato Ufficio
Relazioni con il Pubblico; esso costituisce solo uno dei mezzi con cui la
pubblica amministrazione si propone di comunicare, ma allo stesso tempo
ne è la condizione essenziale.
Ma l’istituzione di un Ufficio Relazioni con il Pubblico basta
davvero ad una profonda concretizzazione di questi principi?
E in che misura sono stati almeno percepiti e interiorizzati i precetti
di legge e i principi in materia di comunicazione pubblica?
È quello che cercherò di spiegare con la mia analisi che si può così
schematizzare: i primi due capitoli sono dedicati alla cosiddetta analisi
“statica”, riguardante gli aspetti teorici e accademici della questione;
partendo da una panoramica dello sviluppo della comunicazione
dell’istituzione pubblica dal punto di vista sociologico e
giuridico/organizzativo, passa poi a trattare le implicazioni conseguenti
all’introduzione della comunicazione come funzione propria dell’attività
amministrativa, focalizzando l’attenzione:
6
- sulla situazione odierna dei “destinatari interni” di tale riforma, ovvero i
dipendenti pubblici;
- sulle loro reazioni al cambiamento in atto;
- sul ruolo ricoperto in quest’ambito dall’URP, quale strumento principale
per la realizzazione della riforma.
La seconda parte, invece, riguarda l’analisi empirica, costituita da
una ricerca sul campo finalizzata a trovare un riscontro di questi aspetti
teorici nella realtà locale; nello specifico ho ritenuto opportuno analizzare
un campione di Comuni della provincia di Bari in cui l’URP è stato
istituito, per avere così dei riferimenti chiari sul contesto di cui il Comune
di Altamura fa parte, e da cui, forse, dovrebbe trarre ispirazione
2
.
La scelta di analizzare il Comune di Altamura è stata il frutto della
constatazione personale riguardo al dato di fatto che questo Comune, pur
essendo di dimensioni non trascurabili, non ha istituito l’URP; di contro, la
motivazione per cui è stato confrontato con Comuni della stessa provincia
che, al contrario, lo hanno istituito, è quella di dare una risposta ai quesiti
che hanno guidato la ricerca:
2
Le virgolette stanno ad indicare la connotazione ironica attribuita alla frase. Uno dei
fini di questa analisi è proprio quello di verificare in che misura l’istituzione dell’URP
in questi comuni ha corrisposto ad un reale miglioramento, di conseguenza i comuni
analizzati non rappresentano sicuramente, o almeno in parte, dei “modelli”.
7
Perché il Comune di Altamura non ha ancora istituito l’URP?
In che misura i Comuni della sua provincia di appartenenza possono
considerarsi in questo senso esemplari?
8
Capitolo I: Il panorama della comunicazione pubblica, le leggi
e i principi per realizzarla
Convenzionalmente la Pubblica Amministrazione
3
nasce come un
sistema chiuso: essa trova ragione di essere solo in se stessa, non si
confronta con l’esterno e quindi spesso non è in grado di dare risposte
positive ai cambiamenti.
Nella p.a. non ha attecchito un netto e profondo orientamento al
raggiungimento dei risultati, poiché l’attività è svolta nel mero rispetto dei
precetti definiti per legge; ciò che manca è l’orientamento strategico della
propria attività, una prospettiva di cui non si sente il bisogno visto che le
“regole del gioco” sono sempre quelle e non si deve fare altro che seguirle
alla lettera. Non c’è rischio, è tutto già deciso, quindi perché affannarsi
impelagandosi in iniziative nuove e magari personali?
La p.a. ha da sempre goduto di una posizione di monopolio che le ha
permesso di elevarsi rispetto al resto, per questo stenta ancora oggi a
ripensare se stessa, a mettersi in discussione e quindi a migliorarsi, anche
alla luce delle ormai non più recenti riforme legislative.
3
In seguito si intenderà “Pubblica Amministrazione” con l’acronimo “p.a.”.
9
Queste affermazioni mettono in luce, anche se solo in parte, il “lato
oscuro” della p.a., quello che viene spesso messo in evidenza dai “luoghi
comuni” e dalla connotazione negativa del termine “burocrazia”, ma che
d’altro canto lascia intuire l’elemento del quale si sente più la mancanza: la
comunicazione.
