Francesco Zecca La comunicazione nonviolenta, strumento di trasformazione sociale
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responsabile delle scelte che riguardano una citt , possa far
rinascere il capitale sociale, possa rimettere in piedi un processo
democratico che sembrava ormai sepolto, testimoniando come
una comunicazione autentica, nonviolenta, abbia ridato speranza
ad una citt che sembrava non sperare piø.
Questi due libri ci hanno convinto ad approfondire il tema
della comunicazione, in particolare di quella che si pone di fronte
all altro in modo nonviolento, lasciando che sia quello che Ł, a
non volerlo ridurre a ci che noi pensiamo di lui; un tipo di
comunicazione che diventa un avventura con l altro, accettando
il rischio di non sapere dove ci condurr .
Partiamo dalla consapevolezza che il capire come
comunichiamo, ci aiuta a vedere come ci poniamo nei confronti
dell altro, come lo consideriamo. Forse abbiamo la necessit di
disimparare un tipo di comunicazione nella quale siamo immersi
e di cui ne siamo poco consapevoli, che ci pone di fronte all altro
o a noi stessi in un modo sottilmente violento, e imparare invece
un tipo di comunicazione nonviolenta, consapevole, libera dalle
abitudini e dai condizionamenti inconsapevoli, rispettosa
dell altro e di se stessi. Questo modo nonviolento di porsi di
fronte all altro, non solo potrebbe migliorare le relazioni
interpersonali, ma potrebbe avere delle ripercussioni profonde
nella famiglia, nei gruppi, nella scuola, nelle chiese, in politica; Ł
quindi un tipo di comunicazione che conduce ad una
trasformazione sociale.
In questo percorso ci siamo posti diverse domande: che
cosa intendiamo quando parliamo di comunicazione nonviolenta
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e quali sono le sue basi teoriche? Come si manifesta, quali sono i
suoi principi? Dove la troviamo applicata?
Non ci siamo limitati ad analizzare solo un contesto micro
o macro, ma abbiamo cercato di coglierne le diverse sfumature
nei diversi contesti, per giungere ad avere un quadro generale,
che come gi detto non riguarda solo il linguaggio verbale o
meno, ma il nostro modo di porci di fronte all altro.
Il lavoro si articola in quattro capitoli. Nel primo capitolo
L importanza della comunicazione, dopo aver accennato alla
necessit del comunicare, abbiamo focalizzato l att enzione sui
diversi livelli della comunicazione (verbale, paraverbale e non
verbale), evidenziando il fatto che nella parola comunicazione
c Ł l idea di comunit , di partecipazione, comunica re Ł
partecipare. Infine poniamo l attenzione sui due modelli generali
attraverso cui possiamo pensare alla comunicazione: quello
lineare e quello circolare. Vediamo nel primo un modello non
rispettoso, in quanto considera il destinatario un oggetto della
comunicazione, senza possibilit di replica e senza quindi un
vero incontro, il secondo invece diventa modello di riferimento
per una comunicazione nonviolenta, l altro qui diventa soggetto
attivo della comunicazione, il suo feedback rende possibile
l incontro tra l io e un tu.
Nel secondo capitolo siamo andati alla ricerca di quelle
che consideriamo le radici psicologiche e filosofiche della
comunicazione nonviolenta. In campo psicologico abbiamo fatto
riferimento sia all approccio pragmatico relazionale della scuola
di Palo Alto, soffermandoci sui 5 assiomi della comunicazione,
espressi in Pragmatica della comunicazione umana, sia
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all approccio centrato sulla persona di Carl Rogers. In campo
filosofico abbiamo fatto riferimento ai primi due filosofi del
dialogo: Martin Buber e Emmanuel Levinas. Abbiamo concluso
considerando la comunicazione dal punto di vista di due maestri
della nonviolenza italiana: Danilo Dolci e Aldo Capitini.
Nel terzo capitolo dopo esserci soffermati su ci c he
ostacola e rallenta il processo comunicativo, abbiamo considerato
gli studi fatti da Marshall Rosenberg e Thomas Gordon,
collaboratori di Carl Rogers. Abbiamo approfondito le modalit
della comunicazione nonviolenta, considerando l ascolto attivo, i
messaggi-IO e sottolineando l importanza delle emozioni. Infine
abbiamo presentato il modello Maggiore-minore e
dell Equivalenza di una delle piø importanti teoriche della
nonviolenza: Pat Patfoort.
Nell ultimo capitolo abbiamo scelto alcuni ambiti di
applicazione della comunicazione nonviolenta: i gruppi, la scuola
e la politica. Sono contesti diversi, in cui per s ono state
applicate le modalit presentate nel capitolo prece dente.
Abbiamo fatto riferimento a casi concreti, cercando di dimostrare
come un sistema comunicativo nonviolento, possa trasformare
una societ ; imparare a porsi davanti all altro in modo rispettoso,
valorizzandolo, sapendolo ascoltare e sapendo esprimere i propri
bisogni diventa lievito per una societ sempre piø umana.
