Introduzione
6
La disciplina tedesca sulla cittadinanza costituisce poi oggetto di
studio della terza parte; l’approfondimento verte sui principi caratteristici
che, storicamente e attualmente, sono alla base dell’attribuzione dello status
civitatis, ossia della formazione del popolo tedesco. Si pone, inoltre,
attenzione alla legge vigente, approvata nel 1999, in particolare alle
disposizioni che possono rappresentare elemento di novità rispetto al
passato, dalle quali si denota un timido cambiamento di rotta verso una
concezione più assimilazionista.
La cittadinanza francese costituisce oggetto di studio della quarta
parte, con particolare riferimento alla genesi storica, che affonda le proprie
radici nell’evento rivoluzionario del 1789, e quanto quest’ultimo abbia
influito sulla costruzione del concetto di cittadino, imperniato intorno al
principio di integrazione; in proposito, l’analisi si concentra sulla disciplina
corrente.
L’ultima parte è riservata all’approfondire l’argomento nel contesto
dell’Unione europea. La cittadinanza viene analizzata a partire
dall’illustrazione della sua attuale portata giuridica e sociale; ripercorrendo
il cammino storico che ha condotto all’inserimento dell’istituto nel trattato
di Maastricht del 1992; si individuano, quindi, le peculiarità che
caratterizzano la cittadinanza europea rispetto alla concezione dello status
civitatis tipico degli Stati nazionali. L’obiettivo dello studio finale vuole
tratteggiare quale potrà essere la sorte della cittadinanza in ambito unitario,
soprattutto al fine di creare un’identità propria del popolo europeo, nel
rispetto dei particolarismi degli Stati appartenenti, ma anche nella piena
condivisione dei principi comuni, di carattere sociale e politico, espressi
anche nella Costituzione europea.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
7
CAPITOLO PRIMO
ETEROGENEITÀ DI FORME E PRINCIPI NEL CONCETTO DI
CITTADINANZA
SOMMARIO: 1. Cittadinanza: concetto in espansione. – 2. La cittadinanza come
“appartenenza ad una comunità politica”. – 3. La cittadinanza come “appartenenza allo
Stato”. – 4. Acquisto della cittadinanza: jus soli o jus sanguinis. – 5. “Cittadini” e
“individui” negli ordinamenti contemporanei. – 6. La residenza quale fattore di apertura a
un nuovo concetto di cittadinanza. – 7. Precisazioni linguistiche sulla parola “cittadinanza”.
1. Cittadinanza: concetto in espansione
L’ istituto della cittadinanza è considerato una categoria centrale della
concezione liberale della democrazia. Si tratta, pertanto, di una nozione
“strategica” per lo studio del funzionamento delle istituzioni democratiche
in quanto consente, unendo l’approccio giuridico a quello sociologico, di
associare il tema dei diritti soggettivi a quello delle ragioni “pregiuridiche”
dell’appartenenza o dell’esclusione dal contesto politico che li garantisce e
nel quale si attuano
1
.
Fin dall’età classica, il possesso della cittadinanza si pone come il
requisito che consente agli individui di partecipare attivamente alla vita
politica della comunità cui appartengono. Nel periodo medievale la
cittadinanza si esplica in un legame verticale che intercorre tra l’individuo e
il sovrano, in cui il primo è legato al secondo da un vero e proprio rapporto
di obbedienza in cambio di protezione. Successivamente, da concezioni
premoderne che indicavano appartenenza politica di natura elitaria ed
1
D. ZOLO (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Laterza,
Roma-Bari, 1994, pag. IX.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
8
esclusiva, differenziando gli individui in funzione della loro condizione
socio-economica, culturale e territoriale, la cittadinanza moderna manifesta
tendenzialmente un carattere aperto ed espansivo. Nel periodo moderno,
attraverso la rielaborazione ad opera dei Philosophes delle forme classiche,
si assiste allo sviluppo dell’idea di cittadinanza come identità collettiva che
definisce l’intera comunità politica. La realizzazione di tale progetto
ideologico sarà una delle principali conquiste della Rivoluzione francese
2
.
