5Oggi, al contrario di quanto succedeva nei decenni scorsi, la pubblicità,
ovvero quella delle istituzioni parlamentari, non può essere assicurata soltanto
dalla informazioni giornalistica.
In particolare, nel campo degli affari di interesse generale, la miriade di
istituzioni che compongono quello che oggi si definisce lo stato sociale, hanno
iniziato esse stesse a comunicare.
La comparsa e l’affermazione del campo della comunicazione pubblica
sembra avere tre diverse radici: la prima ha a che fare con l’ampliamento dei
compiti dello stato, la seconda con l’aumento della consapevolezza da parte dei
cittadini dei propri diritti, e la terza con la nuova struttura dell’arena pubblica
2
.
In particolare per quanto riguarda la prima motivazione si evidenzia che a
seguito del Welfare State, ovvero ampliamento dei compiti dello stato, si sono
avviate iniziative volontarie, private o semiprivate di assistenza e solidarietà
finalizzate, specialmente negli ultimi decenni a causa della crisi dello stato
sociale, ad assicurare quei servizi che lo stato non è più in grado di offrire o che
integrano quelli da esso forniti. Pertanto lo sviluppo delle organizzazioni non-
profit, ovvero onlus, ha richiesto un accrescimento di bisogni di comunicazione.
Relativamente alla seconda motivazione, l’aumento della domanda di
informazione si va diffondendo a tutti i livelli della società ed è correlata, nelle
democrazie di massa, al diritto alla cittadinanza.
2
Manuale di comunicazione pubblica, Paolo Mancini, ed. la terza, “La comparsa….arena
pubblica”, pag. 63
62. Mutamento sociale e modelli di comunicazione
Esiste un stretto rapporto tra forme di comunicazione pubblica ed
evoluzione della società.
Un primo modello “storico” è quello della comunicazione pubblica in
funzione propagandistica. Come in molte altre realtà anche nel nostro paese per
molti anni dopo il ritorno della democrazia, l’istituzione pubblica non si è mai
preoccupata di informare e comunicare
3
. Se lo ha fatto, lo ha fatto soltanto per
raggiungere specifici obiettivi di parte, il più delle volte collegati alle modalità di
percezione dell’immagine propria, e ancora più spesso, di coloro che agivano al
suo interno. L’obiettivo non era quello di promuovere un migliore e più
funzionale rapporto con gli utenti, di informarli e di recepirne le esigenze, bensì
quello di dare una migliore immagine di se stessi. In questi casi l’apporto esterno
si limitava ad operazioni di maquillage: venivano coinvolti soprattutto i
pubblicitari o i primi operatori della pubbliche relazioni con l’unico o prevalente
obiettivo di rendere appetibili determinati messaggi.
In questa prima fase l’idea che fosse l’istituzione stessa a comunicare era
poco diffusa: l’identità politica e identità amministrativa si identificavano. La
competizione tra le diverse istituzioni dello stato era poco accentuata.
Nessuna istituzione si preoccupa di produrre e far circolare propri
messaggi: questo compito veniva assunto dai partiti e dai singoli uomini politici
che lo svolgevano prevalentemente secondo propri fini di parte e quindi
3
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “Un primo modello….comunicare”, pag.
113
7soprattutto in funzione persuasoria
4
. L’attenzione verso i bisogni e le richieste del
pubblico dei fruitori rispetto ai servizi offerti dall’istituzione era minima.
Questo primo periodo arriva fino agli anni ’70.
In Una seconda fase subentra il modello che potremmo definire
informativo a senso unico. Progressivamente, anche se lentamente, inizia a
svilupparsi una più accentuata coscienza del sistema diritti/doveri che collega
l’istituzione pubblica con i cittadini
5
. Si avvia una certa differenziazione tra
l’identità amministrativa e l’identità politica dell’istituzione. Ai cittadini
cominciano ad essere offerte differenti opzioni di servizi mentre i mass media
iniziano una propria e sempre più autonoma azione di tematizzazione anche sulle
attività delle istituzioni pubbliche. È in questo nuovo scenario che cominciano ad
emergere le prime necessità di informare i cittadini su quello che ciascuna
istituzione può offrire loro, sui servizi e sulle opportunità. Iniziano anche a
circolare le prime richieste di trasparenza. Il cittadino non si sente più soltanto un
suddito dello stato: sente al contrario che ha diritti non più violabili in
continuazione da una cultura del segreto che, tuttavia, continua a regnare ancora
incontrastata all’interno dell’istituzione pubblica.
