9
viticoltura e l’enologia italiane di fronte a un importante obiettivo: continuare a produrre
in maniera competitiva significa cambiare completamente filosofia, non solo in cantina
e in vigna, ma anche e soprattutto nel mercato. Proprio nel mercato l’immagine e il
valore simbolico del vino e del suo territorio devono essere rinnovati, per poter iniziare
la scalata ad un nuovo target di consumatori. Con questo principio si è aperta la difficile
opera di rifondazione del settore vitivinicolo, che ha comportato e sta ancora oggi
comportando grandi investimenti di capitali e grande impegno non solo da parte delle
imprese, che sono il punto di partenza per tale rifondazione, ma anche da parte delle
istituzioni politiche, che hanno il compito di regolamentare e controllare le attività
vitivinicole intervenendo con leggi specifiche e incentivi. Tale opera ha dato e sta dando
i suoi frutti, riproponendo la cultura del vino italiano sui più grandi mercati
internazionali e contribuendo in maniera decisiva alla straordinaria reputazione del
made in Italy nel mondo. Per capire quali sono le dinamiche attuali presenti nel settore è
quindi indispensabile conoscere i cambiamenti avvenuti nell’ultimo decennio, le
difficoltà odierne, le nuove tendenze dei consumatori, le strategie della concorrenza, le
normative vigenti e le relative riforme per arrivare a tentare di dare una risposta al
quesito: tradizione o innovazione?
Il trinomio territorio, cultura e comunicazione, è alla base di questo lavoro, il
quale, attraverso lo studio, l’analisi e la comparazione di dati reali, vuole fornire un
chiaro quadro della situazione del mercato del vino e delle sue prospettive. Nel primo
capitolo viene fornito un quadro globale del mercato del vino, dapprima attraverso uno
sguardo allo scenario mondiale e, successivamente, al mercato italiano. Nel secondo
capitolo si passa ad analizzare il settore vino, i suoi soggetti principali con un occhio di
riguardo alle nuove abitudini dei consumatori e all’evoluzione delle normative
regolatrici. Il terzo capitolo descrive le principali problematiche che il settore sta
affrontando per sottolineare come il valore territorio sia alla base dello sviluppo futuro
del mercato. Il legame con il territorio, l’evoluzione tecnica e l’ecocompatibilità, sono
valori che devono costituire un sistema in continua sinergia tra innovazione e tradizione,
veicolando una strategia di sviluppo culturale ed economico che trova come sbocco
naturale le Strade del Vino. Proprio dalla descrizione del funzionamento delle Strade del
Vino, delle relative strategie di marketing e di alcune valutazioni quantitative
riguardanti i principali finanziamenti e progetti, si entra nel caso pratico di analisi di
10
questo lavoro: la filiera vitivinicola della Valpolicella veronese. Nel quarto capitolo,
infatti, si analizza dal punto di vista economico la filiera e le sue prospettive in un
quadro di ostacoli e opportunità, senza dimenticare i valori di riferimento essenziali,
quali il territorio e i prodotti autoctoni. Nell’ultimo capitolo la Strada del Vino che
percorre questa valle fa da guida per un’interessante indagine sul campo che toccherà il
Consorzio di tutela della Denominazione di Origine del Valpolicella DOC, la Camera di
Commercio di Verona e circa ottanta imprese vitivinicole del territorio. In questo
campione di riferimento abbiamo volutamente compreso prototipi di aziende molto
diverse tra loro: dalle grandi società di capitali, alle piccole aziende agricole, esempi
significativi della prevalente tipologia di aziende della zona. In questo modo, attraverso
interviste dirette a produttori e imprenditori, visite guidate alle cantine e la ricerca
specifica tramite il questionario valutativo, abbiamo analizzato questa porzione di
territorio dal punto di vista economico e della comunicazione per capire se la
promozione del territorio sia una strategia essenziale per la valorizzazione e sviluppo
non solo del territorio in sé, ma di tutto il settore vino. Le domande presenti nel
questionario e rivolte ai produttori sono proprio mirate a capire se la Strada del Vino
della Valpolicella sia uno strumento di promozione efficace utilizzato dalle aziende
perché contribuisce in modo significativo all’identità e alla riconoscibilità del marchio
Valpolicella. Infine, utilizzando i risultati ottenuti dalle interviste e dai questionari, si
giunge alle conclusioni di questo lavoro di ricerca, ideato con l’obiettivo di capire
l’effettivo impatto di iniziative economico/culturali come la Strada del Vino e dei suoi
effetti sul territorio di riferimento in modo da essere in grado di sfruttare al meglio le
potenzialità di questo mezzo, nella competizione sui mercati e nelle prospettive future
del settore.
