universita' degli studi di firenze-facolta' di architettura-dipartimento di costruzioni-a.a. 1999/2000
tesi di laurea in consolidamento: "la Colonia Varese a Milano Marittima(1937): lo
strumento multimediale al servizio del rilievo, dello stato di degrado, della descrizione
delle fasi costruttive, delle verifiche statiche per un'ipotesi di recupero"
La colonia marina “Varese”, progettata a Milano
Marittima (Ravenna) nel 1937 dall’architetto romano
Mario Loreti, conserva ancora oggi, nonostante lo stato di
completo abbandono, la gravità tipica di un impianto
monumentale, sebbene, l’incompiuta gabbia strutturale,
la contrasti con la leggerezza di un oggetto effimero.
L’organismo architettonico determina un ordine
compositivo che nettamente si distingue dal contesto,
generico e paradossalmente organizzato, di ricca località
balneare in cui é inserito, tantoché lo stato attuale di
degrado sembra non sminuirne la forza, bensì ne esalta il
fascino evocando l’estetica della rovina romantica.
*La caratteristica peculiare di questo organismo
architettonico risiede nella convivenza, all’interno della
medesima struttura, di due edificazioni, l’una risalente al
1937, l’altra intorno al 1960 che rappresenta il periodo in
cui é stato intrapreso un progetto di ricostruzione, mai
portato a termine.
La parte di struttura rimasta incompleta,corrispondente
alla zona centrale, oltre ad essere un’affascinante
diaframma fra la pineta antistante e il mare, funge da
cerniera per tutto l’intero organismo.
Un gioco tra consistenza ed inconsistenza, effimero e
incombente rende la colonia un oggetto architettonico
particolarmente “carismatico”.
La colonia dagli anni ‘90 é entrata a far parte delle
competenze della Sovrintendenza dei Beni Culturali
(come previsto dalla Legge n° 1089 del 1939), in quanto
ha compiuto i cinquanta anni dalla data di costruzione.
Attualmente la legge di riferimento per la conservazione
dei beni artistici é stata sostituita dal nuovo Testo Unico1,
approvato in via definitiva il 22 ottobre 1999 dal Consiglio
dei Ministri; all’Art.34 Comma 1, si legge: “ ....per
restauro si intende l’intervento diretto sulla cosa volto a
mantenerne l’integrità materiale ed assicurare la
conservazione e la protezione dei suoi valori culturali. Nel
caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio
sismico in base alla normativa vigente il restauro
comprende l’intervento di miglioramento strutturale.”
Il nostro progetto di consolidamento si propone quindi di
verificare il comportamento della struttura sottoposta ad
azioni sismiche così da determinare il relativo coefficiente
disicurezza, nonostante il progetto fosse stato realizzato
prima dell’inclusione del Comune di Cervia, di cui Milano
Marittima ne costituisce una frazione, tra le zone a
rischio sismico.
Oggetto dell’analisi sismica é stato proprio quella parte di
struttura in cemento armato ricostruita dopo la II Guerra
Mondiale.
La scelta ha motivazioni di carattere tecnologico (c.a.
piuttosto che muratura) ed emblematico (ci é sembrato
interessante approfondire, dal punto di vista del calcolo,
ciò che da lontano appare come uno scheletro nudo di
travi e pilastri, icona stessa del degrado dell’organismo
architettonico cui appartiene).
Con l’occasione, peraltro, abbiamo approfondito il tema
del recupero di strutture in cemento armato in zone
sismiche ed in ambienti aggressivi.
L’abbondante documentazione storico-bibliografica sulla
colonia risale soprattutto agli anni ‘80, periodo in cui si é
aperto un acceso dibattito sul riutilizzo delle colonie
marine, per la maggior parte abbandonate, delle coste
tirreniche e adriatiche.
Gli elaborati grafici originali di progetto ci sono stati
gentilmente prestati dalla Cooperativa Muratori e
Cementisti di Ravenna; nonostante una laboriosa ricerca
non ci é stato invece possibile reperire alcuna
testimonianza grafica sul progetto di ricostruzione
risalente agli anni ‘60..
Le affascinanti tavole della C.M.C. ci hanno permesso di
risalire a quelli che sono stati i cambiamenti formali sia
nel primo cantiere che in quello successivo alla
distruzione durante la guerra.
A parte qualche irrisoria modifica nella suddivisione di
alcuni ambienti, siamo riuscite non solo ad individuare
con certezza la dislocazione della zona distrutta, ma
anche le sostanziali differenze strutturali e formali della
zona della rampa centrale.
Al nastro continuo di rampe che collegavano i piani in
maniera sfalsata per separare gli ambienti destinati alle
bambine da quelli per i bambini, si é sostituito, con il
progetto degli anni ‘60, una coppia simmetrica di rampe
che collegano progressivamente tutti i piani alterando in
maniera radicale la morfologia e in qualche modo la
fluidità dell’impianto originale.