I.1 La comunicazione pubblica e la nascita dell’esigenza di
partecipazione del cittadino in una prospettiva sociologica
Si sono avvicendate varie interpretazioni circa la nascita e lo
sviluppo dell’esigenza di una comunicazione dell’istituzione pubblica.
A questo proposito è interessante la sintesi proposta da Franca
Faccioli che introduce il discorso con l’asserzione di Norberto Bobbio
4
: “la
democrazia è il governo del potere visibile”, “il governo del potere
pubblico in pubblico” dove “il segreto è un’eccezione che deve essere
giustificata”; lo Stato deve rendersi visibile, deve saper informare e deve
saper ascoltare, e il collante tra queste funzioni è appunto l’attenzione verso
un’efficace comunicazione tra gli operatori e con i cittadini.
4
BOBBIO N. Stato, governo, società, Einaudi, Torino, 1985, in FACCIOLI F.
Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci, Roma, 2000, p. 19.
10
La comunicazione pubblica è una disciplina di recente formazione
accademica, ma con una già ricca produzione letteraria che rappresenta il
continuo dibattito sulla sua definizione e sull’individuazione delle sue
peculiari competenze; difatti sono sempre di più gli ambiti politici e sociali
in cui la comunicazione pubblica interviene con i suoi principi innovativi, e
gli strumenti con cui questa si realizza sono sempre più numerosi e
bisognosi di una collocazione organizzativa.
L’introduzione delle tematiche di comunicazione della p.a. e l’avvio
del dibattito in sede accademica si deve principalmente a Stefano Rolando
5
,
che ha per anni diretto il Dipartimento per l’informazione e l’Editoria e per
primo ha parlato di comunicazione pubblica in termini scientifici; egli ha
introdotto la questione individuando i principali ambiti entro i quali si può
parlare di comunicazione pubblica:
- comunicazione politica, che si occupa dell’immagine e dei contenuti
veicolati dai partiti politici e dai loro esponenti, al fine di stimolare
consensi elettorali o promuovere nei cittadini la convinzione di “aver
5
Comunicatore di professione, attualmente ricopre una carica dirigenziale presso la
Regione Lombardia; fondamentale, per l’evoluzione delle tematiche inerenti alla
comunicazione nella P.A è il suo intervento in merito. Tra le altre cose ha partecipato
all’elaborazione dell’art. 12 del D.Lgs 29 del 1993, ed è direttore della Rivista Italiana
della Comunicazione Pubblica.
11
votato la persona giusta”, e i mezzi utilizzati sono perlopiù i media di
massa;
- comunicazione di solidarietà sociale che, utilizzando anch’essa i media
di massa, si occupa sia di informare il pubblico sui problemi della vita
sociale che i più tendono a trascurare, sia di promuovere comportamenti
proattivi per contribuire alla risoluzione di tali problemi mediante vere e
proprie campagne pubblicitarie promulgate soprattutto da enti pubblici e
associazioni non profit;
- comunicazione istituzionale che proviene dagli organi dello stato e si
occupa di informare il cittadino sull’attività degli enti e di promuoverne
l’immagine
6
;
Inoltre Rolando contrappone fortemente la comunicazione pubblica
con quella di mercato sostenendo l’importanza della “neutralità” da parte
delle istituzioni, le quali debbono concretizzare la pubblicità degli atti e
delle decisioni normative prevista dalla legge
7
.
Sulla scia di Rolando sono da segnalare, tra gli altri, i contributi di
Arena
8
e Mancini i quali, nello specifico della presente trattazione,
risultano più appropriati di altri, data la loro interpretazione di stampo
6
MANCINI P., Manuale di comunicazione pubblica, Ed. Laterza, Roma – Bari, 1996.
7
Contrapposizione che peraltro implica varie analogie tra i due tipi di comunicazione,
visto il recente sviluppo delle tecniche di marketing anche per le p.a. (ivi).
8
ARENA G., La comunicazione di interesse generale, Il Mulino, Bologna 1995.
