III
INTRODUZIONE
Il presente studio ha come oggetto di ricerca la fantascienza, la comunicazione e il modo in
cui interagiscono. Il campo d‟indagine è molto vasto, in entrambe le direzioni. Per quanto riguarda
la fantascienza si è preso in considerazione, oltre alla narrativa, anche il cinema, i telefilm e in
qualche caso i fumetti. A testimonianza, poi, del fatto che la fantascienza è un genere mondiale, non
confinato al mondo anglosassone(anche se ha avuto origine in Inghilterra e in America ha trovato il
suo terreno più fertile) ho cercato di guardare anche alla fantascienza che non parla inglese
1
.
Occorre tuttavia porre dei limiti, cronologici e di genere. Innanzitutto è necessario definire il
termine fantascienza o Science Fiction (da qui in avanti SF) come è nota nei paesi di lingua
anglosassone, distinguendola da generi affini quali il fantastico, il fantasy e l‟ horror (anche se va
detto che i generi hanno spesso la tendenza a mescolarsi – ad esempio Alien è SF o horror?).
Diciamo subito che i pareri degli addetti ai lavori sono discordi; ognuno fornisce una propria
definizione, anche se più o meno tutti abbiamo un‟idea abbastanza precisa di cosa sia la
fantascienza.
Si cita tra gli altri Todorov, il quale considera la fantascienza del „900 un derivato di ciò che
nel secolo precedente veniva detto, in Francia, merveilleux scientifique (meraviglioso scientifico),
genere vicino al merveilleux instrumental (meraviglioso strumentale); in cui “il soprannaturale è
spiegato in maniera razionale, ma sulla base di leggi che la scienza contemporanea non riconosce.”
2
Un esempio può essere il magnetismo, il quale fornisce una spiegazione scientifica ad avvenimenti
soprannaturali, pur tuttavia appartenendo esso stesso al soprannaturale. Questo meccanismo sta alla
base anche della fantascienza attuale, la quale spesso parte da premesse irrazionali.
Altre definizioni sono state raccolte da Montanari
3
; tra le altre sono interessanti per
l‟argomento che stiamo trattando quelle di Kingsley Amis (“La fantascienza è quel genere di
narrativa che tratta di situazioni che non potrebbero verificarsi nel mondo oggi conosciuto, ma che
sono ipotizzate sulla base di innovazioni scientifiche e tecnologiche, oppure pseudo-scientifiche o
pseudo-tecnologiche.”) e di Ben Bova (“Mostrare altri mondi, descrivere possibili società future e i
problemi in attesa dinanzi a noi, non è sufficiente. Lo scrittore di fantascienza deve mostrare come
questi mondi e questi futuri influenzino gli esseri umani. E anche qualcosa d‟altro, molto più
importante: egli deve mostrare come gli esseri umani possano ed effettivamente riescano a creare
questi mondi futuri.”).
Per quanto riguarda i limiti cronologici del fenomeno „fantascienza‟ vi è una disparità di
opinioni ancora maggiore. C‟è chi pone l‟inizio della fantascienza moderna nel 1926
4
(nascita di
“Amazing Stories”, rivista specializzata americana fondata da Hugo Gernsback, definito il “padre
della fantascienza”), chi, invece, prende in considerazione come data il 1911 (pubblicazione a
puntate del romanzo di Gernsback, Ralph 124 C 41+, sulle pagine di “Modern Electrics”, fondata
dallo stesso Gernsback nel 1908
5
), chi, ancora, ritiene che la vera fantascienza moderna nasca con i
romanzi scientifici di Jules Verne e Herbert George Wells. Brian Aldiss, figura autorevole di critico
e scrittore di SF, indica con sicurezza il 1818 (pubblicazione di Frankenstein or the Modern
Prometheus di Mary Shelley) come data di nascita della SF
6
; Cremaschi dissente da questa opinione
osservando che “retrocedendo nel tempo, si potrebbe arrivare fino a Volta ire, e affermare con
maggiore plausibilità che i primi germi fantascientifici sono già palesi nel racconto „spaziale‟
Micromegas”
7.
Allo stesso modo, si potrebbe, retrodatare la SF fino all‟Ariosto, a Dante o
IV
addirittura a Omero e alla mitologia dei popoli antichi. Il presente studio analizza soprattutto opere
del XX secolo, includendo Verne, Wells e qualche precursore più antico.
Sull‟origine del nome non vi sono dubbi. Il termine Science Fiction è stato coniato da
Gernsback, dopo un poco musicale scientifiction. Il termine italiano è invece di Giorgio Monicelli,
primo curatore della rivista mondadoriana “I Romanzi di Urania” nata nel 1952. E‟ proprio negli
anni Cinquanta che nasce ufficialmente la fantascienza italiana, che si affermerà, secondo
Cremaschi, un ventennio dopo.
8
Prima il genere non aveva un nome univoco e si faceva rientrare
genericamente nel fantastico, nell‟ avventuroso oppure nell‟ utopia a seconda dell‟argomento
trattato.
Particolare interesse per noi è quel sottogenere della fantascienza che chiamiamo “letteratura
di anticipazione” e che comprende l‟utopia e la distopia (vedi il primo capitolo). Come suggerisce il
nome, questo genere raccoglie le profezie scientifiche dei vari autori; profezie talvolta azzeccate,
ma non si tratta solo di coincidenze. Si può infatti dire che quasi tutto ciò che gli scrittori hanno
immaginato esisteva già, magari a livello embrionale, nel momento in cui scrivevano. E‟ utile
ricordare un‟osservazione di Solmi a proposito della letteratura d‟anticipazione, ossia che “è la
scienza che sta davanti, e la fantasia, anche la più spericolata, non può che seguire.”
9
Vale a dire che
tutte le previsioni tratte dalla letteratura sono state possibili in quanto già nel momento in cui gli
autori descrivevano le loro meraviglie futuribili, scienziati e teorici le avevano pensate anche se
ancora non realizzate. Gli esempi a supporto di questa posizione non mancano
10
, neppure in opere
che appartengono al fantastico in senso lato quali Le mille e una notte.
11
Lo stesso discorso vale per
le previsioni dei futurologhi che però esulano dalla narrativa.
12
E‟ celebre il caso di Cleve Cartmill, uno scrittore americano che ebbe guai con i servizi
segreti militari per aver descritto in un racconto del 1944 intitolato “Deadline” una bomba atomica
sorprendentemente simile a quella che si stava costruendo in segreto a Manhattan; talmente simile
da far nascere un sospetto di spionaggio. In risposta alle accuse Cartmill riuscì a dimostrare che per
i dettagli tecnici si era documentato su articoli scientifici di pubblico dominio. Tutto questo per dire
che a volte l‟anticipazione può seguire strade banali ma proprio per questo inaspettate.
All‟altro polo della ricerca abbiamo la comunicazione. Anche qui ci occorre una definizione:
“un processo d i comunicazione avviene quando si ha un passaggio di un MESSAGGIO da un
MITTENTE (uomo, altro tipo di animale o macchina debitamente predisposta) a un
DESTINATARIO (anch‟esso uomo, altro tipo di animale o macchina).”
13
Il processo richiede la
condivisione di uno specifico codice da parte di mittente e destinatario. Il codice è formato da
regole che combinano i vari “segni” che compongono il messaggio. Esistono vari modelli che
spiegano la comunicazione, ma spesso vi è un‟eccessiva semplificazione; nella rea ltà il processo è
molto più complesso e ricco di sfumature. Innanzitutto non sempre il codice è condiviso
perfettamente da mittente e destinatario; la situazione di squilibrio è normale, infatti non esiste mai
una comprensione assoluta del messaggio
14
.
Nella definizione riportata da Gensini è interessante notare che la comunicazione non è un
fatto limitato alla sfera umana, ma si verifica anche nel mondo animale e in quello artificiale delle
macchine. Osserviamo ad esempio che un cercopiteco africano utilizza tre distinti segnali d‟allarme
per avvertire i compagni; uno per i predatori aerei, uno per i pitoni ed un terzo per leopardi ed esseri
umani)
15
; anche tra gli animali esiste un codice comunicativo che, come tra le persone, prevede
l‟uso della menzogna per i propri scopi
16
. D‟accordo quindi con questa definizione, si è suddiviso il
presente studio in due parti. Nella prima parte si è presa in considerazione la comunicazione uomo-
uomo. Nella seconda si sono passati in rassegna esempi di comunicazione tra l‟uomo e la macchina
(non più vista come “mezzo” di comunicazione ma come “interlocutrice”), tra l‟uomo e l‟alieno
(elemento questo naturalmente non indicato da Gensini, ma immancabile quando si parla di
fantascienza) ed infine tra l‟uomo e gli altri anim ali terrestri.