In questa fase la comunicazione pubblica è ancora percepita come un
processo a senso unico, dall’emittente, stato o istituzione pubblica al cittadino.
Con l’avvio del decentramento istituzionale e la nascita delle regioni
vengono introdotte molte innovazioni nel panorama della comunicazione pubblica
4
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “Nessuna….persuasoria”, pag. 114
5
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “In una seconda…cittadini”, pag. 114
8italiana che però compie un grande balzo in avanti soltanto negli anni a noi più
vicini
6
.
Si entra così nella ultima fase, quella della comunicazione bidirezionale,
che potremmo collocare a partire dagli anni ’90, in cui il cittadino è percepito
come soggetto attivo del processo di comunicazione
2
. È questa la fase del
marketing dei servizi e dell’istituzione pubblica, è la fase delle ricerche sui
risultati delle campagne e sui motivi e le ragioni che le motivano.
Contemporaneamente cambiano le logiche, e soprattutto le percezioni
sociali della trasparenza. La pubblicità degli atti della amministrazione pubblica
non è più intesa come concessione, bensì come atto dovuto di cui ogni cittadino
ha sempre maggiore coscienza. L’identità amministrativa delle istituzioni tende a
distinguersi definitivamente da quella politica mentre cresce rapidamente una
nuova e più diffusa percezione dei diritti di cittadinanza.
3. L’evoluzione della comunicazione pubblica in Italia
Questa ultima fase in particolare è iniziata con la legge 23/08/1988 n. 400
che riforma la presidenza del Consiglio dei Ministri dando vita al dipartimento per
l’informazione e l’editoria determinando una nuova strategia comunicativa non
più esclusivamente finalizzata al controllo politico dell’opinione pubblica.
6
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “con l’avvio…vicini”, pag. 115
2
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “si entra…comunicazione”, pag. 115
9Poi la legge n. 678 del 1987e la legge 6/8/1990 n. 223 contenevano una
norma sulla quantità di risorse che le amministrazioni pubbliche dovevano
investire in pubblicità presso la carta stampata, le emittenti radiotelevisive, dando
una spinta alle attività di informazione e comunicazione.
Anche il processo di decentralizzazione amministrativa che si realizza a
metà degli anni ’70 costituisce un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione della
comunicazione pubblica in Italia. Infatti, in molti statuti regionali (Piemonte,
Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo,
Molise, Campania, Basilicata, Calabria) il diritto all’informazione costituisce il
pre-requisito essenziale per promuovere la partecipazione politica.
Successivamente vengono promulgate leggi regionali per l’attuazione di questo
diritto.
Nel 1990 con l’approvazione della legge n. 142 sull’ordinamento delle
autonomie locali, viene sancito il diritto di accesso e di informazione del cittadino.
Si giunge poi alla legge 7/8/1990, detta legge sulla trasparenza, con la
quale ai cittadini è reso possibile conoscere, su richiesta, gli atti amministrativi
che li riguardano. Con tale legge il cittadino può accedere ai documenti
amministrativi ai fini della tutela da situazioni giuridicamente rilevanti. Lo spettro
di ciò che può essere considerato documento amministrativo è molto ampio.
Il decennio d’oro della comunicazione dell’istituzione pubblica termina
con l’approvazione della legge 150/2000, che istituisce la figura del comunicatore
pubblico.
10
A completamento di questo processo il Dipartimento della funzione
pubblica nel 1993 Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle
amministrazioni pubbliche e nel 1997 il Manuale di stile – strumenti per la
semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche.
3.1 il ritardo italiano
In Italia esiste ancora una barriera fitta di divieti e chiusure, quali i
segreti di stato, segreto militare, segreto istruttorio, segreto d’ufficio, segreto
bancario, segreto industriale, ecc.. che determinano un ritardo nei confronti degli
altri paesi europei sui temi della trasparenza e del diritto all’informazione
7
. Le
cause di questo ritardo sono tante e diverse. Alla base di questo ritardo, c’è un
problema che ha radici lontane e molto complesse. La cultura del segreto, opposta
alla cultura della trasparenza, è un dato storico che risale alla stessa formazione
dello stato italiano, alla debolezza e contraddittorietà dei soggetti che l’hanno
promosso, alle traversie che la nostra democrazia ha attraversato.
4. Tipologie della comunicazione pubblica
Nella legge 7/6/2000 n. 150, per comunicazione pubblica si intende
quella proveniente dagli enti pubblici e diretta ai cittadini per informarli circa le
loro attività, le loro iniziative e le opportunità offerte.