12
sociologico e organizzativo: Arena distingue all’interno della “macchina
pubblica” italiana una “amministrazione di regolazione”
9
, e una
“amministrazione di prestazione” dedicata all’erogazione dei servizi
definiti per legge che contribuiscono ad assicurare uno dei diritti
fondamentali dell’uomo: il diritto a realizzarsi come persona; in questo
senso la comunicazione è la condizione essenziale per il pieno
assolvimento di questo diritto, in quanto persegue “fini di interesse
generale”
10
.
Questo concetto verrà più volte ribadito nel corso dell’esposizione,
soprattutto riguardo al ruolo svolto dalla comunicazione come funzione,
dagli strumenti per realizzarla e dagli operatori dell’organizzazione.
Un altro aspetto interessante della tesi di Arena è l’importanza
dell’«associazionismo civico», fenomeno che risulta fondamentale sia per
garantire una partecipazione dei cittadini più efficace alla vita pubblica che
per concentrare l’attenzione delle istituzioni su quelli che realmente sono
gli interessi e i problemi più “sentiti”, visto che in questo modo vengono
espressi da una moltitudine più o meno ampia di persone, e in questo senso
9
Che si occupa di elaborare e applicare le regole che incidono sull’attività dei soggetti
amministrati.
10
FACCIOLI F., Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci, Roma 2000;
13
costituisce un grosso aiuto nel favorire gli scambi di informazioni in
entrambi i sensi: una sorta di “amplificatore della comunicazione”.
In questo, però, la Faccioli
11
ripone delle perplessità, soprattutto circa
l’effettiva efficacia del fenomeno associazionista, dal momento che
potrebbe sfociare in una eccessiva predominanza degli interessi privati su
quelli pubblici, e in questo trova accordo con l’opinione di Ota de
Leonardis
12
secondo la quale l’associazionismo tende a “confinare i
rapporti sociali entro la sola dimensione dell’immediatezza e
dell’esperienza personale”
13
, di conseguenza scorpora la funzione di
mediazione tra entità private che dovrebbero essere invece impersonali e
generalizzate.
Personalmente trovo l’associazionismo una soluzione che
allevierebbe l’indifferenza della p.a. nei confronti della società destinataria
della sua attività, specie nelle realtà locali di medie e piccole dimensioni;
non a caso in una recente direttiva
14
si prevede per comuni di piccole
dimensioni addirittura di consorziare le strutture di comunicazione della
p.a., quali l’URP o gli sportelli polifunzionali, fino a formare una
11
Ivi.
12
Ivi, p. 33.
13
Ibidem.
14
Direttiva 7 Febbraio 2002, “Attività di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni”.
14
“comunità amministrativa” che conti un minimo di 25.000 abitanti, col fine
di garantire anche nei centri più piccoli una maggiore efficienza grazie
all’unione delle risorse e alla circolazione delle conoscenze.
Ma volendo porre l’accento sul ruolo che hanno avuto in questo
campo le scienze sociali, ci si accorge di come la comunicazione è da
sempre stata parte integrante dello Stato moderno fin dalla sua nascita: in
un suo interessante articolo Mario Caligiuri, passando in rassegna le origini
e gli sviluppi della comunicazione pubblica da un punto di vista
sociologico, con particolare attenzione verso la psicologia sociale, sostiene
che “non esiste una sola idea di comunicazione, ma tante quante sono le
interazioni possibili che, nel caso in questione, risultano quanto mai vaste e
che ovviamente solo da poco si stanno cominciando a definire”
15
.
Una di queste interazioni è per l’appunto quella con la società
oggetto dell’attività amministrativa, una società fatta di interessi sempre
diversi e quindi bisognosi di un adeguamento sempre tempestivo da parte
del “potere pubblico”, e in questo senso le scienze che studiano i
comportamenti e le percezioni sviluppate nel sociale offrono spunti, teorici
e pratici, preziosi per il suo miglioramento.
15
CALIGIURI M., Comunicazione pubblica e psicologia sociale, Rivista italiana di
comunicazione pubblica, Fascicolo 9, 2001.