Il primo capitolo della prima parte è dedicato ai media cartacei più tradizionali, dal libro alla
lettera. E‟ interessante osservare come alla base della decadenza sociale e culturale dell‟umanità,
V
nelle opere distopiche, vi sia quasi sempre il progressivo abbandono della lettura. I due fenomeni
sono strettamente legati da un rapporto di causa ed effetto. Il punto di partenza è l‟opera forse più
nota di Ray Bradbury, Fahrenheit 451, in cui è centrale il tema del rapporto tra comunicazione orale
e comunicazione scritta. Bradbury considera due manifestazioni antitetiche della comunicazione
orale: la televisione da una parte (quindi un codice comunicativo audiovisivo del „900) e la cultura
degli “uomini -libro” dall‟altra (un ritorno all‟oralità primitiva). Le simpatie dell‟autore vanno
chiaramente al secondo tipo di oralità. Tutta l‟opera è in realtà un‟efficace critica sociologica e
politica contro il maccartismo allora attivo negli USA, ma il tema è più generale e si ricollega ad
altre importanti opere di SF: si pensi ad esempio a Nineteen Eighty-Four di George Orwell, dove i
libri sono distrutti per essere riscritti secondo le esigenze politiche del momento, e in generale al
filone distopico.
Il terzo capitolo è interamente dedicato ai mass media quali televisione, cinema, telefono,
pubblicità, musica, radio, ecc. Notiamo che negli autori della metà del secolo passato vi è un
comune allarmismo nei confronti della TV, il “Grande Fratello” che serve il potere totalitario e
minaccia la nostra privacy. Dall‟altra parte si guarda con nostalgia al passato, ai libri che diventano
simbolo di una letteratura minacciata dall‟invadenza dei mass media nella nuova “società
dell‟immagine”.
Il quarto capitolo riguarda i nuovi media, basati sulla tecnologia digitale, che molti studiosi
hanno associato ad una “rivincita della scrittura”. Dagli autori più recenti sembra giungerci una
visione più ottimista simile a quella che autori di un secolo prima avevano degli allora nuovi media,
quelli cioè trattati nel terzo capitolo, appartenenti ad anni in cui la fiducia nella scienza e nel
progresso aveva il sopravvento sui pericoli di un suo uso distorto. Si pensi, per quanto riguarda il
computer, al genere cyberpunk degli anni Ottanta. Con gli anni Novanta torniamo invece ad una
visione più pessimista sotto molti aspetti.
Questa prima parte si conclude con una panoramica sulla telepatia nella SF. La menzione è
giustificata dalla grande quantità di opere di fantascienza che trattano questo tema così poco
“scientifico”, ten tando a volte di spiegarlo in termini razionali o pseudo-scientifici, sconfinando
spesso nel fantastico. L‟interesse per i fenomeni psichici, nato nel XIX secolo, ha contagiato molti
autori a partire da Edgar Allan Poe (vedi il suo noto racconto sul mesmerismo
17
che fa da tramite tra
il nostro mondo e l‟Aldilà, “The Fact in the Case of Mr. Valdemar”) e allo studio dello spiritismo da
parte di Sir Arthur Conan Doyle
18
, ha avuto un‟influenza notevole sulla fantascienza moderna,
tuttavia approfondirlo in questa sede ci porterebbe troppo lontano dal nostro argomento. Ciò che
poteva avere un fondamento scientifico ai tempi di Poe – e poteva quindi rientrare nella definizione
di fantascienza – oggi lo classificheremo piuttosto come “sovrannaturale”.
Gli stessi mezzi di comunicazione presi in considerazione nella prima parte li ritroviamo
anche nella seconda, utilizzati per la comunicazione con soggetti non umani. Certo, fino a qualche
tempo fa sarebbe parso assurdo rivolgersi ad una macchina, ma quando questa (sia essa il computer,
il robot o l‟androide) si avvicina all‟uomo al punto da identificarsi quasi con esso (vedi i replicanti
di Blade Runner) finisce inevitabilmente col diventare un “interlocutore”, un soggetto attivo della
comunicazione. Cessa insomma di appartenere alla categoria del “mezzo”.
Nel primo capitolo della seconda parte si è analizzata la visione che gli autori del passato
avevano del computer, mentre la scienza informatica si sviluppava parallelamente alla narrativa di
SF che ne anticipava di volta in volta alcuni aspetti, azzeccando o meno le previsioni (come ad
esempio l‟equazione dimensioni -potenza negli anni Cinquanta). Si è esaminato in dettaglio il
dialogo uomo-macchina, seguendo le importanti trasformazioni che si sono verificate dai primi
computer; “Prima” scriveva al riguardo Piero Angela già nel 1983 “per dialogare con un computer
era indispensabile seguire un corso di specializzazione, apprendere un linguaggio logico particolare,
trasformare le domande in schede perforate e saper leggere le risposte date dal computer su altre
schede perforate. In tempi più recenti il dialogo è stato agevolato dall‟introduzione di una tastiera
del tutto simile a una macchina da scrivere, da un video e da una stampante. Ora stanno per cadere
le barriere di questi linguaggi specializzati: già vengono costruiti computer in grado di dare risposte
VI
parlate. E, sia ben chiaro, quando diciamo che il computer parla non intendiamo riferirci a
frammenti di registrazioni ricombinati meccanicamente (come avviene in certi giocattoli) ma a una
sintesi elettronica della voce a partire dalle unità fondamentali che compongono il linguaggio
umano.”
19
Il tema si riallaccia naturalmente al cyberpunk già trattato nella prima parte della tesi da
un altro punto di vista.
Quanto al tema dell‟alieno, la comunicazione è strettamente legata all‟atteggiamento degli
extraterrestri nei confronti dell‟uomo e, viceversa, del nostro atteggiamento nei loro confronti.
Possiamo così distinguere nettamente gli alieni “buoni” dagli “invasori”. Con questi ultimi non c‟è
comunicazione – il prototipo è il marziano wellsiano de The War of the Worlds – mentre con i primi
il contatto non è sempre ugualmente proficuo per entrambe le parti; solo i bambini e i puri di cuore
possono ricevere il messaggio di pace e di fratellanza cosmica; questo è il messaggio di celebri
pellicole quali The Space Children ed E.T. – The Extra Terrestrial. Il mezzo di comunicazione
prevalente è la telepatia, il contatto mentale, che risolve economicamente ed elegantemente il
problema della lingua e della distanza culturale. Più realistici appaiono tuttavia i codici
comunicativi basati su segnali matematici (come in Contact), musicali e luminosi (vedi Close
Encounters of the Third Kind).
La radio e la televisione svolgono un ruolo importante come canali di diffusione della nostra
cultura terrestre presso altre intelligenze galattiche, le quali ci spiano, ci osservano e ci giudicano
attraverso le trasmissioni che viaggiano nel vuoto interstellare (il prototipo è The Day the Earth
Stood Still). Qualche volta il messaggio radio viene inviato intenzionalmente (e questo si sta già
facendo da anni nella realtà) ma è soprattutto inconsapevolmente che abbiamo rivelato la nostra
presenza agli eventuali alieni in ascolto. Nel punto in cui fantascienza e ricerca scientifica si
incontrano troviamo un film eccezionale sul quale vale la pena soffermarsi: Contact. Questa
pellicola ha trattato forse meglio di altre il delicato tema della ricerca della vita nel cosmo; non a
caso è stato tratto da un romanzo di Carl Sagan, il principale promotore del progetto SETI, che ha
collaborato alla lavorazione del film.
