ii) l’opportunita`, gia` sottolineata nel capitolo 8, di trarre, dagli ordinamenti
stranieri e dalle loro applicazioni, utili suggerimenti al fine di una accu-
rata scelta di nuove procedure in prospettiva di una riforma;
276
iii) infine e` significativo osservare che, non solo nel nostro paese, l’evidenziarsi
dei limiti delle procedure liquidatorie ha prodotto un atteggiamento di
sfiducia nei confronti delle procedure stesse.
277
Negli altri paesi pero`tale
atteggiamento si e`gi`a manifestato nell’orientamento degli ultimi inter-
venti legislativi, indicando una tendenza comune nei paesi esaminati, che
pare ragionevole considerare come riferimento per una futura riforma nel
nostro paese.
Non e` sufficiente prestare attenzione all’esperienza straniera, piu` in generale
e` necessario adeguarsi al nuovo contesto socio economico: siamo di fronte a una
nuova immagine di impresa e a nuove esigenze, dovute anche a caratteristiche
del mercato diverse rispetto a quelle individuabili nel quadro economico cui si
e` ispirato il legislatore del 1942.
278
Infine e` necessario ridefinire gli interessi in gioco, valutando se si debba
considerare prevalente la tutela degli interessi dei creditori o se sia preferibile
nostro legislatore a predisporre anche una procedura che concepisca le soluzioni alle crisi in
termini compatibili con quelli seguiti dagli ordinamenti dei nostri maggiori partners europei
ed extraeuropei. . . ”
276
Rossi, (1996), p. 326: “. . . l’unica legislazione efficiente sembra essere quella nord - amer-
icana del Chapter XI, la cui caratteristica principale si qualifica nel non - intervento della
magistratura, la quale si limita ad accompagnare dall’esterno i vari piani di ristrutturazione,
lasciando comunque la gestione dell’impresa nelle mani degli amministratori.”
277
Panzani, (1997), p.553: “se guardiamo alle esperienze straniere, in particolare alle
modifiche legislative che sono state introdotte in Francia e Germania, notiamo che c’e`sempre
piu` sfiducia per quel che riguarda la disciplina tradizionale del fallimento. Il fallimento e`
un costo, rappresenta un’attivita` liquidatoria che elimina un’impresa dal mondo produttivo,
non sostituisce nulla ad essa, ripartisce poco ai creditori.”
278
Tarzia, (2002), articolo citato in bibliografia a pagina 180, p. 260: “necessita` di adegua-
mento della legge fallimentare, o meglio della disciplina complessiva delle procedure concor-
suali, alle condizioni attuali del mercato e ai profondi mutamenti rispetto alla situazione
economica nella quale la legge fallimentare e` stata emanata.”
142
concentrarsi con maggiore attenzione sull’opportunita` di conservare l’impre-
sa.
279
Si tratta di trovare una posizione di equilibrio fra i due diversi interessi
(quello dei creditori e quello di conservare l’impresa). Fra i protagonisti del
dibattito c’e` chi suggerisce la possibilita` di considerare il risanamento dell’im-
presa quale obiettivo principale, ponendo in secondo piano gli interessi dei
creditori, che a tal fine potrebbero forse essere sacrificati.
280
Non si dovrebbe poi trascurare di considerare l’importanza di proseguire
l’attivita`, non solo ai fini di un risanamento dell’impresa, ma anche perche´ci`o
potrebbe rivelarsi vantaggioso anche per gli interessi dei creditori.
281
Poste queste premesse, il dibattito entra nel merito dei possibili interventi
da attuare per perseguire realisticamente lo scopo di risanamento dell’impresa,
indicando su quali temi tale intervento dovrebbe dirigersi.
a) Spesso le tradizioni possono costituire rigidi vincoli che ostacolano la
soluzione di nuovi problemi, percio` si pone l’accento sulla necessita`di
279
Fauceglia, (2002), articolo citato in bibliografia a pagina 180, p. 1151: “ridefinire i
profili centrali e gli interessi intorno ai quali ruota l’intera procedura concorsuale, ovvero
verificare se sussistano ancora spazi caratterizzanti l’interesse dei creditori al soddisfacimento
(integrale o parziale) delle proprie pretese oppure se debba valorizzarsi il dato oggettivo
del risanamento dell’impresa anche con il sacrificio degli interessi dei creditori, con una
sostanziale abrasione del profilo liquidatorio tipico della procedura concorsuale.”
