CAPITOLO PRIMO
L’EVOLUZIONE STORICA DELLA
COMMERCIALIZZAZIONE NEL SETTORE
AUTOMOBILISTICO
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CAPITOLO PRIMO
L’EVOLUZIONE STORICA DELLA
COMMERCIALIZZAZIONE NEL SETTORE
AUTOMOBILISTICO
1.1 Considerazioni generali
Il mercato che ci apprestiamo ad analizzare è sicuramente uno
dei più importanti a livello mondiale. La nascita dell’automobile è
avvenuta più di un secolo fa e, da allora, la sua produzione e
vendita ha conquistato un ruolo sempre più importante
nell’economia mondiale.
La Fiat nel 1899, la Mercedes-Benz nel 1900 e la Ford nel
1902 furono le prime grandi imprese a credere nella crescita del
settore degli autoveicoli. Sicuramente non furono le sole, dato
che, nella prima metà del XX secolo, solo negli Stati Uniti, furono
circa 1500 le imprese che si convertirono alla produzione o al
semplice assemblaggio di automobili; come sappiamo però, solo
una piccolissima parte di queste aziende è riuscita a
sopravvivere
1
.
Partendo dalla Ford T nel 1908 (uno dei primi modelli che
hanno fatto la storia dell’auto - vedi Tab. 1.1-) l’automobile ha
4
cominciato così la sua lenta ma costante diffusione nel mondo;
superando le crisi dovute a fattori economici (Wall-Street 1929) e
soprattutto, resistendo al più grande attacco che le fu sferrato: la
crisi petrolifera degli anni ’70.
Tab. 1.1
Le automobili più significative dalle origini ai giorni nostri
Benz Velociped 1885 Volkswagen Golf 1974
Fiat 3 ½ HP 1899 Ferrari BB 512 Coupé 1976
Renault R 2 1899 Fiat Ritmo 1978
Oldsomobile Curved Dash 1901 Lancia Delta 1979
Daimler Mercedes 35 1901 Saab Serie 900 1979
Rolls-Royce Silver Ghost 1906 Fiat Panda 1980
Ford T (Tin Lizzle) 1908 Maserati Biturbo 1981
Isotta Fraschini 8 1919 Renault Espace 1983
Lancia Lambda 214 1922 Fiat Uno 1983
Alfa Romeo 6 C 1750 SSN 1929 Ferrari Testarossa 1984
Fiat 508 Balilla 1932 Lancia Thema 1984
Citroen 7 A 1934 Mercedes 190 1984
Fiat 500 A
Topolino
1936 Autobianchi Y10 1985
Lancia Aprilia 1937 Citroen Ax 1986
Cadillac Mod. 90 1939 Alfa Romeo 164 1987
Willys Jeep MB 1941 Fiat Tipo 1988
Volkswagen Maggiolino 1948 Ford Fiesta 1989
Citroen 2 CV 1948 Renault Clio 1991
Buick Roadmaster 1948 Nissan Micra 1992
Mercedes 170 DS 1952 Fiat Punto 1993
Alfa Romeo Giulietta 1954 Opel Corsa 1993
Fiat 600 Berlina 1955 Ferrari 456 1993
Citroen DS 19 berlina 1956 Rover Range Rover 1994
Austin-Morris Mini Minor 1959 Lancia Y 1996
Lancia Flavia 1960 Mercedes Slk 1996
Renault R 4 1961 Mercedes Classe A 1997
Alfa Romeo Giulia 1962 Mcc Smart 1998
Porsche 911 1964 Ford Focus 1998
Fiat 127 1971 Fiat Multipla 1998
Alfa Romeo Alfasud 1971 Volkswagen New Beetle 1998
Bmw 2002 1973 Audi TT 1998
Fonte Enciclopedia Omnia 97 e Quattroruote
1
Si veda l’Enciclopedia Multimediale “Omnia 1997”, DeAgostini Multimedia.
