le due organizzazioni a pregiudicare il successo dell’integrazione, dando origine
ai problemi tipici dei processi di cambiamento organizzativo.
Per prevenire lo sviluppo di atteggiamenti di resistenza al cambiamento, è
necessario che si costruisca un’atmosfera favorevole allo scambio e alla
cooperazione fra i membri delle due imprese, e le determinanti di tale
atmosfera sono rintracciabili nell’affermazione di una leadership forte e
convincente, e in un’intensa attività di comunicazione e formazione. Il ruolo
della comunicazione nelle strategie di fusione e acquisizione è oggetto del
secondo capitolo, dove verrà innanzitutto sottolineata la rilevanza della
comunicazione ai fini del buon esito di qualsiasi tipo di cambiamento
organizzativo. Verrà argomentata la necessità di una profonda coerenza e
sinergia fra le diverse attività comunicazionali, la strategia dell’impresa, le azioni
realizzative di tale strategia e i valori guida dell’organizzazione. In particolare,
nei processi di acquisizione e fusione, saranno individuati tre obiettivi principali
per la comunicazione: aumentare la visibilità interna ed esterna dell’operazione,
la sua comprensione e accettazione da parte di tutti gli interlocutori
dell’impresa, e rafforzare la motivazione e il coinvolgimento dei dipendenti.
Queste finalità saranno presentate dettagliatamente, e verranno anche discussi
gli strumenti e le modalità attraverso i quali possono essere conseguite.
Lo studio del caso Olivetti Wang Global sarà condotto seguendo il filo logico dei
primi due capitoli. Nel terzo capitolo saranno descritte le principali
caratteristiche e tendenze evolutive del settore dell’Information Technology,
all’interno del quale l’azienda opera. Questa premessa è sembrata opportuna
per collocare lo studio di caso in un quadro più ampio e completo, poiché la
fusione di Wang Laboratories e Olsy non costituisce un episodio isolato in
questo settore, ma è una scelta molto coerente con le dinamiche che vi si
stanno affermando.
Il quarto capitolo si propone di analizzare le decisioni strategiche che hanno
condotto all’aggregazione di Wang e Olsy, e quindi alla nascita di Wang Global.
Partendo dalla storia di Olivetti e di Wang Laboratories, si esamineranno perciò
le strategie di offerta e di posizionamento sul mercato di Olsy e di Wang, da cui
risulterà chiara la loro complementarietà sul piano tecnologico e commerciale.
Saranno poi presentati i contenuti dell’accordo di fusione, gli obiettivi strategici
della nuova azienda e le modalità con cui l’operazione è stata annunciata agli
interlocutori interni ed esterni.
Nel quinto capitolo sarà analizzato il processo di integrazione di Wang e Olsy,
presentando tutti i cambiamenti che sono stati introdotti a seguito della loro
fusione per ciò che riguarda la struttura organizzativa, i sistemi operativi e le
strategie di offerta della nuova impresa. Tali cambiamenti sono stati guidati
dalla volontà di trarre il massimo vantaggio dai punti di forza delle aziende
preesistenti, correggendo e migliorando i rispettivi punti di debolezza proprio
grazie alla loro unificazione.
Coerentemente con quanto affermato nel secondo capitolo, e cioè che la
comunicazione rappresenta uno strumento fondamentale per il successo delle
strategie di fusione e acquisizione, anche la nascita di Wang Global è stata
supportata da un’intensa opera di comunicazione e formazione, che ha
coinvolto sia gli interlocutori interni che quelli esterni all’azienda. Il tema della
comunicazione nella fusione tra Wang e Olsy verrà affrontato nel sesto
capitolo, in cui saranno innanzitutto chiariti gli obiettivi a cui l’azione
comunicazionale era rivolta: l’aumento della visibilità della fusione, la sua
comprensione e accettazione da parte dei pubblici esterni e interni, il
consolidamento della motivazione e dell’impegno dei dipendenti. Focalizzando
l’attenzione su Olivetti Wang Global, verranno poi analizzati gli strumenti
utilizzati per raggiungere questi tre obiettivi, fornendo così un quadro completo
di tutte le iniziative realizzate in Italia nel 1998 e nei primi mesi del 1999.
