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Introduzione
Negli ultimi decenni, all’interno delle diverse discipline manageriali che hanno
destato maggior interesse ed analisi , rientra l’attività di comunicazione. Il motivo
principale di tale approfondimento è da ricondursi al fatto che la comunicaz ione,
in quanto funzione che penetra e pervade gli altri sistemi, è parte inscindibile
dell’attività d’impresa, e come tale deve essere sviluppata a livello strategico.
Pertanto, una strategia d’impresa non può f are a meno del supporto della
comunicazione, intesa e realizzata secondo una serie di principi e di strumenti
individuati in relazione alle caratteristiche dell’impresa stessa e degli interlocutori
con cui si confronta.
A ciò si aggiunge , inoltre, sia il mutato ambiente economico e sociale di
riferimento, divenuto ormai globale, sia il cambiamento delle esigenze di
comunicazione relative ai diversi portatori di interesse, in origine distinti tra
pubblici interni ed esterni, oggi , invece, integrati da una serie di pubblici
intermedi, che hanno reso vana l a distinzione originaria. I pubblici di riferimento,
cosiddetti s takeholders, sono quindi un e lemento fondamentale da tenere in
considerazione nella definizione della strategia di comunicazione da adottare,
degli elementi e i contenuti da trasmettere. La comunicazione di massa ha perso la
sua efficacia sia grazie all’avvento delle nuove tecnologie, che hanno permesso lo
sviluppo di strumenti in grado di comunicare in maniera più diretta e meno
onerosa, sia alla maggior diffusione dell’orientamento di marketing verso i clienti.
La comunicazione di marketing integrata (IMC) avvalendosi di più mezzi di
comunicazione (off o on line , è ininfluente) permette un r afforzamento del
messaggio attraverso un processo strategico e sistemico, in quanto si realizza
attraverso momenti successivi e posti in sequenza logica che vanno ad incidere i
rapporti fra l’azienda e i propri interlocutori, rendendoli più dinamici e d
interattivi.
Di conseguenza, realizzare una strategia di comunicazione concepita non solo con
l’obiettivo di creare una immagine distintiva, ma soprattutto di diffondere in tutti i
suoi rapporti un valore riconosciuto, cioè capace di generare per l’impresa un
vantaggio competitivo difendibile nel lungo periodo, vuol dire mantenere la
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massima coerenza tra i principi stabiliti e le azioni realizzate, nonché verificare ed
eventualmente adeguare, come in ogni buona strategia, la propria condotta nel
tempo. La comunicazione , in questo senso, deve essere quindi in grado di
coordinare persone, strumenti e lingua ggi al fine di trasmettere l’unicità e
l’identità dell’impresa presso i pubblici di riferimento.
Lo scenario in cui la comunicazione si deve confrontare diventa ancora più
complesso quando diviene internazionale. Uno dei più importanti cambiamenti
economico-sociali degli ultimi due secoli ha riguardato l’apertura delle economie
chiuse, con il conseguente abbattimento delle barriere fisiche e culturali e
l’ampliamento de ll’arena competitiva in cui le aziende sono chiamate a
confrontarsi. Ciò ha comportato l a nascita delle imprese multinazionali, le cui
attività sono concepite, organizzate e condotte su scala mondiale, attraverso
l’installazione di impianti produttivi in paesi diversi da quelli in cui sono state
originariamente fondate. Dalla definizione si e vince che i problemi che possono
subentrare nell’attività di comunicazione di un’impresa multinazionale rispetto ad
una nazionale, seppur rientrino nella stessa tipologia , risultano tuttavia più
complessi da gestire.
