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rappresentano solo una piccolissima fetta della comunicazione che si
alimenta, in gran parte, di cose non dette, di respirazione, di tatto, di toni di
voce e gestualità. Ciò non dovrebbe stupirci più di tanto se pensiamo che
esso è appreso molto prima di quello verbale. Il comportamento non
verbale tende spesso ad avere un peso maggiore quale indice degli
atteggiamenti del nostro interlocutore, o delle sue intenzioni e pensieri.
“Non mi fido di lui”, “sta mentendo”, “mi piace”, sono pensieri che
sviluppiamo nei confronti di qualcuno a partire per lo più dal
comportamento non verbale e in caso di dubbi circa la qualità
dell’interazione, tendiamo quindi a dare più peso al sorriso o alla sua
assenza, alla postura e ad altri messaggi non verbali piuttosto che alla
parola dell’interlocutore, o perlomeno a tenere conto di ambedue questi
sistemi di comunicazione.
Tuttavia, nonostante tale rilevanza, lo studio scientifico della CNV è
relativamente recente e risale al periodo immediatamente successivo al
secondo conflitto mondiale; la prima metà del secolo è stata infatti
caratterizzata da isolati studi sulla voce, l’abbigliamento e il volto. Con gli
anni ’50 si è invece avuto un significativo incremento del numero di
ricerche sulla CNV, ma è a partire dagli anni ’60 che si è manifestata una
vera e propria esplosione dell’attenzione da parte dei ricercatori
psicosociali. Negli ultimi decenni, in seguito a svariati studi, è maturata la
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convinzione che la comunicazione umana risulti dalla interdipendenza di
diversi sistemi comunicativi: i processi di interazione, infatti, si fondano sul
funzionamento integrato e simultaneo di elementi verbali, ma anche
intonazionali, paralinguistici e cinesici prodotti da soggetti che
comunicano.
L’interesse per la ricerca di seguito presentata è sorto a partire dalle
considerazioni sopra descritte, dal fatto che molte persone aprono il
giornale sfogliandone le pagine, incuranti della cronaca o della politica, per
soffermarsi solo su annunci di ricerca o di offerta del personale, e dalla
convinzione che nei contesti professionali la CNV ricopra una importanza
rilevante nella gestione e nella formazione delle impressioni, in particolar
modo nelle situazioni di selezione del personale.
L’obiettivo del mio lavoro è infatti quello di osservare il comportamento
non verbale dei candidati durante la selezione.
La convinzione di aver trascurato troppo a lungo gli aspetti non verbali del
comportamento, forse in ragione del fatto che essi siano così connaturati
nelle interazioni della vita quotidiana che risulta difficile esserne
pienamente consapevoli, ha favorito la decisione di servirsi una
metodologia di osservazione diretta del comportamento in situazione
naturale. Tale scelta metodologica rappresenta un aspetto piuttosto
innovativo con riferimento alle indagini già svolte sull’argomento poiché
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per ragioni di riservatezza, accedere ad una osservazione diretta sul campo
in un contesto lavorativo, è risultato estremamente difficile.
Per la possibilità di condurre questa ricerca, vorrei ringraziare il Dott.
Michele Antonelli, Senior Vice President Biotech Manifacturing and
Process Development dell’industria farmaceutica MerckSerono S.A., sede
di Ginevra, e il Dott. Vito Carnimeo, Direttore Risorse Umane presso la
sede MerckSesono di Bari – Modugno.
Il “colloquio di selezione”è stato inteso come una situazione comunicativa
costituita sia da elementi rientranti all'interno della comunicazione verbale,
sia da elementi che sono considerati afferenti ad un tipo di comunicazione
non verbale.
In questo evento comunicativo, emittente e ricevente sono di volta in volta
il selezionatore ed il candidato nel contesto della selezione del personale.
Come illustrato di seguito, il tipo di comunicazione verbale che
intrattengono l’addetto alla selezione e il candidato durante il colloquio è
piuttosto dialogica:
EMITTENTE selezionatore che fa una domanda
RICEVENTE candidato che ascolta e si prepara a rispondere
EMITTENTE candidato che risponde alla domanda
RICEVENTE selezionatore che ascolta e valuta la risposta
Fig. 1: La comunicazione durante il processo della selezione
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Naturalmente, coma già detto in precedenza, entrano a pieno titolo a far
parte del colloquio anche l’insieme degli aspetti non verbali che sottendono
una comunicazione. Dal punto di vista della pragmatica della
comunicazione (pensiamo ad esempio agli studi di Watzlawick, Beavin e
Jackson), ogni comportamento umano che si verifica all’interno di un
contesto interattivo implica una forma di comunicazione. Ogni
comportamento costituisce perciò un veicolo di informazioni, per cui è
possibile considerare inesistente la variabile “non comunicazione” anche in
presenza di un tipo di comunicazione non intenzionale o inconsapevole
delle singole componenti del processo comunicativo. Sembra, inoltre, non
paradossale ritenere che perfino i silenzi siano talvolta molto eloquenti.
Nello specifico evento comunicativo osservato, entrambi gli interlocutori
ricoprono il ruolo di emittente e ricevente in quanto nel colloquio
comunicano sia verbalmente sia non verbalmente qualcosa all’altro e
reagiscono di conseguenza.
Nei capitoli che seguono, la CNV è analizzata a partire dai suoi studi sulle
sue origini e funzioni sottolineandone la complessità interna. La letteratura
presentata a sostegno di tale argomento è utile a presentare lo sfondo
teorico sia in riferimento alla dimensione verbale della comunicazione che
al contesto nel quale il colloquio ha luogo.
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Nella seconda parte è presentata più specificatamente la ricerca in tutte le
sue parti, dalla costruzione della griglia di osservazione fino a giungere alla
presentazione dei risultati ed alla discussione critica di quanto emerso.