Nel corso degli ultimi due secoli, inoltre, muovendo da una ancora
limitata sfera burocratico-anagrafica, tesa essenzialmente ad identificare la
posizione di un individuo rispetto ad un determinato Stato (cittadino o
straniero), si è assistito ad una importante estensione del campo semantico
della cittadinanza, volta a definire una più contemporanea complessità
nell’identità del soggetto, che contempla l’elemento politico-giuridico, le
modalità della sua partecipazione politica, l’intera gamma dei suoi diritti e
dei suoi doveri. Oggi, infatti, interrogarsi sulla cittadinanza significa
chiedersi in che modo l’individuo si connette e stabilisce rapporti con i suoi
simili; come con gli stessi dà vita ad un assetto politico-sociale al quale
appartiene, si riconosce come parte del gruppo e ne accetta i vincoli che lo
legano alla collettività.
Nonostante si tratti di una parola di uso comune, risulta certamente
difficile, e forse vano, individuare una univoca, esaustiva definizione
concettuale che tenga conto di tutte le caratteristiche e le funzioni del
termine cittadinanza
3
. Ciò probabilmente anche perché di questo concetto si
sono occupati studiosi delle più diverse discipline, dai giuristi di ogni ramo
ai politologi, ai sociologi, contribuendo ad attribuirgli una connotazione
alquanto eterogenea.
2
E.GROSSO, Le vie della cittadinanza, Milano, CEDAM, 1997, pag. 18 e segg.
3
R. QUADRI, Cittadinanza, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, Utet, 1959,
III, pag. 310, nota 5, sottolinea come sia “vano da un lato pretendere di rappresentare con
formula astratta e sintetica tutta la varietà dei fenomeni positivi ai quali viene dato il nome
di cittadinanza e […] dall’altro di dare una definizione della cittadinanza che sia valida ad
un tempo per la teoria generale, per il diritto interno positivo di tutti gli stati e per il diritto
internazionale”.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
9
Una dimostrazione della ampiezza di caratteristiche e funzioni che
questo termine contempera è evidente, ad esempio, dalla definizione fornita
dall’Enciclopedia Giuridica Italiana, pubblicata all’inizio del secolo scorso,
la quale intende la cittadinanza come “quel complesso di diritti e di doveri
spettanti alla persona che fa parte di una determinata consociazione politica,
sanciti dalle leggi di questa”, come “il vincolo che lega l’individuo alla
consociazione” in “un rapporto” tra i cittadini e tra questi e lo Stato
4
. Da
questo inciso si evincono più definizioni: cittadinanza intesa come somma
di diritti e di doveri, ma anche come vincolo orizzontale tra i consociati
politicamente e, ancora, come rapporto verticale di fedeltà contro protezione
tra l’individuo e l’autorità sovrana.
In ambito sociologico, inoltre, possiamo considerare una certa
definizione che determinava la cittadinanza, divisa in tre parti, la civile, la
politico e la sociale, come il complesso delle relazioni che intercorrono tra
gli appartenenti una comunità e tra gli stessi e l’autorità
5
. Rispetto a tale
impostazione sono inoltre corrisposte in campo giuridico ulteriori
distinzioni sui singoli aspetti, come, per esempio, per ciò che concerne i
diritti e i doveri ovvero riguardo alla differenziazione che intercorre tra
cittadini e non cittadini. Questa difficoltà interdisciplinare, determinata da
un diverso approccio epistemologico, crea talvolta problemi di fondo ad un
4
E. BASSANTI, Cittadinanza, in Enciclopedia Giuridica Italiana, Milano, S.E.L.,
1913, III, parte II, pag. 603.
5
T.H. MARSHALL, Cittadinanza e classe sociale, Torino, Utet, 1976. Per l’Autore la
“piena appartenenza a una comunità” (cittadinanza, in senso non giuridico ) si sostanzia di
una forma di uguaglianza umana fondamentale, che non è in contrasto con i diversi status
economici riscontrabili all’interno della società. Le disuguaglianze di fatto sono accettate
sotto condizione di una uguaglianza rispetto ai diritti e ai doveri riconosciuti ad ognuno.
