NOTAZIONI PRELIMINARI
2
meccanismi istituzionali, sui dati normativi, sui casi
giurisprudenziali piuttosto che sulle contingenti vedute le quali,
nondimeno, sono benvenute in uno Stato che si professa
democratico, e si nutre del confronto fra le opinioni.
Compito dello studente in procinto di analizzare la
Commissione d’indirizzo e vigilanza Rai è, allora, quello di
rappresentare criticamente uno scenario che attira i più diversi e
qualificati orientamenti, così da offrire il proprio contributo per un
approccio meno turbolento a tematiche di assoluto rilievo.
Siffatto intento, peraltro, dovrebbe risultare meno arduo a colui
che, pur se in termini embrionali ed ancora perfezionabili, ha avuto
modo di acquisire familiarità con il c.d. “sillogismo del giurista”,
che esamina il fatto alla luce della norma giuridica, traendone le
conseguenze che è lecito fare proprie: il lavoro che segue si pone
sotto questi auspici.
Messina, 07
INTRODUZIONE
Sommario: 1. Radiotelevisione e costituzionalisti. – 2. Il sistema
radiotelevisivo: prerogativa dello Stato? – 3. La libertà di manifestazione del
pensiero.
1. Radiotelevisione e costituzionalisti
La storia repubblicana del nostro Paese ha indotto in più
occasioni alla riflessione sull’importanza che riveste l’impiego dei
mezzi di circolazione delle idee, specialmente se connotate in senso
politico, in tutte quelle occasioni in cui il cittadino, attraverso
l’espressione del proprio voto, partecipa della democrazia
1
, e
conferisce sostanzialmente una delega (pur con tutte le cautele che
l’uso di tale termine implica, ove si pensi alla sussistenza, nel
nostro ordinamento parlamentare, del noto divieto di mandato
imperativo
2
) che non può essere frutto d’improvvisazione.
Appare chiaro che l’esercizio della sovranità passa
necessariamente attraverso l’assunzione di consapevoli
informazioni, che sono tali se consentono agli elettori di adottare
consciamente le loro determinazioni di voto.
1
Il concetto di democrazia fa riferimento ad un «insieme di regole (primarie o fondamentali)
che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni e con quali procedure»: v. N. BOBBIO,
Il futuro della democrazia, Torino 1995, 4.
2
Art. 67 Cost.
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INTRODUZIONE
4
Il canale tecnicamente più efficiente per l’espletamento dei
servizi di comunicazione diretti ai cittadini
3
, quali destinatari del
messaggio informativo è, irrefutabilmente, quello radiotelevisivo
4
.
L’aspetto socialmente e giuridicamente più rilevante del
fenomeno in discorso è rappresentato dall’indubbia pervasività del
messaggio trasmesso, la cui capacità di catalizzare l’opinione
pubblica ingenera il rischio che la collettività abbia a fronteggiare
tentativi d’organizzazione del consenso protesi al perseguimento di
finalità distorte e sospette, ad ogni modo estranee al gioco
democratico
5
.
Ve n’è abbastanza da coinvolgere nel dibattito concernente l’uso
della radiotelevisione gli studiosi di quel ramo del diritto preposto
alla ricognizione dei principi cardinali dell’ordinamento ed
all’osservazione delle modalità attraverso le quali l’assetto
valoriale, fondato in Costituzione, trova più o meno puntuale
conferma nell’attività dei vari poteri dello Stato: questa, una pur
3
Ed il cui peso è emblematicamente rappresentato da Luigi Einaudi nel motto «Conoscere per
deliberare». Alla stessa conclusione perviene Bogi, nell’affermare che «l’informazione attiene
al modo sostanziale di essere del potere democratico»: in questo senso, C. DE MARTINI,
Introduzione al volume Il servizio pubblico radiotelevisivo, Napoli 1983, 3.
4
Il problema è più serio di quanto si possa pensare: nel XXXVI Rapporto annuale sulla
situazione sociale del Paese (2002) elaborato dal CENSIS, si legge, al capitolo Comunicazione
e cultura (p. 587-642), che «in Italia vi sono otto milioni di persone completamente dipendenti
dalla televisione dal punto di vista comunicativo».
5
E’, infatti, appena il caso di ricordare l’uso inquietante che fu fatto, della radiotelevisione, dai
totalitarismi novecenteschi. Circa l’idoneità dei mass-media ad incidere sulla formazione della
coscienza collettiva v. F. PIGA, Monopolio o Privatizzazione (Proposte per una riforma della
RAI-TV), in Il foro amministrativo, 1970, pt. 3, 195 ss.
Sulla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti nell’impiego del mezzo televisivo, v. infra.
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INTRODUZIONE
5
approssimativa descrizione del diritto costituzionale, quale
componente necessaria di ogni ordinamento che abbia impresso in
sé il carattere della giuridicità, e sia immanente ad una
consociazione umana che vi ritrovi il complesso di regole
finalizzate a garantire la propria conservazione, ed il costante
progresso verso nuovi traguardi di vita.