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Pensando adesso agli sviluppi in materia di energie
alternative, questo può non sembrare un passaggio cruciale ma,
trenta anni fa, il livello di conoscenze raggiunto non permetteva
di poter supplire in modo rapido ed economico ad una mancanza
di oli combustibili ed avrebbe forse riportato indietro il mercato
agli inizi del secolo quando l’auto era ancora un bene di lusso alla
portata di pochissime persone.
D’altra parte, un maggiore sforzo da parte dei produttori per
sviluppare i vantaggi della trazione elettrica, sarebbe stato (ed è
ancora) auspicabile, sia dal punto di vista commerciale al fine di
creare le basi per l’inizio di un nuovo forte sviluppo, sia dal
punto di vista sociale per tentare di porre un freno alla distruzione
dell’ambiente che ci circonda.
Lo shock petrolifero ha in ogni caso giocato un ruolo
importante sugli atteggiamenti degli operatori lungo tutta la
catena di distribuzione
2
; con riferimento al rapporto tra case
costruttrici e concessionari, ad esempio, il momentaneo ristagnare
delle vendite ha operato in modo tale da far nascere una forma di
difesa da parte di questi ultimi che ha portato alla loro
associazione in organismi di rappresentanza.
Contemporaneamente il cliente, che aveva un ruolo passivo
rispetto all’asse casa costruttrice-concessionario, grazie alla
situazione di stallo creatasi, si poneva nei confronti del
concessionario in una posizione diversa: non era più costretto a
subire passivamente qualunque decisione presa dal concessionario
ma ragionava, finalmente, come cliente attivo; in questo periodo
si è quindi passati da un “mercato del venditore” ad un “mercato
2
Si veda Volpato G., a cura di, “Commercializzare l’automobile”, Cedam 1989.
6
del compratore”, dando la possibilità al cliente di poter sfruttare a
proprio vantaggio il mutamento di potere contrattuale che si era
prodotto grazie alla differente strategia di commercializzazione
dell’automobile.
Il passaggio ad un mercato dell’acquirente ha prontamente
rivalutato la professionalità degli operatori commerciali più
efficienti che, confortati dal loro rinnovato rapporto con la
clientela, non hanno mancato di far valere questo punto di forza
d'importanza essenziale soprattutto nei confronti della casa
mandante.
Contemporaneamente, anche i produttori hanno voluto
contribuire attivamente ad una riqualificazione della propria rete
di vendita
3
. I motivi sono molteplici ma bisogna evidenziare che
l’evoluzione della domanda aveva portato la clientela a rivolgersi
non solo verso il bene automobile, ma anche verso tutta la serie di
servizi post-vendita; ragionando in questa direzione le case si
erano accorte che i maggiori tempi di garanzia offerti erano
sempre più apprezzati dalla clientela: la disponibilità di una
valida rete d'assistenza, dotata di personale qualificato e di
attrezzature efficienti, diventava così un elemento qualificante
della funzione commerciale.
Inoltre il mercato dei paesi industrializzati si stava
trasformando sempre più da mercato di prima acquisizione a
mercato di sostituzione, favorendo così la nascita di un settore
ben distinto, quello dell’usato.
Anche per questo mercato il ruolo del concessionario
risultava importantissimo e si concretizzava nella disponibilità a
3
Si veda Volpato G., “L’industria automobilistica internazionale - Espansione, crisi e
riorganizzazione”, Cedam 1983.
7
ritirare (subendo così una immobilizzazione finanziaria),
rigenerare (grazie ad officine specializzate) ed infine rivendere,
l’auto permutata al cliente.
Il dilatarsi dei concessionari, l’aumento dei modelli e delle
versioni prodotte da ciascuna marca e la conseguente vertiginosa
crescita di concorrenzialità tra le diverse case, hanno reso molto
più trasparenti le condizioni di acquisto delle vetture, concretando
un’effettiva possibilità di scelta da parte del cliente. In
precedenza la possibilità di esercitare una scelta basata non
soltanto sul diverso gradimento dei modelli, ma riferita alle
condizioni di negoziazione della vettura, dipendeva da un insieme
di circostanze raramente presenti, soprattutto nel caso in cui vi
fosse la consegna dell’usato in permuta, la cui valutazione restava
tanto più generica quanto più era ampio il periodo di attesa per la
consegna della vettura nuova: l’acquirente era quindi spesso
impossibilitato a svolgere una completa analisi di convenienza.
