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A questo proposito, non bisogna dimenticare che, per arginare le forti perdi-
te rilevate in particolare nel settore bancario e finanziario, a causa delle svalutazioni
imposte dall’applicazione del fair value, è stato necessario un intervento immediato,
da parte dei due principali organismi (lo IASB e il FASB) preposti alla redazione dei
principi contabili in ambito europeo e nord-americano, volto ad introdurre delle de-
roghe rivolte ad arginare gli effetti più distorsivi prodotti dalle valutazioni al “valore
equo” contenute nei bilanci delle società.
Tornando alla presente tesi, dal punto di vista metodologico, per esporre la
parte teorica e dottrinale, riguardante l’evoluzione della comunicazione economico-
finanzia, l’introduzione dei principi contabili internazionali, l’analisi degli impatti
prodotti dagli IAS/IFRS e l’evoluzione del criterio costituito dal fair value, si è fatto
ampio riferimento a testi e articoli di riviste specializzate, scritti dalla più autorevole
dottrina italiana ed internazionale. Inoltre, per la consultazione dei principi contabili
aggiornati e delle fonti normative di riferimento ci si è avvalsi dei contenuti presenti
all’interno dei siti internet dello IASB e del FASB, oltre che di testi normativi, rela-
tivi alle disposizioni civilistiche e fiscali attualmente vigenti.
Quando possibile si è cercato di introdurre, all’interno della trattazione teo-
rica, riferimenti a ricerche ed analisi effettuate negli ultimi anni, allo scopo di studia-
re l’impatto concreto delle tematiche descritte.
Con riguardo all’analisi empirica effettuata, descritta nel capitolo quinto del
presente elaborato, i valori di capitalizzazione sono stati raccolti consultando le stati-
stiche storiche di mercato presenti nel sito internet della Borsa Italiana, mentre i dati
3
contabili elaborati sono tratti da un’analisi approfondita degli ultimi bilanci pubblica-
ti dalle società quotate, inserite nel campione che è stato esaminato.
Per quanto concerne gli aspetti critici e le indicazioni di prospettiva ci si è
riferiti ad articoli, recentemente pubblicati su riviste di settore specializzate e di mas-
sa, nei quali vengono riportati i contributi offerti sulla tematica trattata, da autorevoli
esponenti della dottrina aziendalistica italiana e straniera.
Si procede ora ad una breve presentazione dei capitoli e dei contenuti trattati
nel presente elaborato.
Nel primo capitolo è stata descritta la tematica relativa all’apporto che la
comunicazione aziendale può offrire alla creazione e alla diffusione del valore. Dopo
aver introdotto brevemente le differenti accezioni che può assumere il termine “valo-
re” con riferimento all’impresa, è stata analizzata l’evoluzione, avvenuta alla fine de-
gli anni settanta del secolo scorso, dal modello di produzione e consumo “industria-
le” all’attuale contesto “post-industriale”. Con riguardo al nuovo modello, si è messa
in luce l’importanza che ha assunto l’accrescimento del valore economico del capita-
le proprio, quale ridefinizione del tradizionale obiettivo finale assegnato all’impresa,
costituito dal raggiungimento di un risultato economico positivo di periodo. Succes-
sivamente sono stati descritti brevemente le “leve del valore”, il concetto di patrimo-
nio “allargato” e “strategico” e gli aspetti relativi all’inadeguatezza dei tradizionali
sistemi informativi contabili nel cogliere gli aspetti fondamentali del mutato contesto
economico. Nel proseguo della trattazione è stato approfondito l’apporto che la co-
municazione aziendale ed in particolare quella economico-finanziaria può offrire in
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termini, sia di sostegno alla diffusione del valore prodotto dall’impresa, sia alla crea-
zione di quest’ultimo.