L’impresa, sulla soglia dell’internazionalizzazione, è chiamata a compiere delle
scelte a con clusione di una serie di analisi propedeutiche riguardanti le
caratteristiche del mercato, tra cui vincoli legislativi ed etici, le diversità culturali,
le infrastrutture di marketing e le condizioni climatiche e morfologiche, la natura
e la fase del ciclo di vita del prodotto, la rilevanza strategica dei mercati specifici
e il grado di sviluppo economico, l’analisi della concorrenza e il potenziale della
domanda di mercato. Una volta intrapresa la via dell’internazionalizzazione,
attraverso l’esportazione, la multinazionalità o la globalizzazione, l’impresa si
trova di fronte alla scelta inerente al tipo di strategia più idonea da adot tare. Le
opzioni tradizionali sono due: globale o locale. Tuttavia , la scelta aprioristica
verso una o l’altra strategia risulta limitativa in un contesto di mercato quale
quello odierno, caratterizzato dall’incertezza ed un eccesso di offerta che ha reso
ancora più agguerrita la competizione. Una possibile soluzione è lega ta alla
possibilità di adottare un s trategia intermedia che si pone all’interno di un
continuum ai cui antipodi ritroviamo la strategia locale, che privilegia il massimo
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adattamento delle politiche e s trategie aziendali alle esigenze del mercato di
riferimento, e quella globale, che prevede un’estrema uniformità delle politiche e
strategie aziendali. La strategia intermedia, definita glocale, permette di scegliere
quali elementi di marketing e communication mix sia opportuno lasciare invariati
e quali invece modificare al fine di raggiungere un certo equilibrio tra autonomia
locale e coordinamento. Paradossalmente, la politica di glocalizzazione permette
la contestuale adozione delle politiche globali e locali, attraverso il bilanciamento
degli elementi adattati alle specifiche esigenze o mantenuti globali. La dinamicità
che contraddistingue tale strategia, è rappresentat a proprio dalla possibilità di
scelta degli elementi da standardizzare, a che livello e quale estensione geografica
e quali invece, mantenere a l ivello globale. Con la glocalizzazione è quindi
possibile che le imprese con prodotti locali agiscano globalmente e viceversa.
Nell’ambito della politica di comunicazione, la dicotomia fra globalizzazione e
localizzazione si manifesta nella scelta de l tipo di immagine da diffondere nei
diversi Paesi: uniforme o estremamente adattato. Anche in questo caso non esiste
una formula adatta a priori per tutte le aziende, in quanto la scelta deve
considerare diversi elementi legati al prodotto, alla sua percezione e alla fase del
ciclo di vita. Qualora l’impresa sia convinta che la strategia glocale sia per lei
vincente, dovrà scegliere i messaggi, i mezzi e strumenti di comunicazione in
funzione del mercato di riferimento. La struttura e la cultura dei collab oratori
chiamati ad intermediare il messaggio della casa madre dovrà essere tale da
supportare questo tipo di strategia: le filiali non saranno infatti delle mere
esecutrici, come avviene invece nel caso della strategia globale, e nemmeno del
tutto indipendenti come avviene invece nell’imprese che adottano la strategia
locale. Sarà reso necessario un continuo scambio di idee, pareri ed esperienze che
possano guidare l’impresa, intesa come unica identità , nella definizione delle
strategie future.
Dal lato pratico, tuttavia, la strategia glocale può risultare di difficile applicazione.
Le imprese con un eccessivo orientamento domestico, un m anagement poco
professionale e imprenditoriale, poca informazione e formazione, rischiano di
dimostrare una certa cecità di fronte a questo nuovo approccio intermedio, fatto sì
di programmazione, ma con moderazione, a conferma del fatto che le aziende di
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oggi operano in un contesto molto dinamico e mutevole e per questo devo essere
in grado di rispondere velocemente ai cam biamenti della domanda, in modo tale
da assecondarla o, meglio, anticiparla. Un esempio di strategia glocale può essere
rappresentato dal caso Reynaers Aluminium, multinazionale belga a cui sono stati
dedicati gli ultimi due capitoli di questa trattazione.
Prima di addentrarsi nelle dinamiche che muovono un’impresa multinazionale,
l’elaborato si apre con una descrizione della comunicazione aziendale (capitolo
1), che delinea le teorie e i modelli che si sono sviluppati negli anni, il ruolo,
sempre più importante e professionalizzante della comunicazione e le definizioni
di questa funzione all’interno dell’impresa . Il paragrafo conclusivo del primo
capitolo è stato dedicato al tema della comunicazione integrata, ovvero il nuovo
modo di concepire la comunicazione, non più di massa, ma diversa in funzione
del target.
