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2.3.1 L’INBOUND MARKETING: IL MARKETING CHE ATTRAE
L’espressione “inbound marketing” è stata coniata nel 2006 da Hub Spot, azienda statunitense
che opera nella produzione di software; al contrario dei vecchi metodi di outbound marketing,
come l’acquisto di annunci e di mailing-list, l’inbound marketing si impegna a creare
contenuti di qualità che attirino le persone verso l’azienda e il prodotto, cui devono sentirsi
spontaneamente interessati. Quindi l’inbound marketing comprende tutte le azioni svolte
online e offline da un brand, per accrescere in modo organico (non a pagamento) la propria
visibilità. Ai contenuti si aggiungono azioni strategiche come le call to action.
L’inbound marketing non e product oriented, ma customer oriented: mette al centro della
strategia le persone. Quindi il marketing viene prima della produzione perché il prodotto
viene plasmato sulle esigenze del consumatore. Il modello classico del marketing mix che
comprende le variabili prodotto, prezzo, punto vendita e promozione (le famose 4P) viene
riformulato spostando l’attenzione dalle imprese alla comunità:
1. il prodotto diventa soluzione: il consumatore definisce il prodotto e il marketing
interpreta le esigenze;
2. il prezzo diventa valore: non si seguono le teorie economiche, ma il valore che il
prodotto offre agli acquirenti;
3. il punto vendita diventa accesso: non si stabilisce il punto in cui si vende il prodotto,
ma si fornisce agli utenti l’accesso al prodotto stesso dove e quando vogliono;
4. la promozione diventa informazione: in un mondo saturo di informazioni, si dà agli
utenti le informazioni che sono a loro utili per risolvere i loro problemi e soddisfare le
loro specifiche necessità.
L’inbound marketing non è solo promozione, si configura anche come una metodologia che
segue l’intero processo d’acquisto. La parte promozionale è molto importante perché serve
54
Conti Luca, Carriero Cristiano, Content Marketing, Hoepli, Milano, 2016, pp. 6-8.
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per far conoscere il marchio dell’azienda e avvicinare i potenziali clienti; mentre l’inbound
marketing con una serie di azioni fa si che più visitatori possibili diventino contatti e poi
clienti con cui mantenere un dialogo anche dopo averli acquisiti.
Rispetto al marketing tradizionale, l’inbound marketing permette di tracciare con precisione
ogni passaggio del processo di conversione dal momento della prima visita fino all’acquisto
attraverso degli appositi software di analisi, che permettono di sapere con precisione da quale
canale provengono i contatti, se sono arrivati all’azienda tramite i motori di ricerca o
pubblicazioni sui social. Così l’azienda individua le piattaforme più adatte alla sua
comunicazione, modellando di conseguenza campagne, investimenti e sforzi futuri. Le
persone che presentano un certo interesse verso il marchio dell’azienda, diventano prima
contatti, poi clienti, infine promotori.
Per fare inbound marketing si devono fornire contenuti che rispondano alle domande degli
utenti, soddisfino i loro bisogni e migliorano in un certo modo la loro vita. Nonostante i
contenuti sono la sostanza, il mezzo principale di promozione, non sono tutto perché
l’inbound marketing è anche contesto essendo una metodologia che abbraccia l’intero
processo di acquisto, che si compone di diverse fasi in cui gli utenti vengono a conoscenza del
prodotto, interagiscono con l’azienda, comprano, tornano ad acquistare, consigliano il brand
ad altri potenziali clienti. Quindi ognuna delle fasi del processo di acquisto richiede dei
contenuti giusti che si allineano all’interesse degli utenti del momento, diventando rilevanti e
non interruttivi.