Questo, però, naturalmente può condurre a conseguenze giuridiche del possesso della
cittadinanza disomogenee, dovuto ad una diversa struttura e a diversi confini della sua
attribuzione ai singoli status. Tuttavia, per Marshall la cittadinanza si compone di tre
elementi: civile, politico e sociale. Il primo, il civile, è “composto dai diritti necessari alla
libertà individuale” (parola, pensiero, fede, proprietà, difesa). L’elemento politico
rappresenta “il diritto a partecipare all’esercizio del potere politico” (come eletto e come
elettore). Per quanto riguarda l’elemento sociale Egli intende “tutta una gamma che va da
un minimo di benessere e di sicurezza economica fino al diritto di partecipare pienamente
al retaggio sociale e a vivere la vita di persona civile, secondo i canoni vigenti nella
società” (sistema scolastico, servizi sociali, assistenza pubblica).
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
10
approccio univoco all’argomento; tant’è che in campo sociologico, ad
esempio, è stato addirittura prospettato di abbandonare il concetto teorico-
politico della cittadinanza proprio perché derivante da una nozione giuridica
che non giova a tale studio
6
.
Tuttavia, nonostante le varie prospettive delle diverse discipline che
delineano i vari tratti e caratteristiche di tale nozione, si possono comunque
individuare alcuni elementi tipici la cui combinazione delinea il significato
attribuito all’istituto negli ordinamenti giuridici dei moderni stati-nazione, in
particolare dei principali Paesi dell’Europa occidentale.
Cittadinanza indica uno status, ovvero la condizione giuridica di un
individuo che fa parte di uno Stato sovrano, essa esprime la relazione ed il
vincolo politico che intercorre tra questi due soggetti; i cittadini sono
pertanto soggetti all’ordinamento statale, in particolare a quelle specifiche
situazioni giuridiche, diritti e doveri, connesse al possesso della
cittadinanza
7
. Essere cittadini significa acquisire una identità e una
posizione assicurata, godere cioè dei servizi che lo Stato elargisce in
particolare a queste figure, ma significa anche assolvere agli obblighi che lo
stesso impone. Lo Stato determina le condizioni, gli elementi in base ai
quali un individuo può considerarsi cittadino, oppure le cause che possono
condurre alla perdita di tale status.
Nell’esperienza giuridica contemporanea la cittadinanza viene
inoltre correntemente tratteggiata come un istituto strettamente legato alla
concezione democratica del moderno Stato nazionale di diritto, in cui il
fondamentale principio della sovranità popolare attribuisce ad ogni cittadino
il diritto/dovere di partecipare alla formazione dell’ordinamento giuridico
nazionale
8
. La cittadinanza diventa così allo stesso tempo il riconoscimento
del legame tra il singolo e il potere politico e l’espressione delle condizioni
6
L. FERRAJOLI, Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, in La cittadinanza.
Appartenenza,identità diritti, in D. Zolo (a cura di), cit., pag. 264.
7
V. LIPPOLIS, La Cittadinanza Europea, Bologna, Il Mulino, 1994, pag. 21 e segg.
8
V. LIPPOLIS, La Cittadinanza Europea, cit., pag. 22.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
11
alle quali il potere politico riconosce appunto la cittadinanza; lo Stato si
propone di tutelare questo status, ma allo stesso tempo ne limita la specie e
ne configura la potenzialità del sistema integrato di diritti che lo
caratterizzano
9
.
L’altra faccia della cittadinanza è costituita dall’esclusione degli
stranieri, ovvero tutti coloro che non sono cittadini, ai quali da un lato sono
negate una serie di situazioni soggettive di vantaggio, dall’altra non
incombono gli obblighi connessi alla condizione di cittadino. Va comunque
notato che negli attuali ordinamenti democratici si assiste ad una estensione
del riconoscimento di alcuni diritti, quali i diritti civili e politici, anche a
soggetti che non sono cittadini; ciò per effetto di un principio generale,
accolto in tutti gli ordinamenti democratici, per il quale la dignità della
persona umana costituisce il valore politico fondamentale in ogni Stato di
diritto
10
.
