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Capitolo I - La libera circolazione delle persone nell’Unione Europea
1. Evoluzione del diritto di libera circolazione e soggiorno
La libera circolazione delle persone, insieme a quella di merci, servizi e capitali è
una della quattro libertà fondamentali garantite dall’ordinamento giuridico dell’Unione
Europea. Il diritto e il concetto di libera circolazione e soggiorno delle persone
nell’Unione Europea è evoluto nel tempo, sia per i cittadini europei sia, seppur in maniera
più limitata, per i cittadini di paesi Terzi.
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Possiamo definire l’Unione Europea come il prodotto finale di una lunga
evoluzione, iniziata a Parigi il 18 aprile 1951 con la firma del trattato della Comunità
europea del carbone e dell’acciaio, denominata CECA, che riunisce Francia, Germania,
Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi nell’obiettivo della creazione di un mercato
comune caratterizzato dal libero accesso ai fattori di produzione e dalla libera circolazione
degli operatori economici. L’art. 2 di tale Trattato indica quale obiettivo della CECA
quello di contribuire, attraverso il mercato comune del carbone e dell’acciaio,
all’espansione economica, all’incremento dell’occupazione e al miglioramento del tenore
di vita.
Nel 1957 viene fondata la Comunità economica europea, in un’ottica strettamente
economica, infatti, veniva concesso il diritto di libera circolazione e di soggiorno ai
lavoratori autonomi e subordinati all’interno dei Paesi membri e non in qualità di
“cittadini” dell’Unione Europea ma in quanto persone economicamente attive. Come
stabilito dall’art. 3 lettera c) del Trattato istitutivo di tale Comunità originaria (TCEE),
esso si propone di realizzare un mercato comune caratterizzato dall’eliminazione, fra gli
Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi
e dei capitali.
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Il diritto di libera circolazione delle persone, in questa ottica, svolge un ruolo
fondamentale per la realizzazione dell’obiettivo primario, cioè un mercato interno, dove
i lavoratori sono strettamente funzionali esso. Le disposizioni del Trattato della Comunità
economica europea si preoccupano solo dei cittadini degli Stati membri c.d.
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B. NASCIBENE, F. ROSSI DEL POZZO, Diritti di cittadinanza e libertà di circolazione nell’Unione Europea,
Milano, 2012, pp. 78-81.
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art. 3 lettera c) del TCEE
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“economicamente attivi” per assicurare loro l’ingresso e il soggiorno in un altro Stato
membro al fine di prestare, senza subire discriminazioni, la propria attività come
lavoratori subordinati o autonomi.
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La realizzazione di una libera circolazione tra i Paesi membri, senza la condizione
dell’esercitazione di un’attività lavorativa, è un progetto che richiederà molti decenni per
la sua completa realizzazione.
Verso la fine degli anni ’60 viene sentito il bisogno di estendere la libera
circolazione non soltanto a colore che erano economicamente attivi, ma anche agli affetti
familiari dei cittadini che si spostavano per svolgere un’attività lavorativa. Le due
questioni, lavoro e famiglia, erano infatti strettamente collegate; non si poteva garantire
un reale diritto di libera circolazione ai lavoratori senza garantire anche un diritto all’unità
della famiglia. Così, con il regolamento n. 1612/1968 diventato successivamente il
regolamento n. 492/2011 si prevede il diritto di circolazione ai lavoratori e ai loro
familiari. In particolare, all’art. 10 del regolamento, si afferma il diritto di alcuni familiari
(segnatamente, il coniuge, i discendenti minori di anni 21 o a carico, gli ascendenti del
lavoratore o del coniuge a suo carico) ad accompagnare e raggiungere il lavoratore nello
Stato membro ospitante e a stabilirsi con esso, “qualunque sia la loro cittadinanza”,
ricomprendendo quindi, anche i familiari aventi la cittadinanza di uno Stato al di fuori
dell’Unione Europea.