Queste sono le quattro azioni che caratterizzano l’inbound marketing:
attrarre: ottenere, senza interrompere, l’attenzione delle persone giuste, cioè di
quelle che sono interessate al prodotto o servizio dell’azienda e che hanno maggiore
possibilità di trasformarsi in futuri contatti. Gli strumenti che si hanno a disposizione
in questa fase di targeting sono tre: blogging, motori di ricerca e social media. I blog
non soddisfano soltanto i bisogni dei potenziali clienti con contenuti di valore e
aggiornati, ma modificano anche la percezione che gli utenti hanno del prodotto o del
produttore, creando un legame di fiducia. Mentre per quanto riguarda i motori di
ricerca è molto importante la posizione occupata per attirare i potenziali clienti; infatti
una buona posizione in Serp permette all’azienda di essere trovata dai clienti con
facilità. Per avere una buona posizione in Serp l’azienda deve scegliere con cura le
parole chiave e ottimizzare le pagine del sito in base a queste. Invece i social media
devono essere usati dall’azienda per interagire con i potenziali clienti, individuandoli
nella massa degli utenti e attirandoli sul suo sito.
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Convertire: l’azienda per trasformare i visitatori del sito in contatti ha bisogno del
loro nome, indirizzo email. Per ottenerli deve servirsi di appositi strumenti con cui
vincere la resistenza degli utenti e convincerli a comunicare i propri dati. Può fare uso
delle call to action che sono dei pulsanti o link che indirizzano il visitatore e lo
incoraggiano a compiere un’azione predefinita, come scaricare un e-book, richiedere
informazioni o accedere a un’offerta. Anche un semplice “Scopri” può aumentare il
numero di visite, perché gli utenti incuriositi da questa call to action approderanno
alla landing page, una pagina che è stata realizzata appositamente per la conversione.
In questa pagina lasceranno le loro informazioni personali compilando un modulo, il
form.
Da sottolineare che sia la landing page che il form devono avere una grafica
accattivante e testi chiari per rendere semplice e piacevole il passaggio da visitatore a
contatto. Ma, questo passaggio non avverrà con tutti gli utenti e quindi, per non
perderli, sarà importante attuare il remarketing o retargeting
55
.
Chiudere: non tutti i contatti acquisteranno subito: alcuni possono decidere di
acquistare dopo una settimana, un mese o addirittura un anno. L’azienda per evitare
che si dimentichino di essa, oltre ad attuare il remarketing può stabilire un rapporto
che le permetta di essere ricordata. Il mezzo più adatto per continuare questa relazione
e la newsletter via email che deve essere costante e attenta nei contenuti finalizzati sia
alla trasformazione del contatto in cliente sia alla diminuzione dei tempi decisionali.
Deliziare: per l’azienda continuare ad offrire a i suoi compratori contenuti di valore
anche dopo la vendita, significa non solo assicurarsi nuovi acquisti, ma soprattutto
trasformare gli utenti in promotori del prodotto che porteranno nuovi contatti grazie al
passaparola spontaneo. I gruppi di Facebook o di LinkedIn e le community di
Google+ sono i luoghi ideali che consentono all’azienda di proseguire l’interazione
con la sua clientela, facendosi ricordare e apprezzare da chi ha già effettuato un
acquisto. Invece l’e-mail marketing permette di continuare l’interazione mediante
l’invio di contenuti utili ai clienti acquisiti, come l’ultimo articolo postato sul blog.
56
55
Il remarketing o retageting è una tipologia di pubblicità online che permette al brand di un’azienda di apparire
di nuovo davanti agli occhi di chi ha mostrato interesse verso i suoi prodotti e servizi, visitando il suo sito e-
commerce o interagendo con i contenuti della sua pagina social (a cura di Guido Di Fraia, Social Media
Marketing, Hoepli, 2015, p.327).
56
Conti Luca, Carriero Cristiano, Content Marketing, Hoepli, Milano, 2016, pp. 260-267.
