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chirurghi la grande sfida della resezione del retto (7). In questa
nuova indicazione, il successo della laparoscopia operativa
dipende da fattori molto diversi da quelli che entrano in gioco
nella chirurgia convenzionale. Essa, infatti, impone la necessità
di operare su quadranti addominali multipli e comporta una
serie di manovre laboriose e delicate, quali lo spostamento del
piccolo intestino dal campo operatorio, l’esposizione e la
dissezione di ampi piani tissutali, e la rimozione di un viscere,
sede di neoplasia maligna, il cui contenuto è anche altamente
settico (25). In questo approccio, inoltre, il campo operatorio è
necessariamente limitato e non consente la visualizzazione
contemporanea del focolaio chirurgico e dell’organo per intero,
oggetto della patologia; più di quanto accada per l’approccio
laparotomico, quindi, è richiesta al laparoscopista operatore
una particolare dimestichezza nel riconoscere alcuni punti di
repere anatomici che consentano un rapido e preciso
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orientamento spaziale e un altrettanto sicuro riconoscimento
delle strutture da sezionare. Se poi si aggiungono altre
condizioni, quali l’obesità, il campo operatorio può ridursi
ulteriormente, nonostante lo pneumoperitoneo (25).
Altri ostacoli possono ovviamente derivare dalla neoplasia
in sé, per la sua dimensione, la sua sede, la sua
estrinsecazione meso-viscerale e, infine, per la presenza di
pacchetti linfonodali patologici. Quest’ultimo aspetto è di
particolare importanza nelle neoplasie maligne del retto, ove
sono suggerite particolari adattamenti della tecnica chirurgica di
base (12, 13, 15, 26, 27).
Inoltre, gli interventi laparoscopici sono generalmente più
costosi, e possono accompagnarsi ad una serie di eventi
indesiderati e complicazioni, quali la lesione inavvertita di
organi (es. uretere), erniazioni e impianti neoplastici in
corrispondenza dei siti di accesso, complicazioni da
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pneumoperitoneo, resezione del segmento intestinale sbagliato,
errori per difetto di sensazione tattile ecc (23, 25).
A fronte di queste difficoltà, molte delle quali in realtà
controllabili, come verrà discusso in seguito, la chirurgia
laparoscopica presenta, rispetto a quella convenzionale,
l’enorme vantaggio della scarsa invasività che consente di
ridurre al minimo l’impatto del cosiddetto “trauma chirurgico”.
Con quest’ultimo termine si intende la risultante del trauma
viscerale puro e del trauma dell’accesso.
Il trauma viscerale puro è l’effetto del danno provocato
all’organismo dalla exeresi organica e dalla perdita di sangue
che inevitabilmente accompagna le demolizioni viscerali. In
videolaparochirurgia l’entità di questo tipo di danno è
sostanzialmente sovrapponibile a quella associata alla chirurgia
convenzionale.
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Il trauma dell’accesso è l’effetto del danno provocato, di
necessità, all’organismo per raggiungere il focolaio chirurgico.
Esso consta, a sua volta, di una componente viscerale e di una
parietale. La componente viscerale (trauma viscerale
accessorio) è legata all’esposizione più o meno prolungata
degli organi all’ambiente esterno e si manifesta con una gravità
che dipende principalmente dal tipo e dalla durata della
eviscerazione. La componente parietale (trauma parietale puro)
dipende dalla grandezza e dal tipo di incisione (sezioni
muscolari, meccanismi di denervazione ecc.). Il peso relativo
delle due componenti varia a seconda del tipo di intervento. In
generale, tanto più grande è la prevalenza prevista del trauma
dell’accesso nei confronti di quello viscerale puro, tanto più
indicata ed efficace sarà la chirurgia laparoscopica rispetto alla
chirurgia convenzionale. Quest’ultima, infatti, grava soprattutto
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sul trauma dell’accesso che, invece, la laparoscopia operativa
tende a ridurre o ad abolire.
L’impatto del trauma chirurgico sull’organismo
rappresenta solo uno degli aspetti della valutazione
comparativa fra videolapatochirurgia e chirurgia convenzionale.
Infatti, altre questioni restano ancora aperte. Per esempio,
l’accesso laparoscopico sembra avere, rispetto a quello
laparotomico, un minor impatto sul sistema immunitario (4, 16,
18) e sembra ridurre l’incidenza di aderenze in futuro
responsabili di occlusioni intestinali (25).
Considerata nel suo complesso, la videolaparochirugia
colorettale offre al paziente, rispetto alla chirurgia
convenzionale, numerosi vantaggi, quali la riduzione del dolore
post-operatorio, un più precoce recupero della funzione
intestinale, una riduzione della degenza ospedaliera, ed un più
rapido ritorno alle abituali occupazioni. Inoltre, non sembrano
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esservi, tra i due approcci differenze significative intermini di
complicazioni, outcome e mortalità (23, 25).
Fino a questo momento la chirurgia rettale
laparoscopicamente assistita ha fornito risultati promettenti.