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Capitolo 1 La comunicazione non verbale
1. La comunicazione non verbale
“Non si può non comunicare” afferma uno degli assiomi della
comunicazione
1
. Non esiste, infatti, la “non comunicazione” in quanto il
comportamento non ha il suo opposto: l’attività o l’inattività, le parole o il
silenzio, hanno tutti il valore di un messaggio. Pertanto tutti gli esseri
viventi comunicano, tutti hanno bisogno di dare e ricevere informazioni per
sopravvivere. E gli esseri umani, a differenza degli altri esseri viventi,
hanno sviluppato la comunicazione verbale che però non è sufficiente a
realizzare un rapporto relazionale completo.
Riferendomi a Watzlawick posso affermare che l’essere umano può
comunicare sia in maniera digitale sia in maniera analogica
2
, con la
differenza che i segnali digitali, per essere compresi o utilizzati, debbono
prima essere appresi. Inoltre, non si può ritenere una modalità migliore
1
Cfr. Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson (1971) Tentativo di fissare alcune assiomi
della comunicazione in Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson (1971) Pragmatica
della comunicazione umana, Astrolabio, Roma.
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Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale che analogico. Questo concetto apparentemente
applicabile solo ad apparecchiature come i computer, sta a significare che l’organismo umano utilizza
sistemi di comunicazione precisi (come il sistema neurologico che utilizza stimoli di tipo elettrico) e
sistemi, quali messaggeri chimici del nostro organismo (gli ormoni), che trasmettono sensazioni ed
emozioni su base analogica (della relazione).
Il linguaggio digitale ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una
semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha
alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.
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dell’altra: infatti ciascuna ha dei limiti. Ci sono molte cose che si possono
esprimere solo in maniera digitale ed altre solo in modo analogico. È
proprio il fatto che l’uomo sappia servirsi di entrambi questi tipi di
comunicazione, secondo la scienza, a fare di lui un homo sapiens.
L’uomo quando vuole esprimere qualcosa, non solo può servirsi di
entrambi i tipi di segnali, ma può decidere su quale aspetto focalizzare la
propria percezione: può cioè far prevalentemente attenzione ai segnali
digitali (ossia alle parole pronunciate), ma può anche imparare a rivolgere
la propria attenzione ai segnali analogici (per es. il linguaggio del corpo).
La comunicazione non verbale (CNV) riesce a completare la caratteristica
“denotativa”, cioè la concretezza della realtà espressa dalla comunicazione
verbale, con la sua caratteristica “connotativa”, cioè con la sua funzione di
trasmettere emozioni, sentimenti che vanno oltre la semplice denotazione
della realtà. La CNV offre, quindi, una ricchezza straordinaria di segni sul
piano emozionale e rappresenta il canale principale per esprimere e
comunicare le emozioni.
Infatti, spesso le informazioni verbali sulle emozioni incontrano alcune
limitazioni sia per il fatto che non è sempre agevole riconoscere e dare un
nome appropriato alle proprie emozioni ed ai propri sentimenti, sia per il
fatto che l’espressione dell’emozione richiede un grado di immediatezza
espressiva che la comunicazione verbale non permette.
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Pertanto, malgrado sia difficile esserne sempre consapevoli le interazioni
vengono stabilite, sostenute e interrotte proprio attraverso i segnali non
verbali.
Facilmente si può avere la percezione di cosa sia il linguaggio non verbale
immaginando di trovarsi all’estero senza conoscere la lingua: quando ci si
servirà la collaborazione di un’altra persona occorrerà attingere a risorse
diverse dalle parole.
Al di là delle differenze culturali, anche a volte contrastanti dei vari Paesi, è
come se esistesse un codice di linguaggio universale. Usualmente il
linguaggio non verbale è contemporaneo al linguaggio verbale e ciascuno
secondo la propria inclinazione, educazione o contesto sceglierà per lo più
inconsapevolmente di utilizzare maggiormente l’uno o l’altro.
Sempre Watzlawick sostiene che ogni comunicazione avviene
contemporaneamente su due piani, quello del contenuto e quello della
relazione: mediante le parole (piano del contenuto) trasmettiamo delle
informazioni e con i segnali del corpo (piano della relazione) diamo
informazioni alle informazioni.
Nello specifico, la comunicazione verbale ha la funzione di esprimere i
contenuti del messaggio, mentre la comunicazione non verbale veicola le
tonalità affettive della comunicazione ed il grado di comprensione delle
informazioni ricevute. Non possiamo inviare un messaggio di contenuto,
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senza nello stesso tempo co-inviare un messaggio affettivo-emotivo di
relazione.
La comunicazione procede attraverso la condivisione dei contesti
informativi delle persone che interagiscono: contesti caratterizzati da
aspetti di contenuto (comunicazione verbale) e da aspetti di relazione
(comunicazione non verbale), con l’obiettivo di strutturare un contesto
informativo condiviso che comprenda i significati dagli interlocutori.
La comunicazione è condivisione di significati espressi e condivisi
attraverso i canali fondamentali della prassi comunicativa: verbale, non
verbale e paraverbale.
9 La comunicazione verbale è costituita da parole alle quali è
attribuito un significato simbolico.
9 Le modalità della comunicazione non verbale sono definite dallo
sguardo, l’espressione del volto, la gestualità, i movimenti del
corpo, la postura, il contatto corporeo, il comportamento spaziale,
gli abiti e l’aspetto esteriore.
9 Le modalità di espressione della comunicazione paraverbale sono
determinate dalle vocalizzazioni non verbali, dal tono della voce,
dal ritmo, dai sospiri, dalle pause, dai silenzi.