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Il primo capitolo è una descrizione generale delle caratteristiche della comunicazione
delle imprese commerciali. Per comprenderla è necessario prima di tutto conoscere
l’evoluzione della comunicazione (par. 1) dal periodo antecedente alla nascita delle
grandi imprese commerciali ad oggi, cercando di spiegare la trasformazione graduale
dei contenuti.
Successivamente è importante sapere che le imprese commerciali, per comunicare con i
consumatori, devono prima di tutto porsi degli i obiettivi (par. 2) che possono essere di
breve, medio o lungo periodo. Una volta stabilito ciò è necessario scegliere gli strumenti
(par. 3) attraverso i quali trasmettere i propri messaggi: la scelta non si ferma
semplicemente alla pubblicità e alle promozioni, poiché ci sono anche le relazioni
pubbliche, il personale di vendita, la publicity, le sponsorizzazioni, il direct responce ed
il merchandising. Le insegne possono scegliere uno o più di questi strumenti per
trasmettere i propri messaggi ai consumatori. La distribuzione deve poi occuparsi di
definire un budget della comunicazione (par. 4) e a tale proposito saranno analizzate
diverse metodologie con i rispettivi punti di forza e debolezza. Una volta stabiliti
obiettivi, strumenti e budget, le imprese devono scegliere i mezzi (par. 5): si può
investire principalmente su un unico mezzo o affidarsi a più mezzi distribuendo le
risorse a disposizione.
L’ultimo paragrafo prende in considerazione gli investimenti in pubblicità della
distribuzione (par.6), prima mettendo a confronto l’Italia con altri paesi europei ed in
seguito analizzando l’andamento degli investimenti dal 2000 al 2005 ed esaminando il
comportamento dei 10 top spender dal 2003 al 2005 con lo scopo di vedere, se in questi
due anni, ci sono stati o meno dei grossi cambiamenti.
Nel secondo capitolo è contenuta l’analisi dei mezzi out of store classici (televisione,
stampa, affissioni, radio, cinema e volantini). Nel primo paragrafo sono descritte le
principali caratteristiche di questi media e l’evoluzione degli investimenti nel biennio
2004-2005 per cercare di spiegare i motivi dei principali cambiamenti. Nei paragrafi
successivi sono invece esaminati i singoli media attraverso esempi (fotografie e
descrizioni) che ho raccolto personalmente, con lo scopo di capire quali sono i principali
contenuti che vengono attualmente veicolati.
Il capitolo si chiude con delle conclusioni che ho tratto dall’analisi dei diversi mezzi e
con delle prospettive ed eventuali consigli per il futuro.
Il terzo capitolo ha come contenuto l’analisi dei mazzi diretti (direct mail, call e contact
center, telemarketing, strumenti dell’Web e SMS). È interessante, prima di tutto,
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spiegare i motivi che hanno spinto le imprese commerciali ad iniziare ad utilizzare
questi nuovi mezzi (par. 1), per proseguire poi con un’analisi delle caratteristiche
generali dei media diretti evidenziando vantaggi e svantaggi (par.2), per arrivare ad
esaminare singolarmente i diversi mezzi (par.fi 3, 4, 5, 6) attraverso degli esempi che ho
raccolto personalmente da riviste o libri. In questo caso è stato più difficile reperire il
materiale esemplificativo, poiché le azioni realizzate attraverso i mezzi diretti arrivano
personalmente al consumatore e di conseguenza sono meno “visibili” delle iniziative
realizzate con i media classici.
Il capitolo si conclude con alcune considerazioni emerse sui media diretti e dando uno
sguardo alle possibili evoluzioni in futuro.
Il quarto ed ultimo capitolo contiene una serie di casi aziendali: Coop, Conad,
Esselunga, GS, Il Gigante, Auchan, Carrefour, e Lidl. Le cinque insegne italiane
operano soprattutto nel nord Italia, le tre straniere (due francesi ed una tedesca) sono
presenti degli anni Novanta nel Paese e mi occuperò unicamente della comunicazione
che realizzano in Italia. Per ogni insegna è dedicata una breve parte alla propria storia
per proseguire all’analisi della comunicazione, mettendo in evidenza, i mezzi ed i
contenuti, per concludere con uno sguardo al futuro e alla possibile evoluzione dei loro
messaggi. L’obiettivo di questo capitolo è quello di mettere a confronto diverse insegne
per vedere quali di loro trasmettono messaggi coerenti con i propri valori e per far
emergere le principali somiglianze e differenze nelle loro strategie di comunicazione e
contenuti.
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1. La comunicazione della distribuzione commerciale
1.1 L’evoluzione della comunicazione
Nel percorso evolutivo della comunicazione delle imprese commerciali si possono
individuare tre importanti fasi.