Inoltre, considerando che vi sono numerose posizioni giuridiche
intermedie tra il cittadino e lo straniero, come quelle dell’”apolide”, del
“rifugiato politico” o dell’“immigrato residente nello Stato”, senza
dimenticare l’emergere di nuove posizioni particolari sovranazionali,
conseguenti alla compenetrazione tra ordinamenti giuridici differenti, risulta
sempre più difficoltoso delineare un insieme di situazioni giuridiche proprie
ed esclusive del cittadino.
Come già accennato, l’individuo, i diritti e i doveri, l’appartenenza e
la comunità politica sono gli elementi basilari che compongono la valenza
semantica della cittadinanza. Muovendo da questo quadro di fondo, si
possono identificare diverse anime che popolano l’articolato universo di
9
G. BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Rivista di diritto
Costituzionale, 1997, pag. 7 e segg., l’Autore sostiene che “lo Stato ottiene il consenso
politico dai cittadini, che ne eleggono le assemblee, ma, una volta assicuratosi tale consenso
e la conseguente legittimazione rappresentativa, esso esercita liberamente il suo potere nei
riguardi delle persone. Riconosce e disconosce cittadinanza, concede o rifiuta protezione,
modella i diritti delle persone secondo la propria ragione […]”.
10
L. CHIEFFI, Ricerca scientifica e tutela della persona, Bioetica e garanzie
costituzionali, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, pag 196.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
12
questo istituto giuridico, tutte probabilmente desumibili dalle stesse radici
che, intrecciandosi nel tempo, hanno favorito la complessità della quale oggi
siamo spettatori. I due modelli dominanti nel riconoscimento della
cittadinanza, sui quali nei paragrafi seguenti verrà fatto specifico
approfondimento, sono riconducibili, sostanzialmente, da un lato ad un
“rapporto verticale” tra l’individuo e l’autorità sovrana sul territorio e,
dall’altro, ad un “rapporto orizzontale” derivante dall’appartenenza degli
individui alla medesima comunità etnica.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
13
2. La cittadinanza come “appartenenza ad una comunità politica”
La radice etimologica del temine cittadinanza deriva dal latino civitas
(con il suo corrispondente civis), la quale presenta alcune analogie con il
greco πόλις (con il suo corrispondente πόλίτης); il significato riconducibile
ad ambedue i termini, seppure con particolari differenze
11
, è quello di
“appartenenza ad una comunità politica”, ad una comunità formata da
individui legati tra loro da una serie di requisiti sostanziali, dai quali
discendono prerogative e responsabilità
12
.
La partecipazione politica, in particolar modo nella πόλίτης greca
dell’età classica, costituisce il valore comune sul quale si costruiscono i
vincoli di appartenenza. L’essenza di questo principio organizzativo emerge
11
E.GROSSO, Le vie della cittadinanza, cit., pagg. 92-93 e pagg. 134-135, secondo
il quale dall’analisi della cittadinanza greca si desume una duplice impressione: “Da un lato
si denota una completa dissociazione tra godimento della cittadinanza e appartenenza etnica
alla πολις (quantomeno a livello di cittadini maschi). Ciò non significa naturalmente che
un sentimento di appartenenza comune non sia sentito dai Greci […]. Tuttavia tale
sentimento di appartenenza a un popolo non si trasforma mai in strutture giuridiche che ne
precisino il contenuto e che attribuiscano alla <<grecità>> un vero e proprio carattere
<<nazionale>>”. Dall’altro lato la cittadinanza “non è concepibile come un vero e proprio
status dell’individuo, in quanto non è chiaro ai Greci né il concetto di individuo separato
dalla sfera pubblica, né, conseguentemente, il concetto di Stato in senso moderno, fondato
sulla distinzione tra la società civile da un lato e il governo dall’altro. Non si rintraccia,