11
CAPITOLO 1 : IL MERCATO DEL VINO
1.1 LO SCENARIO MONDIALE
1.1.1 I dati
Per avere un quadro generale del mercato del vino mondiale è stato necessario
focalizzarsi su alcuni dati e soprattutto sulle loro variazioni durante gli ultimi anni. In
particolare è stato fatto riferimento alla superficie vitata, alla produzione di vino, alla
relazione import/export e al consumo pro-capite. Riguardo a quest’ultimo si sono
distinti i paesi tradizionali, ovvero il cosiddetto “Vecchio Mondo” che comprende i
paesi europei in particolare Italia, Francia e Spagna, dai paesi emergenti, denominati il
“Nuovo Mondo”, costituito da Stati Uniti, Australia, Sud Africa, Cile e Argentina.
Nell’ultimo decennio la superficie vitata mondiale (Tabella 1) non registra
significative modificazioni, vi è stata infatti una sostanziale compensazione fra la
diminuzione rilevabile in Europa e l’aumento riscontrabile nelle Americhe, in Asia, in
Africa e in Oceania che attesta il valore della superficie intorno a 7,5 milioni di ettari.
Tabella 1 – Superficie vitata nel mondo (000 ha)
Media 96-99 Media 02-05 2005
Europa 5.126 4.575 4.615
Asia 1.310 1.502 1.546
Oceania 70 149 167
America 778 891 907
Africa 303 327 338
Mondo 7.587 7.444 7.572
Fonte: FAO, in Bacarella 2006: 2
La produzione di vino (Tabella 2), invece, è aumentata in quasi tutti i continenti.
Come si può notare dai dati, gli incrementi più significativi si sono registrati in Asia e in
Australia, si passa rispettivamente da 8.880 hl a 12.803 hl e da 5.620 hl a 10.723 hl
prodotti. In Europa, invece, si assiste a un’inversione di tendenza: in circa dieci anni la
produzione cala da 193.960 hl a 188.815 hl.
12
Tabella 2 – Produzione di vino nel mondo (000 hl)
Media 96-99 Media 02-05 2005
Europa 193.960 199.786 188.815
Asia 8.880 12.803 12.888
Oceania 5.620 10.723 12.630
America 48.214 54.395 54.014
Africa 8.732 8.130 8.455
Mondo 265.406 285.837 276.802
Fonte: FAO, in Bacarella 2006: 3
Grafico 1 – Produzione di vino nel mondo (000 hl)
0
20.000
40.000
60.000
80.000
100.000
120.000
140.000
160.000
180.000
200.000
Europa Asia Oceania America Africa
Produzione di vino nel mondo (000 hl)
Media 96/99
Media 02/05
2005
Fonte: Rielaborazione dati Tabella 2
Nel mondo si producono quasi 280 milioni di ettolitri di vino all’anno; per
quanto riguarda la produzione commercializzata (Tabella 3), cioè il commercio vero e
proprio del vino, si registrano nel complesso incrementi consistenti nella quantità (circa
il 20%), ma soprattutto nel valore (intorno al 40%). Ciò sta a dimostrare che la
produzione mondiale ha subito un importante cambiamento volto a soddisfare le nuove
esigenze del consumatore internazionale.
13
Tabella 3 – Commercio mondiale di vino
Fonte: FAO, in Bancarella 2006:3
Il maggior incremento nel valore del vino commercializzato rispetto alla quantità
indica non solo il commercio di vini di maggior pregio, ma è l’importante indicatore
della valorizzazione territoriale in atto in tutto il mondo. Negli ultimi dieci anni, infatti,
si beve meno, ma meglio: il consumo pro-capite annuo si è attestato intorno a 40 litri
(dato in www.inumeridelvino.com) compensando la diminuzione nei paesi tradizionali e
l’aumento nei paesi produttori emergenti. Questo fenomeno ancora in atto indica che la
mappa dei competitors tradizionali sta radicalmente cambiando. Accanto ai nomi storici
della viticoltura, quali Francia, Italia e Spagna, emergono in modo sempre più forte altri
paesi produttori, primi fra tutti gli Stati Uniti, seguiti a ruota da Australia, Sud Africa,
Cile e Argentina.