15
Per dimostrare la sua tesi egli parte dalle origini dello Stato moderno,
che vede la sua nascita con la rivoluzione francese; esso si definisce
democratico poiché si fonda sulla partecipazione dei cittadini, ed è
caratterizzato da un potere originato “dal basso”; per questo si individua il
suo fondamento costitutivo proprio nel consenso da parte del pubblico, più
che nella esclusiva volontà dei singoli: «Lo Stato si giustifica per il
consenso che trae da parte dei cittadini», ed è questo il motivo per cui nasce
con l’esigenza di una comunicazione efficace che permetta di accattivarsi
l’opinione pubblica in ogni sua decisione
16
.
Questo risulta l’obiettivo principe di ogni stato democratico, e in
questo le teorie sociologiche danno un notevole aiuto: proprio con queste,
fa notare Caligiuri
17
, è stata condotta “la prima campagna di informazione
pubblica su basi scientifiche, promossa dagli Stati Uniti durante la seconda
guerra mondiale per ottenere l’adesione dell’opinione pubblica al conflitto
che si stava combattendo in Europa, e sviluppando i contenuti della
psicologia sociale”; il che rappresenta il primo esempio di comunicazione
pubblica - in questo caso politica – su basi psico – sociologiche.
Allo stesso modo, sempre sulle stesse basi, si fondano le successive
attività svolte dalle amministrazioni statunitensi e giapponesi, finalizzate
16
Ivi.
17
Ivi.
16
soprattutto all’ottenimento di un consenso sociale e per un migliore
funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Di qui diventa inevitabile la considerazione che l’Europa e, come si
vedrà più avanti, l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, accusavano e
continuano ad accusare un notevole ritardo nell’acquisire queste nozioni.
In proposito è quantomeno sconcertante il commento di A. de
Tocqueville
18
che, parlando “dei funzionari pubblici statunitensi, ammira
non soltanto la dedizione al lavoro, ma soprattutto la loro capacità di non
porsi al di sopra dell’ordinario cittadino…Con dispiacere…osserva quanto
diverso sia il comportamento dei funzionari pubblici europei, pronti al
dileggio degli interlocutori e dei frequentatori dei loro uffici”
Questa affermazione, ancora oggi così attuale, sottolinea
l’importanza che in questa funzione ricoprono i dipendenti pubblici e tutto
ciò che serve a cambiare il loro modo di amministrare ed erogare servizi
nel pubblico interesse.
Su di un altro aspetto è incentrata l’ interessante analisi proposta da
Mancini
19
, che individua l’origine della comunicazione pubblica nella
società stessa.
18
DE TOCQUEVILLE A., La democrazia in America, 1994, in P. MANCINI, Manuale di
comunicazione pubblica, Ed. Laterza, Roma – Bari, 1996, p. 69.
19
MANCINI P., Manuale di comunicazione pubblica, Ed. Laterza, Roma – Bari, 1996.
17
Egli prende come paradigma del discorso la riflessione di Habermas
sul concetto di “opinione pubblica critica”: esso rappresenta il punto
apicale della parabola di sviluppo dell’opinione pubblica habermasiana che
indica il pieno affermarsi della “sfera pubblica”, un ambito di discussione,
spesso intellettuale, che media il rapporto tra i pochi che controllano il
potere pubblico e i meno pochi
20
, rappresentati da tutte le classi alte della
società, i quali riunendosi nei vari circoli letterari, nei caffé, nei salotti,
discutevano di politica, economia, scienza, e naturalmente di tutte quelle
contingenze che implicavano un rapporto con chi era al potere. A tal
proposito è evidente il collegamento con la realtà contemporanea, in cui si
assiste ad un elevato grado di criticità dei cittadini di tutte le estrazioni
sociali nei confronti di chi amministra la “cosa pubblica”
21
.
Egli inoltre, riallacciandosi alla teoria di Luhmann
22
sulla complessità
sociale, parla di una progressiva specializzazione delle istituzioni come
conseguenza dell’affermarsi delle politiche di welfare che hanno in tal
modo aumentato le prerogative e le funzioni dello Stato nei confronti della
società; difatti si intende spiegare come in questo scenario si assiste a una
crescita della domanda di comunicazione da parte dei cittadini i quali,
20
Poiché non rappresentava l’espressione di tutte le classi sociali. È stata la prima forma
di “opinione pubblica”.
21
Ivi.
22
LUHMAN N., Sistemi sociali, Il Mulino, Bologna 1990.