Verranno infine discussi i risultati ottenuti complessivamente dal processo di
integrazione, con particolare riferimento agli effetti della comunicazione e della
formazione. Lo studio di caso si conclude però con nuovo cambiamento
radicale nella vita di Wang Global: nel giugno 1999, infatti, la società è stata
acquisita da Getronics, un grande gruppo olandese anch’esso operante nel
campo dei servizi informatici.
CAPITOLO 1
ACQUISIZIONI E FUSIONI
NELLA STRATEGIA DELLE IMPRESE
Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento del numero di fusioni e
acquisizioni in tutti i settori industriali. Tale fenomeno è la risposta ai grandi
cambiamenti in atto nel contesto economico e competitivo, che rendono
l’ambiente complesso e imprevedibile. I continui e intensi mutamenti del
mercato hanno infatti trasformato in modo sostanziale i comportamenti delle
imprese, che sono alla ricerca di alternative strategiche con cui fronteggiare tali
evoluzioni. Acquisizioni e fusioni, insieme ad altre forme di cooperazione
interaziendale come le joint venture, le alleanze e i consorzi, sono perciò
diventate strumenti per affrontare le turbolenze dei nuovi scenari, grazie ai quali
la singola azienda può crescere e migliorare la propria posizione competitiva
[Foglio, 1996].
Benché nel linguaggio corrente i termini fusione e acquisizione siano spesso
considerati sinonimi, essi indicano due realtà diverse dal punto di vista giuridico
e tecnico [Cardel Gertsen, Soderberg, Torp, 1998]. La fusione consiste infatti
nella combinazione di due o più società, realizzata tramite il trasferimento del
loro intero patrimonio in un’impresa di nuova costituzione, che sarà quindi
l’unica a sopravvivere all’operazione. In una fusione, le società originarie
partecipano alla pari e pertanto questo schema contrattuale è più frequente nei
casi di unificazione di aziende aventi dimensioni simili.
L’acquisizione è invece il processo attraverso il quale una società acquista in
tutto o in parte il capitale sociale di un’altra impresa, in modo da ottenerne il
controllo. L’acquisizione sarà quindi completa se l’acquirente ottiene l’intero
capitale dell’altra azienda, oppure parziale se l’operazione riguarda solo una
sua quota azionaria. E’ possibile anche distinguere fra acquisizioni amichevoli e
ostili, a seconda che esse abbiano o meno il consenso dell’impresa obiettivo. In
tutti i casi, però, l’acquirente è la parte dominante, a cui spettano le decisioni
relative al futuro dell’azienda acquisita.
Al di là delle differenze legali o tecniche, è tuttavia raro rintracciare nella pratica
operazioni perfettamente rispondenti alle definizioni sopra riportate. Nella
maggior parte dei casi le imprese adottano soluzioni miste, come accade nelle
fusioni per incorporazione, nelle quali una delle due società assorbe al proprio
interno l’altra impresa, rilevandone l’intero capitale sociale. Anche molte
acquisizioni conducono, di fatto, alla fusione dell’acquirente e dell’acquisita, in
quanto nella maggior parte dei casi le due imprese devono essere integrate fra
loro per produrre risultati apprezzabili [Haspeslagh, Jemison, 1992]. Fusioni e
acquisizioni sono quindi spesso studiate insieme, poiché pongono analoghi
problemi strategici, organizzativi, culturali e comunicazionali.