Tabella 4 – Consumo di vino pro-capite in litri: paesi tradizionali (1970-2004)
Media 70-80 Media 81-90 Media 91-00 2004
Italia 100,7 70,7 57,3 48,2
Francia 102,0 81,7 61,8 56,1
Spagna 66,7 49,0 39,3 34,1
Fonte: Anderson, 2004: 27
Tabella 5 – Consumo di vino pro-capite in litri: paesi emergenti (1970-2004)
Media 70-80 Media 81-90 Media 91-00 2004
USA 11,7 20,3 26,3 31,6
Australia 10,7 15,0 20,3 24,2
Sud Africa 5,0 9,7 14,3 19,8
Cile 2,3 3,7 8,3 14,7
Argentina 0,6 1,0 3,0 6,4
Fonte: Anderson, 2004: 30
Media 96-99 Media 02-05 2005
Importazioni
Quantità (000 hl)
Valore (000.000 $)
49.910
9.985
61.288
14.423
68.574
17.564
Esportazioni
Quantità (000 hl)
Valore (000.000 $)
55.494
10.162
65.010
14.225
67.157
17.318
14
Grafico 2 – Consumo di vino pro-capite
Consumo di vino pro-capite
0
20
40
60
80
100
120
Media 70/80 Media 81/90 Media 91/00 2004
anni
l
i
t
r
i
Francia
Spagna
USA
Australia
Sud Africa
Cile
Argentina
Italia
Fonte: Rielaborazione dati Tabella 4 e Tabella 5
L’Unione Europea è da sempre stata il cuore dei vigneti più antichi e pregiati,
catalizzatori delle forze di domanda e offerta su tutti i mercati internazionali, ma
ultimamente assistiamo a un forte cambiamento. L’Europa attraversa un periodo di crisi
sia dal punto di vista interno, a causa dei minori consumi e surplus produttivi, sia dal
punto di vista esterno ad opera dei nuovi paesi emergenti sempre più concorrenziali.
Non solo, anche le aree di consumo hanno subito cambiamenti significativi: oltre ai
classici mercati della vecchia Europa, i nuovi produttori conquistano grosse fette di
mercato in nuove aree come Giappone, Cina e India. I grandi e tradizionali paesi
europei vanno quindi a scontrarsi con i nuovi paesi conquistatori del mercato
vitivinicolo, in grado di reinterpretare i vecchi sistemi di coltivazione, di attuare nuovi
processi tecnologici e di istituire politiche di marketing più aggressive (Basile 2002:
22). Tutto ciò indica come sia presente un grosso processo di innovazione e
cambiamento non solo nella produzione e distribuzione del prodotto, ma nella struttura
organizzativa interna di tutto il mercato vinicolo, nei suoi canali di vendita
(specialmente nel canale horeca), nelle strategie di marketing e nel ruolo sempre più
forte della concorrenza, all’insegna della qualità fra le grandi imprese multinazionali del
mercato mondiale che si scontrano con le realtà delle piccole e medie imprese radicate
15
nel territorio. E’ proprio l’attenzione alla terra e al vigneto ad essere basilare per la
buona qualità del prodotto e per valutare le potenzialità produttive della zona in esame.
In Europa assistiamo a una diminuzione del territorio produttivo, ridotto quasi del 14%
(Basile 2002: 26), e alla frammentazione dell’offerta condotta principalmente da piccole
e medie imprese. Nel “Nuovo Mondo”, al contrario, esistono pochi grandi produttori
che controllano quasi tutto il mercato vinicolo.