Risulta, pertanto, agevole comprendere che l’interessamento dei
costituzionalisti e, più in generale, degli operatori del diritto
latamente intesi, è tutt’altro che arbitrario, in un settore che prima
facie rievoca questioni più eminentemente tecniche, ma dà adito
all’insorgenza di delicate questioni giuridiche la cui risoluzione,
lungi dall’essere incontroversa, è fonte di diatribe che attengono
all’interpretazione stessa del testo costituzionale, ed alla sua
trasfusione nelle fonti di produzione delle norme
6
.
I rapporti fra potere esecutivo e potere legislativo, le libertà
fondamentali, il pluralismo informativo, la natura politica piuttosto
che amministrativa degli organi coinvolti e dei relativi atti, il ruolo
della televisione, “quarto potere” dello Stato sono alcuni degli
aspetti preminenti che vengono in rilievo nell’occuparci della
tematica in discorso; essi non mancheranno di emergere nel corso
della trattazione, a conclusione della quale sembrerà fermamente
6
L. PALADIN, Perché i costituzionalisti si occupano di televisione, in Rapporto ’93 sui
problemi giuridici dell’informazione in Italia, P. BARILE e R. ZACCARIA (a cura di), Torino
1994, 497 ss.
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INTRODUZIONE
6
opportuno che i costituzionalisti non restino estranei ad un sano
dibattito dottrinale -e ad una quanto mai propizia interlocuzione con
gli organi istituzionali- in subiecta materia.
2. Il sistema radiotelevisivo: prerogativa dello Stato?
Radio e televisione hanno dimostrato da subito le loro
potenzialità, e l’iniziale dominio della prima ha gradualmente
ceduto il passo all’affermazione della seconda, che svetta,
attualmente, incontrastata fra i mezzi di comunicazione di massa
7
.
Per i motivi che meglio saranno chiariti nella successiva
rassegna giurisprudenziale, al precipuo scopo di evitare distorte
utilizzazioni del mezzo televisivo, lo Stato ha sempre avocato a sé i
servizi della radiotelevisione
8
, e solo in tempi relativamente recenti
i privati hanno avuto aperta la “strada dell’etere”.
Ma la scelta monopolistica è stata teoricamente irreprensibile? E
calata nella realtà politica (ma come si constaterà a breve, sarebbe
7
R. ZACCARIA, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Padova 2004, 221 ss.
8
Quanto alla natura giuridica del servizio pubblico radiotelevisivo, cfr. U. POTOTSHNIG, I
servizi pubblici, Padova 1964, nonché F. MERUSI, Servizio Pubblico, in Nss. dig. it., XVII
(1970), 217 ss., e M. FRESA, (voce) Servizio Pubblico, in Diz. Amm., G. GUARINO (a cura di),
II, 1350. Sulla persistenza, nonostante la cessazione del monopolio locale e nazionale
dell’emittenza radiotelevisiva, della natura di servizio pubblico in capo alle attività di
radiodiffusione svolte dallo Stato, cfr. sent. C.C. 148/1981, un cui commento è offerto da C.
CHIOLA, L’alternativa alla riserva statale dell’attività radiotelevisiva nazionale, in Giur. cost,
XXV, 1981, 1379 ss.
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INTRODUZIONE
7
più aderente al vero definire “partitica”
9
) italiana, produce effetti
positivi?
La problematica è di alto profilo, sol che si guardi alle
implicazioni che una siffatta opzione, tanto legislativa quanto
politico-economica, è in grado di dispiegare.
Il monopolio non è aprioristicamente incompatibile con la
previsione di ampie libertà individuali e collettive riconosciuta dalla
nostra Legge Fondamentale: ciò è tanto più vero, quanto più si
ponga mente alle conseguenze, anche solo potenziali, di un regime
che, lasciando alla discrezionalità dei privati lo strumento
televisivo, faccia dell’utenza una preda elettorale e commerciale
delle imprese emittenti
10
.
Tale constatazione, purtuttavia, non autorizza a giustificare tout
court l’assunzione, da parte dello Stato, del ruolo monopolistico
11
.
Attenta dottrina
12
ha da tempo chiarito, in aggiunta, che
l’“egemonia” degli artt. 21 e 43 Cost., sotto l’egida dei quali
soltanto si è perennemente parametrata la legittimità del monopolio
9
V. la successiva nt. 15.
10
Poiché necessariamente di emittenti organizzate in forme imprenditoriali potrebbe ragionarsi
essendo fisiologica, da parte del privato, la ricerca del profitto; il fine di lucro non è, ex se,
inconciliabile con la diffusione di programmi qualitativamente irreprensibili, ma produce il
rischio che la qualità sia sacrificata a vantaggio del tornaconto economico, muovendo ogni
attività umana verso il conseguimento di un utile.
11
Al contrario: l’iniziativa imprenditoriale del privato è stata storicamente indicata a modello
ideale per la buona riuscita del servizio radiotelevisivo pubblico. In proposito v. S. FOIS, RAI-
TV: «governo» del monopolio pubblico o «governo» di un servizio pubblico? In Il servizio
pubblico radiotelevisivo, CORRADO DE MARTINI (a cura di), Napoli, 1983, 40 ss.
12
SERGIO FOIS, op. cit.,15 ss.