Nel secondo capitolo è stato analizzato sinteticamente il cammino normati-
vo che ha portato all’introduzione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS nei
paesi membri dell’Unione Europea, mettendo in luce le differenti scelte, effettuate
dagli Stati, con riferimento alla facoltà, contenuta nel Regolamento CE numero 1606
del 2002, di ampliare il campo di applicazione degli IAS/IFRS anche ai bilanci
d’esercizio e alle società non quotate in mercati regolamentati. Nel proseguo del ca-
pitolo, sono stati descritti gli aspetti più rilevanti del “quadro concettuale” (Frame-
work) alla base dei principi contabili internazionali, evidenziando le diversità, in ter-
mini di obiettivi, destinatari e gerarchia dei postulati di bilancio, esistenti rispetto
all’impostazione italiana fondata sulle norme del codice civile. In chiusura del capi-
tolo è stato fatto un breve cenno ai nuovi “IFRS for SMEs”, rivolti al mondo delle
piccole e medie imprese.
Nel terzo capitolo sono stati descritti gli impatti derivanti dall’applicazione
dei principi contabili internazionali. Come è stato detto nel corso della trattazione,
l’avvento degli IAS/IFRS ha prodotto importanti effetti non solo di natura stretta-
mente contabile e bilancistica, ma anche sulla configurazione dei sistemi informativi
delle imprese e dei gruppi aziendali. Dopo aver descritto le possibili soluzioni propo-
ste per adattare i sistemi informativi all’introduzione dei principi contabili interna-
zionali, nel proseguo del capitolo è stato analizzato il ruolo fondamentale svolto dagli
organi di controllo (collegio sindacale e revisori dei conti) nella fase di transizione
agli IAS/IFRS. Al termine, si è fatto cenno alla tematica fiscale connessa
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all’applicazione degli IAS/IFRS, riportando sinteticamente l’evoluzione nella norma-
tiva tributaria italiana avvenuta fino ad oggi.
Nel capitolo quarto è stato approfondito l’aspetto più innovativo introdotto
dai principi contabili internazionali costituito dal “fair value” (o “valore equo”). Do-
po aver descritto il significato che può assumere il termine è stata analizzata
l’evoluzione che esso ha subito nel contesto nord-americano ed europeo, mettendo in
luce gli aspetti critici connessi all’applicazione concreta del “valore equo”. Successi-
vamente si è proceduto a confrontare il fair value, tipico della logica contabile ame-
ricana ed inglese, con l’impostazione tradizionale italiana, fondata sul principio della
prudenza e sulla valutazione delle poste di bilancio al costo storico, analizzando le
differenze contabili, societarie e culturali che distinguono il nostro Paese dai contesti
anglosassoni. In conclusione del capitolo, si è fatto cenno alla tematica, strettamente
connessa all’applicazione del fair value, costituita dal c.d. reddito omnicomprensivo
(Comprehensive income), entità reddituale innovativa, avulsa dalla concezione di
reddito accolta dalla dottrina aziendalistica italiana, la quale trova attualmente spazio
nei conti economici redatti seguendo gli IAS/IFRS.
Nell’ultimo capitolo, alla luce delle considerazioni svolte nel presente ela-
borato, volte ad affermare la capacità del fair value di consentire la determinazione
di un patrimonio netto contabile più vicino ai valori correnti di mercato, è stata svolta
una ricerca empirica finalizzata a confermare tale affermazione. In particolare, attra-
verso l’analisi dei dati di un campione di società quotate, relativi al periodo 2002-
2007, è stata studiata l’evoluzione del rapporto tra la capitalizzazione di borsa ed il
patrimonio netto contabile, al fine di evidenziare l’impatto prodotto su di esso
dall’introduzione dei principi contabili IAS/IFRS.
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L’analisi svolta ha confermato aspetti resi palesi dalla recente crisi finanzia-
ria, evidenziando una maggiore “sensibilità” del settore bancario ed assicurativo ver-
so gli effetti indotti dall’applicazione del fair value ed in generale dai principi conta-
bili internazionali. Al contrario, i patrimoni netti contabili delle società appartenenti
al settore industriale e al terziario non hanno registrato un avvicinamento al valore di
mercato, espresso dalla capitalizzazione di borsa.
All’interno delle conclusioni finali, dopo aver sintetizzato brevemente gli
aspetti più significati emersi nel corso dell’elaborato, sono stati riportati alcuni con-
tributi recenti della dottrina aziendale, relativi al fair value e alla sua applicazione.