1.1.2 Prospettive globali
Dal quadro appena descritto si può evincere come il mercato del vino sia
un’interessante esempio di globalizzazione. A partire dagli anni ottanta, infatti, la
produzione e l’export sono notevolmente aumentati, causando un significativo
ampliamento del mercato e l’ingresso di nuovi investimenti. Secondo i dati
precedentemente riportati nelle tabelle, il “Vecchio Mondo” vitivinicolo sta
attraversando un periodo di crisi strutturale: il rischio è che la tradizione si muti in
omologazione. Ciò che il mercato vitivinicolo si trova ad affrontare attualmente è il
veloce avanzare dei nuovi competitors internazionali che rischiano di ottenere spazi di
mercato sempre più significativi, a discapito dei produttori tradizionali. Saranno in
grado i piccoli produttori di rimanere nel mercato competitivo o verranno schiacciati dai
monopoli dei grandi produttori e delle grosse catene distributive? Non possiamo dare
una risposta certa a questo importante quesito, ma se analizziamo brevemente il
comportamento produttivo e commerciale di un nuovo paese emergente come
l’Australia, ci rendiamo conto di quanto rilevante sia diventato il fenomeno globale.
L’Australia opera nel mercato del vino con grosse azioni di marketing di massa e
grandi volumi di non-premium wine
1
, ossia un tipo di vino semplice e di prezzo
contenuto (Anderson, 2004: 6) in grado di imporre una forte concorrenza soprattutto nel
settore dell’export. Questo paese è, infatti, il quinto esportatore mondiale in volume e le
sue prospettive di crescita sono quelle di coprire il 7% del mercato nei prossimi 25 anni
(dati in www.mo.camcom.it/mercato_globale). Grazie alla ricerca su nuovi macchinari,
a una positiva immagine internazionale e a continui investimenti nel settore, quasi il
1
Nel commercio del vino si è diffusa una classificazione dei vini per fasce di prezzo che prevede 6
categorie: basic, fino a 2 €; top basic, 2-3 €; popular premium, 3-5 €; premium, 5-7 €; super premium, 7-
15 €; ultra premium, 15-50 €; icon, più di 50 €.
16
40% della produzione totale di vino australiano viene esportato, accentuando così il
trend sempre in crescita del mercato mondiale. L’Australia è solo uno dei possibili
esempi di ciò che sta avvenendo nel mercato del vino su larga scala, in generale
possiamo affermare che i vini commerciali dei nuovi produttori sono sempre più
richiesti e pertanto sottraggono rilevanti fette di mercato ai paesi tradizionali. Inoltre, i
paesi emergenti non si limitano a produrre solo semplice vino da tavola, ma si stanno
attrezzando per produrre anche vini più pregiati a discapito dell’antica tradizione
territoriale dei vecchi paesi produttori. Ma quali sono i reali effetti della
globalizzazione? Uno degli aspetti più importanti è la pressione competitiva sempre più
forte dei nuovi produttori sui paesi tradizionali; per secoli il vino è stato un prodotto
europeo, ma a partire dagli anni ottanta si è trasformato in un prodotto internazionale a
tutti gli effetti. I recenti sviluppi in questo mercato hanno causato un aumento
percentuale del vino esportato sia in volume che in valore (come mostrato in tabella 3),
una crescita continua dei nuovi produttori e la rispettiva diminuzione dei pesi
tradizionali, la crescita di qualità media per i vini di fascia più elevata e, al contrario, la
diminuzione per i vini non-premium (Anderson 2004: 38). Ma il mercato mondiale ha
anche un aspetto positivo, ovvero la diminuzione dei costi di transazione. Risulta più
semplice, infatti, trasferire il knowhow e le nuove tecnologie in un mercato poco
frammentato con la possibilità di diversificare inoltre il rischio di portafoglio: se un
mercato risulta saturo si andrà a esportare in un altro paese (Scarso,
www.tigulliovino.it). Tuttavia l’omogeneizzazione della produzione rischia in futuro di
sfociare in un unico gusto internazionale, creando grandi multinazionali che assorbono
le piccole aziende e incanalando i consumatori verso un’etichetta unica. Il mercato
mondiale agisce molto sulla concentrazione delle imprese, queste ultime, infatti, stanno
diventando multinazionali in termini di produzione, distribuzione, trasferimento di
conoscenze e tecnologie. Da questo sintetico quadro del mercato mondiale si
potrebbe evincere che sia la globalizzazione a dominare incontrastata sul mercato del
vino, tuttavia siamo ancora ben lontani dalla totale omologazione del prodotto. Quello
che ci si sta prospettando oggi è il rischio in cui si può facilmente incorrere se non si dà
la giusta importanza al valore territorio. Per sopravvivere in futuro al mercato
mondiale, quindi, serve un giusto equilibrio tra nuove alleanze commerciali con paesi e
17
mercati emergenti, una grande qualità di prodotto e soprattutto una forte cultura e
conoscenza tradizionale del vino e del suo territorio.