La trattazione prosegue poi con il secondo capitolo, dedicato alla comunicazione
nell’ambito di una multinazionale. In particolare è stato affrontato il delicato tema
delle strategie di internazion alizzazione che possono essere adottate da
un’impresa, con particolari cenni sui vincoli e gli aspetti che devono essere presi
in considerazione nell’attuazione e nella scelta della strategia , la dicotomia fra
strategia standardizzata e contestualizzazione.
Come accennato in precedenza, g li ultimi due capitoli della trattazione sono stati
dedicati all’analisi della politica di comunicazione della multinazionale Reynaers
Aluminium, che opera nel settore dell’involucro edilizio. Il terzo capitolo, in
particolare, delinea la storia e l’attività dell’azienda, descrive il mercato di
riferimento, aspetto fondamentale per capire le dinamiche d ella comunicazione, e
analizza la strategia internazionale adottata. Il capitolo conclusivo, invece,
descrive il magazine az iendale REPORT, house organ esterno. In particolare lo
strumento, analizzato dalla sua nascita e fino agli ultimi sviluppi, si colloca al
centro degli strumenti di comunicazione predisposti dall’azienda. Il magazine
rappresenta un esempio concreto di glocalizzazione.
La presente trattazione non si pone di certo l’ambizioso obiettivo di esaurire tutta
la dottrina riguardante la comunicazione internazionale, ma, attraverso un caso
reale, tende a di mostrare che la strategia glocale può essere applicata
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concretamente. Ciò dimostra che, nonostante l’era della globalizzazione, le culture
dei singoli Paesi si rivelano fondamentali nella definizione della strategia e della
politica aziendale e che la comunicazione svolge un ruolo chiave nella
divulgazione del messaggio coerente con l’identità dell’impresa, ciò che vuole
trasmettere e ciò che vuole far percepire di sé.
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Capitolo I: La comunicazione aziendale
I.1 La comunicazione, le sue teorie e i suoi modelli
“E’ impossibile non comunicare” (Watzlawick, 1971). Con questa affermazione
Watzalawick, nel 1967, ha rivoluzionato l’approccio al tema della comunicazione
che, tuttavia, ha origini molto antiche. Il primo schema comunicativo risale a
migliaia di anni fa quando i greci, primi studiosi di retorica, individuarono gli
elementi fondamentali riscontrabili nell’uso del linguaggio. Aristotele , in
“Retorica”, riconosce tre elementi fondamentali che costituiscono il discorso:
l’oratore, il soggetto (contenuto) e il pubblico cui si rivolge (Foglietti, 2008).
I primi approcci alla comunicazione di massa proposti in anni più recenti, non si
discostano molto da quanto già affermato da Aristotele. Shannon e Waever , nel
1949, parlano di comunicazione come un trasferimento di informazioni da un
emittente (oratore) a un ricevente (pubblico) a mezzo di messaggi (oggetto).
Tuttavia la definizione proposta considera il processo di comunicazione in
maniera statica e quasi “obbligata”, come un flusso di informazioni che
necessariamente deve partire da un punto per giungere all’altro, senza esaminare
però quali possano essere gli aspetti in grado di influenzarne le dinamiche. Tale
teoria, definita della matematica dell’informazione , ha come obiettivo quello di
trasmettere dei messaggi attraverso un modo economico ed efficace. Secondo gli
Autori, l’eventuale inefficacia è dovuta ai possibili rumori che possono subentrare
durante la trasmis sione dei dati. Infatti, lo sviluppo di tale modello nasce per
calcolare le perdite di informazioni durante la trasmissione di messaggi in ambito
radiofonico (Roberto Grandi, 2006) . Diversi anni più tardi , Lasswell e Braddock
(1958) propongono un modello più dinamico che considera la comunicazione
come una sequenza di attività che, se verificate tutte insieme, realizzano tale
processo. I due autori scompongono il processo di comunicazione in diversi fasi
fondamentali e individuano le relative analisi e studi che sottostanno al processo
stesso.