pertanto, in Grecia, una forma di cittadinanza basata sul legame verticale tra individuo e
autorità, che riconosca al singolo una serie di diritti in cambio di un certo numero di
doveri”. L’idea di cittadinanza nella civiltà romana “si basa sullo stretto rapporto tra
l’individuo e l’autorità che prevale, almeno a partire dall’ultima fase della repubblica,
rispetto all’elemento dell’identità politica collettiva di una comunità di uguali. La civitas
crea un rapporto di tipo verticale fondato su uno status”, non ancora elaborato nella civiltà
greca, “più che una relazione orizzontale legata al reciproco riconoscimento di una
soggettività politica”. La cittadinanza romana più antica sembra fondata sull’isonomia,
similmente a quella caratterizzata dall’esperienza giuridica della Grecia classica, cioè
basata su un concetto eminentemente politico. Tuttavia, la storia giuridica romana si
differenzia in parte in quanto imperniata sul concetto di capacità giuridica, che si
acquisisce appunto con il possesso di un particolare status civitatis. Quest’ultimo può
essere definito come una speciale posizione giuridica in capo alla persona, acquisita
indipendentemente dal suo interesse o dalla sua volontà, che la fa diventare soggetto di
diritto, invece negato, salvo casi particolari, agli altri individui. Pertanto, rispetto alla
cittadinanza di origine greca, “sebbene dal possesso della cittadinanza romana derivino
anche importanti conseguenze sul piano dei diritti politici e di partecipazione”,sembra che
la ratio della civitas “sia quella di separare i cives da tutti gli altri individui in relazione alla
soggezione all’ordinamento giuridico romano”.
12
M. WALZER, Citizenship, in Democrazia e diritto, 1998, 2-3, pag. 43.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
14
molto chiaramente in una definizione aristotelica del cittadino, identificato
in colui che “non è tale in quanto abiti in un certo luogo”, ma “in senso
assoluto, senza alcuna imperfezione […] non è definito da altro che dalla
partecipazione alle funzioni di giudice e alle cariche”
13
. Da questa radice si
sviluppano tutte le teorie della cittadinanza come fattore di appartenenza
“orizzontale”, di identificazione e integrazione in una comunità.
Nel diritto romano la nozione di cittadinanza risulta complessa e
mutevole, tuttavia in tutto il periodo storico, dapprima con la civitas
Romana e successivamente con lo jus civitatis, caratterizza la condizione di
coloro che effettivamente partecipano alla comunità politica che esprimeva
l’ordine giuridico
14
.
Pertanto, l’idea di cittadinanza basata sulla partecipazione
dell’individuo alla vita della comunità cui appartiene, che trae le sue origini
fin dai tempi remoti della πoλιτεία greca, nonché quella basata sulla
nozione di civitas, costituisce il nucleo da cui si sviluppa l’idea moderna di
cittadinanza come “comunità politica”, maturata essenzialmente ad opera
dei Philosophes nel corso del XVIII secolo.
Sarà la Rivoluzione francese a sviluppare concretamente tale idea,
cercando di contrapporre la nazione e la cittadinanza al vecchio ordine
sociale dell’Anciénne Régime, fondato sui ceti e sulla sudditanza, con
l’obiettivo di instaurare una nuova identità collettiva costruita da tutti i
cittadini, in quanto partecipi di comuni valori di libertà, uguaglianza e
fratellanza. L’ideologia rivoluzionaria intende affermare l’universalità di
questi principi, attraverso il superamento delle frontiere nazionali,
istituzionalizzando i fondamentali diritti politici, riconosciuti
indistintamente a tutti gli uomini
15
. Durante la fase giacobina della
Rivoluzione francese, l’idea di cittadinanza come virtù collettiva gode della
13
ARISTOTELE, Politica, III, 1275a, 5 - 20, pag. 71 e segg.
14
G. CORDINI, Elementi per una teoria giuridica della cittadinanza, Milano,
Cedam, 1998, pag. 58.