Ad un indubbio fascino odierno é doveroso sottolineare
questa diversità perché ora é netta la dissonanza rispetto
alla linearità delle forme di un tempo.
Il risultato dell'analisi compiuta sulla Colonia é un
ipertesto che, come tale, garantisce l'accessibilità
alle informazioni contenute in modo iterativo, a
differenza degli elaborati grafici che impongono un
percorso lineare di consultazione.
La volontà é stata quella di cercare di "svecchiare"
l'elaborazione e la rappresentazione tradizionale
dell'analisi per un progetto di consolidamento
utilizzando uno strumento di comunicazione nuovo
e suscettibile di sempre maggiore divulgazione.
L'utilizzo di software per l'elaborazione grafica e
multimediale ha permesso uno studio sinottico delle
varie fasi costruttive, e dell'oggetto architettonico in
questione, innovativo ed esaustivo. , l'analisi
statica, le proposte di recupero.
Per meglio evidenziare i vari rami di analisi , sono
stati usati sfondi di colore diverso nelle videate e
che così si distinguono: blu, per il confronto formale
tra il progetto originale e lo stato attuale,
arancione, per l'esposizione degli elaborati grafici
originali della cooperativa costruttrice (la C.M.C. di
Ravenna), verde, per l'analisi del degrado e le sue
proposte di recupero, marrone, per l'analisi statica,
dinamica e le verifiche delle sezioni maggiormente
sollecitate, viola, per riportare la la relazione dove
il lavoro viene maggiormente approfondito.
In particolare, oggetto dell'analisi sismica é stata
proprio quella parte di struttura in cemento armato
ricostruita.
La scelta ha motivazioni di carattere tecnologico
(cemento armato piuttosto che muratura) ed
emblematico (ci é sembrato interessante
approfondire dal punto di vista del calcolo ciò che
da lontano appare come uno scheletro nudo di travi
e pilastri, icona stessa del degrado dell'organismo
cui appartiene).
Con l'occasione peraltro abbiamo approfondito il
tema del recupero di strutture in c.a. in zone
sismiche ed in ambienti aggressivi.
Collegamento con la
mappa del sito da dove
si può accedere a tutti
gli altri rami dell'ipertesto
Cliccando su ognuno di
questi simboli appaiono
fotografie con relativo
cono di vista sullo stato
attuale della colonia
Collegamento con ognuna
delle piante del progetto
originario ricostruito grazie
alle tavole originali del 1937
Visualizzazione e collegamento con
i rami di che approfondiscono l'analisi
del degrado e le relativa proposte di
recupero e il calcolo delle verifiche
del telaio
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La colonia Varese era uno stabilimento che poteva
ospitare circa 800 bambini progettato nel 1937
dall'Arch.Mario Loreti e situato sull'arenile in
prospicienza al mare, a Milano Marittima, in provincia
di Ravenna.
Il suo fascino senza dubbio risiede nella configurazione
planimetrica interamente impostata su archi di cerhio
concentrici e assimilabile, formalmente, alla sagoma di
un idrovolante: il blocco dei locali posti all'ingresso é
assimilabile alla coda, le rampe ed i servizi sul mare
formano le ali, i volumi che delimitano il cortile interno
costituiscono la fusoliera, i refettori la cabina di
pilotaggio ed i motori sarebbero rappresentati dai
dormitori.
Osservando le planimetrie di progetto si
possono dedurre le destinazioni dei vari
ambienti che costituivano il complesso.
Dopo aver attraversato un parco di notevoli
dimensioni, si raggiungeva l'entrata principale
della colonia, posta al centro di un volume a
due piani che ne costituiva il fronte stesso e
protetta da una pensilina .
Attraversato il portico a 8 colonne di sezione
circolare in cemento armato, si raggiunge il
cortile interno di forma trapezoidale delimitato,
lateralmente, da corpi a due piani e, sul lato
mare, dal complesso delle rampe.
Al centro del cortile c’era una vasca
rettangolare con una statua del duce,
posizionata su un piedistallo sul bordo prossimo
alle rampe e che cattura subito l’attenzione di
chi entra.
All’interno del corpo di ingresso si trovavano, a
est gli uffici del direttore, dell'economo, il
parlatorio, la lavanderia, il guardaroba ed i
servizi, mentre a ovest l'ufficio del vicedirettore,
l'appartamento del custode e alcune camere per
il personale.
Il primo piano si raggiungeva mediante due
vani scala speculari all’asse di simmetria
principale di progetto, i quali conducevano ad
altri alloggi per il personale, infermerie e
servizi.
I due corpi laterali del cortile erano così
utilizzati: in quello a destra si trovavano, al
piano terra, le docce e ,al primo piano, i
refettori del personale; quello a sinistra
ospitava il magazzino del carbone, il forno, il
deposito, l’officina e i servizi, al piano terra, e
cucina al piano superiore, collegata al deposito
sottostante tramite un montacarichi.