280
Lo Cascio, (1997), p. 586: “[. . . ] intendimento primario di risanare l’impresa in crisi
[...] Ci`o mi induce a ritenere che tutti gli strumenti concorsuali posti in essere in questi
anni e la stessa ricerca di mezzi privatistici per affrontare l’insolvenza . . . debbano essere
destinati non tanto a garantire la tutela dei creditori, quanto a conservare l’impresa in crisi.
Che sia cos`ı mi pare che risulti confermato non solo dalla giurisprudenza, che piu`volte
ha sottolineato la funzione primaria delle procedure concorsuali ricollegabile alla finalita`
conservativa delle imprese insolventi, ma anche dagli stessi principi enunciati dalla Corte
costituzionale. . . ”
281
Sansone, (1998), pp. 763 - 764: “se allora la prosecuzione temporanea o duratura dell’at-
tivita`consentelatutelapi`u efficace degli interessi coinvolti nella crisi dell’impresa e se l’atteg-
giamento dei creditori assume un ruolo decisivo per tale prosecuzione, il governo giudiziario
della crisi, essendo finalizzato alla tutela degli interessi privati dei creditori, deve tendere
a favorire la non interruzione dell’attivita` quando questo e` l’atteggiamento manifestato dai
creditori.”
143
liberarsi di quelle idee passate in base alle quali impresa e imprenditore
erano inscindibili e separare i due concetti,
282
spostando il centro dell’at-
tenzione dall’imprenditore all’impresa.
b) Un intervento fondamentale e` quello di ridefinire il presupposto ogget-
tivo, precisando il concetto di insolvenza e allargando eventualmente il
presupposto anche a crisi in cui l’insolvenza e` solo potenziale, non solo
per chiarire un concetto molto discusso, ma anche per poter agire tempes-
tivamente sulla crisi, risanando l’impresa e preservandone piu` facilmente
il valore;
283
della questione ci si e`gi`a occupati nelle pagine dedicate alla
relazione fra i concetti di crisi e di insolvenza (capitolo 3.1), percio`non
sembra necessario soffermarsi oltre su questo argomento.
c) Rilevata la necessita` di intervenire sulla crisi con anticipo rispetto alla
manifestazione dell’insolvenza, sembra opportuno introdurre meccanismi
che inducano alla prevenzione, ad esempio attraverso la previsione di
incentivi all’adozione tempestiva di procedure per gestire la crisi.
284
Un passaggio centrale del dibattito sulla riforma riguarda la scelta dello
strumento piu` adeguato a raggiungere lo scopo di risanamento dell’impresa.
Premesso che in ogni caso le ‘nuove’ procedure dovrebbero essere snelle,
efficaci e poco costose, tra i possibili percorsi
285
si esclude la gestione ammin-
istrativa, perche´ tale forma di gestione della crisi comporterebbe il rischio di
282
Lo Cascio, (1997), p. 586: “conservare l’azienda non significa lasciarla allo stesso im-
prenditore, ma trovare un sistema di recupero, anche attraverso la modificazione soggettiva
dei loro titolari.”
283
Santini, (1998), pp. 616 - 617: “un elemento che sarebbe da innovare risiede nella nozione
dello stato d’insolvenza, che nell’attuale definizione legislativa delinea uno stato di crisi di
fatto irreversibile. Viceversa, per meglio preservare il valore dell’impresa occorrerebbe agire
prima dello stato di insolvenza, in modo da poter ancora adottare, sotto l’ombrello di una
procedura giudiziale, alcune misure necessarie per il risanamento.”
Rossi, (1997), p. 918: “ho presentato una situazione nebulosa dei presupposti, nella vaghezza
e negli equivoci del concetto di insolvenza. Cioe` l’insolvenza e la valutazione dell’insolvenza
nonvaenondovrebbeessere [...] disgiuntadallavalutazionedellapossibilita` di recupero
dell’impresa.”
284
De Sensi, p. 943.
285
Tarzia, p. 260: “Il primo problema [. . . ] attiene alla scelta tra la gestione giurisdizionale
144
una violazione del divieto di aiuti di Stato; inoltre il successo delle compo-
sizioni private suggerisce l’opportunita`, e su questo aspetto le voci sembrano
concordare, di affidare la gestione della crisi ai privati.