La figura dell‟alieno pacifico si alterna nelle pagine dei testi esaminati a quella
dell‟invasore, secondo oscillazioni legate a precisi momenti storici. L‟invasore è la proiezione,
l‟incarnazione dei timori delle popolazioni nei confronti di un generico invasore straniero: non per
nulla, durante gli anni della Guerra Fredda gli alieni venivano identificati con i russi. Si ricordi, a
questo proposito, la nota vicenda della trasmissione di Orson Welles ispirata nel 1938 al
capolavoro di Wells
20
che provocò disordini e panico nell‟America alla vigilia della Seconda
Guerra Mondiale. Esistono significative eccezioni; in pellicole quali The Day the Earth Stood Still e
The Space Children, tanto per citarne alcune, entrambe degli anni Cinquanta, sono i terrestri a farci
una figuraccia. Vedremo poi come il tema dell‟alieno vada scomparendo a partire dagli anni
Sessanta in letteratura (influenzata dalla new wave prima e dal cyberpunk poi – correnti tutte rivolte
all‟uomo, alla Terra e ai suoi problemi) mantenendosi sul grande e sul piccolo schermo (pensiamo
alla saga televisiva e poi cinematografica di Star Trek) che ci regala capolavori quali E.T. e la saga
di Star Wars. Negli anni Ottanta prevale decisamente l‟alieno buono, sul modello di E.T., mentre
nel decennio successivo si nota un ritorno all‟invasore con colossal quali Indipendence Day e Mars
Attacks!
Cosa ci aspetteremo dalla fantascienza alle soglie del terzo millennio, adesso che il futuro
tanto celebrato è finalmente giunto? Quali timori troveranno una conferma, quali sogni una
realizzazione? Quali nuovi media troveranno impiego nella quotidianità? Come si presenterà
davvero questo XXI secolo, il secolo fantascientifico per eccellenza?
Solo il tempo ci dirà fino a che punto gli autori del trascorso millennio sono stati profetici,
quanto sono state azzardate o poco lungimiranti le loro previsioni. Possiamo tuttavia vedere cosa sta
succedendo oggi per azzardare delle previsioni sul futuro. Vedremo che spesso è difficile tracciare
un confine netto tra scienza e invenzione fantastica, soprattutto in un campo quale il ciberspazio,
mentre altrove il presente contraddice spiccatamente l‟immaginari o fantascientifico del secolo
VII
appena trascorso. Se da una parte la fantascienza ha ispirato spesso la realtà, non è meno vero il
contrario, arrivando spesso a superarla.
________________________
1
Ho preso in esame – oltre ai francesi e ai russi più noti – anche alcuni autori nostrani che si sono dedicati occasionalmente alla fantascienza (come
Salgari o Buzzati) e altri di mestiere. La vicenda letteraria della fantascienza italiana meriterebbe un discorso a parte, essendo una storia complessa e
poco nota anche nel nostro paese. Per approfondimenti rimando alle opere di Cremaschi, di Montanari citati in bibliografia. Si veda anche l‟intervento
di Riccardo Valla, “La Science Fiction in Italia”, in appendice all‟edizione italiana di J. Sadoul, Histoire de la Science Fiction moderne, 1973 (Trad. it.
di G.Riverso, La storia della fantascienza, Milano, Garzanti, 1975). Ho cercato di spaziare anche in ambiti letterari un po‟ insoliti come ad esempio la
letteratura originale in esperanto; la lingua pianificata che, come hanno dimostrato Harry Harrison e Liven Dek, ha molti punti di contatto col genere
fantascientifico [Cfr. G.Cappa (a cura di), La lingua fantastica, Aosta, Keltia, 1994, pp. 7-8 e 285-297].
2
Cfr. T.Todorov, Introduction à la littérature fantastique, 1970 (Trad. it. di Elina Klersy Imberciadori, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti,
1991, p. 60)
3
Cfr. G.Montanari, La fantascienza, gli autori e le opere, Milano, Longanesi, 1978, pp. 15-19
4
Cfr. I.Cremaschi, Cosa leggere di fantascienza, Milano, Bibliografica, 1979, p. 7
5
Cfr. J.Sadoul, op. cit., p. 23)
6
Cfr. B.Aldiss, Billion Year Spree, 1973 (Trad. it. di Rumignani Pierantonio, Un miliardo di anni, Milano, Sugar, 1974, p. 9)
7
Cfr. I.Cremaschi, op. cit., p. 8
8
ibidem
9
Cfr. S.Solmi, Della favola, del viaggio e di altre cose, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi, 1971, p. 82.
10
“Uno scrittore e dilettante scienziato come Giulio Verne profetava indubbiamente giusto immaginando i cieli dell'avvenire pop olati di macchine
volanti; ma non poteva ideare quelle macchine che mediante una dilatazione fantastica dei dati della scienza del suo tempo (...). Il cannone della
Columbiad, che spedisce nella luna il suo proiettile abitato, è nello stile dell'artiglieria del tempo della guerra di Secessione (...) Perché la previsione
letteraria dello sviluppo tecnico appare, in definitiva, così casuale, che se domani si dovrà viaggiare nello spazio, come ora si va progettando, a mezzo
d'apparecchi con propulsione a razzo, vorrà dire che non ci avranno azzeccato né Verne o gli altri ottocenteschi con i loro cannoni spaziali, e neppure
Wells con la sua forza di antigravità, bensì, fino dal 1650, quel bello spirito di Cyrano de Bergerac, il quale si servì appunto, per un viaggio alla luna,
d'una specie di carretta volante sospinta in alto dall'esplosione di fuochi artificiali.” ivi, pp. 82-86
11
A proposito di un racconto da le Mille e una notte che narra di tre figli di re; “ognuno di loro desiderava conquistare una bellissima principessa e
colui che avesse offerto il regalo più straordinario avrebbe ottenuto in premio la mano della fanciulla. Senza dubbio i nostri lettori ricorderanno
l‟originale racconto in cui si narra di un tappeto volante, di un tubo in grado di mostrare quello che un amico lontano sta f acendo e di una mela capace
di dar sollievo alle sofferenze più atroci al solo respiro della sua fragranza. La ferrovia, il telegrafo e il cloroformio aromatizzato alla mela possono
evocare, anzi concretizzano, quotidianamente (…) ciò che nel racconto arabo si favoleggiava venisse realizzato dal tappeto, dal tubo e dal frutto.”
(Cfr. O.W.Holmes, Il mondo fatto immagine. Origini fotografiche del virtuale, Genova, Costa & Nolan, 1995, pp.17-18)
12
Cfr. Cesareo, Giovanni, “Tra previsioni e profezie: trent‟anni di p ronostici sul futuro della comunicazione”, in AAVV, Lo strabismo telematico.
Contraddizioni e tendenze della società dell‟informazione, Torino, UTET Libreria, 1996, pp. 3-42
13
Cfr. S.Gensini, Manuale della comunicazione. Modelli semiotici, linguaggi, pratiche testuali, Roma, Carocci, 1999, p. 21
14
“La comunicazione, lungi dal ridursi a una meccanica binaria di sì o no, 0 o 1, è un processo i cui valori “stanno fra 0 e 1” senza mai appiattirsi su
alcuna delle due estremità.” ivi, p. 25
15
ivi, p. 53
16
ivi, p. 74
17
Dal nome del medico tedesco Franz Mesmer che aveva studiato quello che chiamava magnetismo animale, cioè l‟impiego sugli esseri umani delle
tecniche di ipnosi. Nel racconto di Poe, il signor Valdemar viene ipnotizzato (“mesmerizzato”) in punto di morte e continua così, in una sorta di
“morte in vita”, a rispondere verbalmente (con voce cavernosa e spaventosa, ma senza muovere le labbra) al suo mesmerizzator e.
18
Il celebre creatore di Sherlock Holmes ha dedicato un intero romanzo all‟argoment o, The Land of the Mist (1926), dando un notevole contributo alla
diffusione delle sedute spiritiche, al punto da essere definito “il San Paolo dello spiritismo”. Inoltre si disse convinto de ll‟esistenza della telepatia. Cfr.
G.Pilo e S.Fusco, “Conan Doyle e lo spiritismo”, introduzione a Doyle, Arthur Conan, Tutti i romanzi fantastivi, vol. II, pp. 7-11, Milano, Newton
Compton, 1994
19
Cfr. P. Angela, La macchina per pensare (alla scoperta del cervello), Milano, Garzanti, 1983, p. 231
20
Vedi 2.2.1
1
CAPITOLO I
Il tramonto del libro
1.
Gli uomini-libro di Bradbury
Sul ruolo fondamentale della tecnologia cartacea nella storia dell‟umanità si sono soffermati
diversi teorici della comunicazione; primo fra tutti il canadese Harold Adams Innis, autore di una
storia delle comunicazioni pubblicata nel 1950
1
in cui afferma che “senza carta, cioè senza libri,
giornali e gazzette ufficiali, mastri e registri contabili, certificati azionari (e relative cedole per
l‟incasso dei dividendi), l‟economia contemp oranea non avrebbe potuto funzionare, e addirittura
non avrebbe potuto nascere.”
