11
che fu il primo modello di estensione di alcuni diritti: attraverso
la giurisprudenza del pretore anche i diritti degli stranieri
ricevettero tutela. Questa magistratura si affiancava ai giudici ed
ai magistrati che assicuravano la garanzia e la protezione dello
ius civile solo ai cittadini.
L’estensione dei diritti si consolidò con il progressivo
riconoscimento della cittadinanza romana dapprima agli abitanti
del Lazio e, poi, agli altri popoli italici. Finalmente con la
Constitutio Antoniniana (212 d.C.) dell’imperatore Caracalla, la
cittadinanza fu estesa a tutti gli abitanti dell’impero romano, che
non fossero in condizione di schiavitù. Insieme a questo
ampliamento, però, la cittadinanza romana, intesa come
partecipazione alla res publica e titolarità di situazioni giuridiche
attive, perse di significato e sostanza. Infatti, in quest’epoca si
consolidò il passaggio da un concetto di cittadinanza a quello di
sudditanza come situazione passiva di soggezione stabile e
permanente al potere del sovrano. Il soggetto non era più
considerato dall’ordinamento giuridico come il titolare dei diritti
che gli derivavano dall’essere cittadino, ma come l’oggetto del
potere sovrano ed il destinatario di doveri impostigli dal sovrano
stesso
3
. Il concetto classico di cittadinanza si perse, tanto che i
termini suddito e cittadino vennero per la prima volta considerati
come sinonimi.
3
Vedi l’introduzione a cura di D. Zolo a J.M. Barbalet, Cittadinanza. Diritti, conflitto e
disuguaglianza sociale, Vicenza, Liviana, 1992, p. 3.
12
Nel periodo che va dalla fine del Medioevo (1492) alla
Rivoluzione francese (1789), il concetto che esprimeva il legame
fra individuo e Stato restò, piuttosto che quello di cittadinanza,
quello di sudditanza che trovava legittimazione nel concetto di
Stato assoluto, in cui lo Stato era inteso come patrimonio del
sovrano, come una res sua della quale questi poteva godere e
disporre a proprio piacimento. Vigeva una concezione
personalistica dello Stato in cui tutti gli individui presenti nel
territorio del monarca erano concepiti unicamente come oggetti
del potere sovrano cui dovevano obbedienza
4
.
Solo con la Rivoluzione francese il concetto di
cittadinanza riacquistò il senso della partecipazione del soggetto
alla vita politica della comunità. Questa nuova evoluzione fu il
prodotto delle lotte politiche condotte dalla borghesia per
ottenere l’attribuzione dei diritti politici e fu sostenuta dalle
teorie elaborate dai giusnaturalisti che consolidarono la tendenza
a riconoscere la titolarità dei diritti civili all’individuo in quanto
tale
5
. Questi diritti erano considerati come diritti innati ed
inalienabili della persona, non più concessi dal potere sovrano,
4
Re e sudditi si ritenevano legati da un vincolo contrattuale che poteva
essere tacito o espresso (vedi L. Paladin, Diritto costituzionale, Padova,
CEDAM, p. 36 e ss., e F. Ruffini, Diritti di libertà, a cura di P.
Calamandrei, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1946, p. 25 e ss).
5
Tale riconoscimento viene sancito per la prima volta nella Dichiarazione
dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, dove si affermava
l’uguaglianza di tutti nelle libertà. “La libertà consiste nel poter fare ciò che
non nuoce agli altri” (art. 4).
13
ma appartenenti, per diritto naturale, all’uomo in quanto tale e
come cittadino, cioè a colui che era membro della comunità
nazionale
6
.
Il riconoscimento dei diritti politici ai cittadini portò
all’esigenza di indicare i requisiti per l’attribuzione della
cittadinanza. Da qui la necessità di una codificazione di norme
sulla cittadinanza che trovarono posto dapprima nelle
Costituzioni
7
, poi nei codici civili dell’800 ed, infine, in leggi
speciali. Lo scopo era quello di determinare i criteri per
l’acquisto e per la perdita della cittadinanza medesima, oltre che
definire la sfera delle attribuzioni proprie del cittadino, ovvero i
diritti ed i doveri derivanti da quella condizione. Ne risultava
configurata, per converso, anche la posizione dello straniero, che
veniva solitamente escluso dal godimento di alcuni diritti e al
quale venivano imposti particolari obblighi.