286
Il problema si sposta allora sul peso che dovrebbe essere riconosciuto al-
l’autonomia privata, piu` precisamente se la gestione della crisi debba essere
lasciata interamente ai privati o sia preferibile prevedere un intervento da parte
del giudice. L’unica via per raggiungere risultati apprezzabili in tempi brevi
viene individuata nei concordati stragiudiziali. Tuttavia, contestualmente al-
l’individuazione del concordato stragiudiziale come mezzo ideale per affrontare
la crisi, sorgono nuovi problemi: questi accordi finalizzati ad una ripresa pro-
duttiva e reddituale dell’impresa, dovrebbero potersi realizzare al riparo da
rischi di revocatorie o di reati fallimentari.
287
Il concordato stragiudiziale sembra dunque essere il mezzo migliore per
perseguire il risanamento dell’impresa, ma ad esso manca un ombrello pro-
tettivo che ne garantisca la stabilita`. Cio` che si richiede e` una protezione
essenziale, che rispetti le scelte delle parti interessate, escludendo qualsiasi
intervento del giudice che possa comprendere valutazioni circa la convenienza
del piano predisposto dai privati.
288
Si devono pertanto introdurre meccanismi
che garantiscano la possibilita` di svolgere le trattative lontano dalla minaccia
e la gestione amministrativa dell’insolvenza [. . . ] tuttavia non puo` certamente essere trascu-
rata quella che appare una terza soluzione, che e` stata definita della privatizzazione della
gestione dell’insolvenza: quella cioe` volta ad una difesa degli accordi stragiudiziali per la
soluzione della crisi dell’impresa.”
286
Bonelli, (1997), p.574: “la crisi dello Stato sociale ed il divieto di aiuti di Stato ha
portato ad una ben maggiore considerazione della necessita` che le ristrutturazioni aziendali
trovino soluzione privatistica, coinvolgendo solo l’impresa ed i suoi interlocutori.”
287
Frascaroli Santi, (2002), p. 270.
288
Patti, p. 19: “la richiesta di disciplina normativa e` (da ampi settori dell’economia e delle
banche) limitata ad una sorta di cornice essenziale (o, come piu` frequentemente si dice, di
ombrello), che garantisca la copertura, ossia efficacia e stabilita`, alle soluzioni negoziate tra
le parti interessate, secondo proprie valutazioni discrezionali, senza alcun apprezzamento
in ordine alla loro convenienza da parte del giudice, anche perche´aldifuoridellasua
competenza e cultura professionale.”
145
di eventuali comportamenti ostruzionistici da parte di alcuni creditori
289
eche
rendano stabili gli atti compiuti in esecuzione dell’accordo stragiudiziale, po-
nendoli al riparo dai rischi conseguenti ad un successivo fallimento.
290
Inizia pero` a formarsi l’idea che la protezione richiesta per la stabilita`
degli accordi possa essere concessa solo ricorrendo ad una soluzione giudiziale
della crisi, abbandonando lo strumento stragiudiziale, o comunque cercando
soluzioni di compromesso.
291
Nel corso del dibattito si individuano anche altri problemi, relativi al trat-
tamento dei creditori, gia` evidenziati nel corso della trattazione a proposito dei
concordati stragiudiziali, esaminati ora nel quadro complessivo delle procedure
vigenti, in prospettiva di riforma.
L’esame dei concordati stragiudiziali ha evidenziato che i possibili rischi,
289
Tarzia, p. 262: “il tentativo di soluzione stragiudiziale del dissesto, che dovrebbe essere
adeguatamente articolato nei tempi e nei presupposti, dovrebbe essere tutelato con quello che
potrebbe chiamarsi un ‘ombrello giurisdizionale’. Solo un intervento giudiziario, che garan-
tisca al debitore, ai creditori e ai terzi interessati il tempo necessario per il raggiungimento
di questi accordi, sottrarrebbe questa via ai pesantissimi rischi delle soluzioni puramente
stragiudiziali; la sottrarrebbe, cioe`, all’inaccettabile pericolo che, in caso di insuccesso, non
solo gli accordi raggiunti siano travolti ma, quel che e` peggio l’elaborazione di un ‘piano di
risanamento’ sia assunta non come segno di fiducia nelle possibilita`diripresaepertantonel
carattere temporaneo e reversibile delle difficolta`, nelle quali l’impresa versa, ma, al con-
trario, come l’evento rilevante, per la prova di quella scientia decoctionis,chee` presupposto
della revocatoria fallimentare.”