2
Dunque, continua Innis, visto che oggi il supporto cartaceo riveste
una tale importanza, questo deve essere stato valido in passato anche per la pergamena, il papiro, la
pietra e l‟argilla. Pur senza dimenticare il rilievo della comunicazione orale, Innis divide la storia
dell‟Occidente nei due periodi della scrittura e della stampa. Nel suo libro ricostruisce per sommi
capi la storia della comunicazione scritta, dall‟Egitto f araonico (in cui la casta degli scribi garantiva
al clero il monopolio della conoscenza) al mondo greco-romano, passando in rassegna i vari
supporti scrittori, il papiro e poi la pergamena che, strettamente legata alla diffusione del
cristianesimo, rimpiazzerà il papiro e sarà poi rimpiazzata, a sua volta, dopo il Mille, dalla carta. In
questi secoli, mentre si sta intanto facendo sempre più profonda la distanza tra latino e lingue
volgari, usate nella vita quotidiana; “nel mondo dei dotti diventa fondament ale la visione dello
scritto, non la comunicazione verbale, si afferma cioè una filologia dell‟ occhio, non dell‟ orecchio.”
3
Con la radio si avrà, molti secoli dopo, persino una rivincita dell‟oralità. Lo studioso
canadese giunge fin qui. Oggi potremmo aggiungere che con la televisione più che mai la
comunicazione orale – oltre che visiva – fluisce nelle case e si estende su grandi spazi geografici. E‟
importante sottolineare che “la comunicazione non consiste per Innis solo nel suo contenuto, ma
anche (forse soprattutto) nel suo veicolo, che può essere concreto (una tavoletta cerata, un
quotidiano), ma anche immateriale (una strada, una rotta marittima).”
4
Le conclusioni di Innis
introducono un concetto che diverrà una frase chiave negli studi sulla comunicazione: il medium è il
messaggio, cioè i veicoli della comunicazione contano e contano nella misura in cui gli strumenti
del comunicare sono in diretta relazione con il potere.
La seconda guerra mondiale e l‟inizio della guerra fredda convinsero Innis e Eric A.
Havelock, un classicista che aveva pubblicato un libro sul rapporto tra scrittura e oralità ai tempi di
Omero, dell‟esistenza di un nesso stretto tra comunicazione, monopolio della conoscenza,
formazione di imperi territoriali ed economici, e la guerra. Il concetto viene ribadito da Mattelart, il
quale prende in considerazione le varie vicende belliche partendo dalla campagna d‟Egitto di
Napoleone (1798) che si avvaleva di un apparato di comunicazione all‟avanguardia per l‟epoca
(stampatori, stazioni di telegrafo ottico) fino ad arrivare alle moderne tecnologie all‟opera durante la
guerra del Golfo (1991) e, aggiungiamo, alla recentissima guerra condotta dagli USA contro i
terroristi afgani. La comunicazione, come la guerra, è proclamata “agente di civilizzazione”; le
miserie della conquista che vanno di pari passo con i “benefici della pace”. Lo sbarco dei marines a
Cuba fu giustificato con “la pretesa di aiutare gli autoctoni a liberarsi di un impero spagnolo
moribondo. Per la prima volta nella storia, l‟opinione pubblica, sobillata da una stampa
sensazionalistica, diviene l‟alibi di un intervento imperiale.”
5
2
Per Innis e Havelock la scrittura riveste tale importanza nella società umana perché “da un
lato è la catena che lega l‟umanità e la imprigi ona nella rete di comando e di controllo degli imperi
– strutture fondate sul „monopolio della conoscenza‟ – dall‟altro è però lo strumento che meglio
serve all‟intellettuale dissenziente per diffondere le idee antagoniste tra un pubblico vasto.”
6
Questa
doppia faccia della scrittura è evidente negli autori di SF attivi negli anni Cinquanta, che proprio
delle loro opere si servirono per lanciare pesanti accuse verso la società del loro tempo. Nei mondi
futuribili da loro descritti la scrittura e in particolare il supporto cartaceo è visto con sospetto, se non
proprio con rifiuto, a vantaggio della televisione, eppure non è la scrittura l‟arma dei dissenzienti
ma spesso l‟oralità. Caso emblematico è il romanzo dell'americano Ray Bradbury (1920),
Fahrenheit 451
7
(1951) che analizzeremo in dettaglio nel presente capitolo.
L'opera appartiene al genere delle distopie o utopie negative, vale a dire la descrizione di un
mondo immaginario che serva, almeno nelle intenzioni dell'autore, come modello da evitare (così
come nell'utopia si definisce il modello da seguire come stato perfetto). La distopia ha una storia
più recente rispetto al genere utopico. Quest'ultimo si fa generalmente risalire alla Repubblica di
Platone fino ad arrivare a Thomas Moore che conia il termine nel suo De optimo reipublicae statu
deque nova insula Utopia (1516). Successivamente si ha un prevalere della distopia in letteratura
8
;
nel '900 ad esempio le opere a carattere utopico sono rare; oltre ad Island (1962) di Aldous Huxley
(1894-1963) c‟è chi considera A Modern Utopia (1905) di H.G.Wells (1866-1946) “l‟ultima delle
grandi utopie e la prima a capire che da allora in poi, con il progredire delle comunicazioni, nessuna
isola o continente sarebbe stato grande abbastanza per contenere uno stato perfetto: doveva essere il
mondo intero o nulla.”
9 A differenza dei predecessori, i quali avevano ambientato le loro utopie in
luoghi isolati sulla Terra, Wells immagina un intero pianeta, posto ai limiti opposti dell‟universo,
fisicamente identico al nostro pianeta e lo fa visitare da due personaggi terrestri che vi sono capitati
per vie misteriose. Il libro è una via di mezzo tra un saggio e un‟opera narrativa.
Gli studiosi sono sostanzialmente d'accordo nel ricercare l'antenato della moderna distopia
nei Gulliver's Travels di Jonathan Swift (1726)
10
. Della satira ed ironia di Swift si servono molti
scrittori americani della fantascienza degli anni Cinquanta: un„ondata di autori facenti parte di
quella che Pagetti indica come social science fiction o fantascienza sociologica, nata e sviluppatasi
negli stessi anni, si noti, in cui Innis esprimeva le sue teorie sulla comunicazione
11
. Nata come
reazione alla situazione stagnante dell'America di quel periodo, con la guerra fredda, il maccartismo
e l'avvento dei persuasori occulti pubblicitari, essa conta autori come Frederick Pohl, Robert
Sheckley, Philip K. Dick, Frank Herbert e altri che Pagetti elenca nel suo saggio, ma è su Bradbury
e sulle sue opere che si sofferma definendo fondamentale la sua posizione nell'ambito della
moderna SF americana.
Fahrenheit 451 si svolge a Los Angeles in un futuro imprecisato. I libri sono stati banditi ed
è un reato possederne uno. Montag è un “pompiere” incaricato di bruciare i libri nascosti nelle
abitazioni, tutte incombustibili, il che spiega come mai si è dimenticata l'originaria funzione dei
pompieri, cioè di spegnere il fuoco anziché appiccarlo. Egli svolge il suo lavoro con piacere e senza
farsi troppe domande. Il titolo del romanzo riprende il numero riportato sulla divisa dei pompieri,
ossia la temperatura alla quale la carta prende fuoco. Il motto degli addetti agli incendi è: “Il lunedì
bruciare i luminari della poesia, il mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in cenere e poi
bruciare la cenere”. E' l'incontro casuale con la sua vicina di casa, Clarisse McClellan, che gli fa
sorgere dei dubbi sul suo mestiere e lo introduce a poco a poco nel suo mondo fuori dalle regole.