1.2 LO SCENARIO ITALIANO
1.2.1 Brevi cenni storici
Dire storia del vino vuol dire storia dell’umanità. Dalla prima scoperta che il succo
fermentato di uva produceva una bevanda di gusto gradevole, il vino si è caricato di una
serie di significati. Oltre ad aver assunto il valore economico di un prodotto della terra
dal quale attraverso il lavoro umano si possono ricavare profitti, esso è divenuto
simbolo religioso potente del ciclo fondamentale della vita, della morte e della
resurrezione (Unwin, 1996: 365).
A partire dal Mediterraneo il vino ha espresso e continua a esprimere un ruolo
cruciale nell’alimentazione, diffondendosi ovunque. In questo percorso storico il vino
italiano è sempre stato protagonista, culla della civiltà, tra Etruria, Magna Grecia e
Roma, fino al XXI secolo, la penisola è sempre stata un grande giacimento di vino di
qualità (Guatteri 2005: 33). Con l’impero romano il ruolo religioso del vino era già stato
notevolmente ridimensionato e i fattori economici collegati erano emersi in tutta la loro
importanza nell’indirizzare l’organizzazione della viticoltura e del commercio del vino.
Nell’ultimo secolo assistiamo a importanti oscillazioni sia nelle produzioni che
nelle esportazioni del prodotto. Si raggiunge l’apice all’inizio del ventesimo secolo, si
passa poi a un periodo di declino a causa delle guerre mondiali per poi tornare in auge
negli anni sessanta e settanta parallelamente al boom economico. In quegli anni aumenta
il livello di specializzazione, si incrementano le produzioni e si ottengono buoni risultati
nell’export, la crescita quantitativa supera quella qualitativa per sfociare nella
tristemente famosa crisi del metanolo nel 1986. Le vendite crollano di quasi il 40%
(Anderson, 2004: 76) e da questo periodo in avanti la Commissione Europea scoraggia
le produzioni di bassa qualità.
A partire dagli anni novanta il mercato vitivinicolo va equilibrandosi, si
rafforzano le esportazioni basate ora su una maggiore qualità e controlli più severi
grazie anche alla recente riforma OCM vino e alla Politica Agricola Comune del 2000.
18
1.2.2 I dati
Oggi, nel quadro dell’economia nazionale, il sistema agroindustriale pesa il
16,7%, di cui il 2,4% è costituito dall’agricoltura (Bacarella, 2006: 5). La vite da vino si
inserisce in questo contesto con un peso sul valore della produzione agricola del 6,5%,
mentre per quanto riguarda le esportazioni, l’Italia copre circa il 20% dell’export
mondiale. Da queste semplici cifre possiamo capire come il vino sia un prodotto di
grande importanza nell’economia italiana; esso, infatti, costituisce quasi l’1% del PIL,
performance che non si riscontra per nessun altro prodotto agroalimentare.
La coltivazione della vite e la relativa industria enologica sono presenti in tutte
le regioni italiane, anche se le maggiori concentrazioni di superfici vitate si trovano in
alcune regioni specifiche, quali Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Piemonte, Sicilia e
Puglia (Bacarella, 2006: 5).
Tabella 6 – Superficie a vite per uva da vino. Censimento ISTAT 2005
Altri Vini
(ha)
DOC-DOCG
(ha)
Nord Ovest 21.567 55.811
Nord Est 81.739 83.330
Centro 65.185 56.077
Sud 145.111 29.501
Isole 128.455 8.808
Totale 442.057 233.527
Fonte: Bacarella, 2006: 6
In generale, la distribuzione della produzione di vino riflette quella territoriale
della superficie coltivata. Ciò che è interessante notare è che se da un lato la superficie è
diminuita costantemente (-26,8%), dall’altro è migliorata notevolmente la qualità. Sono
infatti aumentate in tutte le regioni le denominazioni di origine (DOC e DOCG), la
produzione di questi vini è passata da 1/7 a 1/3 della produzione totale. I miglioramenti
più significativi si riscontrano soprattutto in Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige,
Toscana e Marche.