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CHI
(trasmittente)
DICE COSA
(messaggio)
ATTRAVERSO
QUALE
CANALE
(mezzo)
A CHI
(ricevitore)
CON
QUALE
EFFETTO
(risultato)
↑ ↑ ↑ ↑ ↑
Studi sul
controllo
Analisi del
contenuto
Analisi dei media
Analisi del
pubblico
Analisi dei
risultati
Fig. I.1 – Il modello di Lasswell e Braddock (Corvi, 2007 p.7 - adattato)
Tale modello , indicato nella figura I.1, risulta tuttavia incompleto in quanto
trascura totalmente la bi -direzionalità auspicata in un processo di comunicazione,
terminando con la ricezione del messaggio da parte del destinatario. Il modello
tralascia l’analisi delle capacità cognitive del ricevente, lasciando intendere che la
comunicazione raggiunga gli effettivi preventivamente fissati a prescindere dal
diverso grado di relatività del messaggio sui diversi soggetti riceventi. In altre
parole, è come se gli autori avessero posto in secondo piano il cosiddetto
feedback, indicato nella figura I.1 dalla linea tratteggiata. Questo termine,
dall’inglese feed (nutrire) e back (indietro) divenuto di uso comune anche nella
nostra lingua, indica l’insieme delle informazioni che dal ricevitore ritorna
all’emittente originario del messaggio. Tale flusso, se opportunamente studiato e
analizzato, consente di misurare gli effetti della comunicazione.
È proprio Watzalwick, citato all’inizio della trattazione, ad apportare il maggior
contributo all’interpretazione della comunicazione. Insieme ad alcuni
collaboratori della scuola di Palo Alto della California, Watzalwick ha elaborato
cinque assiomi che identificano altrettante proprietà della comunicazione. Il primo
stabilisce l’impossibilità di non -comunicare. Questo fondamentale assunto
sottolinea come un comportamento non possa avere un suo opposto. Gli individui,
infatti, fondano la propria esistenza sulle relazioni e comunicano attraverso ogni
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loro atteggiamento (Watzlawick, 1971 – p. 40). Ad esempio, durante una riunione
commerciale in cui, alla presenza della forza vendita, il direttore commerciale
illustra i dati di fatturato dell’ultimo trimestre, ogni partecipante potrà assumere
un atteggiamento diverso: vi sarà chi prenderà appunti sul proprio dispositivo
elettronico di ultima generazione, chi utilizzando la più tradizionale carta e penna,
chi invece r imarrà in silenzio e chi, infine interverrà con domande di
approfondimento. Tutti i partecipanti, a loro modo, comunicano anche
inconsapevolmente. Il secondo assioma si riferisce all’o ggetto di scambio della
comunicazione che può riguardare sia il contenut o (report), ovvero le
informazioni che vengono veicolate, come ad esempio i dati di fatturato
trimestrali, che di relazione (command), cioè il rapporto che si instaura fra le parti
attive nella comunicazione. Secondo la trattazione di Watzlawick, l’aspett o di
relazione definisce quello di contenuto, ovvero il rapporto tra le parti della
comunicazione definiscono le informazioni della comunicazione (Watzlawick,
1971 – p. 43). Nel caso in esame, l’aspetto di relazione gioca un ruolo ancora più
rilevante in quanto gli scambi della comunicazione avvengono in un contesto
formale. Ad esempio l’espressione “In questa situazione di mercato, secondo me
quest’anno non dovresti partecipare alla fiera” può essere intesa come un semplice
suggerimento oppure come un ordine, se colui che ha pronunciato la frase è posto
in un grado superiore della gerarchia.
Proseguendo con l’esempio della riunione commerciale, ci si può chiedere: da chi
parte la comunicazione? Da chi illustra i dati di fatturato o da chi, con ulteriori
domande approfondisce, ad esempio, i dati di vendita di un determinato prodotto?