Dal primo colloquio con Clarisse, una ragazza diciassettenne nipote di un sovversivo, apprendiamo
che Montag non ha mai letto un solo libro tra quelli bruciati in dieci anni di lavoro, e non soltanto
perché contro la legge. La gente è abituata a pensare ai libri con un senso di pericolo, indicandoli
come causa della passata infelicità del genere umano. Nelle case le persone sono circondate da
enormi schermi televisivi che occupano intere pareti, tenuti sempre accesi. I personaggi della TV
sono considerati membri della famiglia, alla stregua di cugini e zii. Esistono persino commedie
televisive personalizzate e “interattive” in cui lo spettatore è chiamato a partecipare leggendo da
casa delle battute. Ci si addormenta con microcuffie a conchiglia inserite nelle orecchie
3
(anticipazione delle nostre radioline walkman). Altre forme di svago sono le corse spericolate in
automobile, a velocità folle, tanto che i cartelloni pubblicitari hanno assunto dimensioni colossali
sulle autostrade per dare modo agli automobilisti di leggerli. La velocità è diventata la regola; lo zio
di Clarisse viene arrestato perché sorpreso a guidare a settanta chilometri orari.
La TV entra anche a scuola. Viene da chiedersi dove e come la gente impari a leggere - perché
comunque Montag stesso non è un autodidatta - visto che la lettura è proibita, anche se è vero che
non tutti i libri sono fuori legge: si salvano i manuali e i testi tecnici. Il personaggio di Clarisse esce
presto di scena, investita da un'automobile. L'altro personaggio femminile è opposto e
complementare. Montag è sposato con Mildred, una moglie ottusa e teledipendente, perfettamente
integrata. Si capisce che tra i due si capisce non c'è un rapporto basato sull'amore ma sull'abitudine.
Quando Montag, impressionato da una donna che preferisce bruciare insieme alla sua biblioteca
piuttosto che lasciarlo fare ai pompieri, decide di portarsi a casa di nascosto qualche libro, Mildred è
terrorizzata. Dapprima cerca di convincere il marito a sbarazzarsene, infine lo denuncia. Nel
frattempo questi ha cominciato ad appassionarsi alla lettura prendendo coscienza della situazione
alienante in cui è costretto a vivere. Trascura il lavoro e viene ripreso dal suo capo. Il colloquio tra i
due è illuminante per capire la logica della società descritta da Bradbury:
"Quando ha avuto origine questo nostro lavoro, tu vuoi sapere, non è vero? come si determinò e dove e quando? Bene, a
dirti la verità sembra che abbia avuto inizio dopo un certo evento chiamato Guerra di Secessione. Ma il nostro
Regolamento sostiene che la milizia del fuoco sia stata fondata anche prima. Il fatto è che la società non ha vissuto bene
che quando la fotografia ha cominciato a vivere di vita propria. Poi... il cinematografo nella prima metà del ventesimo
secolo. La radio, la televisione... Le cose cominciarono allora ad avere massa (...) e poiché avevano massa, divennero
più semplici (...) Un tempo, i libri si rivolgevano ad un numero limitato di persone, sparse su estensioni immense. Ed
esse potevano permettersi di essere differenti (...). Ma in seguito il mondo si è fatto sempre più gremito di occhi, di
gomiti, di bocche. La popolazione si è raddoppiata, triplicata, quadruplicata. Film, radio, riviste, libri si sono tutti
livellati su un piano minimo, comune, una specie di norma dietetica universale (...) Immagina tu stesso: l'uomo del
diciannovesimo secolo coi suoi cavalli, i suoi cani, carri, carrozze, dal moto generale lento. Poi, nel ventesimo secolo, il
moto si accelera notevolmente. I libri si fanno più brevi e sbrigativi. Riassunti. Scelte. Digesti. Giornali tutti titoli e
notizie, le notizie praticamente riassunte nei titoli. (...) Le opere dei classici ridotte così da poter essere contenute in
quindici minuti di programma radiofonico, poi riassunte ancora in modo da stare in una colonna a stampa, con un tempo
di lettura non superiore ai due minuti; per ridursi poi ad un riassuntino di non più di dieci, dodici righe di dizionario (...).
La durata degli studi si fa sempre più breve, la disciplina si allenta, filosofia, storia, filologia abbandonate (...). La vita
diviene una cosa immediata. (...). Perché imparare altra cosa che non sia premere bottoni?"
12
In pratica il tempo libero che si produce in questo modo viene impiegato nello sport, nel
divertimento e nelle distrazioni. Trionfano le illustrazioni. La gente assimila sempre meno. Si
vendono sempre meno libri, sopravvivono fumetti e riviste erotiche tridimensionali. Non è stato il
governo a decidere. All'origine non ci sono editti e censure. La stessa tecnologia e la pressione delle
minoranze ha determinato il tramonto del libro.
Il termine “intellettuale” diviene spregiativo. Il
primo della classe, dall'intelligenza superiore, è una minaccia per l'uguaglianza. La gente vuole
livellarsi: ognuno, per dirla con Bradbury, “ viene fatto uguale”. Si comincia a bruciare i libri ed i
pompieri, assunto il nuovo compito, diventano “custodi della nostra pace spirituale.”
13
Il fuoco
diventa così in Bradbury un simbolo di purificazione e distruzione insieme, finalizzato a preservare
la gioia spensierata degli uomini, i quali per essere felici non devono farsi troppi problemi di
carattere filosofico ed esistenziale, ed evitare qualsiasi sforzo intellettuale. La televisione si
sostituisce ai media cartacei in quanto risparmia allo spettatore la fatica di leggere
14
. Sul ruolo
passivo degli audiovisivi torneremo in un capitolo successivo.
La rivolta di Montag, iniziata con le sue letture proibite e con l'incontro con Faber, un
sovversivo con cui elabora un piano per nascondere i libri nelle case degli incendiari e far crollare il
Sistema, diventa palese nel momento in cui incenerisce il suo superiore col lanciafiamme, dopo aver
appiccato il fuoco alla propria casa per ordine di quest'ultimo. Comincia così una lunga fuga,
seguita dalla televisione
15
, che si conclude con l'assassinio di un capro espiatorio, che i media
hanno spacciato per il fuggiasco, mentre il vero Montag è riescito a far perdere le proprie tracce e a
4
rifugiarsi presso una comunità di barboni, ai margini della città. Abbiamo a questo punto la
felicissima invenzione narrativa degli uomini-libro. L'ultima parte del romanzo è centrata su queste
figure di emarginati che si sono organizzati in una sorta di biblioteca vivente. Si tratta di ex-docenti
ed intellettuali in un esilio volontario, dimenticati dalla società, personaggi poetici e ottimisti.
Ciascuno di loro ha imparato a memoria un libro a lui particolarmente caro, per la paura di perderlo,
all'inizio per caso, senza un progetto sistematico. Esistono anche delle copie sparse presso varie
comunità, nel caso che succeda qualcosa ad un individuo. I libri imparati a memoria vengono poi
tramandati oralmente ai figli, e da questi ai nipoti fino al giorno in cui si sperache , in un futuro
migliore, i libri verranno ristampati. Ognuno di questi ribelli è un “archetipo vivente”
16
, conosciuto
col nome del libro di cui è custode, in molti casi l'ultima copia esistente al mondo; una copia
vivente, si badi bene, dal momento che anche presso di loro i libri vengono bruciati, dopo essere
stati memorizzati.
"Leggevamo i libri e poi li bruciavamo, per paura che ce li trovassero in casa. I microfilm non servivano, eravamo
sempre in viaggio, non volevamo dover sotterrare il film in attesa di ritornare. Sempre il rischio di essere scoperti!
Meglio tenersi tutto quanto in testa, dove nessuno può venire a vedere o sospettare nulla! Noi siamo tutti pezzi e
bocconi di storia, letteratura, codice internazionale, Byron, Tom Paine, Machiavelli o Gesù Cristo (...) Trasmetteremo i
libri ai nostri figli, oralmente, e lasceremo ai nostri figli il compito di fare altrettanto coi loro discendenti. Naturalmente,
molte cose andranno perdute, con questo sistema. (...) La cosa più importante che abbiamo dovuto piantarci duramente
in testa fu che non contavamo, che non eravamo importanti, non dovevamo considerarci e non dovevamo essere dei
maestri: non dovevamo sentirci superiori (...) Alcuni dei nostri vivono in piccole città, in paesi e villaggi: il Capitolo
primo, il Walden di Thoreau, abita a Green River, il Capitolo Secondo a Willow Farm, Maine; diammine c'è un paesino
nel Maryland, con soltanto ventisette abitanti, nessuna bomba colpirà mai quel villaggio, che rappresenta la raccolta
completa dei Saggi di un uomo chiamato Bertrand Russell. E quando la guerra sarà finita, uno di questi giorni, o uno di
questi anni, si potranno riscrivere i libri, e la gente sarà chiamata, le persone verranno a una a una a recitare quello che
sanno e noi ristamperemo ogni cosa, fino a quando le tenebre di un nuovo Medio Evo non ci costringeranno a
ricominciare tutto da capo. Ma questa è la cosa meravigliosa dell'uomo: che non si scoraggia mai, l'uomo, o non si
disgusta mai fino al punto di rinunciare a rifar tutto da capo, perché sa, l'uomo, quanto tutto ciò sia importante e quanto
valga la pena di essere fatto."