46
2.3.2 IL VALORE DEI CONTENUTI PER IL MARKETING AZIENDALE
La produzione di contenuti può portare valore al marketing aziendale. Tale valore si
distribuisce su tutte le fasi del processo di acquisto (sales funnel) al punto da poter definire i
contenuti come l’elemento motivazionale in grado di far procedere i consumatori tra le sue
diverse fasi. E’ mediante la qualità dei contenuti offerti che un’azienda può trasformare
progressivamente delle persone, inizialmente ignare di essa, in clienti fedeli e in veri e propri
fan appassionati che parlano bene dei sui prodotti o servizi
57
. Da sottolineare che i contenuti
di qualità non predicano e non promuovono aggressivamente, ma dimostrano tramite case
study e testimonianze come il prodotto viene usato e risponde alle esigenze dei clienti. “I
buoni contenuti non raccontano favole, ma narrano bene una vera storia” (Conti, Carriero,
2016, p.21). Quindi come il buon giornalismo, anche una valida strategia per i contenuti si
concentra sulla storia da raccontare e sul pubblico che vuole attrarre.
Cinque sono le domande fondamentali che aiutano l’azienda a focalizzarsi su i suoi clienti e le
loro esigenze. Ma a differenza del giornalismo, la strategia dei contenuti deve iniziare dal
“perché”. Queste sono le cinque domande fondamentali che un’azienda deve porsi:
Perché creare i contenuti che si creano?
Chi è il nostro pubblico? Chi siete voi?
Cosa si vuole ottenere con i contenuti?
Quando e come devono esser sviluppati i contenuti?
Dove pubblicarli?
Nel primo passo della strategia di content marketing, l’azienda deve collegare la produzione
di contenuti a i suoi obiettivi di business e ai traguardi che vuole conseguire. Per far ciò deve
rispondere a queste domande: come si integra la nostra content strategy con le altre iniziative
strategiche dell’azienda? Da chi è composto il pubblico a cui ci rivolgiamo: clienti o
potenziali clienti? Quali sono le loro preferenze? Sono offline o online? Con quali tipi di
media o piattaforme sono più in sintonia? Quali sono i loro problemi? Come possiamo
aiutarli?
58
Dopo questa breve puntualizzazione sulla qualità dei contenuti, prendendo in considerazione
le fasi del sales funnel (Figura 1) analizziamo come i contenuti devono essere modellati su
ognuna di queste fasi. Modellamento dei contenuti che può esser così descritto per ogni fase
del sales funnel:
Aumentare la notorietà del brand (brand awareness). In questo primo livello, i
57
Di Fraia Guido (a cura di). Social Media Marketing, Hoepli, Milano, 2016, p.42.
58
Conti Luca, Carriero Cristiano, Content Marketing, Hoepli, Milano, 2016, pp. 21-22.
47
contenuti sono un ottimo strumento per generare o rafforzare la notorietà del brand, in
modo efficace e in sintonia con le aspettative dei clienti. L’azienda facendo
intercettare a i sui pubblici dei contenuti in grado di soddisfare una o più delle
motivazioni che li spingono a utilizzare la rete fa percepire il suo brand come attento,
autorevole, autentico e innovativo e lo caratterizza di tratti valorizzanti. In questa fase,
la creazione dei contenuti deve essere integrata con delle operazioni comunicative di
tipo “pay” che permettono di aumentare la diffusione tra i pubblici di riferimento.
L’obiettivo delle iniziative deve essere quello di portare le persone sugli spazi digitali
dell’azienda e far si che i contenuti che vi trovino siano così interessanti da farli
tornare di nuovo.
Raccogliere dati di contatto di potenziali clienti (lead generation). Il termine lead
generation indica qualsiasi operazione di marketing che consente di generare una lista
di possibili clienti interessati ai prodotti o servizi dell’azienda. Quando più le persone
incluse in questa lista sono effettivamente attratte dalle proposte dell’azienda, tanto
maggiore sarà il numero di coloro che faranno il passo nel processo di acquisto,
diventando clienti. Se l’azienda ha ottenuto la disponibilità dei dati mediante un
processo proattivo da parte dell’utente, che ha gradito i contenuti che ha proposto e si
rende disponibile a essere ricontattato per averne di nuovi (per esempio iscriversi a
una newsletter, un webinar ecc…), è evidente che il suo interesse nei confronti
dell’azienda è alto. La persona che ha aperto un canale diretto con l’azienda deve
essere nutrito (nurturing) continuamente con contenuti di valore per spingerlo
all’acquisto.