Tuttavia, la maggior parte delle casistiche riportate in letteratura
fa riferimento a gruppi di pazienti tra loro diversi sia per il tipo e
la sede della neoplasia che per le tecniche laparoscopiche
impiegate. Per esempio, sono poche le casistiche riferite
esclusivamente alla chirurgia laparoscopica del retto e quelle
disponibili non consentono un confronto statistico con
l’intervento convenzionale intermini di outcome. Con la
premessa di questi limiti metodologici, lo scopo della presente
monografia è quello di analizzare e valutare, sulla scorta dei
dati forniti della letteratura internazionale, quali siano le varianti
tecniche, l’efficacia, le complicazioni, le indicazioni e le
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controindicazioni e le possibilità di radicalità oncologica della
videolaparochirurgia nel cancro del retto.
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2. Varianti tecniche della chirurgia laparoscopica
nella terapia del cancro del retto
2. 1 Premessa
La colectomia laparoscopica, riportata per la prima volta
nel 1991 da Jacobs, prevede 4 principali modalità:
™ colectomia con dissezione laparo-assistita
™ colectomia con dissezione e resezione laparo-assistita
™ colectomia laparoscopica quasi totale
™ colectomia laparoscopica totale.
Per la resezione del retto, sia per le diverse abitudini dei
chirurghi sia per il continuo evolversi dello strumentario, non si
è ancora giunti a questo tipo di standardizzazione. Al momento,
dall’analisi della letteratura scientifica disponibile
sull’argomento, è possibile individuare almeno tre varianti
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tecniche, in funzione principalmente delle modalità di accesso
al focolaio chirurgico:
™ resezione laparoscopica anteriore
™ resezione addominoperineale laparo-assistita
™ resezione trans-sacrale laparo-assistita.
E’ da considerarsi a parte, invece, l’intervento di
dissezione laparoscopica dei linfonodi pelvici laterali “nerve-
sparing”.
A queste tecniche si farà specifico riferimento nella
presente monografia in termini di efficacia, complicazioni,
outcome, indicazioni e controindicazioni, nell’ottica della
radicalità oncologica.
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2. 2 Resezione laparoscopica anteriore
La resezione del segmento inferiore del retto per via
laparoscopica per neoplasie maligne presenta una serie di
difficoltà, alcune delle quali sono di natura squisitamente
tecnologica. Infatti, la strumentazione laparoscopica
abitualmente impiegata, relativamente ingombrante e priva di
dispositivi dotati di articolazione fra le parti, non consente un
accesso adeguato al piccolo bacino. Le conseguenze per il
paziente possono essere gravissime, considerando che la
finalità primaria dell’intervento è quella della radicalità
oncologica.
Per ovviare in parte a questa difficoltà è stata sviluppata
una tecnica di resezione anteriore del retto basata sull’impiego
di un particolare disco (lap disk) e di una stapler lineare ad
angolo superiore variabile (Roticolator, MLS) (12). Il lap disk è
un disco attraverso il quale viene abitualmente inserita la mano
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del chirurgo all’interno della cavità peritoneale evitando che
l’operatore giunga a diretto contatto con la parete addominale.
Nella variante tecnica qui presa in considerazione, il chirurgo
inserisce attraverso il disco la MLS al posto della mano e, nel
corso di un secondo pneumoperitoneo, esegue la resezione del
retto. In questo modo è possibile ottenere lo stesso risultato
dell’intervento laparotomico (12).
L’intervento laparoscopico vero e proprio inizia con la
mobilizzazione, dai tessuti circostanti, del segmento distale del
sigma e del retto. Si procede, quindi, alla legatura dell’arteria
rettale superiore e delle ultime ramificazioni delle arterie
sigmoidee. Il retto viene, poi, mobilizzato dal sacro ed i
legamenti laterali sono recisi, con la stessa tecnica impiegata
per la resezione anteriore bassa nel corso della chirurgia a cielo
aperto.
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Completata la mobilizzazione, il retto viene sezionato al
livello più adeguato del margine pelvico. Viene, quindi, diviso il
peritoneo al di sopra del mesoretto ed il piano avascolare
situato tra il retto ed il mesoretto è sottoposto a dissezione.
Attraverso il trocar viene inserita una cutter-stapler lineare
endoscopica (Endocutter) che viene usata per la sezione del
sigma prossimale. Si esegue, quindi, un’incisione orizzontale di
circa 4 cm a livello dell’area pubica per l’inserzione del Lap
disk, attraverso il quale viene portata fuori l’estremità
prossimale del sigma interrotto. L’intestino prossimale, con
l’aiuto di una suturatrice circolare, viene riposto nella cavità
peritoneale. Successivamente, attraverso il lap disk viene
inserita la MLS e il disco dal lato interno dell’accesso viene
chiuso a formare una sorta di sigillo tra l’incisione cutanea e la
stapler stessa.
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Dopo un secondo pneumoperitoneo, il retto viene
sezionato e suturato con la MLS mentre il corpo della
suturatrice circolare è fatto avanzare fino alla linea rettale di
cucitura attraverso il canale anale. Si procede, infine, sotto
controllo laparoscopico, alla ricostituzione della continuità
intestinale con anastomosi a doppia sutura.
Nelle figure 1, 2 e 3 sono riportate le immagini dei tempi
fondamentali della tecnica qui descritta.