17
Intanto la città in lontananza viene rasa al suolo durante un bombardamento, cancellando la
vecchia civiltà; qua e là nel romanzo erano infatti apparsi accenni ad aerei militari che sorvolavano
la città e ad un conflitto lontano, marginale alla narrazione ma interessante per il nostro discorso
iniziale sul rapporto comunicazione-guerra. Restano Montag e i vagabondi intellettuali col compito
di ricostruire tutto. Come la mitica Fenice che risorge dalle sue ceneri l'uomo ricomincia sempre
tutto da capo.
Nel 1966 François Truffaut trae l'omonimo film dal romanzo di Bradbury, sostanzialmente
fedele al libro
18
. Il film si apre con immagini di antenne televisive ed una voce femminile che ci
informa sugli attori e sul regista (una trovata, quella di bandire la scrittura persino dai titoli di testa,
che vuole riallacciarsi al tema della storia). Sono poche le differenze col libro degne di nota; nella
pellicola ad esempio il personaggio di Clarisse (Clarissa nel film, interpretata da Julie Cristhie) ha
maggiore spazio. Manca il “segugio meccanico” in caricato della caccia a Montag, le corse in
automobile ed in generale l'aspetto più tecnologico del romanzo. La fuga del protagonista è più
breve. Vediamo la casa di Montag e Mildred (Linda nel film, interpretata anch‟essa dalla Cristhie)
dominata da uno schermo televisivo e da almeno tre telefoni; nella scena dell'avvelenamento della
moglie, Montag passa da un telefono all'altro. In un'altra scena lo vediamo in poltrona mentre
sfoglia un curioso giornale a fumetti privo persino delle classiche nuvolette. Quando scopre il
piacere della lettura, comincia da un libro di Dickens seguendo le parole stampate col dito e
leggendo lentamente e a voce alta come un bambino delle elementari. Il regista rende omaggio a
Bradbury inserendo l'immagine delle sue Cronache marziane che bruciano nell'immenso rogo in
casa della vecchia, insieme ad altri titoli della letteratura mondiale dell'Otto-Novecento. Truffaut
dichiarò di voler dare l'impressione che bruciassero uomini anziché libri. Anche il film si chiude
con la visione fiduciosa del mondo degli uomini-libro, mentre cade la prima neve dell'inverno.
5
Il giudizio di Pagetti sul romanzo di Bradbury
19
non è del tutto positivo. Secondo il critico
l'unità sarebbe spezzata dalle parti didascaliche, tuttavia inevitabili nel genere distopico, e da una
certa inconsistenza dei personaggi e dei loro rapporti. A parte questo ribadisce l'importanza del
romanzo, così legato al presente e fedele all'insegnamento di Orwell di Nineteen Eight-Four
20
(1949). La Los Angeles del futuro è ben caratterizzata quanto la Londra di Orwell. Come sottolinea
l'autore stesso in un‟intervista
21
il romanzo nasce come attacco esplicito al regime del senatore
MacCarthy, molto attuale in quegli anni. Ci sono punti in contatto anche con Brave New World di
Aldous Huxley (1932), “in entrambi i romanzi l'umanità ha rinnegato la conoscenza in nome di una
fittizia felicità (...). Ma i bersagli di Bradbury sono più precisi; il ricordo dei roghi nazisti non è
ancora spento”
22
.
Guardamagna nota anche che, mentre in Huxley abbiamo la creazione di un mondo nuovo,
in Fahrenheit 451 abbiamo un'America futura in cui si sviluppano certe tendenze già proprie del
presente; “i cartelli pubblicitari che incombono sulle strade e sui pensieri sono semplicemente più
grandi”
23
. Ricordiamo che all'inizio degli anni cinquanta la TV era ancora un medium
relativamente nuovo. “In questo mondo i tabù sono molti (...) ma il tabù essenziale sono appunto „i
libri‟ (...) temuti, ambigui, misteriosi (...). E' notevole come l'oggetto proibito si a reso (...)
prodigiosamente raro e prezioso (...) rischia di feticizzarsi religiosamente come Simbolo della
Cultura Minacciata.”
24
Non sono i libri in sé ad essere minacciati, ma qualcosa che un tempo vi era contenuto,
qualcosa che potrebbe essere detto anche con i media più recenti (nei salotti, alla TV). La differenza
consiste nel fatto che un libro si può chiudere, ad un libro si può dire „aspetta‟, “mentre non si può
dire aspetta alla violenza della civiltà dei televisori a tutto volume, stereofonia urlante che travolge,
cinerama allargato a trecentosessanta gradi e così via.”
25
In Fahrenheit 451 la società tirannica è
forte ma non abbastanza da cancellare la memoria, come avviene invece in Orwell.
Sergio Solmi si è occupato di Bradbury in un breve articolo pubblicato sulla rivista “Nuovi
Argomenti” (n.13, marzo -aprile 1955, pp. 100-103), inserito poi in volume insieme ad altri scritti
sulla fantascienza e sul fantastico. Insieme a The Martian Chronicles (1950) e The Illustrated Man
(1951) cita anche Fahrenheit 451 giudicandolo però inferiore ai primi due. Sottolinea l'odio
dell'autore per la civiltà meccanica e verso ogni totalitarismo nel descrivere un mondo “in cui la
cultura è stata messa al bando, i libri bruciati da apposite squadre di pompieri incendiari, e
rimangono solo radio e televisione manovrate dai governanti tirannici per incretinire
definitivamente il popolo ai fini delle loro guerre di conquista e di sterminio”
26
.
Come ci ricorda Manferlotti
27
i roghi letterari hanno precedenti storici illustri; oltre a quelli
nazisti, ricordiamo l‟incendio della biblioteca di Alessandria. In letteratura anche Wells ne parla in
When The Sleeper Wakes (1899), A.Burgess in MF (1971) e A.Huxley nell'altra celebre distopia
Ape and Essence (1949), in quest'ultima i libri vengono bruciati non per ragioni ideologiche, ma
semplicemente per ottenere del fuoco. Un altro rogo di libri nella narrativa di Bradbury compare in
un racconto breve, "The exiles", dalla raccolta The Illustrated Man in cui la società positivistica e
tecnologica del 2020 ha cominciato a bruciare i classici dell'horror e dell'occulto, bandendo in
questo modo la superstizione e il misterioso. Un secolo più tardi la prima astronave giungerà dalla
Terra su Marte e vi troverà gli spiriti dei grandi autori dimenticati insieme ai loro personaggi, che,
guidati da Edgar Allan Poe, si sono rifugiati sul pianeta rosso in attesa di tempi migliori.
Continueranno a sopravvivere finché non sarà distrutta anche l'ultima copia dei loro libri, il che
avviene puntualmente alla fine del racconto malgrado tutti i tentativi per impedire l‟atterraggio e il
conseguente esodo verso pianeti più lontani.
Una vicenda simile, che anticipa alcuni punti di Fahrenheit 451, la troviamo in “Usher II”,
racconto incluso in The Martian Chronicles. Qui si immagina che il rogo della letteratura avvenga
nel 1975; trent‟anni dopo, un eccentrico miliardario costruire sul suolo marziano una copia fedele
della casa del celebre racconto di E.A.Poe “The Fall of the House of Usher”, la riem pie di copie
meccaniche delle creature fantastiche più disparate e vi organizza una festa in maschera a cui invita
i fautori dei roghi. La vendetta organizzata dal diabolico miliardario, difensore del genere horror,
6
sarà terribile ma non servirà a far risuscitare l‟antica letteratura. Gli autori del passato non hanno
più niente da dire nell'universo creato da Bradbury.
