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Introduzione
La seguente trattazione riguarda lo studio, l’indagine scientifica e l’intervento
conservativo del codice etiopico denominato Ms. Orient. 203, conservato presso la
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
Il codice analizzato è un manoscritto membranaceo proveniente dall’Etiopia,
databile alla seconda metà del XIX secolo e prodotto secondo le tecniche
tradizionali etiopiche. A causa della sua manifattura, il manoscritto potrebbe
sembrare più antico, ma una delle caratteristiche tipiche della cultura etiopica è
proprio quella di reiterare da secoli, in modo quasi del tutto inalterato, le tecniche
ed i materiali utilizzati nella produzione libraria.
La legatura del manoscritto è costituita da due assi lignee, differenti per specie
arborea e lavorazione, che ricoprono e proteggono quattordici fascicoli, a cui sono
collegate tramite una cucitura a catenella a due fili. Le assi sono a loro volta protette
da una sovraccoperta tessile, anch’essa dalla manifattura artigianale, in cui
l’intrecciarsi di trame e orditi forma una scacchiera di piccoli rombi color arancio.
La scelta è ricaduta su questo manoscritto per due motivazioni: in primis, le
condizioni conservative del manoscritto non erano tali da consentirne un’agevole
consultazione, soprattutto a causa delle molteplici lacune presenti sulla
sovraccoperta tessile e della cucitura spezzata in corrispondenza del piatto
posteriore. Inoltre, lo studio codicologico e scientifico dei manufatti librari etiopici
è ad oggi (a differenza di molte altre discipline) ancora ai suoi albori, pertanto si è
voluto approfondire la materia, tentando di contribuire alle conoscenze già esistenti.
L’elaborato che scaturisce dallo studio e dalle ricerche svolte è stato articolato
in sei capitoli, la cui illustrazione ha inizio con la complicata storia della Biblioteca
Nazionale Centrale di Roma, contestualizzando la presenza del Ms. Orient. 203
nella biblioteca ed indagando la formazione del Fondo Manoscritti Orientali
(capitolo 1). È stato affrontato un approfondimento storico (capitolo 2) e culturale
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(capitolo 3) sulla tradizione etiopica, in modo da poter individuare il contesto di
produzione del codice, approfondire le tecniche ed i materiali utilizzati e
comprendere a fondo la cultura profondamente tradizionalista dello Stato.
Gli ultimi tre capitoli della tesi riguardano nello specifico il Ms. Orient. 203, che
viene descritto materialmente, soffermandosi sulla sua importanza testuale e
codicologica (capitolo 4), approfondendo in modo più accurato possibile tutte le
caratteristiche ed avanzando nuove ipotesi, qualora non vi fossero ancora studi a
cui fare riferimento. In seguito è stata indagata la natura dei suoi materiali
costitutivi, con lo scopo di accertare l’effettiva manifattura tradizionale etiopica,
individuare le cause dei danni presenti e contestualmente analizzarne
microscopicamente lo stato di conservazione (capitolo 5). L’ultimo capitolo
descrive lo stato di conservazione, la progettazione (passando attraverso la
realizzazione di un facsimile) e la realizzazione dell’intervento di restauro
conservativo (capitolo 6). Vengono qui descritte le prove effettuate per stabilire
quali materiali e tecniche fossero di volta in volta i migliori, limitando il più
possibile l’intervento, mirando piuttosto ad un condizionamento che eviti future
compromissioni nell’integrità del manufatto.
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Capitolo 1 – La Biblioteca Nazionale Centrale di
Roma
1.1 Fondazione e storia
La storia della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma è lunga e segnata da
numerosi cambiamenti e spostamenti.
L’idea di una Biblioteca Nazionale italiana sorse subito dopo il 1861, frutto
dell’esigenza dell’aristocrazia intellettuale degli ex Stati di una rielaborazione
culturale unitaria del patrimonio di storia e pensiero di ciascuno dei molteplici
centri che confluivano nella Nazione. Oltre alla motivazione culturale, c’era anche
quella dell’imitazione europea (gli illustri esempi della Bibliothèque Nationale di
Parigi e, soprattutto, del British Museum di Londra fornirono l’impronta sulla quale
si fondò la concezione, almeno teorica, della Nazionale romana) e quella finanziaria
(la moltitudine di biblioteche presenti sul suolo italiano produceva grandi spese per
il nuovo Stato ed occorreva riorganizzarle e fornire di un contributo statale solo le
principali tra esse).
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L’idea, inizialmente astratta, di una biblioteca nazionale, prese corpo prima a
Firenze, dove nel 1861, in seguito all’unione della Biblioteca Magliabechiana con
la Biblioteca Palatina, nacque la Biblioteca Nazionale di Firenze.
Quando nel 1870 Roma venne annessa al nuovo Stato, si sentì la necessità di
fornire questa città della tradizione millenaria di una grande biblioteca, che al tempo
mancava.
