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1 LA COMUNICAZIONE POLITICA
Oggi nell’era dei mass media e della videopolitica anche il
cosiddetto “uomo della strada” è in grado di cogliere il concetto di
comunicazione politica; la stessa espressione mette in comunicazione i
due mondi, quello della comunicazione (stampa, televisione…) e della
politica (partiti, leader…), creando tra di essi un rapporto di
reciprocità.
Dietro l’apparente semplicità, però, si cela una realtà molto più
complessa perché la comunicazione politica sconfina facilmente in più
territori che spaziano dalla politologia alla sociologia, dalle scienze
della comunicazione alla pubblicità. Da questa considerazione si
evince il carattere interdisciplinare della comunicazione politica stessa,
cosa che non delinea, però, una sua subalternità ad altre discipline ma
al contrario la rende un campo d’indagine privilegiato.
Molti sono stati infatti i tentativi delle varie discipline di
annetterla o relativizzarla; ciò nonostante essa ha resistito ai tentativi
di contenerla entro confini troppo ristretti, conquistando una propria
identità scientifica, tanto che negli ultimi anni la comunicazione
politica è diventata sempre più definita grazie ai numerosi contributi
analitici ad empirici della ricerca internazionale.
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1.1 La storia della comunicazione politica: dalla Grecia al XX
secolo
La storia della comunicazione politica inizia nello stesso
momento in cui la filosofia greca comincia a riflettere sul potere,
sull’autorità, sulla democrazia; per la prima volta nella mondo
occidentale viene discusso il problema dei rapporti tra membri di una
stessa comunità e quindi per la prima volta si tocca il problema della
“comunicazione” tra gli individui stessi che compongono la polis.
Anche se non si utilizzava ancora il termine comunicazione, Platone
ed Aristotele nelle loro osservazioni della realtà della politica
analizzavano l’effetto del discorso persuasivo sul pubblico dei
cittadini: era perciò argomento di dibattito tra i filosofi greci il “potere
della retorica”. Platone fa rispondere Gorgia a Socrate che gli
domanda cosa sia la retorica:
“Quando si tratta di questi argomenti cui tu, Socrate, accennavi [la
decisione di Pericle di costruire un muro ad Atene], è appunto
l’oratore che dà un consiglio; colui che ben sa parlare e che, per
questa sua abilità, ha in mano la cosa politica, insomma il retore. Ed
è il retore che su questi argomenti fa trionfare la propria opinione”
2
La retorica è quindi per i greci l’arte della persuasione per eccellenza e
come tale fu insegnata e le sue tecniche furono applicate alla politica;
è attraverso queste arti della comunicazione che i cittadini si scontrano,
discutono, fanno cioè politica. In base a questa considerazione,
Giampiero Mazzoleni deduce che:
2
Reboul, O. Introduzione alla retorica, Bologna, in Mazzoleni, G. La
comunicazione politica, p. 12, Bologna, Il Mulino, 1998.
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“tale forma di interazione politica precede la stessa riflessione sul suo
uso e sui suoi abusi, laddove esiste un embrione di organizzazione
sociale di carattere urbano e di natura democratica, com’è avvenuto
nelle agorà delle città-stato dell’antica Grecia”
3
.
Esempi di “proto” politica nel mondo romani, invece, si hanno
nel periodo della repubblica, tempo in cui il governo era retto da
magistrati eletti dai cittadini. Ma è anche un periodo di guerre civili,
come afferma Chesnais:
“la lotta per il potere non si traduce solamente in scontri armati tra le
varie fazioni, ma anche e soprattutto in una straordinaria
intensificazione dell’ attività politica. In quegli anni le tecniche di
seduzione e di manipolazione dell’elettorato si sviluppano
considerevolmente fino a divenire indispensabili per la conquista del
potere.”
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Le testimonianze di documenti conservativi delle elezioni fin oggi
raccolte, sia a Roma che nelle varie province periferiche, fanno
pensare che si fosse sviluppato un sofisticato sistema di tecniche di
comunicazione delle campagne elettorali, che miscelavano le regole
della retorica e della dialettica di origine greca alle arti persuasive di
tipo clientelare, più consone alla tradizione romana. Ad esempio a
Pompei si possono ancora vedere sui muri delle case le scritte e i
3
Mazzoleni, G. La comunicazione politica, p. 13, Bologna, Il Mulino, 1998.
4
Chesnais, R. [1995] Chàsse aux électeurs dans la Rome antique in Mazzoleni, G.
ibidem.
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graffiti elettorali, primordiali forme di manifesti e slogan; ma più della
comunicazione scritta era praticata la propaganda orale nelle piazze e
nelle strade, luoghi privilegiati di contatti tra i cittadini ed i candidati.