Lo scrittore, emarginato nella nuova società del futuro, è condannato ad un triste destino. In
“The pedestrian”
l‟ultimo pedone viene fermat o di notte ed interrogato da un‟auto della polizia,
meccanizzata, e scambiato per un pericoloso malvivente solo perché non si allinea con la società
conformista. Quando gli viene domandata l‟occupazione, il protagonista dichiara di essere uno
scrittore. La macchina commenta significativamente: “Senza occupazione”.
A mezzo secolo di distanza dal capolavoro di Ray Bradbury, Fahrenheit 451, è evidente che
i timori espressi dall‟autore statunitense nella sua anti -utopia si sono rivelati in buona parte
infondati. Sì, è vero che la TV si è diffusa in ogni casa e che la qualità dei programmi è spesso
infima, tuttavia il libro si difende ancora bene. Vi sono nazioni, come l‟Italia, in cui si legge poco
(se prendiamo per buoni i dati riportati da Maremmi
28
nel nostro paese sono considerati forti lettori
quelli che leggono quindici libri all‟anno). La situazione in Italia farebbe pensare all‟inutilità di una
proibizione della lettura, come avviene nell‟America del futuro in Bradbury, quanto piuttosto ad
una morte del libro per disinteresse; tuttavia, nonostante la concorrenza dei nuovi media, l‟industria
libraria è ancora ben lontana dal fallimento persino nel nostro paese. Ci sono però segnali
inquietanti; nel nostro paese l‟offerta di libri supera di gran lunga la do manda. In altre parole si
scrive più di quanto si legga. Gli autori giovani fanno fatica a trovare un editore disposto a
pubblicarli; è sempre più difficile vendere i romanzi nuovi a meno che non rechino una firma già
nota. Esistono le tipografie che pubblicano a spese dell‟autore e anche tipografi che, spacciandosi
per editori, compiono operazioni al limite della truffa. Tra autore ed editore c‟è sempre stata poca
simpatia reciproca e poca collaborazione, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano dal nostro
argomento. Il mercato è in crisi; aumentano i costi di produzione e i prezzi dei libri mentre “l‟esiguo
pubblico dei lettori accenna sì e no a crescere (o almeno c‟è chi lo dice)”
29
. Il pubblico è influenzato
dalle notizie-pettegolezzo sul tale libro. Le cifre parlano chiaro; “in Italia si stampano circa 50.000
libri all‟anno (contro gli 8000 circa del 1955) con un incremento medio di circa 1000 libri all‟anno.
(…) D‟altra parte, perché tra tempo libero e tempo da dedicare ai libri dovrebbe esserci per forza
una correlazione? Siamo (e resteremo) al primo posto fra i popoli che maneggiano e sfogliano
rotocalchi e giornalini e fumetti.”
30
La crisi lamentata dagli editori (Maremmi, autore di un libro
sulla delicata questione, è egli stesso il proprietario di una piccola casa editrice che pubblica a spese
degli autori) un po‟ smentisce, un po‟ conferma le pessimistiche previsioni di Bradbury. La
situazione italiana è compensata tuttavia da altre nazioni in cui la media di libri letti nell‟arco di un
anno è molto più alta. Questo non ci dice nulla sulla qualità della lettura ma è comunque un dato
incoraggiante.
Concludiamo con un‟osservazione riguardo alle figure degli uomini -libro che ci riporta al
rapporto scrittura-oralità a cui abbiamo accennato all‟inizio del capitolo. Queste figure di “aedi”
clandestini ci ricordano un po‟ la società prevalentemente analfabeta in cui si muoveva Omero
assieme agli altri aedi greci, gli stessi che, come scrive Havelock nel suo libro
31
, creavano un
rapporto quasi ipnotico col pubblico basato sul piacere della reiterazione (lo stesso piacere che si
prova ancora oggi, da bambini, nel sentirsi ripetere più volte la fiaba preferita).
______________________________
1
Empire and Communications. Tutte le notizie riguardo a Innis e agli altri studiosi della scuola nordamericana sono tratte da M.Sanfilippo e
V.Matera, Da Omero ai cyberpunk. Archeologia del Villaggio Globale, Roma, Castelvecchi, 1995
2
ivi, p. 14
3
ivi, p. 18
4
ivi, p. 19
5
Cfr. A.Mattelart, La communication-monde. Histoire des idées et des stratégies, 1991, Paris, ditions Anthropos (La comunicazione mondo,
Milano, Il saggiatore, 1994, p.10)
6
Cfr. M.Sanfilippo e V.Matera, op. cit., p. 28
7
Trad. it di Giorgio Monicelli, Fahrenheit 451, Milano, Mondadori, 1989. Il romanzo appare in rivista nel 1951, più breve e col titolo di The fireman,
quindi in volume nel 1953.
8
Manferlotti parla di "cannibalismo letterario: l'anti-utopia divora l'utopia", cfr. S.Manferlotti, Anti-utopia. Huxley, Orwell, Burgess, Palermo,
7
Sellerio, 1984, pp. 39 e seg.
9
Cfr. B.Aldiss, Billion Year Spree, 1973, London, Corgi (Trad. it. di Rumignani Pierantonio, Un miliardo di anni, Milano, Sugar, 1974, p. 136)
10
Cfr. tra gli altri:
D.Guardamagna, Analisi dell'incubo. L'utopia negativa da Swift alla fantascienza, Roma, Bulzoni, 1980
C.Pagetti, Il senso del futuro. La fantascienza nella letteratura americana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1970
C.Marini, Fantascienza e educazione, Urbino, Quattroventi, 1989
e il già citato Manferlotti.
11
Cfr. C.Pagetti, op. cit., p. 214
12
Cfr. Bradbury, op. cit., pp. 64-66
13
ivi., p. 70
14
Cfr. M.Morcellini (a cura di), Il mediaevo. TV e industria culturale nell‟Italia del XX secolo, Roma, Carocci, 2000, p.43
15
La caccia all'uomo trasformata in uno show televisivo è un tema ricorrente della fantascienza. Vedi 1.3.1
16
Cfr. L.Cesarini Martinelli, La filologia, Roma, Editori Riuniti, 1984
17
Cfr. Bradbury, op. cit., p. 179-181
18
Cfr. G.Mongini, Storia del cinema di fantascienza, Roma, Fanucci, 1976-77, vol. II, pp. 133-136
19
Cfr. C.Pagetti, op. cit., pp. 207-212
20
Anche in Orwell il fuoco provvede a distruggere documenti compromettenti, gettati in uno dei molti buchi della memoria disseminati in ogni stanza
e corridoio: speciali fessure in comunicazione con i forni nei sotterranei.
21
Lo stesso brano dell'intervista, concessa a Show nel 1965, è riportato anche da Guardamagna, op. cit., p. 79
22
Cfr. C. Pagetti, op. cit., p. 209
23
Cfr. D.Guardamagna, op. cit., p.78
24
ivi., pp. 88-89
25
ivi, p. 90
26
Cfr. S.Solmi, Della favola, del viaggio e di altre cose, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi, 1971, pp. 115
27
Cfr. S.Manferlotti, op. cit., p. 66
28
Cfr. G.Maremmi, L‟agenda dello scrittore (estratto della quinta edizione), Firenze, Firenze Atheneum, 1996, p. 7
29
ivi, p. 9
30
ibidem
31
Preface a Plato (1963), tradotto in Italia come Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, Bari, Laterza, 1973
8
2.
Gli autori dimenticati
Nei mondi futuri immaginati da alcuni autori si prefigurano tempi duri per la letteratura del
passato. In qualche caso resta un gruppo di ribelli che ne tramandano la memoria, come in
Fahrenheit 451. Abbiamo già visto i fantasmi degli autori esuli su Marte nel racconto di Bradbury
“The exiles” e analizzeremo più avanti il caso di Orwell e di Huxley. Si tratta spesso di una
battaglia persa e i classici sono destinati a soccombere insieme agli ultimi strenui difensori, in nome
del progresso e di una società dominata dalla scienza. E' il caso di un curioso romanzo di Jules
Verne (1828-1905), Paris au XX
e
siècle
1
, abbandonato alla prima stesura nel 1863 e pubblicato solo
nel 1994 dalla casa editrice francese Hachette che annunciò con grande clamore questa riscoperta.