Ogni atto comunicativo contiene al tempo stesso una risposta, uno stimolo e un
rinforzo. Watzlawick, nel terzo assioma , descrive la relatività dell’inizio della
comunicazione, caratterizzata da una sequenza di eventi, gli scambi della
comunicazione, che un osservatore esterno potrebbe giudicare ininterrotta.
(Watzlawick, 1971 – p.46). Con il quarto postulato, Watzlawick approfondisce il
rapporto fra comunicazione verbale (modulo numerico) , e quella non verbale
(modulo analogico) , intesa come l’insieme delle espressioni di cui l’uomo si
avvale per completare il processo di comunicazione. L’aspetto numerico, osserva
Watzlawick, è sintatticamente completo, ma manca dell’aspetto semantico per
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esprimere la relazione. Viceversa, l’aspetto analogico manca di una sintassi
adeguata, ma è completo nell’aspetto della semantica ( Watzlawick, 1971 - p.51).
Anche i partecipanti alla riunione si avvalgono sia della comunicazione verbale,
attraverso esplicite domande, che di quella non verbale, con gesti, postura,
espressioni del volto e tonalità di voce. Infine, il quinto assioma si riferisce
all’interazione fra i comunicanti che può e ssere simmetrica, quando il
comportamento di uno tende ad eguagliare quello dell’altro, oppure, viceversa,
complementare. (Watzlawick, 1971 – p.58). Nel caso della riunione commerciale,
l’interazione sarà complementare in quanto inserita in un contesto lavorativo alla
presenza del manager che assumerà una posizione di supremazia (one-up).
Dall’opera di Waztlawick si può intuire che il comportamento venga inteso come
sinonimo di comunicazione, quindi, dato che è impossibile non comportarsi, è
altrettanto vero che non sia possibile non comunicare . Gli Autori, con ques to
importante contributo allo studio sulla comunicazione interpersonale, colgono il
vero significato della comunicazione che, senza nulla togliere agli altri Autori, va
oltre gli schemi e i modelli precedentemente proposti, considerandola nella sua
accezione etimologica del “mettere in comune”, sottolineandone al tempo stesso
l’aspetto interattivo e bidirezionale. Watzalwick riconduce al significato della
comunicazione “ tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide
(modificandoli o r inforzandoli ) sugli atteggiamenti e sui comportamenti delle
persone”, indipendentemente da specifici obiettivi che l’emittente si prefigge e
attraverso una molteplicità di forme che realizzano , da un punto di vista concreto,
la comunicazione.
Grazie al contributo degli studiosi di Palo Alto, le organizzazioni iniziano a
considerare la comunicazione come un aspetto fondamentale delle propria attività.
Partendo dal presupposto che ogni soggetto, e pertanto le organizzazioni di cui
fanno parte, comunica indipendentement e da specifici obiettivi, è necessario che
le aziende controllino il flusso di comunicazione, in entrata e in uscita, adottando
un approccio strategico coerente con l’immagine che l’organizzazione vuole dare
di sé.
La comunicazione si articola in un proces so, illustrato nella figura I.2, che ha
origine dalla fonte, ovvero l’organo decisionale che sceglie il messaggio che deve
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essere comunicato ed elaborato secondo le linee guide che permettono il
perseguimento della mission aziendale
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. La fonte elabora il messaggio secondo
un proprio sistema di codifica, t rasformando l’idea della comunicazione in
immagini, suoni e linguaggi che verranno decodificati dal ricevente. È importante
per la fonte conoscere i meccanismi di decodifica del destinatario al fine di
influenzarne i suoi sistemi percettivi. Il messaggio avrà un aspetto di contenuto,
inteso come l’insieme delle informazioni da trasmettere, e un aspetto di struttura
riferita a come comunicare un determinato messaggio. Da un punt o di vista
concreto il messaggio verrà trasmesso attraverso il canale, la cui scelta dovrà
considerare le caratteristiche del pubblico ricevente.