290
Lo Cascio, (1997), p. 587: “richiamare l’attenzione del legislatore sull’esigenza di intro-
durre una normativa che renda legittimo ed efficace tutto cio` che viene realizzato nel corso
dell’esecuzione del piano di risanamento.”
291
Jorio, pp. 759 - 760: “che cosa manca alle soluzioni stragiudiziali? Manca un ombrello di
certezza giuridica che riduca in un ambito di maggiore percorribilita` i sentieri della fantasia
aziendale, finanziaria e giuridica. Ecco allora l’interrogativo che dobbiamo porre: possiamo
individuare una soluzione giudiziale alla crisi d’impresa, che abbia i pregi, o almeno buona
parte dei pregi, delle soluzioni stragiudiziali e che nel contempo presenti quel contesto di
sicurezza che gli accordi possono avere se posti sotto la ‘protezione’ del giudice? La risposta,
a mio avviso, non puo` che essere affermativa. Si puo` e si deve puntare decisamente ad
una procedura la quale, traendo esempio dalle soluzioni stragiudiziali e derivando da tali
soluzioni tutto cio` che possa ritenersi compatibile con una procedura concorsuale, consenta
di dar libero corso alla fantasia tipica di tali soluzioni collocandola sotto l’ombrello protettivo
del magistrato.”
146
causati da un accordo che preveda un trattamento per i creditori non conforme
a quello indicato per le procedure vigenti, rappresentano un disincentivo alla
conclusione degli accordi, come e`gi`a emerso dalle considerazioni sviluppate
nei capitoli 4.4 e 6.
Inoltre le rigide regole che disciplinano il trattamento dei creditori nelle
procedure concorsuali (si pensi in particolare al concordato preventivo) con-
trastano con la flessibilita` richiesta quando si perseguono obiettivi di gestione
efficace della crisi con fini conservativi (cio`e`gi`a stato sottolineato nel capitolo
7).
I due aspetti richiamati giustificano l’attenzione degli studiosi su questi
temi e le proposte verso un superamento del principio della par condicio.
292
La distinzione fra creditori privilegiati e chirografari non sembra piu` fun-
zionale ai nuovi obiettivi perseguiti. Si ipotizza la possibilita` di suddividere i
creditori in ragione dei loro interessi, cos`ı da formare classi di creditori aventi
interessi omogenei; cio` in considerazione della molteplicita` e disomogeneita`del
ceto creditorio. Si ritiene inoltre necessario ammettere il trattamento differen-
ziato dei creditori privilegiati e piu` in generale si auspica la previsione di una
diversa disciplina dei privilegi.
293
292
Fauceglia, p. 1151: “. . . una diversa configurazione dei creditori da distinguere per classi
oppure da costruire intorno ad una diversa disciplina dei privilegi che elimini la molteplicita`
degli stessi utilizzando valori costituzionali portanti, in cio` tenendo conto che la stessa sud-
divisione dei creditori in classi per interessi economici omogenei puo` costituire l’emersione di
una classe di creditori ‘organici’ interessati a sostenere la stessa prosecuzione nella gestione
dell’impresa.”
Ferri, (2002), p. 85: “il raggruppamento in classi in un sistema come quello articolato nel
nostro ordinamento, cristallizzato in una molteplicita` di crediti privilegiati per i titoli piu`
vari da` luogo infatti a notevoli difficolta` proprio nell’individuazione di interessi economici
omogenei tra i diversi creditori. [...] la collocazione dei crediti in criterio di omogeneit`a
nel nostro ordinamento potrebbe essere possibile, per un verso, solo rendendo ammissibile
il trattamento differenziato di crediti privilegiati che, in questa prospettiva, non necessaria-
mente dovrebbero essere considerati intangibili e apriorida soddisfarsi per l’intero; inoltre,
per altro verso, dovrebbe essere necessario riflettere sul superamento, ai fini della deliber-
azione del piano, di una rigida contrapposizione tra crediti privilegiati e chirografari, per
cui i primi devono essere sempre soddisfatti e devono essere raggruppati in classi tra loro
omogenee.”
293
P.G. Jaeger, ‘Par condicio creditorum’, Giur. Comm., 1984, 88 - 106. A p. 90:“E’
147
Come si e` accennato poco sopra, si sviluppa l’idea della necessita`diun
intervento del giudice.
Si tratta di accertare pero` se tale intervento sia solo opportuno, ma evitabile,
oppure se sia impossibile prescindere da esso. In secondo luogo si deve sta-
bilire quali siano i limiti dell’intervento del giudice, ovvero se possa esprimere
valutazioni in merito alla convenienza e ai contenuti dell’accordo.