Anche questo romanzo, come molte delle opere prese in considerazione, rientra nel genere
della distopia. Verne immagina la capitale francese nel 1960, quasi un secolo nel futuro rispetto alla
sua epoca, come una città dominata dalla tecnologia, con moderne linee metropolitane, le
automobili (qui chiamate gaz-cabs traducibile in gasmobili), la folla, la luce elettrica che illumina i
boulevard, con straordinaria preveggenza. Siamo in pieno clima positivista; Verne ci mostra tuttavia
una scienza degenerata nell‟adorazione delle mac chine e del denaro e nel ripudio di tutto ciò che
non è „pratico‟, come l‟arte e la poesia.
Il romanzo si apre con la descrizione della cerimonia annuale di distribuzione dei premi
della Società Generale di Credito Istruzionale, un enorme istituto scolastico che riunisce in sé tutti i
livelli d‟istruzione, dalle scuole elementari all‟Università. L‟educazione ha raggiunto tutte le classi
sociali cosicché “se nessuno leggeva più, almeno tutti sapevano leggere, e addirittura scrivere”
2:;
l‟istruzione scolas tica è diventata nel 1937, un‟impresa privata perché “costruire e istruire è tutt‟uno
per degli uomini d‟affari, visto che l‟istruzione, in fondo, non è altro che un tipo di costruzione, solo
po‟ meno solido”
3
. Naturalmente le materie privilegiate sono quelle scientifiche ed economiche,
mentre quelle umanistiche risultano sacrificate. Gli insegnanti di lingue antiche si ritrovano con
classi di tre allievi, a volte uno solo, e per giunta poco interessati. Infine vengono soppresse. Lo
stesso francese, irrimediabilmente corrotto dall'inglese, viene trascurato a vantaggio delle altre
lingue vive, soprattutto quelle orientali.
Il protagonista, un giovane di nome Michel Dufrénoy, uno dei pochi artisti rimasti, ritira il
premio per una composizione in latino (il premio consiste in un libro di economia) arrossendo per la
vergogna tra l‟ilarità generale. L‟intero romanzo oscilla continuamente tra il tragico e il comico.
Michel, figlio d‟arte, rimasto orfano nell‟infanzia è ospite poco gradito in casa dello zio banchi ere,
uomo pratico ma insignificante (“disprezzava sovranamente le arti, e soprattutto gli artisti, per dare
a credere che li conosceva; per lui, la pittura si fermava al bozzetto, il disegno all'assonometria, la
scultura al calco, la musica al fischio delle locomotive, la letteratura ai bollettini della Borsa.”
4
)
Questi impone al nipote un lavoro da ragioniere nella sua banca, occupazione per la quale non è
evidentemente portato. Dopo una serie di incidenti e figuracce viene assegnato alla dettatura del
Libro Mastro. Qui conosce Quinsonnas, musicista clandestino che, in attesa di tempi migliori,
redige il gigantesco libro mastro, alto venti piedi con pagine larghe tre metri, dotato di un
meccanismo intelligente per orientarlo come un telescopio e con un sistema di passerelle che si
alzano e abbassano. I due diventano subito amici e frequentano insieme la casa di un altro zio di
Michel, Huguenin, rinnegato dalla famiglia perché amante della letteratura antica. Questo terzo
personaggio, che si unisce al piccolo gruppetto di “bocche inutili per la società” incoraggia ed
insieme mette sull‟avviso il nipote sui rischi di tale mentalità. Notare che qui la lettura non è
proibita dalla legge come nel romanzo di Bradbury, tuttavia il destino di chi non si allinea col resto
della massa non è meno duro: Michel, esaltato dallo spirito degli antichi scrittori, morirà di fame e
9
di freddo alla fine del romanzo, invocando il nome dell‟amata Lucy.
Michel aveva incontrato lo zio impiegato alla Biblioteca Imperiale al termine di un inutile
pellegrinaggio tra le varie biblioteche parigine, alla ricerca dei classici del XIX secolo. Verne ci dà
un assaggio divertito dei titoli delle raccolte di poesie moderne; le Armonie elettriche, le
Meditazioni sull'ossigeno, le Odi decarbonate, e così via (ci ricordano lo stile futurista con le sue
celebrazioni della macchina e del progresso). L‟autore, tramite Huguenin, dipinge un quadro
desolato: “La letteratura è morta (...) guarda queste sale deserte, e questi libri sepolti nella loro
polvere; non si legge più; io sono il guardiano di questo cimitero, dove l'esumazione è vietata.”
5
I principali mezzi di comunicazione del futuro immaginato da Verne comprendono, oltre
alle tradizionali lettere, anche la telegrafia elettrica, dotata del vantaggio di salvaguardare il segreto
della corrispondenza (il mittente dialoga direttamente col destinatario). Non manca la telegrafia
fotografica, antenata del moderno fax, già inventata nell'800 dal fiorentino Giovanni Caselli, che
permette di “inviare a distan za il fac-simile di qualunque scrittura, autografo o disegno che fosse, e
di firmare lettere di cambio o contratti a cinquemila leghe di distanza.”
6
. Il consumo di carta ha
raggiunto livelli eccezionali rispetto al secolo di Verne, tanto che le foreste non alimentano più il
riscaldamento ma la stampa. C‟è persino un antenato del telefono la cui rete ha già coperto l‟intera
superficie terrestre.
Verne coglie anche l‟occasione per rendere omaggio ai grandi scrittori francesi suoi
contemporanei e dei secoli passati, passandoli in rassegna come un esercito nella biblioteca
personale dello zio Huguenin, un esercito però estraneo in quanto “parlano un linguaggio che non
sarebbe più capito ai nostri giorni!”
7
. Viene in mente un‟affermazione analoga in Brave New World
riguardo al linguaggio di Shakespeare, ma soprattutto al contenuto delle sue opere. In tutto il
romanzo è presente una forte carica satirica. Per un banale incidente Quinsonnas e Michel perdono
il posto alla banca; il primo cercherà fortuna all‟ester o mentre il secondo tenterà la sorte al Grande
Emporio Drammatico, una fabbrica di testi teatrali rubati e rimaneggiati dai secoli passati. Il teatro
produce ormai solo opere divertenti e spensierate. La tragedia è stata annullata. La tecnologia ha
fatto grandi passi anche sul palcoscenico; “si trasportavano sulla scena veri alberi sradicati nelle
loro invisibili casse, aiole complete, foreste naturali (...) Si rappresentava l‟Oceano con vera acqua
di mare, fatta defluire ogni sera davanti agli spettatori e rinnovata il giorno seguente.”
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Michel passa da una divisione all‟altra prima di andarsene disgustato. Scrive un libro di
poesie dal titolo ironico di Le speranze e comincia la grande corsa agli editori. Naturalmente non
trova neanche un libraio disposto soltanto a leggerlo. Morirà nel rigido inverno 1962 dopo aver
speso gli ultimi risparmi per un mazzetto di fiori per la fidanzata.
Il romanzo di Verne offre molti interessanti spunti di riflessione. E‟ forse utile ricordare che
proprio a Parigi, durante l‟esposizione mondiale del 1900, al visitatore si offriva uno spettacolo che
ricordava molto da vicino i fasti tecnologici descritti da Verne, finalizzati al meravigliare. Alla
realizzazione dell‟evento “ avevano partecipato le forze del capitale, i tecnici dell‟industria (…)
supremi altari del lavoro dove i sacerdoti dell‟industria innalzavano la loro preghiera (…) „istruire
divertendo‟ è lo slogan (…) il divertimento acquista sempre più il carattere di droga. Così la merce
diviene l‟unico spettacolo possibi le e desiderato.”
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Attraverso la tecnica del colpo d‟occhio la
volontà dello spettatore viene annullata insieme alla capacità di riflessione, facendogli scordare la
propria condizione e ruolo politico.
In Paris au XX
e
siècle il riferimento costante è a quel processo di industrializzazione della
cultura che si andava realizzando nel corso del XIX secolo. Non pretenderò certo in questa sede di
esaurire l‟argomento “industria culturale”, tuttavia è opportuno dare qualche indicazione, su cui
tornerò in seguito. Non esiste una definizione universalmente accettata del fenomeno; mi rifarò qui
a quella riportata da Forgacs, ossia “il concetto di un sistema ben sviluppato e articolato di mezzi di
comunicazione tecnologicamente avanzati operanti in un mercato di massa.”
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Si può parlare di
industria culturale quando entra in gioco la riproducibilità tecnica
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da una parte, ma occorre anche
un pubblico vasto abbastanza da ammortizzare gli elevati costi fissi della produzione. Queste
condizioni si realizzano non prima del XX secolo; al tempo di Verne è più esatto parlare di