Questa tesi ha l’obiettivo di capire come si sia arrivati all’attuale modello di
comunicazione dell’Aeronautica Militare e di analizzare le difformità tra la strategia
applicata in Italia e quella fuori area (all’estero), nel contesto geopolitico di oggi.
Nel 1989 la fine della guerra fredda e la disgregazione dell’URSS non hanno creato i
presupposti per l’attesa stabilità, dando invece luogo a nuovi tipi di crisi: sono
esplose plurime tensioni, di carattere etnico, nazionalistico, religioso, economico.
Alla fine degli anni ’90 il comparto difesa è stato interessato da una riforma dei
vertici e da altre importanti innovazioni, come l’introduzione del servizio militare
femminile e il “modello a 190.000” (uomini), con la conseguente professionalizza-
zione delle Forze armate. Gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e dell’11
marzo 2004 a Madrid hanno definitivamente marcato la nuova realtà della sicurezza
planetaria, ed hanno confermato che le minacce come il terrorismo richiedono
risposte multidimensionali e multinazionali.
Il lavoro è composto da cinque capitoli. Il primo è dedicato all’approfon-
dimento storico dell’Aeronautica Militare. Fino agli anni ’80 le Forze armate erano
caratterizzate dalla cultura del segreto, della riservatezza. Il rapporto con i media e
con l’opinione pubblica non solo era considerato estraneo al mondo militare in Italia,
ma addirittura inopportuno. Solo con il disastro di Ustica, una delle crisi reali e
mediatiche più dure nella storia del corpo azzurro, si cambiò l’impostazione
comunicativa di fondo e si posero le basi per la costituzione del modello attuale. Nel
1987 il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Franco Pisano fu uno dei primi a
capire che bisognava modificare i rapporti tra Forza armata ed operatori
dell’informazione, per ritrovare credibilità e un’immagine positiva.
Il secondo capitolo analizza compiti e strutture del Ministero della Difesa e
dell’Aeronautica Militare, nell’attuale quadro internazionale minacciato dal terro-
rismo e da altri fattori che incidono negativamente sul sistema di sicurezza, come la
crescita demografica nelle zone più depresse del mondo, le migrazioni, i cambia-
menti climatici, la competizione per accaparrarsi le risorse naturali e le fonti
energetiche. Le Forze armate italiane agiscono in vari teatri sotto la direzione delle
grandi organizzazioni internazionali come l’Unione Europea (UE), le Nazioni Unite
(ONU) e l’Alleanza Atlantica (NATO).
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Il terzo capitolo tratta la comunicazione autonoma dell’Aeronautica Militare
sul territorio nazionale, che abbiamo definito il modello azzurro. Oggi la Forza
armata ha il compito di svolgere attività informativa correlata all’impiego dello
strumento aereo: è chiamata a fornire prontamente e in ogni momento informazioni
chiare, accurate a tutti i tipi di target, con un occhio di riguardo per gli operatori
dell’informazione, circa la sua mission. Tale funzione si articola su tre attività:
a. la Pubblica Informazione, che comprende principalmente i rapporti con i
media, il coordinamento degli ufficiali di pubblica informazione presso gli
enti e i reparti, e in generale tutta l’attività di informazione;
b. la Comunicazione Esterna, che utilizza diversi canali e si rivolge a molteplici
target, e comprende le cerimonie, le relazioni con il pubblico, il marketing,
l’editoria, il rapporto con le imprese private, l’archivio storico e fotografico,
il cerimoniale, etc.;
c. la Comunicazione Interna, quella rivolta al personale di Forza armata.
Per quanto riguarda l’editoria, faremo un approfondimento sul periodico edito
dallo Stato Maggiore, cioè la Rivista aeronautica: un mezzo che cerca di dare
impulso e promozione alla cultura aeronautica, e vuole veicolare il concetto che il
Potere aereo è un fattore di sicurezza nazionale imprescindibile.
Il quarto capitolo esamina la Comunicazione Esterna delle Frecce Tricolori,
che rappresentano l’eccellenza dell’Aeronautica Militare e un importante “biglietto
da visita” dell’Italia nel mondo. Veicolo di valori quali la professionalità, il lavoro di
squadra e l’alta tecnologia, la Pattuglia Acrobatica Nazionale (PAN) si rivolge ad un
pubblico molto vasto. Si possono infatti distinguere: la comunicazione di massa, la
comunicazione “privilegiata” agli opinion leader ed opinion maker, la comunica-
zione alle imprese, la comunicazione con i fan club e la comunicazione “supervip”,
indirizzata alle massime cariche istituzionali, in Italia e all’estero.