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CAP. 1 L IMPORTANZA DELLA
COMUNICAZIONE
1.1 COMUNICARE: PERCHÉ E COME.
Fin dagli albori dell umanit l uomo si Ł sempre sf orzato di
comunicare, infatti molto prima dello sviluppo del linguaggio gli
individui si trasmettevano messaggi senza parole, attraverso
suoni, posture o gesti. Con l andare del tempo si svilupp la
rappresentazione pittorica e ci fu una fioritura di segni e simboli;
con il linguaggio nacque la parola scritta e messaggi molto piø
precisi, affiancati da una serie di creazioni piø astratte ed
immaginative. Nell evoluzione umana la comunicazione Ł stata
un elemento propulsivo fondamentale, venendo incontro ad
alcuni bisogni fondamentali dell uomo:
• bisogni di tipo fisico: la presenza o l assenza della
comunicazione pu avere una notevole influenza sull a
salute, infatti diversi studi hanno dimostrato che le persone
sole o con scarse relazioni interpersonali, sono piø soggette
a malattie e persino a morte prematura.
• In secondo luogo la comunicazione contribuisce a formare
e consolidare il nostro senso di identit che si basa,
appunto, su come noi interagiamo e sui messaggi e
feedback che fin dall infanzia ci vengono inviati.
• Con la comunicazione possiamo soddisfare alcuni bisogni
sociali come il senso di appartenenza, il dare e ricevere
affetto.
Gli studiosi della comunicazione affermano che le persone
comunicano oltre che con il linguaggio, con un sistema di segnali
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che provengono dal corpo, complementare al sistema verbale e
fondamentale per la buona riuscita dell interazione comunicativa.
La comunicazione si attua su tre livelli:
1. livello verbale: contenuto logico delle parole, tipo di
parole;
2. livello paraverbale: tono, ritmo, volume, timbro,
intonazione, cadenza, inflessione, velocit , tipo d i
voce;
3. livello non verbale: postura, gestualit , espressione,
abbigliamento, aspetto, linguaggio del corpo, sguardo,
distanza.
Da uno studio effettuato dal prof. Mehrabian Albert (1972),
emerge che nella comunicazione solo il 7% rappresenta il livello
verbale, mentre il livello non verbale rappresenta il 55% e il
livello paraverbale il 38% della comunicazione.
Para
verbale
38%
Verbale
7%
Non
verbale
55%
La congruenza tra i livelli della comunicazione Ł
indispensabile perchØ non si creino equivoci o distorsioni
comunicative. La comunicazione verbale, paraverbale e non
verbale costituiscono aspetti complementari dello stesso processo
(Cozzolino, 2003, p. 16). Riprendendo le percentuali individuate
da Albert Mehrabian, si nota che il come si comunica prevale sul
che cosa si comunica.
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Il livello chiamato paraverbale Ł inerente alla modalit
vocale con cui un contenuto verbale viene espress o e riguarda:
o Il tono che pu essere piø acuto o piø grave, piø caldo o
piø freddo, queste variazioni possono far assumere
significati completamente diversi al contenuto.
o Il volume della voce alto pu trasmettere aggressivit o
passione per l argomento trattato; mentre un volume basso
pu significare calma e sicurezza, ma anche imbaraz zo o
senso di colpa.
o Un ritmo lento pu trasmettere noia, o tristezza, ma pu
anche aiutare chi ascolta a comprendere meglio il
significato. Al contrario parlare velocemente pu e ssere
sintomo di paura, ma anche di felicit o ancora di rabbia e
nervosismo.
o Inoltre non va sottovalutata l importanza di pause o
interruzioni che, se oculatamente inserite in un discorso,
possono enfatizzare l importanza di specifici concetti.
o La pronuncia delle parole subisce anche delle variazioni
melodiche, pu essere calda, flebile, squillante o stridula e
svelare non solo lo stato d animo dell interlocutor e ma
anche la sua personalit .
Altro livello della comunicazione Ł quello non verbale, che
approfondiremo nel prossimo paragrafo. I messaggi non verbali
includono tutte le forme di comunicazione che vanno oltre le
parole ed il loro significato, e producono l impatto maggiore
durante una comunicazione interpersonale1.
1
Il 55% delle informazioni che colpiscono il nostro interlocutore sono trasmesse tramite i
segnali del corpo.