Dall’analisi di detti contributi non è emerso un quadro di riferimento univoco, in
quanto in alcuni di essi si sostiene l’utilizzo del fair value, anche se si riconosce la
necessità di apportare dei miglioramenti al criterio, in altri si disconosce l’utilità della
valutazione al “valore equo”, affermando che l’utilizzo di quest’ultima è stato pro-
mosso in periodi di mercati crescenti, duranti i quali il ricorso al fair value ha con-
sentito di registrare incrementi di valore non effettivamente realizzati.
Al termine delle conclusioni, è stata descritta una possibile alternativa me-
todologica al fair value costituita dall’adozione di una tecnica di rivalutazione perio-
dica del capitale di funzionamento, volta ad accrescere l’attendibilità
dell’informativa di bilancio, senza introdurre gli elementi di forte volatilità dei valori
contabili che caratterizzano il ricorso al fair value. E’ stato però evidenziato che tale
metodologia, più vicina all’impostazione contabile italiana, nell’attuale contesto ca-
ratterizzato da una forte spinta, promossa dallo IASB e dal FASB, verso una conver-
genza dei principi contabili a livello mondiale, potrà difficilmente trovare accogli-
mento in ambito internazionale.
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CAPITOLO PRIMO
La creazione e la diffusione del valore:
il ruolo della comunicazione economico-finanziaria
1. Il valore e l’azienda
Il “valore” rappresenta una fondamentale chiave di lettura, impiegata
all’interno delle scienze economico-aziendali, per analizzare i fenomeni oggetto di
studio.
In prima approssimazione, “il valore di un qualsiasi oggetto corrisponde al
sacrificio che si è disposti a sopportare per poterne acquisire la disponibilità. E que-
sto sacrificio a sua volta è funzione dei benefici che si ritiene di poter trarre da
quell’oggetto”
1
. Da questa definizione, si deduce che il valore si basa su attese futu-
1
G. DONNA, La creazione di valore nella gestione dell’impresa, I
ma
edizione, Carocci editore, Ro-
ma, 1999, p. 65-66.
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re, in quanto “la valutazione è un processo umano in cui interviene la previsione, e
nel quale gli eventi futuri proiettano la loro ombra in anticipo”
2
.
Con riferimento ad un prodotto, il valore può rappresentare un elemento sog-
gettivo individuabile “nell’utilità procurata ad un consumatore o a gruppi di consu-
matori omogenei dal punto di vista dei bisogni avvertiti”
3
(c.d. valore d’uso) oppure
un prezzo oggettivo, riferito ad un bene e stabilito in un dato momento sul mercato
(c.d. valore di scambio).
“Avendo riguardo all’insieme delle organizzazione produttive, è la creazione
di ricchezza o, in più generale di valore che, combinata con il criterio
dell’economicità, consente di distinguere tra aziende e non aziende”
4
.
La dottrina aziendale tradizionale
5
suole poi distinguere tra aziende di eroga-
zione e aziende di produzione (le imprese), a seconda che la soddisfazione dei biso-
gni umani avvenga in via diretta o mediata.
In ogni caso, l’elemento che accumuna tutte le aziende come componenti na-
turali e indispensabili della società, è rappresentato dalla creazione di valore, la quale
costituisce, allo stesso tempo, “la molla che spinge a far nascere una nuova azienda e
la condizione necessaria affinché ne sia garantita l’esistenza e la continuità”
6
.
2
I. FISHER, La natura del capitale e del reddito, Utet, Torino, 1932, p. 755.
3
P.M. FERRANDO – M. ZUCCARDI MERLI, Capitale e reddito nel funzionamento del sistema a-
ziendale, Giappichelli, Torino, 2003, p. 27.
4
R. FERRARIS FRANCESCHI , L’azienda: caratteri discriminanti, criteri di gestione, strutture e
problemi di governo economico, in E. CAVALIERI – R. FERRARIS FRANCESCHI, Economia a-
ziendale, Vol. I, Giappichelli, Torino, 2000, p. 77.
5
Gino Zappa propose la distinzione delle aziende in tre tipologie: aziende di produzione, aziende di
erogazione e aziende composte pubbliche.
6
G. DONNA, La creazione di valore nella gestione dell’impresa, I
ma
edizione, Carocci editore, Ro-
ma, 1999, p. 25-26.