Conclusasi l’epoca della repubblica romana la democrazia
elettorale ha conosciuto una lunga parentesi di diciotto secoli,
interrotta solo da brevi periodo dalle esperienze delle città libere del
Nord Europa e dei comuni in Italia.
Durante tali periodi l’unica attività di comunicazione lontana
parente di quella politica è la sistematica manipolazione della cultura e
dell’informazione, proprio come Machiavelli consiglia al suo Principe.
Solo dopo la rivoluzione francese ed americana si ritrovano
esempi di forme di comunicazione politica, durante e fuori dalle
occasioni elettorali, insieme alla diffusione del giornalismo libero, che
si sottrai alle censure dei regimi assolutistici e che si schiera spesso al
fianco dei partiti e delle fazioni in lotta. Nonostante la resistenza di
una certa abitudine spesso tradizionalista, che vede il potere in mano a
pochi, si fa strada il concetto di “libere elezioni” (seppur ancora senza
suffragio universale).
Mazzoleni sottolinea che:
le campagne elettorali, con i loro tipici rituali comunicativi,(…)gli
scontri tra partiti nei Parlamenti d’Europa, il sorgere di grandi
leader politici, la creazione di prestigiose testate giornalistiche, sono
tutti fatti che marcano la nascita della moderna comunicazione
politica. Essa è dunque il prodotto evolutivo del duplice processi di
democratizzazione e di comunicazione. (…) Occorre tuttavia
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attendere il XX secolo per poter parlare di comunicazione politica in
senso pieno, con la nascita dei mezzi di comunicazione di massa”.
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Il cinema, la radio, e più tardi la televisione, dunque, creano le
condizioni per la maturazione di tutte le forme e gli strumenti di
comunicazione applicabili alla sfera politica. Tale sviluppo ha avuto
una battuta d’arresto negli anni della seconda guerra mondiale e della
guerra fredda, periodi in cui la propaganda e la manipolazione hanno
di nuovo avuto il sopravvento sulla dialettica democratica e sulla
libertà d’informazione (soprattutto nei paese sotto regine totalitario).
Il più grande laboratorio della comunicazione politica come la
conosciamo oggi sono stati gli Stati Uniti, soprattutto per la stabilità
delle istituzioni democratiche e l’ampia libertà; mentre nel vecchio
continente imperversava il fascismo e si consolidava lo stalinismo,
negli USA si celebrava il connubio tra pubblicità, marketing,
informazione, sondaggi d’opinione applicati alla politica e alle
campagne elettorali.
La diffusione del mezzo televisivo negli anni ’50 e ’60 del
secolo scorso ha infine impresso una fortissima accelerazione allo
sviluppo della comunicazione politica suggellando il matrimonio tra
sistema dei media e sistemi della politica nei paesi democratici
occidentali.
5
Mazzoleni, G. ivi , pp.14-15.
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1.2 Le tre fasi della comunicazione politica di oggi
Nel XX Secolo molti sono stati i fattori che hanno contribuito al
cambiamento di quelle che per molto tempo erano state le
caratteristiche della comunicazione politica; nell’osservazione di tali
fattori e cambiamenti ci aiutano le considerazioni di Jay Blumer e di
Dennis Kavanagh. In un loro articolo dal titolo “The Age of Political
Communication” essi propongono di guardare agli sviluppi della
comunicazione politica in un’ottica diacronica, individuando tre
grandi fasi dal secondo dopoguerra ad oggi.
In base alla loro indagine la prima fase andrebbe
individuata nel periodo che va dal dopoguerra agli anni ’50, periodo
dominato sulla scena politica soprattutto da partiti fortemente legati,
nel loro agire pubblico, ad un sistema di istituzioni e fedi politiche
molto solide; in questi anni i partiti svolgono la funzione di collante
tra il sistema politico ed i cittadini. I messaggi dei partiti del tempo
sono consistenti ed i loro leader totalmente digiuni da ogni attenzione
per le tecniche comunicative e l’immagine in generale; essi esercitano
semplicemente l’arte del governare. Questo tipo di comunicazione,
che potremmo definire politico-partitica, otteneva un rafforzamento
delle opinioni ma soprattutto un forte senso di adesione ed
appartenenza come risposta del pubblico dei cittadini-votanti. Di
contro sorge però un paradosso: come evidenziano Blumler e
Kavanagh pochi cittadini erano realmente capaci di comprendere fino
in fondo i temi dell’agenda politica ma tendevano a votare sulla base
di identificazioni di gruppo, mentre le frange di elettorato meno
interessate alla politica non avevano un forte peso sulle sorti della