Fig. I.2 – Il processo di comunicazione (Corvi, 2007 – p.9)
Ciò che rende completo il processo è il flusso di ritorno delle informazioni dal
destinatario al ricevente, il cosiddetto feedback, che permette di valutare
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La mission aziendale “esprime la funzione che l’azienda intende assolvere nei confronti dei
clienti, dei dipendenti e più in generale degli stakeholder e che in un certo senso ne giustifica
l’esistenza e ne guida i comportamenti.” (Carlo Alberto Pratesi, 2006 - p. 24);
Feedback
Codifica Decodifica
Emittente Messaggio Ricevente Canale
Contesto
Messaggio
Rumore
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l’efficacia della comunicazione. Le reazioni e i comportamenti che il pubblico
ricevente adotta a seguito di una comunicazione, sono l’elemento principale su cui
la fonte dovrà basarsi per ponderare future comunicazioni. L’analisi del feedback
permette di misurare il differenziale fra il sistema di codifica della fonte e quello
di decodifica del ricevente: il destinatario del messaggio interpreterà a suo modo
le informazioni contenute nel messaggio in base al proprio sistema di decodifica
e ai fattori di contesto che possono influire sul suo sistema di percezione.
Affinché un messaggio possa essere efficace ed efficiente è necessario che la
fonte consideri elementi quali le barriere alla comunicazione, l’attenzione, la
distorsione e la ritenzione selettiva e la dissonanza cognitiva. Tali aspetti rientrano
nel contesto inteso come insieme degli elementi che possono influenzare il
processo di comunicazione. Considerare tali elementi significa osservare la sfera
della percezioni che influenzano la ricezione del messaggio da parte del
destinatario.
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I.2 Il ruolo della comunicazione d’impresa
L’obiettivo principale dell’impresa è la creazione del valore. C iò sig nifica
accrescere la dimensione del capitale e pertanto il valore dell’impresa intesa come
investimento, quale entità destinata a pe rpetuare nel tempo . L’approccio del
modello definito Customer-Based View – CBV, illustrato nella figura 1.3, pone al
centro dell’attenzione il cliente quale risorsa principale dell’attività dell’impresa .
Egli , ripetendo la propria preferenza verso quella dete rminata azienda/marca,
garantisce la continuità nel tempo dell’impresa, in un circolo virtuoso alimentato
da valore per il cliente, soddisfazione degli stakeholders e fiducia del cliente verso
l’impresa (Busacca B., 2009).
L’attenzione verso la creazione del valore per il cliente come fulcro essenziale di
tutte le attività di marketing è stata posta a seguito di alcuni mutamenti
tecnologici e digitali che hanno modificato l’assetto concorrenziale, caratterizzato
oggi da una maggior importanza della capacità di anticipare in tempi rapidi la
dinamica evolutiva dei desideri e delle aspettative dei clienti, attraverso il
posizionamento della value proposition (Busacca B. e Bertoli G., 2009 – p.86).
La creazione del valore si può misurare tramite il valore per il cliente, dato a sua
volta dal confronto fra i costi e i benefici che il soggetto di domanda è disposto a
sostenere e ad ottenere a seguito dell’acquisto di un bene o servizio. Il confronto
tra queste due componenti, che nella dottrina vengono definite componenti GET,
in riferimento ai costi, e componente GIVE, in riferimento invece ai benefici,
avviene nella mente del consumatore. Si tratta pertanto di un “costrutto
percettivo”, legato all’idea che il soggetto di domanda si fa in merito ad un
prodotto/servizio, al di là della realtà oggettiva (Busacca B., 2009). Ciò che conta
è la percezione dell’individuo nei confronti di un determinato bene, servizio o
marca. In un panorama così ampio di offerta, analizzare le procedure mentali che
costituiscono l’insieme delle preferenze alla base delle motivazioni d’acquisto di
un soggetto di domanda, può g iovare all’impresa nella definizione della sua
offerta, al fine di adeguare la produzione alle esigenze e ai desideri dei
consumatori, in un’ottica sempre più rivolta verso la massimizzazione della
redditività dell’azienda e non più del fatturato (Brossa, 1996 – p.17).