19
Tabella 7 – Produzione di vino, ISTAT 2005
Vino in totale Vino DOC-DOCG
Media 96-00
(hl)
Media 03-07
(hl)
Variazione
%
Media 96-00
(hl)
Media 03-07
(hl)
Variazione
%
Nord Ovest 5.159 3.788 -26,6 1.900 2.782 46,4
Nord Est 18.424 15.928 -13,6 4.172 5.641 35,2
Centro 9.498 7.201 -24,2 2.304 3.342 45,0
Sud 18.897 12.711 -36,7 830 2.460 196,4
Isole 11.569 6.894 -40,4 261 582 123,0
Fonte: Bacarella, 2006: 7
Tabella 8 – Produzione di vino e mosto per tipologia nel 2006 (hl)
Vino
REGIONI
Bianco Rosso e rosato
Mosto
Totale vino e
mosto
Piemonte 1.133.467 2.095.494 0 3.228.961
Valle D’Aosta 4.500 15.500 0 20.000
Lombardia 458.146 618.988 3.852 1.080.986
Trentino Alto Adige 566.237 592.475 0 1.158.712
Veneto 3.684.936 3.408.177 114.474 7.207.587
Friuli Venezia Giulia 610.050 403.650 0 1.013.700
Liguria 52.754 24.649 0 77.403
Emilia Romagna 2.606.971 3.605.545 555.300 6.767.816
Toscana 529.898 2.442.401 6.100 2.978.399
Umbria 521.025 582.393 0 1.103.418
Marche 515.899 574.186 0 1.090.085
Lazio 1.884.161 392.525 39.118 2.315.804
Abruzzo 1.257.853 1.883.441 92.000 3.233.294
Molise 98.500 277.100 0 375.600
Campania 898.248 1.121.350 0 2.019.598
Puglia 3.098.433 4.017.245 280.950 7.396.628
Basilicata 50.660 195.100 0 245.760
Calabria 35.133 448.657 0 483.790
Sicilia 3.484.440 2.075.940 1.414.026 6.974.406
Sardegna 384.260 466.260 8.790 859.310
ITALIA 21.875.571 25.241.076 2.514.610 49.631.257
Fonte: Censimento ISTAT 2006
20
Tabella 9 – Produzione di vino per marchio di qualità nel 2006 (hl)
Vino
REGIONI
DOC e DOCG IGT Da tavola Totale
Piemonte 2.709.668 0 519.293 3.228.961
Valle D’Aosta 11.500 0 8.500 20.000
Lombardia 640.437 181.314 255.383 1.077.134
Trentino Alto Adige 459.729 41.868 657.115 1.158.712
Veneto 2.281.124 4.268.430 543.559 7.093.113
Friuli Venezia Giulia 654.500 199.200 160.000 1.013.700
Liguria 36.349 6.700 34.354 77.403
Emilia Romagna 1.501.479 2.617.052 2.093.985 6.212.516
Toscana 1.710.069 786.776 475.454 2.972.299
Umbria 355.221 407.912 340.285 1.103.418
Marche 379.756 515.278 195.051 1.090.085
Lazio 1.053.783 319.552 903.351 2.276.686
Abruzzo 1.096.210 167.150 1.877.934 3.141.294
Molise 220.700 0 154.900 375.600
Campania 252.345 279.021 1.488.232 2.019.598
Puglia 862.392 1.142.795 5.110.491 7.115.678
Basilicata 29.000 24.760 192.000 245.760
Calabria 53.302 12.523 417.965 483.790
Sicilia 249.500 1.451.890 3.858.990 5.560.380
Sardegna 237.360 176.180 436.980 850.520
ITALIA 14.794.424 12.598.401 19.723.822 47.116.647
Fonte: Censimento ISTAT 2006
Anche le esportazioni confermano il dato positivo del miglioramento qualitativo
del vino facendo registrare un aumento del 86% in valore. A fronte di una crescita
nell’export di vini DOC e DOCG si registra un declino dei vini sfusi o non di alta
qualità.