Stimolare l’acquisto (customer conversion). Essendo il fine del marketing quello di
generare vendite per ottenere profitti, il marketing dei contenuti deve essere orientato
alla generazione di conversioni. Le persone che hanno fornito i loro dati e hanno
accettato di diventare pubblici effettivi dell’azienda saranno anche interessati a
conoscere i prodotti e servizi dell’azienda. I contenuti più efficaci per le persone
giunte a questa fase del processo di acquisto sono quelli dedicati alla vendita. Una
volta che l’azienda ha catturato l’attenzione della sua audience, l’ha convinta a farsi
dare i dati di contatto e l’ha nutrita con contenuti di valore deve chiudere il processo di
acquisto stimolando attivamente i comportamenti di acquisto. In questa fase deve
intervenire il personale addetto alla vendita, supportato da piattaforme dedicate alla
gestione dei relativi processi (CRM).
Offrire servizi post-vendita (Customer service). Il processo di coltivazione del
48
pubblico mediante i contenuti non finisce con la vendita. I contenuti dedicati alla cura
del cliente sono volti a rafforzare la sua esperienza di acquisto e la relazione con il
brand.
Fidelizzare e upsell (customer loyalty/retention e upsell). Come l’azienda ha nutrito
di contenuti i suoi contatti per farli diventare acquirenti, deve alimentare
costantemente i clienti per fidelizzarli e spingerli a ulteriori acquisti. In questo caso, i
contenuti devono essere personalizzati su ognuno di essi, dato che l’azienda conosce
tutto ciò di cui hanno bisogno per intercettare i loro bisogni più specifici. Mediante
una corretta pianificazione delle proposte, l’azienda potrà rendere servizi utili,
aumentando esponenzialmente il loro livello di soddisfazione. Nello stesso tempo
potrà amplificare il valore economico di ogni cliente, stimolando i processi di acquisto
con attività mirate di upselling
59
.
Creare client entusiasti e renderli promotori del brand (attività di advocacy ed
evangelism). Rendere i clienti entusiasti dei prodotti e servizi dell’azienda dovrebbe
essere l’obiettivo di qualsiasi attività di marketing. Un obiettivo che è in grado di
produrre reale valore sociale, unendo al meglio i desideri dell’azienda con quelli dei
clienti. Un cliente fan è un cliente che ha fatto propri i valori del brand, conosce in
profondità i prodotti e i servizi dell’azienda e diventa il suo migliore alleato nel
promuoverli con il passaparola nei social media e nelle relazioni interpersonali. Anche
in questo caso, la produzione di contenuti, il coinvolgimento in attività generate
dall’azienda, il riconoscimento costante dei suoi meriti mediante sanzioni simboliche o
reali ecc… possono essere utili per trasformare progressivamente i clienti più fedeli in
evangelist, cioè in clienti talmente coinvolti da un brand e dai suoi servizi al punto da
diventare dei promotori in prima persona, condividendo questa passione con gli altri
60
.
59
Le strategie di upselling indirizzano il cliente a un prodotto diverso da quello di partenza: un prodotto, cioè,
che abbia le stesse funzionalità di base ma sia di un livello qualitativo più alto. Il cliente in questo modo spende
una cifra superiore, ma coglie il valore aggiunto dell’offerta dell’azienda e della sua personalità (Guido Di Fraia,
Social Media marketing, 2015, Hoepli, p.44).
60
Di Fraia Guido (a cura di). Social Media Marketing, Hoepli, Milano, 2016, pp. 42-45.
49
Figura 1: Social Media Marketing Funnel.
Fonte: Guido Di Fraia, Social Media Marketing, Hoepli, 2015, p.45.
2.3.3 LE FASI DEL PROCESSO PRODUTTIVO DEI CONTENUTI
Dopo aver parlato del marketing basato sui contenuti e del valore che la produzione dei
contenuti porta al marketing aziendale, analizziamo il processo di produzione dei contenuti. Il
processo di produzione dei contenuti si articola in quattro fasi:
ideazione;
produzione;
disseminazione;
verifica dei risultati.