Si e`gi`a accennato che la copertura necessaria ai concordati stragiudiziali
dovrebbe essere garantita dalla legge escludendo qualsiasi apprezzamento da
parte del giudice.
294
Si tratterebbe della soluzione ideale in quanto controlli e valutazioni da
parte dell’autorita` giudiziaria costituiscono un elemento di burocratizzazione
che tende a rallentare le operazioni di gestione della crisi; inoltre, un consis-
tente intervento dell’autorita` giudiziaria non favorirebbe l’emersione tempes-
tiva della situazione di crisi.
295
Tuttavia la risposta ultima a questo problema
opinione prevalente che l’istituto del fallimento avesse, nella visione dei redattori della legge
speciale, lo scopo primario di realizzare la liquidazione delle imprese decotte e valutate,
pertanto, come inefficienti, assicurando nel contempo ai creditori una soddisfazione parziale
ma egualitaria, salva l’ipotesi, considerata eccezionale, dell’esistenza di ‘cause legittime di
prelazione’ ”; tuttavia si assiste ad una crisi della par condicio dovuta ad un prevalere del-
l’eccezione dei crediti privilegiati sui crediti chirografari.
294
Tarzia, p. 261: “la critica all’intervento dell’autorita` giudiziaria con attenti e penetranti
controlli, che le procedure di crisi anticipatorie di quella di insolvenza, variamente rego-
late nei progetti, pur sempre prevedono, conduce alla conclusione che ‘in questo modo non
si incoraggiano adeguatamente i concordati stragiudiziali’. Si sottolinea che la soluzione
stragiudiziale ‘necessita assolutamente di forme di copertura che solo la legge puo` accor-
dare, senza bisogno pero` di coinvolgere apprezzamenti del giudice in ordine alla convenienza
per i creditori di una soluzione concordataria, che e` giusto resti affidata esclusivamente alle
valutazioni puramente discrezionali dei diretti interessati.’ ”
295
Ragionieri commercialisti, pp. 2 - 3: “l’elevata componente aziendalistica richiesta da
un procedimento di risanamento, nonche´ la molteplicita` delle attivita` (gestoria, contabile e
fiscale), inducono a privilegiare una tipologia di procedura non eccessivamente giurisdizion-
alizzata. Oltre tutto, per un verso, la burocratizzazione implica difficolta` tali da rallentare
il corretto e regolare svolgimento del recupero dell’impresa; e, per un altro verso, se e`vero
che l’azione di recupero dev’essere celere, tempestiva e anticipatoria, si deve incoraggiare
l’imprenditore, il management e gli altri soggetti coinvolti nell’impresa a fare emergere in
tempo le situazioni di crisi, laddove la previsione di una ingerenza statale penetrante sulla
vita e la gestione dell’impresa finirebbe per essere disincentivante rispetto ad una manovra
148
e` una scelta politica che spettera` al legislatore.
E’ possibile, al termine della rassegna degli argomenti principali della dis-
cussione sulla riforma, trarre dallo stesso dibattito una considerazione con-
clusiva: si suggerisce di dare riconoscimento a meccanismi negoziali,
296
preve-
dendo procedure in cui i privati gestiscono nel merito la crisi proponendo un
piano, la cui formazione ed esecuzione avviene sotto il controllo del giudice.
In tal modo si potrebbe beneficiare dei vantaggi dei concordati stragiudiziali,
senza rinunciare ad aspetti delle procedure che garantiscono il superamento di
quei problemi conseguenti ad accordi interamente stragiudiziali.
297
Infine un tema di rilievo, che e` spesso affrontato, riguarda la crisi dei
gruppi;
298
della rilevanza di questo argomento si era gia` preso atto in seguito
all’esame dei casi, nel capitolo 4.3; tuttavia, non si trattera` in seguito di questo
tema: la sua ampiezza renderebbe la questione meritevole di una trattazione
in altra autonoma sede.
di prevenzione dell’insolvenza. In tale ottica, [...] il controllodell’autorita` giudiziaria [. . . ]
dev’essere svolto in senso meramente garantistico, per scongiurare le frodi e per permettere
che gli atti posti in essere per il risanamento conservino la loro efficacia nell’ipotesi dell’in-
successodel tentativodi ristrutturazione. [...] Per tutto ci`o che riguarda, poi, la gestione
della crisi, il giudice deve restarne lontano.”