Oltrepassate le rampe, il piano terra alloggiava
due ampi locali destinati alla ricreazione
prospicienti il mare e distinti per sesso, mentre
al piano superiore rispettivamente altri due
locali della stessa dimensione che costituivano i
refettori.
Le rampe permettevano l'accesso ai cinque
piani di camerate, con percorsi separati al fine
di evitare qualsiasi possibilità che i due sessi
potessero mescolarsi.
Tutti i piani dei volumi laterali verso il mare
erano simmetrici e uguali fra loro,
comprendevano due camerate adiacenti con
possibilità di ospitare 40 bambini cadauna e,
all’entrata, una stanza da letto per l’assistente
ed un camerino per la vigilante.
Collegamento con la
mappa del sito da dove
si può accedere a tutti
gli altri rami dell'ipertesto
Cliccando sulle anteprime
si visualizzerà l'ingrandimento
della foto e contemporaneamente
nel rendering del prospetto
si oscurerà la parte interessata
dall'istantanea
Cliccando su queste macchine
fotografiche si visualizzano
altri rendering del telaio
da dove é possibile consultare
altre istantanee
Link con un modellino
tridimensionale del telaio
manovrabile dall'utente
Link con il ramo dell'ipertesto
in cui sono state sviluppate
le verifiche strutturali
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La resistenza caratteristica cubica del c.a. é stata ricavata per
via diretta mediante la prova di rimbalzo, utilizzando cioè
uno sclerometro, fornitoci dal Laboratorio Prove Materiali del
Dipartimento di Costruzioni della Facoltà di Architettura di
Firenze. In questo tipo di prove si ricava la resistenza a
compressione del materiale mediante la misurazione della
durezza d’urto. Lo strumento, però,nonostante sia stato ben
tarato, non può supplire alle differenze puntuali dovute a
diversa granulometria e composizione eventualmente
presenti in uno stesso getto nonché agli effetti della
carbonatazione che, corrodendo i ferri, stacca il calcestruzzo
e ne diminuisce la compattezza.
Per ovviare questo problema su ogni superficie di prova si
sono effettuate 10 letture per ciascuno dei 100 punti di
rilevazione su un’area di circa 10 x 10 cm avendo cura di
evitare il contatto con elementi grossolani di aggregato , aree
in stretta vicinanza alle barre o zone particolarmente
corrose). Una volta scartati i risultati anomali, cioé il valore
minimo e quello massimo ed eseguita la media dei rimanenti
8 valori, si é ricavato il valore medio della resistenza di
ciascun punto di rilevazione. Per quanto riguarda la
determinazione della tensione ammissibile dei ferri di
armatura, si sono eseguite delle prove a trazione, sempre
presso il Laboratorio Prove Materiali del Dipartimento di
Costruzioni della Facoltà di Architettura di Firenze, su
campioni prelevati in loco, con diametro variabile da 15,04 a
18,73 mm.Il diametro di questi ferri risulta, però piu grande
di quelli da noi misurati su travi (attualmente φ15,
probabilmente φ16 in origine) e pilastri (attualmente un φ13,
probabilmente φ14 in origine) probabilmente perché questi
spezzoni, tutti della stessa lunghezza, servivano in cantiere
come distanziatori tra le casseformi e l’armatura in
corrispondenza degli appoggi nelle travi trasversali e rimasti
affogati durante il getto. In ogni caso queste considerazioni
non influiscono sull’attendibilità delle prove in quanto la
qualità dell’acciaio dei ferri in opera era sicuramente la
stessa, se non addirittura superiore. Nell’analisi dei carichi
per il calcolo statico abbiamo tenuto conto dei pesi propri, di
quelli dei solai e degli eventuali carichi accidentali; abbiamo
inoltre operato una maggiorazione di carico prevedendo
pavimentazione e tamponature, attualmente assenti,
inevitabili in un intervento futuro di recupero: sono stati così
aggiunti i pesi dei solai a quelli delle opere di finitura ed una
aliquota amplificativa del 20% dei carichi gravanti sulle travi
trasversali, per comprendere i pesi delle eventuali
tamponature.
Per lo studio del modello di calcolo, sia per l’analisi statica
che per quella dinamica, é stato utilizzato il programma SAP
2000. Abbiamo schematizzato il telaio con elementi frames
(aste) ipotizzando vincoli d’incastro in ciascun nodo e alla
base della struttura in elevazione.
Le rampe sono state discretizzate come elementi shell
(piastra) trapezoidali a causa della loro geometria con vincoli
di incastro in corrispondenza dei nodi con i pilastri e/o travi;
ognuna di loro poggia tre estremità su due travi trasversali
del telaio e su una trave longitudinale incastrata a sua volta
con i pilastri, ed hanno libero il quarto lato.