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Inoltre, al par. 2 del medesimo articolo, vengono invitati gli stati
membri a favorire l’ammissione di ogni altro membro della famiglia che non sia stato
ricompreso espressamente, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, sotto il tetto
del lavoratore comunitario. Ai familiari che esercitano il loro diritto di entrata e
stabilimento, viene conferito anche il diritto di accedere a qualsiasi attività subordinata in
tale Stato. Inoltre, con questo regolamento si cerca di integrare nel tessuto sociale del
Paese membro ospitante il lavoratore e la sua famiglia, prevedendo un trattamento in
materia di impiego e lavoro analogo a quello dei lavoratori nazionali, il godimento degli
stessi diritti per quanto riguarda l’alloggio, anche se la famiglia era rimasta nel paese di
provenienza, l’accesso ai corsi di istruzione per i figli, sussidi sociali e così via.
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R. ADAM, A. TIZZANO, Manuale di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2017, p. 480 ss.
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S. BARIATTI, C. RICCI, L. TOMASI, La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano,
2007, pp. 4-10.
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Nel 1986 con l’adozione dell’Atto Unico Europeo, il diritto alla libera
circolazione assume un significato diverso: ormai non era più un diritto concepito per il
lavoratore, ma era un diritto concepito per il singolo, un diritto soggettivo
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.
Negli anni ’90 grazie ai vari interventi normativi e della Corte di giustizia
dell’Unione europea viene ampliata la cerchia dei soggetti beneficiari della libertà di
circolazione e soggiorno. In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha
riconosciuto un diritto di accesso e soggiorno anche a quella categoria di persone che
attraversavano i confini per motivi di turismo, indipendentemente se soggetti attivi
economicamente o meno, perché acquirenti di beni e servizi dei prestatori.
Con l’emanazione della direttiva n. 90/364/CEE del 28 giugno 1990
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, e di altre
due direttive, viene svincolato il suddetto diritto dallo svolgimento di una attività
lavorativa, ampliando la platea anche ai soggetti inattivi economicamente ma in grado di
dimostrare di avere risorse economiche sufficienti e di beneficiare di un’assicurazione
contro il rischio di malattia, compresi gli studenti, i pensionati e i titolari di rendite, nelle
medesime condizioni.
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La vera svolta per il diritto di libera circolazione e soggiorno avviene con la firma
del Trattato sull’Unione europea, firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht. Il primo
segnale, anche se solo simbolico, della volontà di cambiamento sul fronte della
connotazione economica del processo di integrazione è il passaggio dalla Comunità
economica europea alla Comunità europea, viene quindi, eliminata l’eccezione
“economica”, con l’intenzione di un allargamento della Comunità stessa, come si desume
dall’art. 1 del TUE: “il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione
di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese
nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini”.
In un’ottica di integrazione fra i popoli, con il suddetto trattato viene istituita la
“Cittadinanza dell’Unione” (articoli 17-22), che deriva direttamente dal possesso della
cittadinanza di uno Stato membro. Questa nuova cittadinanza è complementare a quella
nazionale, e quindi non sostitutiva, destinata ad ogni cittadino di ogni Stato membro
dell’Unione europea. Il possesso della cittadinanza europea deriva automaticamente dal
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F. PREITE, A. CAGNAZZO, Il riconoscimento degli status familiari acquisiti all’estero, Milano, 2017, pp.
135-139.
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Direttiva n. 90/364/CEE
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M. CONDINANZI, A.LANG, B. NASCIBENE, Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione delle persone,
Milano, 2006, pp. 118-125
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solo fatto di avere la cittadinanza di uno Stato membro, e si rimane possessori di
cittadinanza europea fino a quando si conserva quella nazionale.