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Inoltre il contrasto con il Papato per il potere temporale contribuì molto
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Cfr. Statistica del Regno d’Italia. Biblioteche. Anno 1863, Firenze, Le Monnier, 1865. Nel 1865 il
Ministro Natoli disse: “Nel Regno italiano oltre allo sminuzzarsi su molte di un contributo che
potrebbe meglio fissarsi su alcune principali, non si è ancora pensato a formare una biblioteca
modello che possa emulare quelle delle capitali europee”.
2
Q. Sella, Discussioni, 31 Maggio 1877. Sella si espresse in questi termini sul diritto di stampa da
accordare alla Nazionale Romana: “Io debbo chiarire che i presenti alla Commissione Generale
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nel voler fornire la città eterna di un contrapposto scientifico a quello religioso,
come se la si volesse munire di una nuova religione, fatta di progresso e scienza.
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La grande tradizione cattolica, col peso ed il prestigio delle antiche librerie
claustrali, minacciò non solo il processo di formazione del nuovo istituto, ma anche
il concetto stesso di biblioteca moderna come strumento di progresso scientifico.
Nel triennio dal 1870 al 1873 si svolse la cosiddetta “guerra dei codici”, una
disputa tra i conventi, minacciati di spogliazione e che tentavano con ogni astuzia
di nascondere i loro tesori più preziosi, e lo Stato, che non disponeva ancora di una
legge che gli garantisse di poter operare. Il ministro Ruggero Bonghi, incaricato dal
1870 di presiedere la Commissione nominata dalla Camera per esaminare i
provvedimenti per il pareggio del bilancio, incaricò Enrico Narducci, direttore della
Biblioteca Alessandrina, di stilare un rapporto da presentare al Governo sulle
biblioteche romane, anche di natura claustrale. Nell’anno successivo, con la
proclamazione di Roma come capitale del Regno d’Italia, venne stilata la relazione
intitolata “Piano per la fondazione in Roma d’una biblioteca nazionale” ed ebbero
inizio le ispezioni di Narducci per censire le biblioteche di Roma. Lo Stato aveva
ancora grandi difficoltà nell’esercitare ispezioni sul patrimonio delle biblioteche
private o claustrali, ancora appartenenti alle corporazioni religiose, che per sottrarsi
ai controlli venivano trafugate, nascoste o depauperate dei libri migliori. Spesso
veniva addirittura negata l’esistenza di cataloghi.
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Il 19 giugno 1873 venne emanata la legge n
o
1402 sulla soppressione delle
corporazioni religiose romane, che obbligava queste istituzioni a consegnare allo
del Bilancio, quando questa discussione ebbe luogo […] non manifestarono ombra di dubbio
sull’importanza che nella Capitale vi fosse la collezione completa dei libri stampati nel Regno
d’Italia per aver modo di rendersi esatto conto del movimento e del progresso intellettuale del
Paese sotto tutte le forme. E ciò si rende tanto più necessario in Roma, ove, se qualche cosa è
importante che s’innalzi ed estenda, questa è specialmente la coltura e la disputa scientifica”.
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Q. Sella, Disc. Parlam., cit., I, 229. Sella affermò nel discorso alla Camera del 1876: “Io credo che
il miglior contrapposto al Papato sia proprio la Scienza come scienza […] se vi è una necessità a
Roma gli è proprio quella di un contrapposto scientifico al Papato”.
4
V. Carini Dainotti, La Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele al Collegio Romano, v.1, Firenze,
1956, pp.44-54.
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Stato italiano i patrimoni artistici e librari conservati nelle loro biblioteche.
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Nonostante la mancanza di cataloghi ed inventari, venne incamerato un patrimonio
di circa 600.000 tra opere a stampa, manoscritti e incunaboli in attesa di una
sistemazione. Nel 1874 le sessantanove biblioteche conventuali sequestrate
vennero traslocate in una sala del convento di Santa Maria sopra Minerva,
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ma il
luogo era inadeguato a contenere la grande quantità di libri, per cui il Narducci
propose come nuova sede il Collegio Romano, dove, tra luglio del 1874 e maggio
del 1975, confluì il contenuto delle biblioteche [Fig.1.1].
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[Fig. 1.1] Sede storica della Biblioteca presso il Collegio Romano
Narducci si occupò dell’ordinamento sommario del materiale, mentre per la
catalogazione dei manoscritti venne incaricato Carlo Castellani. Dall’agosto del
1875 iniziò il “concentramento dei manoscritti nella Vittorio Emanuele”, che
vennero raccolti dal convento della Minerva e dalla Biblioteca Angelica (dove
erano stati provvisoriamente collocati) e sistemati in due stanze dell’antica
biblioteca del Collegio Romano. Lì venne annotato sul dorso dei manoscritti il
5
I. M. Laracca, Il patrimonio degli ordini religiosi in Italia soppressione e incameramento dei loro
beni, 1848-1873, Pontificia Università Gregoriana, 1936.
6
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, I fondi, le procedure, e storie: raccolta di studi della
Biblioteca, Roma, 1993, p. 123.
7
C. M. Fiorentino, Chiesa e Stato a Roma negli anni della destra storica 1870-1876. Il
trasferimento della capitale e la soppressione delle corporazioni religiose, in Archivium Historiae
Potificae, vol. 35, 1997, pp. 400-401.