6
Vedi D. Zolo, cit., p. 5.
7
La Dichiarazione del 1789 passò integralmente nella Costituzione francese
del 1791 e le sue parti essenziali si riscontrano in tutte le Costituzioni
successive di quel Paese che servì da modello per le altre Costituzioni
europee, come quella belga del 1831. In particolare, lo Statuto Albertino del
1848 presentava un’elencazione dei diritti e doveri del cittadino tra le più
succinte, ad esempio mancava il riconoscimento della libertà di
associazione. Vedi F. Ruffini, Diritti di libertà, cit.
14
2. Il rapporto giuridico di cittadinanza
La nozione tecnico-giuridica di cittadinanza esprime
l’appartenenza di un individuo ad una comunità statale
8
, ovvero il
rapporto giuridico esistente tra uno Stato ed il soggetto. Il
contenuto di tale rapporto varia nei singoli ordinamenti giuridici
e nei diversi momenti storici che costituiscono, perciò, i
principali punti di riferimento per una complessiva conoscenza
della materia
9
.
Gli ordinamenti giuridici considerano la cittadinanza
come presupposto per la titolarità di situazioni giuridiche sia
attive che passive. Quando diverse situazioni giuridiche
soggettive, di cui è titolare una persona, vengono considerate dal
diritto nel loro insieme si parla di status. Si tratta di un concetto
che sottolinea la relazione esistente tra una persona ed un gruppo
sociale e comprende l’insieme delle prerogative -diritti e doveri-
8
Vedi P. Rescigno, Status, in Enciclopedia giuridica, Vol. XXX, Roma,
1988.
9
Le norme sono per lo più contenute nelle Costituzioni per quanto riguarda
i diritti politici, di asilo, ecc. (cioè i diritti che rivestono un notevole
interesse pubblico) e nei codici civili per quanto riguarda i diritti civili.
Numerosi Stati hanno considerato la materia oggetto di legislazione
autonoma, come nel caso della legge italiana n. 555 del 1912, oggi abrogata
dalla legge n. 91 del 1992. Vedi R. Quadri, Cittadinanza, in Novissimo
Digesto Italiano, Vol. III, Torino, UTET, 1959, p. 316.
15
che ne derivano
10
. La cittadinanza rappresenta una complessa
posizione giuridica cui fa capo una vasta serie di diritti e doveri
che possono essere fatti valere erga omnes
11
, vale a dire sia nei
confronti degli altri soggetti sia nei confronti dello Stato stesso
12
.
Si tratta di una relazione giuridica personale e duratura che
connota una posizione complessa di prerogative e doveri e che
qualifica la vita dell’individuo e le vicende molteplici della sua
attività e della sua vita
13
.
Il fondamento giuridico della cittadinanza è sempre un
atto “positivo”, ovvero un atto formale dello Stato con il quale ad
una persona viene, a certe condizioni, riconosciuto lo status
civitatis.
10
Vedi V. Colussi e P. Zatti, Lineamenti di diritto privato, Padova,
CEDAM, 1989, p. 52 e s. Nel campo degli status personali e familiari
l’accertamento di queste situazioni giuridiche e la possibilità di farle valere
in giudizio sono legati al sistema degli atti di stato civile e dei registri che
assicurano la certezza e la conoscibilità dei fatti più rilevanti per la
condizione giuridica della persona, come la nascita, la morte, il matrimonio,
la cittadinanza, ecc.
11
Vedi A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Padova, CEDAM, 1991, p.
50. Un diritto assoluto o erga omnes è quello che impone, con un generico
obbligo negativo, di non turbare e violare il diritto stesso; “così che in
astratto l’azione corrispondente è proponibile contro tutti (concretamente,
solo contro l’offensore)”.
12
Vedi L. Paladin, Diritto costituzionale, cit., p. 107 e ss.
13
Vedi P. Rescigno, Status, cit.
16
3. Modi di acquisto della cittadinanza
I criteri con i quali lo Stato stabilisce le modalità di
acquisto, di perdita e dell’eventuale riacquisto della cittadinanza
(c.d. domestic jurisdiction) possono essere diversi da
ordinamento ad ordinamento: la fissazione di tali criteri da parte
degli Stati è libera. Tali criteri possono operare automaticamente,
al verificarsi di determinate condizioni; in altri casi, la legge fissa
soltanto i presupposti per l’attribuzione della cittadinanza,
lasciando un margine di discrezionalità all’Amministrazione per
la valutazione di merito
14
sull’effettiva configurabilità di tali
presupposti nei singoli casi.