In questo capitolo verrà analizzata, in primo luogo, la tendenza all’aumento
della concentrazione industriale che caratterizza gli anni Novanta,
esaminandone le motivazioni e le principali caratteristiche. Si mostrerà così che
le fusioni e le acquisizioni sono diventate una modalità efficace per competere
nell’attuale contesto economico in quanto garantiscono alle imprese la
possibilità di crescere dimensionalmente, ma di conservare al tempo stesso la
flessibilità per adattarsi ai continui e intensi mutamenti del mercato (paragrafo
1.1.). Verranno poi prese in considerazione le finalità che spingono le imprese
ad adottare strategie di fusione e acquisizione, mostrando come, pur nella
varietà di obiettivi perseguibili, lo scopo fondamentale di questo tipo di
operazioni sia sempre quello di creare valore per l’impresa e per i suoi
interlocutori più rilevanti (paragrafo 1.2.). La creazione di valore è la vera sfida
del processo di integrazione, cioè della fase in cui, dopo la conclusione
dell’accordo fra le due imprese, esse vengono concretamente unite e
cominciano a lavorare insieme. A seconda delle peculiarità dei casi specifici,
l’integrazione può essere condotta con una strategia di assorbimento, di
simbiosi, di conservazione o con l’approccio caratteristico delle holding
(paragrafo 1.3.1.). Affinché l’integrazione si riveli efficace, una particolare
attenzione deve essere rivolta alla cultura delle due imprese, in quanto
l’affermazione di valori guida comuni è un supporto indispensabile per il
raggiungimento degli obiettivi strategici della nuova azienda (paragrafo 1.3.2.).
Tuttavia, spesso le divergenze che si sviluppano a questo livello pregiudicano
l’ottenimento di risultati positivi, facendo invece sorgere i problemi tipici dei
processi di cambiamento organizzativo, che si riflettono nell’aumento del tasso
di assenteismo e di turnover negativo dei dipendenti, nel decremento della
produttività aziendale e nell’insorgenza di atteggiamenti più generali di
resistenza al cambiamento (paragrafo 1.4.).
1.1. L’aumento della concentrazione industriale
La concentrazione industriale è una delle tendenze più significative dello
sviluppo industriale moderno e, soprattutto negli ultimi anni, fusioni e
acquisizioni sono diventate fenomeni economici di grande rilievo. Nel 1998,
sono state concluse nel mondo quasi 26.000 operazioni di fusione o
acquisizione, per un valore complessivo pari a oltre 2.300 miliardi di dollari,
mentre l’anno precedente il loro valore totale era stato appena superiore ai
1.550 miliardi di dollari. Sia nel 1997 che nel 1998, circa il 60% delle operazioni
è stato realizzato da società statunitensi (figura 1).
Le aggregazioni aziendali sono dunque aumentate notevolmente nell’ultimo
anno, e questa tendenza riguarda tutti i più importanti settori industriali. La
crescita del valore delle fusioni e delle acquisizioni non è stato pero’
accompagnato da una crescita proporzionale del numero di operazioni
concluse, segno del fatto che e’ aumentata la dimensione media dei contratti. A
questo proposito, va rilevato che il 1998 è stato un anno record anche perché vi
sono state concluse nove delle dieci più grandi fusioni della storia (figura 2).
289
233
203 223
237
411
486
663
908
263
138
120
151
227
312
501
556
888
1415
285
0
500
1000
1500
2000
2500
1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998
USA
Ex t r a USA
* Dati in miliardi di dollari
Fig. 1 - L’aumento delle operazioni di fusione ed acquisizione (1989-98).
Fonte: Il Sole 24 Ore, 22/04/1999.
SOCIETÀ PERIODO VALORE (in miliardi $)
Exxon - Mobil Dicembre 1998 77,0
Travelers - Citicorp Aprile 1998 72,6
Sbc - Ameritech Maggio 1998 72,4
Bell Atlantic - Gte Luglio 1998 71,3
AT&T - Telecomunications Giugno 1998 69,8
Nationsbank - Bankamerica Settembre 1998 61,6
BP - Amoco Agosto 1998 56,8
Bell Atlantic - Air Touch Gennaio 1999 48,0
Worldcom - Mci Settembre 1998 43,4
Daimler - Chrysler Maggio 1998 40,5
Fig. 2 - Le dieci più grandi fusioni della storia.
Fonte: La Repubblica, 02/01/1999.