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L’aumento della consapevolezza dei consumi ha modificato il punto di vista delle
attività di marketing . Fino agli anni 60, le imprese si limitavano ad informare i
consumatori sull’esistenza di prodotti seguendo la filosofia del “produrre per
vendere”, in cui la fu nzione comunicazione svolgeva il ruolo di mera
informazione: all’epoca si parlava infatti di “réclame” cioè richiamo (Brossa,
1996 – p. 23). Dagli anni ’60, l’ottica dell’impresa si è spostata verso la filosofia
del “vendere per produrre”, con un a pprocci o strategico di marketing basato
sull’analisi delle preferenze dei consumatori e supportato da una strategia di
comunicazione impostata su tali risultati. Prima di iniziare il processo di
produzione è utile conoscere quali sono i meccanismi che muovono la struttura
delle preferenze in grado di guidare il soggetto di domanda nella scelta dei
prodotti più consoni al soddisfacimento dei suoi bisogni. Le vendite, infatti, al
pari di altri segnali di feedback, possono essere considerate un importante
indicatore a conferma o meno delle analisi conoscitive della domanda , soprattutto
quando queste vengono realizzate attraverso l’utilizzo di tecniche desk
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Seguendo il circolo virtuoso del Customer Based View – CBV, illustrato in figura
I.3, possiamo individuare il contributo della funzione di comunicazione alla
diffusione e alla vera e propria creazione del valore. In generale, la comunicazione
contribuisce al miglioramento della percezione del valore per il c liente, lo
sviluppo delle ris orse intangibili e lo sviluppo delle relazioni: tali fattori
consentono di ottimizzare il valore per il cliente.
. Tutto
questo ha dato il via anche alla nascita di istituti di r icerca come Doxa,
Demoskopea, Nielsen che, grazie ai loro sondaggi e ricerche di mercato, hanno
saputo orientare le scelte strategiche delle strutture di marketing di cui le aziende
iniziano a dotarsi (Brossa, 1996).
L’obiettivo principale, seppur primitivo se giudicato a sé stante, del processo di
comunicazione è legato all’informazione che permette al sogg etto di domanda di
reperire i dati necessari ad innescare le attività cognitive che possano orientare la
comparazione e l a scelta fra le diverse alternative (Busacca B., 2009) . La
2
Valutazioni espresse dal management aziendale in base alla propria s ensibilità commerciale. Si
differenziano dalle cosiddette tecniche field che si avvalgono di ricerche di mercato qualitative e
quantitative;
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comunicazione dovrà quindi veicolare quelle informazioni rilevanti per il soggetto
di domanda, in modo tale che egli percepisca l’offerta come unica e in grado di
soddisfare le sue esigenze.
Fra i meccanismi di selezione dei dati che guidano il soggetto di domanda,
rientrano i fenomeni dell’attenzione, distorsione e ritenzione selettiva che possono
subentrare nella sfera cognitiva del potenziale cliente. Attraverso tali meccanismi
gli individui evitano di entrare in contatto c on informazioni potenzialmente
destabilizzanti, selezionando solo quelli stimoli ed elaborando il messaggio in
modo tale da garantire consonanza tra le informazioni nuove e quelle preesistenti
(attenzione e distorsione selettiva) ed interiorizzando solo quei dati che
confermano l’equilibrio dell’individuo stesso (ritenzione selettiva). La
comprensione di tal i meccanismi è importante ai fini della definizione delle
politiche di comunicazione, con particolare riferimento al contenuto, alla
frequenza dei messaggi e al la scelta dei mezzi e s trumenti di comunicazione
(Busacca B., 2009). Per poter raggiungere il suo obiettivo di efficacia, cioè
capacità di soddisfare i bisogni, ed efficienza, cioè capacità di soddisfare le
aspettative dei suoi interlocutori (Corvi, 2007 – p.18) , la comunicazione
d’impresa non può prescindere dalle analisi di marketing e deve porre le sue basi
proprio su queste osservazioni.