I criteri che operano automaticamente, solitamente, sono
così individuati:
1) jus sanguinis;
14
Vedi C. Romanelli Grimaldi, Cittadinanza, in Enciclopedia giuridica,
Vol. III, Roma, 1988, e R. Quadri., Cittadinanza, cit., per quanto riguarda la
critica alla distinzione tra modi di acquisto originari o per nascita e derivati
(cittadinanza di acquisto). Nel primo caso, Quadri afferma che la nascita è
solo un presupposto del modo di acquisto. Sono le situazioni che
accompagnano la nascita ovvero i requisiti stabiliti dallo Stato per l’acquisto
della cittadinanza (come, ad esempio, il fatto di nascere nel territorio dello
Stato che utilizza il criterio dello jus soli) e non la nascita come tale a venire
in rilievo. Ciò che rileva non è “il tempo (iniziale o successivo rispetto
all’esistenza) dell’acquisto, ma la ragione o il titolo dell’acquisto”. In base a
ciò, Quadri ritiene che sia “più conveniente distribuire la materia con
riferimento alle circostanze o situazioni, giuridiche o di fatto, alle quali si
connette la qualifica di cittadino” ed il relativo status. Egli critica il c.d.
acquisto per fatto volontario del soggetto o dello Stato, perché la volontà
dell’individuo non è sufficiente a produrre l’acquisto della cittadinanza e
perché la volontà dello Stato è il fondamento di tutti i modi di acquisto.
17
2) jus soli;
3) iuris communicatio;
4) beneficio di legge.
In base al primo, detto anche di discendenza o filiazione,
è cittadino colui che nasce da padre o madre cittadini, anche
nell’ipotesi in cui il riconoscimento avvenga dopo la nascita. Il
criterio comprende, di solito, sia la filiazione legittima che quella
naturale. La nuova legge italiana n.91/92, Nuove norme sulla
cittadinanza, utilizza principalmente il criterio dello jus
sanguinis affermando, all’art.1, lett. a, che “è cittadino per
nascita il figlio di padre o di madre cittadini”. L’art.2, par.1, della
stessa legge sottolinea che “il riconoscimento o la dichiarazione
giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio ne
determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge”.
Il secondo indica che la cittadinanza è attribuita a colui
che nasce nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla
cittadinanza dei genitori. In particolare, l’art.1, lett. b, della legge
91/92 afferma che è considerato cittadino italiano sulla base di
questo principio “chi è nato nel territorio della Repubblica se
entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non
segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al
quale questi appartengono”; ed il secondo comma aggiunge che è
considerato cittadino “il figlio di ignoti trovato nel territorio della
Repubblica, se non venga provato il possesso di altra
cittadinanza”. Tale criterio completa quello dello jus sanguinis e
18
consente di evitare situazioni di apolidia, come, per esempio, nel
caso di persona nata nel territorio dello Stato di genitori ignoti.
La iuris communicatio consiste nella trasmissione della
cittadinanza da un membro della famiglia ad un altro, ad
esempio, per matrimonio o adozione. L’attribuzione della
cittadinanza avviene ope legis, quindi indipendentemente dalla
volontà degli interessati, per esigenze di ordine pubblico e per la
necessità di mantenere un’unità di cittadinanza in seno alla
famiglia.
Il beneficio di legge prevede l’attribuzione tipica ed
automatica
15
della cittadinanza ad alcune categorie di persone
straniere che abbiano un preciso legame con lo Stato nel quale
vivono ed operano, creando con questo dei rapporti che
affievoliscono il legame con lo Stato d’origine. Le situazioni alle
quali si fa, normalmente, riferimento sono la residenza nel
territorio per un certo periodo, l’assunzione di un impiego
pubblico o il fatto di aver prestato il servizio militare. Occorre,
però, che il soggetto privilegiato vi consenta, accettando
espressamente il beneficio.