La prima fase coincide con il periodo antecedente alla nascita delle grandi imprese
commerciali, in un ambiente in cui la distribuzione non era ancora in grado di esprimere
una soggettività di comportamento e proprie politiche di marketing; era quindi
inevitabile che la comunicazione fosse condizionata fortemente dai prodotti, in
particolare di marca, posti in vendita. Poiché l’obiettivo principale era quello di attrarre
il consumatore in punto vendita, era anche naturale che i messaggi fossero incentrati in
modo particolare sui prezzi: i beni più noti e quelli di marca diventavano il contenuto
principale dell’informazione offerta al mercato. Un altro motivo per cui la
comunicazione s’incentrava sui prezzi era legata al fatto che il servizio commerciale era
scarsamente differenziato, con una prevalenza di punti vendita specializzati che oggi
chiamiamo tradizionali. Se a questi due elementi si aggiunge quello riguardante la
localizzazione del punto vendita, si ottengono i tre contenuti base della comunicazione
del distributore: cosa, a che prezzo, in che luogo.
La seconda fase inizia con l’introduzione delle moderne formule distributive, ed è
caratterizzata da una competizione intertype, grazie alla nascita di canali che cercano di
che cercano di sostituirsi tra loro facendo leva sulla convenienza. Le caratteristiche della
comunicazione, infatti, non sono state alterate, ma anzi, sono state ancora più
fortemente sottolineate, poiché le nuove forme distributive continuavano a far leva su
assortimento, prezzo e localizzazione. Ciò può essere facilmente spiegato facendo
riferimento al supermercato, la formula che sta alla base della rivoluzione commerciale,
che al momento della sua diffusione il vantaggio da far valere per sottrarre vendite al
tradizionale, era legato all’ampiezza dell’offerta e alla maggiore convenienza, quindi di
nuovo al “cosa” e “a che prezzo”. Questi nuovi elementi erano possibili però a scapito
della prossimità, e quindi il terzo punto da comunicare ai consumatori era proprio la
nuova localizzazione (“in che luogo”) rispetto al negozio tradizionale. La stessa
situazione si ripete quando altre forme distributive cercano di sottrarre quote di mercato
al canale supermercato. È il caso della nascita dell’ipermercato, il quale sviluppa un
assortimento più ampio, offre prezzi più convenienti e si localizza in zone extra urbane,
e quindi lontano dal cliente. Ancora una volta, quindi, la comunicazione si concentra sui
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soliti tre contenuti legati ad assortimento, prezzo e localizzazione. Fino a che il servizio
commerciale è stato scarsamente differenziato era inevitabile che la distribuzione
pagasse un forte onere di dipendenza nei confronti dei prodotti che vendeva. Tale
dipendenza per un certo periodo non ha posto problemi, ma anzi poteva rappresentare
un vantaggio, poiché aiutava i distributori ad imporre nuove forme despecializzate a
libero servizio. Il messaggio trasmesso era elementare, ma molto efficace: abbiamo i
prodotti che cerchi, abbiamo i prodotti migliori, i nostri prezzi sono i più bassi. Anche la
scelta dei mezzi era coerente con il messaggio: media come affissioni, quotidiani locali
(o inserti locali), radio locali, talvolta anche televisioni locali, tutti adeguati per una
comunicazione di prezzo di breve periodo e atti a cogliere un target con dimensioni
spaziali molto ben definite.
Gli attributi dell’assortimento, prezzo e localizzazione sono stati caratterizzanti anche
nella fase di sviluppo della distribuzione moderna e delle formule che via via sono
entrate sul mercato, poiché la convenienza continuava ad andare a scapito d’altri aspetti
legati al servizio, ed era quindi inevitabile che questi ultimi non facessero parte di ciò
che veniva sottolineato come benefit specifico offerto al cliente.
Il momento di svolta, che porta al passaggio di forme di comunicazione più complesse,
arriva quando anche le imprese commerciali iniziano a seguire un percorso di
differenziazione della loro offerta. È qui che inizia la terza fase del processo evolutivo
della comunicazione che coincide con una saturazione della domanda e l’entrata nella
fase di maturità da parte della distribuzione, che porta ad una competizione di tipo
intratype, caratterizzata da una battaglia concorrenziale tra insegne della stessa formula
distributiva. Tale situazione porta le diverse insegne a ricercare la massima
differenziazione del proprio servizio commerciale attraverso diverse tecniche e
strumenti, con l’obiettivo di creare un’identità distintiva forte e ben riconoscibile. Da
qui in avanti, infatti, i contenuti della comunicazione iniziano a diventare più complessi
e a valorizzare altri attributi del servizio al fine di costruire un posizionamento
dell’insegna che sia distinguibile. Un esempio interessante può essere dato da Esselunga
che ha puntato inizialmente su campagne pubblicitarie il cui pay off era “prezzi corti”
per poi passare negli anni Ottanta a campagne incentrate sui prodotti freschi,
inserimento di reparti non food e qualità della propria offerta. Negli anni Novanta ha poi
sviluppato originali campagne d’affissione che mettevano in evidenza in modo originale
ed esclusivo il concetto di superiorità qualitativa dell’offerta dell’insegna: cipolle e
banane, ad esempio, erano state fotografate come se fossero qualcosa di diverso e “di
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più” che semplici e banali alimenti; rappresentavano oggetti ironici divertenti e di forte
impatto: le banane sembravano delfini e la cipolla ricordava molto uno scienziato. A
completamento dell’immagine c’era poi il nuovo pay off “Da noi la qualità è qualcosa
di speciale”.