La continua lotta per il mantenimento o l’incremento di quote
di mercato ha aumentato sensibilmente le occasioni competitive
fra le marche e fra i concessionari a favore della clientela finale;
inoltre la politica di prezzo seguita dai grandi produttori che si
concreta in un aggancio dei prezzi ufficiali al ritmo
inflazionistico
4
, ha dato una maggiore autonomia ai concessionari
dando loro la possibilità di gestire indipendentemente sconti e
riduzioni.
Con questa scelta di marketing molto flessibile, si perviene al
vantaggio di fornire un forte incentivo alla vendita di un
determinato modello in un determinato periodo ed in una
4
In Italia questo fenomeno si è verificato molto più palesemente che negli altri paesi europei, in
particolare Francia e Germania.
8
determinata area geografica, suddividendo un mercato unico in
una sorta di micro-mercati caratterizzati da una discreta
autonomia; il rovescio della medaglia è la creazione di aspettative
nei confronti della clientela che sa di poter chiedere e di poter
ottenere un trattamento economico sempre più favorevole. Se
usata male questa diventa una pericolosa arma a doppio taglio:
alla concorrenza di prezzo basata su oggettive economie di
gestione da parte di concessionari ben organizzati (che può e deve
essere considerata uno stimolo al miglioramento del settore in
generale), si contrappone il ribasso dei prezzi allo scopo di
aumentare i volumi di vendita in seguito ad una situazione critica
contingente. Questo tipo di concorrenza è definita “distruttiva” in
quanto, oltre a ripercuotersi sui concessionari efficienti che
vedranno così ridursi il loro margine di guadagno nonostante gli
sforzi fatti per essere concorrenziali potrà, nel medio periodo,
ritorcersi anche contro i clienti, dal momento che il recupero del
profitto avverrà, presumibilmente, a discapito della qualità del
servizio post-vendita.
In conclusione, bisogna ancora rilevare il forte mutamento
avvenuto a cavallo degli anni ’80; è solo a partire da questa data
che il cliente comincia a tenere sempre più in considerazione
alcuni aspetti valutativi di lungo periodo come, ad esempio,
l’affidabilità delle vetture, la loro durata, la facilità di
manutenzione, la tenuta del valore dell’usato, il costo dei prezzi
di ricambio, ecc. Inoltre, negli ultimi anni, si è diffusa sempre più
la possibilità di acquistare auto usufruendo di condizioni
particolarmente vantaggiose di finanziamento; questo grazie alle
convenzioni stipulate dai rivenditori stessi o, più comunemente,
dalle case costruttrici, con operatori finanziari che forniscono ai
9
clienti del settore automobilistico particolari tassi ribassati ( o
addirittura senza interessi) che consentono un impegno finanziario
per il cambio dell’automobile decisamente meno gravoso.
Il rapporto con il concessionario non si esaurisce più con
l’acquisto della vettura: dovrebbe nascere prima del contratto,
adattarsi alle caratteristiche del cliente ed accompagnarlo finché
perdura il possesso del bene, come succede in Giappone (lo
vedremo nei seguenti capitoli).
L’obiettivo che si prefiggono i concessionari è quello di
creare un rapporto di fedeltà sia tra la casa automobilistica ed il
cliente
5
, sia, soprattutto, tra l’acquirente stesso e l’azienda
concessionaria
6
: essi devono crearsi una clientela stabile basata
sulle loro qualità imprenditoriali e non solo sulle qualità del bene
commercializzato.
Attualmente possiamo affermare che quasi tutte le aziende
produttrici di automobili possono essere viste come imprese
internazionali a livello mondiale, grazie alle capillari reti di
distribuzione create in ogni paese.
La commercializzazione può avvenire essenzialmente in due
modi: con una presenza diretta o indiretta da parte della casa sul
territorio, oppure attraverso l’iniziativa del singolo imprenditore
che, accollandosi i rischi dell’intera operazione, importa in un
determinato paese alcuni modelli con caratteristiche particolari.