Le cifre record registrate nel 1998 non rappresentano però una novità assoluta,
poiché già in passato si sono avuti periodi di concentrazioni economiche
particolarmente intense, anche se mai si erano raggiunte le proporzioni attuali.
Storicamente, fusioni e acquisizioni sono state presenti soprattutto in
corrispondenza delle fasi economiche più difficili e turbolente, ed è quindi
possibile rintracciare, nell’ultimo secolo, tre grandi ondate di operazioni di
concentrazione: la prima all’inizio del Novecento, la seconda negli anni ‘60 e la
terza, iniziata dopo il 1975, è tuttora in corso [Comito, 1999; Weston, Jawien,
1999].
All’inizio del Novecento, gli Stati Uniti stavano attraversando una fase di rapido
sviluppo economico, caratterizzato dalla crescita della produzione industriale e
favorito dal completamento del sistema ferroviario e della rete stradale. Per
espandersi su tutti il territorio nazionale, molte imprese regionali hanno scelto la
via delle fusioni per raggiungere una scala produttiva industriale e abbandonare
definitivamente le dimensioni artigianali. La maggior parte delle operazioni di
inizio secolo sono state infatti di tipo orizzontale (cioè tra società operanti nello
stesso settore e nello stesso stadio produttivo) e hanno portato alla nascita di
alcune delle grandi società americane che dominano tuttora il mercato, come
General Electric, U.S. Steel, Eastman Kodak.
Negli anni ’60, invece, il buon andamento del mercato azionario ha incoraggiato
le imprese a diversificare le proprie attività, anche in settori lontani dal proprio
core business. Contemporaneamente, l’inasprimento della legislazione
antitrust, sia negli Stati Uniti che in Europa, ha limitato fortemente la possibilità
di crescere attraverso l’acquisizione di imprese simili. La combinazione di questi
due fattori ha provocato un vero e proprio boom di fusioni verticali (tra società
che operano nello stesso settore, ma in diversi stadi produttivi) e conglomerali
(tra società attive in settori non correlati), attraverso cui le imprese hanno
potuto diversificare le proprie attività ed entrare in settori industriali più attrattivi.
A partire dal 1975, alcuni fenomeni macroeconomici, come il generale aumento
del costo delle materie prime e del lavoro, la crescita dell’inflazione e la
stagnazione della domanda dovuta alla maturità di molti mercati, hanno
profondamente trasformato gli scenari competitivi in cui le imprese operano,
contribuendo a far aumentare l’incertezza e la variabilità ambientale. In anni più
recenti, la complessità del contesto economico e sociale è andata
progressivamente aumentando, anche per effetto di alcune tendenze di ampia
portata come la globalizzazione e l’incessante sviluppo delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione [Vicari, 1989].
Per effetto della globalizzazione dei mercati, cioè della creazione di mercati
internazionali e altamente interdipendenti fra loro, l’impresa deve operare non
solo nel proprio mercato domestico, ma in un ambito che diventa sempre più
ampio. Confinarsi su scala locale significherebbe infatti rinunciare a tutte le
opportunità che il mercato globale offre e perdere anche il confronto con le
grandi imprese concorrenti che hanno già elaborato strategie “a largo raggio”.
In un mercato che tende alla globalità, l’impresa deve disporre di una buona
solidità finanziaria, effettuare ingenti investimenti nella ricerca, nel marketing e
nella comunicazione, presidiare molti canali distributivi e poter contare su una
struttura di grandi dimensioni. La concorrenza tende oggi ad allargarsi per
includere, oltre ai competitori diretti, anche con i fornitori di prodotti sostitutivi e
quelle aziende che, pur attive in settori diversi o in stadi diversi del ciclo
produttivo, puntano all’ingresso nel mercato in esame.
L’attuale momento economico sembra quindi favorire le imprese di grandi
dimensioni, dotate di un forte potere di mercato e presenti a livello
internazionale. In un contesto di questo tipo, fusioni e acquisizioni sono tornate
ad essere una delle modalità più efficaci con cui fronteggiare la concorrenza e
raggiungere il successo sia a livello competitivo che reddituale. Le coalizioni
aziendali permettono infatti all’impresa di crescere dimensionalmente e di
espandersi in nuovi mercati, aumentando parallelamente la scala produttiva e
quindi beneficiando delle relative economie.