Si deve pertanto distinguere tra comunicazione profit e comunicazione
non-profit, ovvero quella comunicazione non orientata al raggiungimento di un
utile economico immediato (vendita di un prodotto, ecc..).
7
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “In Italia…all’informazione”, pag. 117
11
Un’altra definizione di comunicazione pubblica è quella che ha per
oggetto gli affari di interesse generale.
Una ulteriore definizione di comunicazione pubblica è quella costituita
dall’insieme dei temi di cui discutono le diverse componenti sociali e che hanno
rilevanza pubblica non essendo finalizzati alla produzione di profitto.
Per pubblicità si intende quella proprietà delle istituzioni di essere
accessibili, aperte al pubblico e disponibili a fornire informazioni di interesse
generale. Ne discendono due differenti campi di azione e di discussione che
potremo definire l’uno passivo e l’altro attivo
8
.
Nel primo caso l’istituzione si rende disponibile alle domande, ai
controlli, alle verifiche che soggetti, ad essa esterni, intendono compiere. Non
interviene attivamente nella produzione di notizie, si limita però ad applicare e
salvaguardare la massima “trasparenza” sul suo operato.
Nel secondo caso è invece l’istituzione stessa a promuovere un flusso
comunicativo verso l’esterno veicolando conoscenze, ma anche intervenendo, o
cercando di intervenire, sulle percezioni e sui comportamenti dei suoi referenti.
Si può fare una prima schematizzazione
9
delle tipologie di
comunicazione pubblica:
1) la comunicazione dell’istituzione pubblica, proveniente dalle istituzioni
appunto pubbliche ed avente per oggetto la loro attività. Caratterizzano
specificamente questa tipologia la comunicazione istituzionale,
destinata a promuovere l’immagine della istituzione, e la
8
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, “Per pubblicità….attivo”, pag. VIII
12
comunicazione normativa, la quale veicola le informazioni sull’attività
sociale. Le istituzioni, poi, possono svolgere anche attività di
comunicazione sociale nel momento in cui erogano servizi o
promuovono valori.
2) La comunicazione politica affronta argomenti controversi di interesse
generale sui quali esistono punti di vista contrastanti
3) La comunicazione sociale proviene da istituzioni pubbliche, private o
semipubbliche e promuove servizi, valori ed argomenti di interesse
generale.
Bisogna comunque evidenziare che tale costruzione tassonomica, come
altre, presenta indubbie difficoltà di discernimento così netto in quanto la
comunicazione è un oggetto complesso in cui non è sempre facile distinguere le
diverse e spesso contrastanti finalità.
Tutte le organizzazioni che intervengono su argomenti di interesse
generale svolgono una sempre più accentuata attività di comunicazione nella
nuova sfera pubblica in cui competono i diversi sistemi sociali ivi inclusi i mezzi
di comunicazione di massa. La necessità non è solo quella di persuadere i cittadini
della validità delle scelte operate dagli enti in oggetto, e questa è la dimensione
più squisitamente politica della comunicazione pubblica, ma anche quella di
metterli al corrente delle decisioni assunte, delle occasioni offerte che altrimenti
non potrebbero trovare applicazione o nel caso delle leggi si troverebbero molto
9
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, pagg. XII e XIII
13
spesso ad essere disattese. In questo modo si da anche pratica attuazione al diritto
di informazione che si è molto diffuso negli ultimi anni.
La comunicazione pubblica svolge in generale compiti di integrazione,
distinguendo tra integrazione funzionale e d integrazione simbolica.
La comunicazione di integrazione funzionale è finalizzata a determinare
il campo funzionale dell’istituzione distinguendola ed integrandola con le altre
istituzioni sociali e collegandola con i possibili fruitori dei prodotti/servizi offerti.
La comunicazione di integrazione simbolica mira invece a rafforzare
l’identità dell’istituzione che la promuove e a veicolarne i valori caratterizzanti.
Si può dunque costruire una seconda classificazione
10
a partire dagli
oggetti della comunicazione:
1) la comunicazione dell’istituzione pubblica: è quella proveniente dalle
istituzioni pubbliche, finalizzata a renderne note le attività e le funzioni,
a sostenere l’identità e il punto di vista. Esistono diverse sottospecie,
alcune sono specifiche di questa tipologia, come la comunicazione
istituzionale che promuove l’immagine dell’istituzione pubblica e la
comunicazione normativa il cui scopo è quello di far circolare le
decisioni, prevalentemente legislative assunte.
10
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, pag. 97