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ricca ed articolata, espressamente concepita da Mercedes-Benz Italia
in relazione al contesto del mercato italiano. Strategia che, però, ha
inaspettatamente dovuto fare i conti con un incidente di percorso,
accaduto pochi giorni dopo la presentazione ufficiale della vettura sul
mercato europeo.
Classe A, infatti, si è imprevedibilmente ribaltata nel corso di
un test automobilistico (il famoso “test dell’alce”), rivelando seri
problemi di stabilità e mettendo così in forte crisi tutto il sistema della
comunicazione, fino a qual momento predisposto con successo da
Mercedes-Benz.
L’accaduto ha portato ad una clamorosa smentita dell’intero
complesso di attese abilmente progettato per il lancio della vettura,
generando così una crisi comunicativa di vasta portata tra l’Azienda
tedesca a ed il suo pubblico, con un’ampia eco sulla stampa e presso
l’opinione pubblica.
Pertanto la comunicazione di Mercedes-Benz per Classe A
risulta articolata in una strategia di lancio, una situazione di crisis
management ed un successivo rilancio della vettura sul mercato.
Nel corso dei capitoli seguenti verrà fornita un’analisi, per
quanto possibile dettagliata, delle scelte e delle motivazioni che
5
hanno ispirato il management ed i responsabili comunicazione di
Mercedes-Benz Italia, in ognuna delle fasi così individuate,
mettendone in luce linee strategiche e mosse tattiche.
A tale scopo sono stati esaminati sia documenti di
comunicazione aziendale quali brochure, dépliant informativi, spot
pubblicitari, pagine Web, sia rassegna stampa del periodo in
questione quanto, infine, interviste ai responsabili della
comunicazione Mercedes Benz Italia.
Si ringrazia Mercedes Benz Italia SpA e, in particolare, il Dott.
Pio Sinestrari e la Dott.ssa Alessia Argento, per la disponibilità e la
cortesia dimostrata.
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1.1 IL SISTEMA DEL CONSUMO
L’impresa, per raggiungere i suoi scopi istituzionali, deve
costantemente confrontarsi con il mondo esterno e divenire soggetto
di comunicazione
1
. Oggi tale necessità storica si confronta con mercati
altamente complessi, con una realtà sociale fortemente frammentata e,
di conseguenza, con un sistema del consumo profondamente mutato.
Il presupposto fondamentale che informa l’odierna comunicazione
d’impresa è la consapevolezza che sul mercato moderno non
competono dei prodotti, ma soprattutto dei messaggi (Fabris, 1994).
Ciò accade in virtù di una trasformazione epocale nel sistema del
consumo, per cui i prodotti perdono progressivamente la loro
consistenza oggettiva di funzione e materia (quota hard del prodotto
data da tangibilità e concretezza) a favore di una componente più soft
e discorsiva, composta soprattutto di immagine.
Le cause a monte di un simile fenomeno sono molteplici. Occorre,
innanzitutto, considerare le esigenze del sistema produttivo e, in
particolare, la necessità fondamentale per le imprese di mantenere una
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domanda elevata. In un contesto di mercato caratterizzato da crescenti
fenomeni di saturazione, tale possibilità può essere assicurata solo
accelerando il processo di sostituzione dei beni da parte dei
consumatori.
Non essendo possibile per il sistema della produzione agire troppo
sulla diminuzione della qualità fisica della merce
2
, il processo di
sostituzione dei beni può essere indotto solo agendo sulla loro capacità
comunicativa. Infatti, è possibile produrre delle merci con un elevato
valore comunicativo di qualsiasi tipo e nullificare, in seguito, tale
valore.
In tal modo si determina una sorta di obsolescenza immateriale del
prodotto, di natura eminentemente comunicativa, che stimola la
sostituzione delle merci con altre merci veicolanti valori e significati
di tipo nuovo e diverso. Il processo di sostituzione dei beni,
necessario alle imprese per sostenerne la domanda è così assicurato
dal ricambio con merci veicolanti Tale fenomeno si attua
quotidianamente, ad esempio attraverso i “ricorsi ciclici” della moda,
che nascono appunto per indurre nuovi consumi (Codeluppi, 1989)
3
.
Alla trasformazione dei prodotti in segno, delle merci in media per
il trasporto di molteplici significati e messaggi, ha poi certamente
9
concorso anche la “crescente omologazione dei processi produttivi e
la perdita di distintività funzionali, organolettiche, strutturali dei
prodotti, così come il raggiungimento di standard qualitativi
accettabili dalla maggior parte della produzione” (Fabris, 1994, p.32).
Di conseguenza in tutti i settori del consumo di massa, l’offerta
di beni e servizi ha fatto ricorso ad un processo di continua
diversificazione che, laddove non si è attuata attraverso l’innovazione,
è avvenuta per differenziazione marginale e, quindi, mediante una
massiccia valorizzazione degli aspetti immateriali (comunicativi,
espressivi, d'immagine, ecc.) dei prodotti (Semprini, 1993).
La dimensione comunicativa, che caratterizza il sistema del
consumo nella società contemporanea, è legata anche all’evoluzione
del ruolo e delle funzioni che i prodotti rivestono nella società
contemporanea. Il significato sociale delle merci si è evoluto nel
tempo: è ormai noto che “gli individui ricercano, nei beni che
acquistano, significati diversi rispetto a quelli strettamente
riconducibili alla mera fruizione materiale del bene (consumo d’uso)
4
.