Credo che sia superfluo rilevare la modestissima incidenza che
questa seconda tipologia ha rispetto ai canali ufficiali, anche se è
importante sottolineare che l’esistenza di importatori paralleli in
5
Brand loyalty: fedeltà alla marca.
6
Store loyalty: fedeltà all’azienda.
10
numero così ridotto, consente loro di mantenere una nicchia di
mercato piccola ma inattaccabile, e di conseguire validi profitti
7
.
La nostra analisi si occuperà, comunque, solo delle reti
ufficiali.
7
Si veda Volpato G., “Innovazione ed evoluzione della struttura di vendita nella
commercializzazione dell’automobile”, in Commercio n. 18 1984 e Volpato G., “Trasformazione del
mercato e innovazione nella commercializzazione dell’automobile”, in Zaninotto E. (a cura
di),“Efficienza e potere nei canali di distribuzione“, Edizione Bocconi Comunicazione, Milano 1988.
11
1.2 La distribuzione europea
Il sistema di distribuzione europeo è stato per molti anni
simile a quello americano anche se oggi, per certi aspetti, si trova
indietro di trenta anni rispetto a quello d’oltreoceano
8
.
La percentuale di concessionari per ogni abitante non è
superiore a quella esistente negli USA, ma in molti paesi è ancora
presente una struttura distributiva a due livelli (negli Stati Uniti è
scomparsa negli anni ’30), la quale comporta che in Europa, oltre
ai circa 37.000 concessionari principali, esistano anche 42.500
sub-concessionari.
La maggior parte di questi sono piccole officine di
riparazioni che vendono macchine nuove fornite dal
concessionario principale che agisce così in veste di grossista.
Questa struttura penalizza la distribuzione nel vecchio
continente: infatti, mentre negli Stati Uniti la media di auto
vendute nei primi anni ’90 per ogni concessionario è di 393
l’anno, in Europa scendiamo a 280 per quelli principali e
solamente a 128 per i sub-concessionari.
Analizzando più nel dettaglio, possiamo individuare una
tendenza all’aumento dei punti vendita in quasi tutti i paesi
(grazie anche al progressivo sviluppo delle reti di vendita delle
case giapponesi e coreane) ad eccezione della Gran Bretagna: qui
è stato seguito il modello americano che si basa sulla creazione
del “megaconcessionario”. Con questo termine si intende la
diffusione di grandi gruppi concessionari, strutturati come società
12
per azioni, i quali possiedono molte concessioni per la vendita di
numerose marche in luoghi diversi.
Dal punto di vista giuridico le differenze con i colleghi
d’oltreoceano sono state superate nel 1995 con la cessazione del
vincolo di esclusività, anche se sono pochi coloro che hanno tratto
vantaggio dalla scomparsa di questa limitazione, data la forte
opposizione delle case al concessionario multi-marca (che invece
risulta essere la prassi negli Usa).
Una caratterizzazione della nostra catena distributiva è
dovuta alla maggiore cura che essa dedica ai compratori di auto
sportive e di lusso
9
: per questo tipo di clienti, prima la Volvo in
Gran Bretagna poi la Jaguar e, successivamente, tutte le grandi
case per i loro modelli di punta, hanno lanciato servizi particolari
per una clientela particolare. Si passa dalla totale
personalizzazione dell’auto direttamente in fabbrica a seconda dei
gusti del cliente con possibilità praticamente illimitate, a più
semplici ma sempre molto apprezzati, contratti di manutenzione
ed assistenza che seguono la vettura ed il cliente per tutta la vita
dell’auto.
Sempre a favore di pochi fortunati, si sono sviluppati dei
club, grazie ad iniziative di privati coadiuvati dai concessionari
interessati, per riunire i clienti di un particolare modello
concedendo loro l’opportunità di appartenere ad una cerchia
8
Si veda Croydon J., “The future of car dealership in Europe: Evolution or revolution?”, SRI
International, 1994 e John J.Ferron and Jonathan Brown “The future of car retailing”, IMVP Working
Paper.