21
Tabella 10 – Esportazioni nazionali di vino per tipologia
Media 96-99
(000) hl
Media 02-05
(000) hl
Variazione %
Vini da tavola 9.276 7.299 -21,3
Vini DOC-DOCG 3.375 4.042 19,8
Fonte: Bacarella, 2006: 8
Le importazioni, seppur ancora contenute, cominciano ad avere un ruolo
significativo, a dimostrazione che anche in Italia si sta profilando una
internazionalizzazione dei consumi. L’import del vino in Italia si attesta sui 613.000
ettolitri per un valore di 200 milioni di euro (con un incremento del 6%). Il Paese al
vertice nella classifica dei nostri acquisti resta la Francia, per circa l’80% del mercato,
seguita da Spagna, Germania, Stati Uniti, Cile, Australia e Sudafrica (Il Sole 24 Ore,
7/10/2002, in www.vinit.net).
1.2.3 Struttura della produzione italiana
L’Italia, secondo produttore su scala mondiale, produce una media di 50 milioni
di ettolitri di vino l’anno, per un totale di quasi 5 miliardi di euro di business (Guatteri
2005: 34). Nella penisola il mercato del vino è costituito per la maggior parte da piccole
e medie imprese a conduzione familiare. Oltre a questa realtà esistono anche aziende di
dimensioni maggiori adatte alla produzione di vino su larga scala, soprattutto per quanto
riguarda i vini semplici da tavola. Queste aziende, pur producendo in grande quantità,
non possiedono vigne proprie, ma comprano direttamente l’uva sul mercato per poi
lavorarla. Importante anche il fenomeno delle cooperative, società nelle quali una serie
di viticoltori si consorziano per costituire un unico impianto di vinificazione e per
godere di una rete di distribuzione comune volta a produrre grandi quantitativi di vino
per i consumi di massa. Ma ciò che caratterizza il mercato vitivinicolo della penisola è
sicuramente la piccole e media impresa con produzione propria.
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Tabella 11 – Suddivisione della produzione italiana (2004)
Piccole/Medie imprese
(Produzione propria)
Cooperative Altro
Nord Est 13.533 203 387
Nord Ovest 17.153 132 539
Centro 20.873 135 288
Sud 9.209 391 711
Totale 60.768 861 1.925
Fonte: Anderson, 2004: 86
Durante gli anni ottanta, nei 2/3 della superficie vitata si produceva vino da
tavola (IGT) e solo 1/3 del territorio coltivabile era dedicato ai vini DOC e DOCG, la
maggior parte del quale al settentrione. A partire dagli anni novanta si assiste a un
aumento dei vini di alta qualità di quasi il 12% (Anderson, 2004: 89), anche in questo
caso con maggiori vantaggi al nord rispetto al sud. Tuttavia si tratta sempre di piccole
aziende che comportano rischi di alta frammentazione dell’offerta: pur producendo
ottimi prodotti queste aziende spesso non riescono a trovare un loro posto nel mercato
fortemente concorrenziale. Inoltre, essendo questo tipo di impresa a conduzione
familiare, l’età avanzata dei contadini e dei produttori può costituire un freno alle nuove
sfide commerciali che si stanno profilando nel settore e che sempre avranno maggior
rilievo in futuro.
Se da un lato per i vini di alta qualità dominano i piccoli produttori, per i vini da
tavola imperano le grandi aziende: il mercato italiano è quindi dualistico e manca di
concentrazione. Questa caratteristica può costituire uno svantaggio per i motivi citati in
precedenza, ma allo stesso tempo è un notevole punto di forza se sfruttato con le giuste
modalità. La tipicità del territorio e il conseguente alto livello di frammentazione fanno
sì che i vini italiano godano di un’unicità non riscontrabile in nessun altro posto al
mondo. Il segreto sta nel saper valorizzare questo patrimonio per poter competere ad alti
livelli nel mercato internazionale.
Nonostante la diminuzione del consumo pro-capite, l’aumento di produzione e
consumo dei vini DOC e DOCG è un segnale molto significativo di questa ricchezza
territoriale. La consumazione di vini segue un carattere geografico: i consumi più alti si
registrano nelle zone di più alta specializzazione e produzione, ovvero nel nord-est,
mentre al sud e nelle isole si trovano i consumi più bassi (Anderson, 2004: 92).