15
G. CORDINI, Elementi per una teoria giuridica, cit., pag. 99.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
15
sua massima espansione, viene esaltata fino a divenire diritto
potenzialmente estendibile a tutta l’umanità, in un corps politique che è per
definizione una comunità di uguali. Tuttavia la cittadinanza rivoluzionaria è
essenzialmente appartenenza alla nazione sovrana; la qualità di membro
della comunità politica “nazione” è l’elemento che ormai tende a definire
l’identità politico-giuridica del cittadino. È l’appartenenza la base da cui
dipendono gli altri due parametri della cittadinanza: i diritti del soggetto e il
principio di eguaglianza, i primi ponendosi come il contenuto necessario
della Costituzione, il secondo ponendosi come elemento coagulante fra i
soggetti, i diritti e l’appartenenza
16
.
Sebbene i primi Philosophes avessero proposto un’idea di
cittadinanza universale, astratta, potenzialmente estendibile a tutti gli
individui, indipendente dall’appartenenza di ceto o da altre qualità personali,
quella proposta dalla Rivoluzione francese è in realtà una nozione carica di
una forte connotazione ideologica, che non si fonda tanto sul piano giuridico
quanto piuttosto su quello politico
17
. La cittadinanza giacobina non dipende
infatti da una qualificazione formale dettata dal diritto, ma dal possesso di
virtù di ordine morale e, soprattutto, dall’attitudine e dalla cosciente e
propositiva capacità in campo politico, che attribuisce all’uomo non solo il
diritto, ma anche di dovere di fare parte della comunità.
In questo quadro, in cui si afferma una visione più generalizzata ed
individualistica della società, viene a crearsi lo status del “cittadino”, che
costituisce l’unico legame diretto tra individuo e Stato, contrapponendosi
così alla passata e superata figura del “suddito”. Dall’appartenenza del
singolo alle vicende relative all’organizzazione politica e sociale dello Stato
vengono successivamente riconosciuti, per conseguenza, oltre ai diritti civili
16
P. COSTA, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa 2. L’età delle rivoluzioni,
Laterza, Roma, 2000, pag. 68.
17
E.GROSSO, Le vie della cittadinanza, cit., pag. 20 e segg.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
16
propri dell’individuo, anche quei diritti politici che favoriscono la
partecipazione dei singoli all’esercizio della sovranità
18
.
3. La cittadinanza come “appartenenza allo Stato”
Sotto questa prospettiva la cittadinanza rappresenta uno status
giuridico riconosciuto dal diritto interno a chi è considerato dalla legge
nazionale “appartenente allo Stato”. Il rapporto cittadino-Stato parte,
pertanto, dall’idea che il primo sia non custode, ma soggetto alla sovranità
del secondo. L’appartenenza statale e, ancora più precisamente, la
“soggezione permanente della persona allo Stato” costituisce l’estremo
necessario indefettibile della cittadinanza e i singoli diritti e doveri
rappresentano solamente “puntualizzazioni contingenti di un più vasto stato
giuridico”
19
.
Elemento essenziale della cittadinanza così intesa è la stabile
sottoposizione del cittadino all’autorità dello Stato. La facoltà riservata al
potere statale di qualificare determinati individui come propri cittadini
rappresenta una forma di esercizio della sovranità, limitata alla sola
condizione che non costituisca invasione della sfera di sovranità
appartenente agli altri Stati
20
. Tale concetto, tuttavia, non deve essere
confuso con la “sudditanza”, che esprime il solo aspetto passivo di
soggezione verso lo Stato, in quanto a differenza di quest’ultima contempla
in sé la presenza di posizioni giuridiche attive.