La naturalizzazione è criterio la cui applicazione
comporta una valutazione discrezionale dell’Amministrazione. Si
intende per naturalizzazione l’attribuzione della cittadinanza
15
In Italia l’acquisto è automatico nel senso la legge conferisce a chi
possiede i requisiti stabiliti un diritto soggettivo alla cittadinanza azionabile
di fronte ai tribunali italiani. Vedi T. Ballarino, Diritto internazionale
privato, Padova, CEDAM, 1982, p. 526 e ss.
19
mediante un atto ad hoc, avente natura di concessione, da parte
dello Stato, previa richiesta del soggetto medesimo. Lo Stato
valuta discrezionalmente l’opportunità del relativo conferimento
sulla base di requisiti oggettivi, ma senza la necessità di
dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico specifico al
riconoscimento della cittadinanza
16
.
Spesso gli Stati adottano più criteri per determinare i casi
di acquisto della cittadinanza (l’Italia, ad esempio) e ve ne sono
anche di quelli che effettuano una scelta più selettiva,
privilegiando l’uno o l’altro criterio, solitamente per ragioni
storiche o di diversa esperienza giuridica. Ad esempio, lo jus soli
è criterio privilegiato ai fini dell’attribuzione della cittadinanza in
molti Stati latino-americani, come il Brasile ed il Messico e in
tutti quegli Stati che perseguono una politica dell’immigrazione
mirata ad integrare la seconda e terza generazione di immigrati
stranieri.
16
Il Consiglio di Stato, in un suo parere, ha affermato che la sussistenza di
un tale interesse da parte dello Stato italiano è necessaria quando non
ricorrono le condizioni previste dalla legge o in casi eccezionali e per
speciali circostanze.
20
4. Le cause di perdita della cittadinanza
Per quanto riguarda la perdita della cittadinanza i criteri
sono più diversificati e non tutti codificati. Si può, comunque,
parlare di:
1) perdita per effetto della volontà del soggetto;
2) perdita per intervento dell’autorità
17
.
Per quanto riguarda il primo caso, l’esempio tipico è dato
dalla perdita per effetto dell’acquisto volontario di una
cittadinanza straniera. Per lo più, l’acquisto deve essere
spontaneo ed accompagnarsi ad una rinuncia espressa alla
cittadinanza dello Stato d’origine. Si può, in generale, affermare
che la ratio per lo più perseguita dagli Stati è quella di evitare le
condizioni di doppia cittadinanza del soggetto
18
.
Per quanto concerne la perdita della cittadinanza il caso
tipico è la revoca di quello status da parte dello Stato, quando il
17
Vedi S. Bariatti, Cittadinanza, in Enciclopedia Giuridica, Vol. VI, Roma,
1988.
18
L’ordinamento giuridico italiano non riconosce alla sola volontà
individuale l’attitudine a determinare la perdita della cittadinanza. Tale
effetto può essere ascritto solo alla legge ed il potere dei soggetti si
esaurisce nel creare i presupposti di fatto affinché questa trovi applicazione,
come, ad esempio, l’accompagnare la dichiarazione di rinuncia della
cittadinanza italiana ad una determinata documentazione (vedi art. 8, co. 3,
decreto n. 572/93, Regolamento di esecuzione della legge n. 91/92 recante
nuove norme sulla cittadinanza). Vedi T. Ballarino, Diritto internazionale
privato, cit., p. 533.
21
cittadino non abbia adempiuto ai suoi doveri
19
o abbia commesso
gravi atti contro l’interesse dello Stato o, ancora, abbia ottenuto
la cittadinanza con mezzi fraudolenti
20
. In particolare, l’art.12
21
della nuova legge italiana sulla cittadinanza n. 91/92 prevede la
perdita della cittadinanza italiana per decisione del Governo, a
titolo sanzionatorio, per il cittadino che abbia accettato un
impiego o una carica pubblica da uno Stato straniero o da un ente
internazionale a cui l’Italia non partecipi o nel caso in cui abbia
prestato servizio militare per uno Stato straniero.
19
Si tratta del dovere di fedeltà e di lealtà (art. 54 Cost. italiana cui, tra
l’altro, si ispira l’art. 12 della legge 91/92, come dirà più avanti nel testo).
20
E’ il caso delle c.d. frodi matrimoniali, come avviene in Francia.
21
L’art. 12, par. 1, della legge 91/92 afferma: “Il cittadino italiano perde la
cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica
pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui
non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato
estero, non ottempera, nel termine fissato, all’intimazione che il Governo
italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio
militare”.