9
Si veda J.P. Womack, D.T. Jones, D. Roos, “The machine that changed the world, La macchina
che ha cambiato il mondo”, Biblioteca Universale Rizzoli, 1993.
13
esclusiva ed aumentando così la funzione di “status symbol” di
determinate autovetture
10
.
In definitiva, sebbene esistano ancora delle differenze
organizzative tra il mercato europeo e quello americano, il
problema comune continua ad essere quello della giacenza di auto
invendute, problema al quale i giapponesi hanno cercato di trovare
una soluzione con un esito abbastanza soddisfacente come
vedremo nel terzo capitolo.
10
Si veda Ghini A., Trapani F., Beccari R., Rapisarda F., Maestri G., D’Angelo D., “Comunicare
l’eccellenza”, Etas Libri 1995.
14
1.3 La situazione in Italia
1.3.1 La fase iniziale
All’inizio del secolo la distribuzione automobilistica in Italia
era condizionata dal fatto che le quantità prodotte e vendute erano
decisamente limitate non solo rispetto al più attivo mercato
americano, ma anche relativamente agli altri paesi europei: per
avere un riscontro numerico, basta pensare che la Fiat, di gran
lunga il primo produttore nazionale, superò la soglia dei 1000
veicoli prodotti solo nel 1907 e raggiunse i 10.000 solamente
grazie alle commesse belliche, nel 1916.
In questo periodo risulta corretto parlare di fornitura di
vetture “su ordinazione”, dal momento che la casa automobilistica
forniva solo lo châssis che veniva successivamente carrozzato da
imprese indipendenti, in base alle richieste dei clienti; la
produzione completa era destinata solo alle autovetture utilizzate
per le competizioni sportive.
L’inizio del secolo fu quindi caratterizzato da una rete gestita
direttamente dalla casa attraverso una struttura di succursali: i
“Garages Riuniti” distribuiti nelle principali città italiane
11
.
Alla struttura dei “Garages Riuniti”, che occupò una
posizione centrale nella rete distributiva della Fiat, venne
affiancata e progressivamente sviluppata una rete di agenti aventi
la funzione di contattare i potenziali clienti e di segnalarli alla
casa costruttrice.
11
Nel 1915 si contavano 10 succursali di vendita distribuite lungo tutto il territorio nazionale.
15
Si trattava di una rete di operatori indipendenti che
svolgevano un’attività connessa all’uso dell’automobile (vendita
di pezzi di ricambio, di pneumatici, ecc.) e che, a questa,
affiancavano una funzione di procacciatore di affari, senza gestire
la materiale consegna della vettura e tantomeno acquisire la
temporanea proprietà della stessa.
Il loro compenso era determinato da una provvigione legata al
buon fine dell’operazione commerciale.
Successivamente la struttura distributiva automobilistica
venne completata attraverso la nomina di “Commissionari”
12
.
La loro funzione era sostanzialmente analoga a quella degli
attuali concessionari, dato che raccoglievano gli ordini della
clientela, li giravano alla casa produttrice, consegnavano l’auto,
gestivano le eventuali riparazioni e la vendita dei pezzi di
ricambio. La differenza con la precedente distribuzione basata su
una rete di agenti stava nel fatto che il prezzo della vettura pagata
veniva stabilito dal commissionario, il quale poteva rinunciare ad
una parte della propria commissione per incentivare il cliente
13
.
I proventi non derivavano quindi dal valore delle vendite
(come per gli agenti), ma erano influenzati dalla politica di sconti
attuata.
Solamente negli anni ’30 i commissionari raggiunsero un
volume di vendite tale da essere considerati il cardine del sistema
distributivo automobilistico italiano, a discapito dei “Garages”.
12
La prima azienda a ricevere il mandato di commissionaria fu la Bortolotti di Brescia nel 1912.
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Questa caratteristica risultava determinante in quanto la concessione dello sconto che oggi è
normale routine, ai tempi era da considerarsi una rarità da riservarsi solo ai clienti che avrebbero, con il
loro acquisto, migliorato l’immagine del commissionario.