La nozione di “appartenenza allo Stato”, come riferita dalla dottrina
tradizionale dei diritti pubblici soggettivi, scaturisce dalla logica per la quale
“in forza della concessione di pretese giuridiche verso lo Stato, il fatto di
18
V. LIPPOLIS, La Cittadinanza Europea, cit., pag. 26 e segg.
19
G. BISCOTTINI, Cittadinanza, in Enc. Dir., Milano, Giuffrè, 1960, VII, pag. 140.
20
E. GROSSO, Le vie della cittadinanza, Milano, cit., pag. 9.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
17
essere membro dello Stato si trasforma da un rapporto di pura dipendenza in
un rapporto avente doppio carattere, in una condizione giuridica, cioè, che
nello stesso tempo attribuisce facoltà ed impone doveri. Questa condizione è
quella che viene designata come appartenenza allo Stato
(Staatsangehörigkeit), come diritto di cittadinanza, come nationalité”
21
.
Così intesa la cittadinanza sembra strettamente connessa a concetti quali
“Stato” e “sovranità”; risulta comprensibile, pertanto, che essa sia stata
scoperta come oggetto di legislazione dettagliata all’inizio del XIX Secolo,
epoca in cui trionfò lo Stato nazionale
22
. Con l’approdo al modello di Stato
liberal-democratico ottocentesco, il concetto di cittadinanza si carica di
sfumature legate all’etnia, alla cultura, alle tradizioni; essere cittadino
significa, quindi, riconoscersi come appartenente idealmente ad una
comunità politica che si fonda su precisi valori storico-culturali.
La stretta connessione tra cittadinanza e nazionalità, in effetti, non
evocano lo stesso concetto bensì un rapporto di interrelazione tra i due
termini: la nazionalità è costituita dal legame giuridico che lega l’individuo
ed uno Stato e non sta ad indicare l’origine etnica del primo
23
; il cittadino
concretizza la propria nazionalità col possesso della cittadinanza, costituita
dal complesso di diritti e doveri che fanno di una persona un vero cittadino.
La cittadinanza vista da questa prospettiva di rapporto “verticale” tra
individuo e Stato risulta essere eminentemente una nozione di diritto
positivo, in cui rispetto allo Stato stesso vengono identificate due categorie
di soggetti: i cittadini e gli stranieri. È la legge che in funzione delle
esigenze storiche del momento stabilisce i requisiti e le regole per
determinarne l’acquisto
24
.
21
G. JELLINEK, Sistema dei diritti pubblici subiettivi, traduzione italiana a cura di
G. Vitagliano, Milano, S.E.L., 1912, pag. 127 e segg.
22
Fu il Codice civile francese del 1804 che per la prima volta dettò le regole per
l’acquisto, il possesso, la perdita e il riacquisto della cittadinanza; tutti i codici civili
dell’Ottocento si basarono su tale modello.
23
Corte Internazionale di Giustizia, Liechtenstein vs. Germania (caso Nottebohn,)
Seconda fase, 6 aprile 1955, in ICJ REPORTS 15, 1955, pag. 23.
24
E. GROSSO, Le vie della cittadinanza, Milano, cit., pag. 12.
Eterogeneità di forme e principi nel concetto di cittadinanza
18
L’identificazione tra cittadinanza e nazionalità, concettualizzata
nell’Ottocento, sembra un elemento che la società contemporanea abbia
conservato. Nonostante una vera e propria rivoluzione del concetto, in
particolare con l’estensione dei diritti politici, che ha condotto al suffragio
universale, si sono mantenuti entro i confini nazionali i limiti “naturali” per
il riconoscimento della cittadinanza giuridica. Ancora “oggi, in tutti i paesi
del mondo, si diventa cittadini dentro e attraverso una storia e una cultura
nazionali”
25
. Per altro verso, a livello europeo, si auspica che l’introduzione
della comune “Carta fondamentale” produca in tema di cittadinanza il
superamento di questa secolare impostazione identificativa. Invero, il
dibattito tutt’ora in corso alla luce, sia dell’approvazione della Carta, che
allo stato attuale non ha pieno valore giuridico, sia della futura Costituzione
europea, sottoscritta a Roma il 29 ottobre 2004, ma ancora priva di valore
giuridico, ha evidenziato la difficoltà che le singole realtà vivono nel
compenetrarsi e nel superamento delle proprie ataviche specificità.
25
GE. RUSCONI, Se cessiamo di essere una nazione, Bologna, Il Mulino, 1993,
pag. 129.