Il quinto capitolo studia invece la strategia comunicativa dell’Aeronautica
Militare fuori area. Nelle missioni all’esterno, la Forza armata deve attenersi alla
policy interforze dettata dal Ministero della Difesa, eventualmente coordinata o
subordinata alle grandi organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte (UE,
ONU, NATO, OSCE). In tale ambito è centrale il ruolo dell’esecutivo, che molto
spesso sceglie la strategia del basso profilo per evitare crisi di governo o agitazioni
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dell’opinione pubblica. Si utilizza la retorica delle “operazioni di pace”, sfruttando la
figura del soldato impiegato quasi esclusivamente per attività umanitarie e di
ricostruzione post bellica, e si attua una rimozione netta della parola e del concetto
stesso di “guerra”.
Per scrivere questa tesi si è proceduto con lo studio di fonti dirette, documenti
e testi redatti in ambiente militare, e fonti indirette, libri di giornalisti e reporter che
hanno documentato i fatti nei teatri operativi. La raccolta di elementi utili è stata
arricchita da colloqui ed interviste ad un gruppo di professionisti che opera nel
settore giornalistico come Vittorio Argento, accademico come Gregory Alegi e
Francesco Barontini, ed aeronautico come il generale Salvatore Gagliano, Capo del
V Reparto, il colonnello Amedeo Magnani, Capo dell’Ufficio Pubblica Informa-
zione, il tenente Stefano Testa che lavora all’UPI dello Stato Maggiore ed infine il
capitano Andrea Saia, responsabile delle Pubbliche Relazioni delle Frecce Tricolori.
Si è utilizzato un metodo che prevede l’analisi di alcuni casi di studio, come la
strategia comunicativa della Pattuglia Acrobatica e la discutibile policy interforze
voluta dall’esecutivo italiano nella guerra in Kosovo. La documentazione reperita su
pagine web istituzionali e giornalistiche che costituisce parte della bibliografia è stata
stampata al fine di arginare la natura “volatile” del mezzo Internet, e può essere
consultata presso l’archivio personale dell’autore.
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Introduzione
L’aeronautica gode di un rapporto felice con i media e il pubblico. Il fascino
del volo rappresenta da sempre una suggestione positiva per i diversi target che si
avvicinano a questo mondo. Il successo di immagini e suoni è tangibile nelle
manifestazioni aeree, la “Giornata Azzurra” è uno dei programmi di successo della
RAI. La percezione della platea rimane favorevole anche quando si passa alla
cronaca nera di un incidente: i toni emotivi si accendono, ma resta sostanzialmente
immutato l’incanto per il mondo aeronautico
2
.
Il discorso cambia quando si parla di Potere aereo, cioè uso della forza ed
impiego della macchina bellica. Il gradimento generalizzato cala e diventa spesso
disapprovazione se si affrontano tematiche come guerra, bombardamenti, vittime.
Nell’immaginario collettivo il mezzo aereo è meno “sporco” rispetto a quello
terrestre perché il pilota agisce da lontano, non mira all’uomo, ma rimane comunque
uno strumento di morte. Illuminante il case history della guerra in Kosovo, la prima
ad essere stata combattuta quasi unicamente dal cielo, la prima a “zero morti”: per
aumentare il grado di accettazione dell’intervento bellico da parte dell’opinione
pubblica mondiale, la NATO ha utilizzato una campagna comunicativa caratterizzata
da termini come bombe e missili “intelligenti”, “operazioni chirurgiche”, “danni
collaterali” etc., a partire dall’ossimoro con cui ha definito il conflitto, cioè “guerra
umanitaria”. Ha anche goduto di una copertura mediatica favorevole ed incline a
minimizzare gli aspetti critici. Eppure anche in Kosovo ci sono state “crisi
comunicative”, come nel caso dei bombardieri (tema ancora attuale in Afghanistan).
Chi gestisce il Potere aereo è consapevole della suggestione trasversale e
della capacità di penetrazione mediatica del mezzo aereo. Ma sfruttare appieno tali
potenzialità significa incorrere in alcuni pericoli: una sovraesposizione può causare
la “glorificazione” di quello che è pur sempre una macchina da guerra, o peggio, la
diffusione della immagini può provocare nell’opinione pubblica il netto rifiuto nei
confronti delle operazioni militari.
2
Argento Vittorio, “Media e Potere Aereo”, Rivista aeronautica, n. 5/2009, pp. 182-185.
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L’Aeronautica Militare (AM) ha compreso a pieno il ruolo della comunica-
zione
3
proprio in un momento di crisi, forse la più grave della sua storia. Ustica ha
rappresentato la prova tangibile dell’influenza che esercita la percezione dei media e
dell’opinione pubblica nei confronti del processo decisionale dal quale dipendono le
scelte politiche inerenti allo strumento militare. Scelte che concorrono a definire,
legittimandolo, il ruolo stesso della Forza armata. Il disastro ha evidenziato la
necessità di un forte cambiamento perché, in generale, il successo operativo è sempre
in relazione ad una buona comunicazione. Infatti comunicare, e farlo correttamente, è
una delle funzioni centrali di ogni organizzazione militare. Negli ultimi anni il
comparto Difesa ha sviluppato una complessa strategia, che può essere schematizzata
in tre tipologie di presenza comunicativa:
a. quella istituzionale, relativa al Ministero della Difesa (che non prenderemo in
esame);
b. quella interforze, inerente alla policy comune delle Forze armate;
c. quella autonoma, che fa riferimento alla singola Forza armata.