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Oltre ai livelli della comunicazione di cui abbiamo parlato,
bisogna considerare come afferma Schulz Von Thun (1997) che
ogni messaggio si proietta inevitabilmente su quattro aspetti:
il primo riguarda il contenuto, ovvero le informazioni
fattuali, le notizie, le opinioni che si riferiscono all oggetto della
comunicazione;
il secondo aspetto rappresenta l appello , ovvero la
dimensione psicologica, l implicito, le richieste sottese al
messaggio. Cosa in realt la persona sta chiedendo al di l delle
parole;
il terzo si riferisce all autorappresentazione, ovvero al
modo in cui la persona si vede, si percepisce, come rappresenta
se stesso in quello scambio comunicativo;
il quarto aspetto si riferisce al tipo di relazione che la
persona sta esplicitando, come si sta riferendo all interlocutore,
come percepisce l interazione. Questo aspetto rivela come chi
parla percepisce chi gli sta di fronte e come sta.
1.2 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE
Nessuno pu evitare di parlare il linguaggio del co rpo, e
spesso si usano gesti e si lanciano segnali, senza nemmeno
rendersene conto. La forma di comunicazione non verbale che
immediatamente percepiamo negli altri, e che dovrebbe essere di
piø facile interpretazione, Ł la mimica facciale. I movimenti delle
sopracciglia, delle pupille, delle labbra e persino del naso, se pur
in modo complementare, forniscono indicazioni preziose sullo
stato d animo dei nostri interlocutori.
In ambito scientifico la comunicazione non verbale viene
suddivisa in 3 componenti (Paccagnella L., 2000):
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o Sistema cinesico: comprende tutti gli atti comunicativi
espressi dai movimenti del corpo. In primo luogo vanno
considerati i movimenti oculari: il contatto visivo tra due
persone ha una pluralit di significati, dal comuni care
interesse al gesto di sfida. Altra componente Ł la mimica
facciale, v considerato che non tutto ci che vien e
comunicato tramite le espressioni del volto Ł sotto il nostro
controllo (ad esempio l’arrossire o l’impallidire). La gran
parte delle espressioni facciali sono, ad ogni modo,
assolutamente volontarie ed adattabili a nostro piacimento
alle circostanze2.
Fondamentale nel sistema cinesico sono i gesti, in
primo luogo quelli compiuti con le mani. La gestualit
manuale pu essere una sottolineatura delle parole, e
quindi rafforzarne il significato, ma anche fornire una
chiave di lettura difforme dal significato del messaggio
espresso verbalmente. Anche in questo senso v
considerata la difformit interpretativa che le div erse
culture danno ai vari gesti3. Altro elemento Ł la postura,
anche in questo caso gli elementi sociali e di contesto
hanno grande importanza, talvolta identificando con
precisione la posizione corretta da mantenere in una data
circostanza (i militari sull attenti di fronte ad un superiore),
talvolta in maniera meno codificata ma comunque
2
Gli studiosi di comunicazione Paul Ekman e Wallace Friesen, della scuola di Palo Alto,
hanno classificato quarantaquattro diverse "unit d i azione" (ossia possibili movimenti) del
viso umano, come strizzare gli occhi, aggrottare la fronte e cos via.
3
Ad esempio in Bulgaria lo scuotimento laterale del capo, che in quasi tutte le culture
significa No , ha esattamente il significato oppos to; in Inghilterra, il gesto della mano con
indice e medio alzati col palmo della mano rivolto verso il corpo, che in altre parti del
mondo potrebbe essere identificato col segno della vittoria, ha il significato di una grave
offesa.
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necessaria (una postura corretta e dignitosa di un alunno in
classe di fronte al professore).
o Prossemica: analizza i messaggi inviati con l occupazione
dello spazio. Il modo nel quale le persone tendono a
disporsi in una determinata situazione, apparentemente
casuale, Ł in realt codificato da regole ben precise.
Ognuno di noi tende a suddividere lo spazio che ci
circonda in quattro zone principali:
Zona intima (da 0 a 50 cm): Ł quella con accesso piø
ristretto. Un ingresso di altre persone esterne viene
percepita come una invasione che provoca un disagio,
variabile a seconda del soggetto4.
Zona personale (da 50 cm ad 1 m): Ł meno ristretta,
vi sono ammessi familiari meno stretti, amici, colleghi. In
questa zona si possono svolgere comunicazioni informali.
Zona sociale (da 1 m a 3 o 4 m): Ł quell area in cui
svolgiamo tutte le attivit che prevedono interazio ne con
persone sconosciute o poco conosciute. Si pu cogli ere
interamente o quasi la figura dell interlocutore,
permettendoci di controllarlo, per capire meglio le sue
intenzioni. E la zona nella quale si svolgono gli incontri di
tipo formale, ad esempio un incontro di affari.
Zona pubblica (oltre i 4 m): Ł quella delle occasioni
ufficiali (un comizio, una conferenza, una lezione
universitaria). In questo caso la distanza tra chi parla e chi
ascolta Ł relativamente elevata e generalmente codificata.
4
Come conferma di questo basti pensare alla situazione di imbarazzo che si prova quando
siamo costretti ad ammettere nella nostra zona intima soggetti estranei, ad esempio in
ascensore o sull autobus.