Tuttavia, le grandi dimensioni non sono sufficienti ad affrontare l’accresciuta
turbolenza e imprevedibilità dei mercati, in quanto l’impresa deve saper
modificare rapidamente le proprie strategie competitive per adattarsi o,
eventualmente, anticipare i cambiamenti ambientali sempre più frequenti.
L’azienda deve pertanto conservare la flessibilità necessaria a rimanere in
sintonia con il contesto economico e sociale, ma tale flessibilità è spesso
incompatibile con la struttura di una grande impresa. Anche da questa
prospettiva, la cooperazione interaziendale è utile all’impresa per evolvere in
tempi brevi e nella direzione più opportuna, ad esempio acquisendo un’azienda
focalizzata su un segmento di mercato particolarmente attrattivo, oppure
alleandosi con un fornitore tecnologicamente all’avanguardia [Vicari, 1989;
Foglio, 1996].
La crescita esterna, cioè la strategia di crescita che si realizza attraverso
alleanze, accordi, joint venture, ma soprattutto grazie ad acquisizioni e fusioni
con altre imprese, è una via molto più rapida dello sviluppo interno. La crescita
interna richiede infatti un periodo di tempo più lungo per maturare le
competenze necessarie, per formare adeguatamente il personale, per
modificare la struttura organizzativa in modo coerente con il nuovo assetto
aziendale. L’espansione per via esterna è invece un processo piuttosto rapido e
il risparmio di tempo può costituire un vantaggio nei confronti dei concorrenti,
che si vedono costretti ad adottare velocemente analoghe strategie di crescita
per non rischiare di perdere quote di mercato [Lorenzoni, 1992].
Inoltre, la crescita esterna ha, nella maggior parte dei casi, migliori probabilità di
successo, poiché si conoscono già le caratteristiche dell’organizzazione scelta
come partner e anche il costo di acquisto è noto. Lo sviluppo interno, al
contrario, comporta dei costi non completamente calcolabili a priori e non offre
garanzie di efficacia, anche a causa del lungo periodo di tempo che il più delle
volte richiede. Naturalmente, la scelta di svilupparsi in questo modo ha
successo nella misura in cui l’impresa acquisita dispone di risorse materiali o
immateriali veramente appetibili. I prodotti, i brevetti, il know-how tecnologico, la
base clienti e tutte le altre risorse aziendali diventeranno così patrimonio della
società acquirente, che potrà avvantaggiarsene per migliorare la propria
posizione sul mercato [Lorenzoni, 1992; Weston, Jawien, 1999].
Le fusioni e le acquisizioni di questi ultimi anni, oltre al loro sorprendente
sviluppo quantitativo, hanno anche assunto caratteristiche abbastanza nuove
rispetto al passato [Vicari, 1989; Comito, 1999]. In primo luogo, la maggior
parte delle operazioni di concentrazione riguarda il settore terziario, che è
proprio quello che sta vivendo i cambiamenti strutturali più significativi. Nel
terziario, infatti, la frammentazione è ancora elevata ed è raro trovare imprese
che abbiano già raggiunto dimensioni tali da potersi impegnare in massicci
programmi di investimento nelle nuove tecnologie o nell’espansione
internazionale. Solo negli ultimi anni, anche in risposta al completamento
dell’integrazione economica e monetaria europea, la tendenza alla
concentrazione ha cominciato ad interessare in modo significativo le aziende di
servizi, con un picco di particolare intensità per le banche e le imprese di
telecomunicazioni e informatica (al settore dell’Information Technology è
dedicato un approfondimento nel terzo capitolo, essendo questo il settore in cui
opera Olivetti Wang Global, azienda oggetto dello studio di caso del presente
lavoro).