Il corpo azzurro ha il compito di svolgere attività informativa correlata
all’impiego dello strumento aereo. Sul territorio nazionale sviluppa tale funzione
attraverso una presenza comunicativa autonoma, mentre fuori area (all’estero) agisce
in ottemperanza alla policy interforze dettata dal Ministero della Difesa, eventual-
mente coordinata o subordinata alle grandi organizzazioni internazionali di cui
l’Italia fa parte (UE, ONU, NATO, OSCE). Come si può capire, è necessario operare
in un contesto coordinato, con un’attenzione particolare verso i media.
Oggi l’immagine delle Forze armate viene associata prevalentemente alle
attività fuori area, ma perché queste siano legittimate dalla collettività c’è bisogno di
un adeguato consenso interno ed internazionale. E’ proprio in questo ambito
intangibile, fatto di stati mentali, emozioni, percezioni e chiamato ambiente
informativo, che operano terroristi ed insorgenti. Infatti, nel tradizionale ambiente
fisico essi non possono sconfiggere forze militari quantitativamente e
qualitativamente superiori, ma cercano di ottenere gli obiettivi prefissati agendo con
attentati, imboscate, etc., che hanno effetti importanti in primis sulla sfera
emozionale della comunità internazionale. Messaggi scioccanti in grado di
3
Nella prima parte della tesi il termine è usato nella sua accezione più ampia e sfrutta il duplice
significato di informazione e comunicazione, sia all’esterno che all’interno dell’organizzazione.
14
influenzare i processi decisionali e le scelte strategiche degli stati
4
. L’opinione
pubblica occidentale mal sopporta la perdita di vite umane, tra i propri militari, ma
anche tra la popolazione civile e persino nei ranghi dell’avversario. Un solo caduto in
una missione può provocare ripercussioni politiche che, nei casi più gravi, possono
portare a una crisi di governo o addirittura al ritiro del contingente.
Uno studio sulla guerra in Vietnam mostrava come negli anni ’70 il supporto
dell’opinione pubblica calasse del 15% ogni volta che le vittime aumentavano in
proporzione di 10 (da 100 a 1.000, da 1.000 a 10.000, etc.)
5
. Oggi il tasso di “accet-
tazione della morte” è di gran lunga inferiore. Come ha detto James Shea, portavoce
della NATO durante l’operazione Allied Force in Kosovo del 1999: “[…] ogni tipo
di operazione militare tende ad essere controversa agli occhi dell’opinione pubblica.
Alcuni saranno pacifisti ad ogni costo. Altri […] saranno più concentrati su ‘è questa
la strategia vincente?’. Altri si sentiranno piuttosto frustrati che la cosa si stia
trascinando a lungo prima di avere successo […]”. Non meno devastanti sono gli
effetti politici dell’immagine del pilota abbattuto, o ucciso, o catturato e sottoposto a
un duro interrogatorio, si pensi all’esposizione televisiva degli equipaggi finiti in
mani irachene o alle decapitazioni diffuse nel web e nei network televisivi.
E’ facile intuire quanto la comunicazione sia di fondamentale importanza nel
mondo militare. Riprendiamo le parole di James Shea: “[…] non devi considerare
l’aspetto mediatico meno seriamente di quanto tu non faccia con la stessa operazione
militare”. In Italia però non si è fatto abbastanza per quel che concerne l’attività
aerea, infatti l’opinione pubblica nazionale percepisce le missioni fuori area
prevalentemente come a connotazione terrestre. Paradossalmente, aver minimizzato i
conflitti in Europa grazie a sicurezza e difesa, costituisce un ostacolo nel giustificare
all’opinione pubblica l’uso della forza: le Forze armate sono viste solo come garanti
della pace in missioni di umanitarie o di soccorso in caso di disastri (peace keeping e
peace enforcing)
6
. Indubbiamente esistono problemi culturali nel far comprendere la
componente operativa della forza aerea. Il lessico e il linguaggio degli aviatori è
4
Cosci Stefano, “Comunicare l’air power. Una nuova sfida per una moderna forza aerea”, Rivista cit.,
pp. 186-195.
5
W. M. Hammond, Public Affairs: The Military and the Media, 1962-1968, Washington, Center of
Military History, United States Army, 1988.
6
Barontini Francesco, La verità della guerra. Il caso dell’operazione Allied Force, quaderni
dell’ISTRID (Istituto Studi e Ricerche Informazioni Difesa), quaderno n. 14, Roma 2001, pag. 16.
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