296
Fra i temi di maggiore interesse Fauceglia indica a p. 1149: “l’introduzione di mecca-
nismi negoziali volti a prevenire ovvero a governare la crisi dell’impresa, ponendosi per i
primi la necessita` di riguardarli nella prospettiva degli accordi contrattuali e per i secondi
l’eventualita` di collegarli alle procedure di prevenzione sugli effetti esiziali per l’impresa
dell’insolvenza vera e propria. . . ”
297
Panzani, (1997), p. 554: “dalla sottoposizione a procedura concorsuale, in particolare
all’amministrazione controllata, l’imprenditore ricava un vantaggio: la sospensione dell’ob-
bligo dei pagamenti, il divieto di azioni esecutive.”
298
Santini, (1998), p. 615: “nella nostra legislazione fallimentare, uno dei primi problemi
rimasti insoluti e` l’inidoneita`deltrattamentoriservatoalgruppod’imprese.”
Bonelli, (1997), p. 501: “perdurante insufficienza dell’ordinamento italiano nel disciplinare la
crisi delle grandi imprese ed il suo cronico ritardo rispetto ai paesi a piu` avanzata economia
dimercato. Soprattuttolanostralegislazioneignora[...] il ‘gruppodisociet`a’ come realta`
dotata di rilevanza giuridica, ed e` quindi incapace di gestire quelle ricorrenti situazioni di
crisi del gruppo dipendenti dal dissesto della stessa holding del gruppo.”
149
A chiusura di queste pagine dedicate al dibattito sulla riforma in cui si e`
voluto tracciare un quadro sintetico e certamente non completo dei numerosi
aspetti problematici che il legislatore della riforma dovra` affrontare, vogliamo
segnalare che molti protagonisti del dibattito sono anche membri della Com-
missione che nel 2001 ha iniziato a lavorare ad un progetto di legge delega per
la riforma che verra` analizzato nella sezione 10. Sembra che i membri della
commissione abbiano raccolto gli spunti di lavoro che sono stati evidenziati dal
dibattito e siano ampiamente consapevoli della molteplicita` di questioni da af-
frontare per trovare una soluzione legislativa adeguata alle esigenze attuali:
cio` emerge anche dalla lettura di considerazioni che compaiono in articoli di
questi e di cui alcuni passi sono riportati in nota.
299
299
“Come evidente dalla trattazione problematica svolta, molteplici sono i nodi da sciogliere
per un’equilibrata, efficace ed efficiente disciplina delle soluzioni stragiudiziali delle crisi
d’impresa, nell’ottica di una loro gestione essenzialmente, anche se non esclusivamente, pri-
vatistica, per la necessita` di una loro protezione giurisdizionale. E se il discorso, di necessita`,
qui si chiudeper lo studioso [...], esso in realt`a si apre per il legislatore della riforma, che,
ci si deve augurare, vorra` tenere nel debito conto le esperienze maturate nella prassi opera-
tiva interna e nei principali ordinamenti stranieri di riferimento, le riflessioni della dottrina,
ma soprattutto, pure nell’introduzione di doverose innovazioni, la compatibilita` delle nuove
discipline con il sistema di diritto comune e concorsuale.”Patti, p. 22.
“Il panorama che sinteticamente e` stato dato non puo`dirsin´eesaustivon´e completo, esso
comunque evidenzia fenomeni completamente nuovi nella gestione della crisi delle imprese,
che impongono sforzi costanti di recupero di ‘logiche’ non piu` esclusivamente punitive nei
confronti ‘dell’imprenditore onesto ma sfortunato’ e disegnano, in una prospettiva di val-
orizzazione dei principi liberali dell’economia di mercato, la stessa nozione di ‘onesta`’ in
una sua dimensione non piu` ‘morale’, ma di effettiva tutela della ‘ correttezza’ dell’opera-
to dell’imprenditore in un peculiare e determinato contesto economico.” Fauceglia, (2002),
p. 1152.
“Se si vuole effettivamente far fronte alla crisi delle imprese, evitando ove possibile la liq-
uidazione concorsuale dell’impresa, senza piu` interventi finanziari pubblici, peraltro incon-
ciliabili con i principi comunitari, e` ora che si dia vita a strumenti processuali agili e privi
di un’eccessiva giurisdizionalizzazione, lasciando agli stessi creditori e ad ogni altro terzo
interessato le scelte da adottare.”Lo Cascio, (2002), p. 358.
150