In questa fase gioca un ruolo molto importante lo sviluppo della marca commerciale con
la creazione di linee particolari di prodotti a marchio, poiché esse svincola dalla
dipendenza comunicativa dell’industria e aiuta a rendere tangibile e chiaramente
identificabile il percorso di differenziazione dei servizi commerciali. Si comincia,
inoltre, a far leva sulla dimensione esperienziale dello shopping vissuta dal
consumatore: componenti fisiche che influenzano la permanenza in punto vendita,
rapporto con il personale, facilità di reperimento dei beni, velocità del servizio, offerta
di elementi aggiuntivi che rendono quest’ultimo più completo e facilmente fruibile. Si
arriva quindi a connotare l’esperienza d’acquisto nel suo complesso, fino a proporre
l’identificazione dell’insegna con un determinato stile di vita, in cui il consumatore
riesce ad acquisire connotati di status ed identificazione simili a quelli tipici della marca
industriale.
Il cambiamento nei contenuti della comunicazione è stato messo in luce anche da alcune
ricerche empiriche effettuate in Italia, dalle quali emerge che negli anni Settanta c’erano
ancora forti difficoltà da parte dei consumatori nel rilevare elementi distintivi delle
diverse insegne di supermercati presenti nel nostro Paese, mentre negli anni Ottanta era
aumentata la percentuale di consumatori in grado di segnalare elementi distintivi
dell’offerta delle imprese della GDO.
Se in passato si faceva leva solo sulle promozioni, soprattutto di prezzo, in questa fase
di maturità, tale strumento viene integrato con altre leve come il merchandising, la
classica pubblicità sui media di massa e altri strumenti di comunicazione diretta con lo
scopo di creare un rapporto personalizzato con il cliente e stimolarne la fedeltà.
Negli ultimi anni, però, i contenuti della comunicazione stanno nuovamente cambiando
e, come vedremo anche nel resto del lavoro, sembra esserci un ritorno al passato, poiché
le insegne sono tornate a comunicare in modo massiccio l’elemento prezzo. In modo
particolare si punta molto sulla comunicazione di breve attraverso le promozioni,
mentre con la comunicazione di lungo periodo si cerca di veicolare il tema della
convenienza, tralasciando altri importanti valori come la qualità e la sicurezza dei
prodotti (a parte alcune eccezioni come Coop ed Esselunga).
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1.2 Gli obiettivi della comunicazione
Per realizzare un’efficace politica di comunicazione, la prima cosa da fare è definire gli
obiettivi, i quali possono essere, a seconda dell’orizzonte temporale di riferimento, di
lungo, di medio o di breve periodo. (Pellegrini D. 2003).
Gli obiettivi di lungo periodo sono legati alla creazione di un’ immagine di marca-
insegna che sia nota, forte e distinguibile e alla quale il consumatore, sia in grado di
associare dei precisi valori distintivi. La costruzione di una marca-insegna che rispetti
tali caratteristiche è molto importante perché offre all’impresa diverse occasioni e
vantaggi: farsi notare in un mercato sempre più competitivo, diventare un referente di
fiducia, veicolare sinteticamente i propri contenuti ed infine fissare i presupposti per
ottenere la fedeltà del consumatore. Per raggiungere tali obiettivi è necessario
sviluppare una comunicazione istituzionale che rimanga coerente nel tempo e che
veicoli i valori fondanti dell’impresa. In modo particolare bisogna basare la
comunicazione su tre livelli fondamentali.
9 Livello assiologico, che riguarda i valori stabili e fondanti della marca, i quali
sono generalmente veicolati attraverso i pay off della comunicazione
istituzionale e vogliono rappresentare i tratti principali della personalità
dell’insegna.
9 Livello narrativo, che è la struttura del racconto attraverso cui la marca presenta
e comunica i suoi valori fondanti. Questo livello potrebbe essere definito come
la sceneggiatura del mondo semantico della marca, che identifica il suo modo di
presentarsi e lo stile.
9 Livello discorsivo, che è il linguaggio in cui vengono tradotti i valori,
contestualizzandoli, adattandoli e aggiornandoli.
Per capire meglio questa classificazione, possiamo utilizzare alcuni esempi.
Coop Italia
Il pay off di Coop Italia è “la Coop sei tu, chi può darti di più?” rivela il valore di fondo
della marca-insegna, ovvero l’essere dalla parte dei clienti, avere gli stessi interessi. Gli
schemi narrativi della comunicazione istituzionale sono caratterizzati da messaggi che
richiamano temi rilevanti per il consumatore e da immagini chiare ed evocative del tema
trattato e allo stesso tempo lo stile del messaggio è fermo, rassicurante e vicino al
consumatore. La contestualizzazione dei messaggi varia (tutela OGM, tutela potere