Fasi cha saranno analizzate in seguito singolarmente.
Progettazione
L’azienda, se non è una start up, ha molte conoscenze riguardo ai suoi consumatori: le
caratteristiche del prodotto, il suo posizionamento sul mercato, i valori del brand, il marketing
mix usato che forniscono le informazioni su i suoi target di riferimento. Nel riformulare questi
target in pubblici verso cui indirizzare la produzione di contenuti dovrà arricchire la
descrizione con tutto ciò che può essere utile sapere per conoscerli meglio e ricostruire i loro
gusti, bisogni, comportamenti e pratiche di fruizione dei canali social e dei media classici. Le
fonti che si possono utilizzare a tale scopo possono essere fonti di ascolto interne ed esterne
all’azienda.
Le fonti di ascolto interne che permettono di delineare un profilo dettagliato dei clienti
50
effettivi dell’azienda variano in base alle dimensioni dell’azienda e al modello di business
attuato. Di queste citiamo:
il Sistema Informativo del Marketing
61
;
la rete di vendita;
il centralino;
il call center;
le email di richiesta informazioni, ordini, reclamo, ecc…;
i post o i commenti generati dagli utenti sui canali social.
Le fonti esterne, innanzitutto sono costituite dal buzz presente nel web sociale che riguarda
direttamente i prodotti e i servizi dell’azienda e, più in generale, il settore in cui opera.
L’ascolto attivo e focalizzato di questo buzz rappresenta la strategia più appropriata per
raccogliere le indicazioni necessarie che permettono all’azienda di definire meglio le
caratteristiche dei suoi pubblici di riferimento, le loro opinioni, bisogni, desideri, difficoltà, e
tutto ciò che può essere utile a orientare la progettazione dei contenuti.
Oltre ai processi formalizzati di ascolto e all’interpretazione delle conversazioni online (social
media listening), può essere utile all’azienda per raccogliere idee sui temi da sviluppare
partecipare attivamente agli ambienti social più interessanti come forum di discussione,
gruppi specialistici, siti di domanda e risposte (Q&A sul tipo di Quora o Yahoo Answers)
ecc... I temi più discussi o le domande più frequenti presenti in questi ambienti costituiranno
degli stimoli preziosi per l’ideazione dei contenuti. Nello stesso tempo l’azienda, sempre
all’interno di questi ambienti, può raccogliere anche i segnali deboli (relativi a trend in via di
gestazione), che possono essere fonte di idee particolarmente originali e preziose.
Anche i termini con cui i diversi pubblici cercano l’azienda o i suoi prodotti o servizi
costituiscono una fonte di possibile ispirazione. I dati di analytics relativi al sito aziendale
offriranno all’azienda tutte le indicazioni necessarie a verificare mediante quali query
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viene
cercata sui motori di ricerca, mentre Google Trends le mostrerà come cambia nel tempo e
nello spazio l’uso di tali query.
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Il sistema informativo è rappresentato dall’insieme delle informazioni utilizzate, prodotte e trasformate da
un’azienda durante lo svolgimento dei processi aziendali, dalle modalità in cui sono gestite e dalle risorse sia
umane sia tecnologiche coinvolte. Il sistema informativo di marketing (SIM) non va confuso con il sistema
informatico, che indica invece la porzione di sistema informativo che fa uso di tecnologie informatiche di
automazione. Il SIM è una funzione che esiste in tutte le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni: nelle
grandi aziende vi sono strutture organizzative dedicate specificamente a tali attività; nelle piccole imprese tali
funzioni sono spesso svolte direttamente dal responsabile o dagli addetti alla vendita che, sulla base del contatto
con i clienti, cercano di cogliere le tendenze del mercato e di orientare su di esse i propri prodotti e le proprie
offerte (Guido Di Fraia, Social Media Marketing, 2015, Hoepli, p.47).
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Con il termine query si fa riferimento alle parole inserite dagli utenti sui motori di ricerca per trovare ciò a cui
sono interessati (Guido Di Fraia, Social Media Marketing, 2015, Hoepli, p.50).