22
5. Il riacquisto della cittadinanza
In ordine alla possibilità per l’ex-cittadino di riacquistare
la cittadinanza, i criteri variano da Stato a Stato. In alcuni Paesi
(Belgio e Norvegia, ad esempio) il riacquisto, che è consentito
solo a chi era cittadino per nascita, avviene con una semplice
dichiarazione; in altri è aperto a tutti gli ex-cittadini dopo un
certo periodo di residenza
22
o facilitato per determinate categorie
di ex-cittadini. Si tratta, solitamente, del caso di chi abbia perso
la cittadinanza in età minore in seguito all’acquisto di quella dei
genitori e di quello dell’ex-cittadina che abbia perso la
cittadinanza in seguito a matrimonio
23
.
22
In alcuni Stati, ad esempio la Grecia, sono esclusi dal riacquisto coloro
che hanno perso la cittadinanza in maniera autoritativa. Vedi S. Bariatti,
Cittadinanza, cit.
23
La moglie deve, naturalmente, appartenere ad uno Stato che prevede la
perdita della cittadinanza da parte della propria cittadina che si sposa con
uno straniero, acquistando la cittadinanza del marito.
23
6. Cittadinanza e statuto personale nel diritto internazionale privato
La funzione principale del diritto internazionale privato
consiste nell’indicare quali norme debbano essere applicate ai
rapporti giuridici, soprattutto personali e di famiglia, quando
sono presenti, rispetto ad un certo Stato, degli elementi di
estraneità (ad esempio, il regime giuridico applicabile ad un
contratto concluso all’estero da un cittadino italiano con uno
straniero). Tale funzione viene esplicata attraverso il c.d. criterio
di collegamento che permette, appunto, di scegliere
l’ordinamento giuridico competente a disciplinare il rapporto
giuridico preso in considerazione. Il criterio di collegamento
consiste in una circostanza relativa ai soggetti del rapporto
giuridico o al rapporto giuridico stesso, ad esempio la
cittadinanza, la residenza o il luogo di compimento dell’atto
giuridico.
La cittadinanza è anche, per molti ordinamenti, il criterio
di collegamento utilizzato dalle norme di diritto internazionale
privato per definire lo statuto personale: in altri termini, al
cittadinanza (nazionalità) è l’elemento che permette di
individuare il sistema giuridico da cui si desume la disciplina di
una vasta serie di questioni che riguardano la persona
24
. Lo
“statuto personale” comprende l’insieme delle situazioni
personali che caratterizzano la condizione giuridica
24
dell’individuo. Nello “statuto personale” rientra, quindi, in primo
luogo, il concetto di capacità giuridica, che è l’attitudine ad
essere titolari di diritti e doveri, ovvero di rapporti giuridici.
L’art.1 c.c. italiano stabilisce che “la capacità giuridica si
acquista con la nascita”
25
, mentre la perdita è causata dalla morte
del soggetto. Infatti, con la morte si estingue la personalità
giuridica del defunto, al quale non potrà più essere imputato
nessun diritto od obbligo
26
.
Diversa dalla capacità giuridica è la capacità d’agire che è
l’attitudine a compiere validamente atti giuridici che producano
effetti sul proprio patrimonio attraverso la creazione, la
modificazione e l’estinzione di rapporti giuridici. E’ sempre la
legge nazionale della persona a determinare le condizioni di
acquisto della capacità d’agire (l’art.2 c.c. italiano parla di
maggiore età). Per evitare che le diversità legislative tra i vari
Stati continuassero a causare conflitti di leggi, il Consiglio
d’Europa ha raccomandato ai Paesi membri di diffondere
l’utilizzo del termine del diciottesimo anno per il raggiungimento
della maggiore età. Cosa che il nostro ordinamento giuridico ha
fatto con la legge n. 39/75
27
.
24
Vedi T. Ballarino, Diritto internazionale privato, cit., p. 550 e ss.
25
La giurisprudenza ritiene che la prova della nascita debba coincidere con
la prova dell’autonoma respirazione.
26
Vedi V. Colussi e P. Zatti, Istituzioni, cit., p. 118 e ss., e P. Barile, Diritti
dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna, Il Mulino, 1984.
27
Vedi T. Ballarino, Diritto internazionale privato, cit., p. 68 e ss.