La cittadinanza europea diventa uno status fondamentale di ogni cittadino
europeo, in tal modo si realizza un collegamento politico tra l’Unione e i cittadini dei
Paesi membri. Lo status di cittadino europeo porta con sé una serie di diritti enunciati nel
trattato, ma anche successivamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, redatta a Nizza nel 2000 e riconosciuta come documento giuridicamente
vincolante dal Trattato di Lisbona, come il fondamentale diritto alla libera circolazione
(art. 21 TFUE); il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo (art.
22 TFUE); il diritto di beneficiare sul territorio di uno Stato terzo della protezione
diplomatica (art. 23 TFUE); il diritto di petizione al Parlamento europeo e il diritto a
ricorrere al Mediatore europeo (art. 24 TFUE).
Il diritto di libera circolazione diventa un principio fondamentale, espresso
dall’art. 3 par. 2 TUE, il quale, stabilisce che: “l'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio
di liberta
̀ , sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera
circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli
alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta
contro quest'ultima”.
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Importante il collegamento con l’art. 21 TFUE, secondo il quale la cittadinanza
europea garantisce “ad ogni cittadino dell'Unione il diritto di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni
previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi”. Suddetto
principio deve essere letto in combinato disposto con l’art. 18 TFUE, il quale, esprime,
nel campo di applicazione dei trattati il divieto di ogni discriminazione, effettuata in base
alla nazionalità.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea
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con una interpretazione estensiva,
basandosi sull’art. 18 CE, afferma che se precedentemente, all’entrata in vigore del
Trattato sull’Unione europea, il diritto di libera circolazione era associato allo
svolgimento di una attività economica, come stabilito gli artt. 39, 43, 49 CE (diventati ora
gli artt. 45, 49, 56 TFUE) con l’introduzione dello status di cittadino europeo, si fonda un
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Art. 3 par. 2 TU
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Sentenza 17 settembre 2002, Baumbast, causa C-413/99
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diritto di libera circolazione destinato al singolo
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, e non più vincolato dall’esercizio di
un’attività lavorativa, sviando, così, a quella concezione iniziale profondamente
economica del diritto alla libera circolazione.
Il diritto alla libera circolazione e soggiorno ha avuto una enorme evoluzione
rispetto al passato e si è definito soprattutto grazie all’introduzione della cittadinanza
europea. Successivamente a questo quadro che si è venuto a creare, si è sentita la necessità
di poter attuare effettivamente tutti i principi sopra menzionati con norme chiare e precise
contenute in un unico strumento normativo.
Ciò avviene con l’emanazione della direttiva n. 38 del 2004 del Parlamento
europeo e del Consiglio, il 29 aprile 2004.
2. La direttiva 2004/38/CE
La direttiva 2004/38/CE
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relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei
loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
abroga le precedenti direttive
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in materia e si applica “a qualsiasi cittadino dell’Unione
che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello in cui ha la cittadinanza”
(art. 3, par. 1).
E’ stata attuata in Italia con il d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, entrato in vigore in
Italia ben oltre i termini, infatti, la direttiva doveva essere attuata entro il 30 aprile 2006,
ma, fu oggetto di particolari discussioni dal Parlamento sul diritto di ingresso e soggiorno
del partner non coniugato e sulle modifiche riguardanti l’immigrazione.
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Si pone come
obiettivo di raccogliere e disciplinare in un unico corpus legislativo tutte le situazioni di
soggiorno e circolazione riguardanti i lavoratori e le persone inattive economicamente.
All’art. 37 viene chiarito che “le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano
le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di diritto interno che siano più
favorevoli”.
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L. CARPANETO, F. PESCE, I. QUEIROLO, La famiglia in movimento nello spazio europeo di libertà e
giustizia, Giappichelli, Torino, 2019, p. 37-40.
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Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del consiglio del 29 aprile 2004.
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64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE
e 93/96/CEE
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A.LANG, B. NASCIBENE. L’attuazione in Italia della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei
cittadini dell’Unione Europea, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2007, 2, p. 47 ss