Le fusioni e le acquisizioni più recenti tendono, inoltre, a combinare imprese
appartenenti a Paesi diversi. La dimensione internazionale di queste
concentrazioni è del tutto coerente con la tendenza alla globalizzazione della
competizione economica, perché fusioni e acquisizioni sono una delle strategie
più valide per allargare il proprio presidio geografico e poter sfruttare le
uniformità della domanda e delle strutture competitive che sono alla base della
tendenza all’integrazione dei mercati.
Infine, nell’ultimo quinquennio si è registrato un aumento di operazioni ostili,
che avvengono cioè senza l’accordo dell’impresa acquisita. Quando
l’acquisizione è considerata indispensabile per raggiungere gli obiettivi
prefissati, la società acquirente è spesso disposta a portarla a termine anche
se l’impresa obiettivo si dichiara contraria. Ciò accade più frequentemente nei
casi di acquisizioni finalizzate a limitare la concorrenza nel settore, nei quali
l’azienda acquisita è un concorrente diretto dell’acquirente
Acquisizioni e fusioni, così come le altre forme di aggregazione aziendale
(alleanze, accordi, joint venture, ecc.) possono quindi essere strumenti assai
efficaci nell’attuale momento economico. La combinazione con altre aziende
soddisfa infatti i due principali requisiti che le imprese devono oggi possedere
per avere successo in ambiente sempre più complesso e mutevole: le grandi
dimensioni e la flessibilità strategica. Di conseguenza, il fenomeno delle fusioni
e delle acquisizioni ha assunto dimensioni imponenti e si va diffondendo in
maniera pervasiva in tutti i settori industriali, tanto che alcuni ricercatori hanno
definito l’ondata in corso come “la più forte che sia dato di registrare in tutta la
storia economica moderna” [Comito, 1999].
1.2. Le finalità più tipiche di fusioni ed acquisizioni
Negli ultimi anni, a fronte della crescente complessità e turbolenza dello
scenario economico, le coalizioni aziendali sono diventate una delle strategie
competitive più utilizzate dalle aziende. L’obiettivo generale di tutte le
operazioni di fusione e acquisizione è la creazione di valore, nel senso che la
combinazione di due o più aziende ha successo solo se riesce a creare un
valore superiore a quello che esse avrebbero potuto realizzare restando
indipendenti [Haspeslagh, Jemison, 1992; Ward, Rossettie, 1998; Comito,
1999]. Questo maggior valore non è da intendersi esclusivamente in termini
economico-finanziari, poiché la soddisfazione degli investitori e dei conferenti di
capitale è solo uno degli aspetti di cui il management dovrebbe tener conto nel
procedere ad una fusione o ad un’acquisizione. Una concentrazione produce
valore quando fa crescere le capacità strategiche dell’impresa, ottenendo o
consolidando il suo vantaggio competitivo grazie alla possibilità di sfruttare le
sinergie produttive, organizzative o commerciali con l’altra azienda coinvolta
nell’operazione. Se la combinazione ha successo, lo sviluppo delle capacità
strategiche dell’impresa si rifletterà nel miglioramento dei suoi risultati
economici, competitivi e sociali, contribuendo anche alla soddisfazione di tutti i
suoi interlocutori più rilevanti.
La creazione di valore è quindi il motivo generale di tutte le concentrazioni
industriali, ma ciascuna operazione è caratterizzata da molti scopi specifici di
tipo strategico, finanziario e manageriale. Non vi è mai, infatti, un’unica
motivazione alla base di un’acquisizione, ma una serie di finalità che la rendono
conveniente e appetibile per una o tutte le imprese coinvolte. Sebbene gli scopi
delle concentrazioni siano articolati e complessi, è possibile classificare gli
obiettivi che più frequentemente guidano le strategie di fusione e acquisizione
in quattro categorie (figura 3): la riduzione dei rischi, la riduzione dei costi, il
miglioramento della posizione competitiva e il miglioramento delle risorse
intangibili [Vicari, 1989; Bonfanti, 1992; Haspeslagh, Jemison, 1992; Comito,
1999].