Nel corso del periodo a cavallo tra gli anni ‘50-’60, l’atto del
consumo si configurava fondamentalmente come atto di ostentazione
10
e affermazione del proprio prestigio sociale, del proprio status (i beni
di consumo come mete sociali fortemente ambite)
5
.
A partire dagli anni ’70, invece, e così fino ai nostri giorni, il
sistema dei segni che i beni veicolano diviene “un sistema organico e
regolato di comunicazione di cui l’individuo dispone per definire se
stesso” (Fabris, 1994, p.44).
Se l’identità individuale e sociale, in passato, era “largamente definita e
precostituita sin dalla nascita, dal ceto sociale, dalla famiglia di
appartenenza, dal reddito e, successivamente, dalla scolarità e dal lavoro
svolto, adesso molte di queste referenze sono venute a mancare, così come
la disponibilità di modelli stabili e durevoli. Tutto ciò genera, specie in
periodi di grandi trasformazioni sociali come quello che stiamo vivendo nei
lunghi e tortuosi iter di passaggio al post industriale, ansia ed insicurezza.
La sfera pubblica d’altro canto – verso cui (…) l’individuo sarebbe sospinto
dalle crescenti delusioni connesse al perseguire obiettivi di benessere
privato, dal circolo vizioso tra la spirale delle aspettative ed esperienze
necessariamente frustranti nel campo dei consumi che genera continui
disagi – si dimostra incapace di fornire dei contesti soddisfacenti di
identificazione
6
(…). Il sistema degli oggetti – che non è certo casuale, che
è tutt’altro che un mero aggregato di segni erratici – offre un potente
sostegno all’individuo nella ricerca e nell’espressione della sua identità.
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Non è più in gioco il camuffamento degli status, la falsificazione della
propria identità con finalità di promozione sociale, ma l’esplicitazione della
propria identità
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con un sistema di indicatori, quello degli oggetti (…).
Comunichiamo agli altri i nostri valori, il nostro buon gusto, il nostro essere
tramite il canale privilegiato delle scelte di consumo intese nel senso più
lato del termine. Gli oggetti che ci circondano parlano per noi: dai consumi
culturali alle vacanze, dagli stili alimentari al modo di vestire,
dall’automobile all’abitazione” (Fabris, 1994, p. 44 - 45).
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1.2 LA NUOVA RELAZIONE TRA CONSUMO E
COMUNICAZIONE: LA MARCA
Il processo produttivo fornisce alla merce un’esistenza materiale,
così come l’offerta di comunicazione, attraverso la marca, dota il
prodotto di un’esistenza immateriale e discorsiva.
La marca è stata definita come un vero e proprio “motore
semiotico” (Semprini, 1993), capace di combinare elementi disparati
come nomi, suoni, concetti, colori, desideri, in un universo ordinato,
strutturato ed interpretabile di senso e significato. In pratica un
“mondo” concettuale in cui la marca ambienta la vita e la realtà
semiotica del prodotto e, al di fuori del quale, lo stesso ritornerebbe
semplicemente funzione e materia.
La creazione di una marca specifica, a parere di alcuni, come il
famoso pubblicitario Séguéla, è una prerogativa che spetta
esclusivamente all’azienda o all’agenzia di comunicazione (Semprini,
1993). Altri, invece, insistono sul ruolo ed il potere dei consumatori,
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quindi sono proprio loro che stabiliscono l’identità di una marca,
attraverso la percezione che ne hanno.
A ben vedere, però, la marca risulta definita da una posizione
intermedia tra le precedenti, e cioè dall’insieme dei differenti discorsi
che, sia gli attori individuali che collettivi (aziende, concorrenza,
intermediari, distributori, consumatori) pronunciano su di essa (Floch,
1990).
Ad esempio, nel corso degli anni ’80 la marca Levi’s aveva messo
in relazione il suo prodotto (soprattutto jeans) con un mondo ben
preciso: “poco popolato, caldo, percorso da individui dai sentimenti
semplici e primari (…) il mondo della provincia americana, dove i
veri uomini non sono prigionieri delle convenzioni e sanno prendere le
giuste decisioni presto e bene” (Semprini, 1993, p.59). Il mondo di
Levi’s è, quindi, un universo simbolico fatto di genuinità affettiva, di
voglia di libertà a fior di pelle.
Tutti i mondi messi in scena dalla marca sono solitamente fittizi
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e
ciò perché, se non lo fossero, non risulterebbero mai abbastanza
seducenti da indurre il consumatore a scegliere proprio quel prodotto,
piuttosto che un altro, sullo scaffale.
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Chi acquista un prodotto, infatti, sceglie anche un ben definito
universo di valori e di simboli a cui appartenere: il mondo di
Mercedes-Benz è diverso da quello di Wolkswagen, così come
l’universo di Calvin Klein è differente da quello di Levi’s.
All’interno degli universi concettuali creati dalle marche non
vivono ed esistono solo i prodotti, ma finiscono per rappresentarsi
anche gli stessi consumatori.
Tale fenomeno è meno sconcertante di quello che si possa pensare.
Nel sistema del consumo le merci hanno la funzione di media, di
canale, mentre il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa è quello
di riflettere dei modelli (sociali, culturali, ecc.) già esistenti
nell’immaginario collettivo. La pubblicità, ad esempio, non ha la
funzione di vendere un prodotto, ma piuttosto di vendere un modello
(Codeluppi, 1989).
Mentre la marca, sulla base del senso sociale esistente in una data
società in un determinato momento, compone i valori da immettere
nei prodotti, i mass media generano un contesto che assicuri e stimoli
la comprensione del senso veicolato dai beni; in pratica, genera un
modello che possa indurre all’acquisto di una data merce.