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Introduzione
L’ immagine dell’ Annunziata si tinge di rosso, gocce di sangue cadono
lentamente dall’ indice appena punto. Poi un bagliore: è la
rappresentazione della Santa che brucia. Il santino passa velocemente da
una mano all’ altra del candidato; la fiamma non deve spegnersi; al
cospetto di rappresentati di alcune famiglie mafiose, le parole di una
promessa solenne rimbombano nella stanza: “Le mie carni devono bruciare
come questa "santina" se non manterrò fede al giuramento.”
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E‟ il rito di iniziazione del mafioso.
Le prime notizie riguardanti questi riti risalgono alla fine dell‟ 800. Nel 1958,
Giuseppe Luppino, uomo d‟ onore della famiglia mafiosa di Campobello di
Mazara in provincia di Trapani, è il primo pentito di Mafia che parla delle
pratiche di affiliazione. Negli anni successivi altri pentiti quali Leonardo
Vitale, Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e molti altri avvalorano ed
estendono i racconti di Luppino. La cerimonia di iniziazione (combinazione)
prevede alcuni elementi imprescindibili come la presentazione del
candidato da parte di un membro anziano dell‟ associazione, la rivelazione
dell‟ esistenza dell‟ organizzazione e delle sue regole al nuovo arrivato, la
presenza di un padrino che praticherà la punciuta di un dito e la pronuncia
della formula del giuramento. Il dito che viene punto è, solitamente, l‟ indice
della mano con cui si spara, con cui si preme il grilletto, un dito che ferisce,
un dito che uccide.
Ciò che colpisce è la grande quantità di elementi legati al rito cristiano del
battesimo: l‟ iconografia dei santi, la presenza di testimoni del giuramento,
la terminologia (gli iniziati diventano fratelli e si scambiano la vasata, il bacio
fraterno), la partecipazione del padrino che garantisce la maturità e l‟
affidabilità del candidato, il fuoco come simbolo di purificazione e
rinnovamento, l‟ enunciazione delle regole del legame e l‟obbligo di
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Dal giuramento di Buscetta nel 1948 in Gambetta 1992, pp.367-369.
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osservarle previa monito ed infine il sangue, a sostituzione dell‟acqua, che
evoca il legame indissolubile tra la vita e la morte degli affiliati.
Salvatore Contorno parla anche dei dieci comandamenti
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che contengono i
principi e le regole della nuova vita, la vita da mafioso.
Fedeltà, obbligo di obbedienza, riservatezza, rispetto per la propria moglie,
divieto di mentire agli uomini d‟ onore, impedimento di affiliazione per chi
non tiene ai valori morali sono alcuni dei precetti del mafioso. Quest‟ ultimo
rappresenta l‟ esempio di un uomo che può avere un doppio battesimo, uno
alla fonte battesimale con rito cattolico e un secondo con rito mafioso.
Con il rito di iniziazione si entra a far parte di un meccanismo nuovo, il
valore del singolo perde di significato, tutto ciò che conta è il gruppo.
Un processo, allo stesso tempo, di fusione e di allontanamento: entrando a
far parte di Cosa Nostra si abbandona un contesto sociale con determinati
valori per assumerne degli altri.
La fedeltà nei confronti della „nuova famiglia‟ deve essere assoluta,
preminente rispetto a qualsiasi altra cosa, è il prezzo da pagare per la
conquista di un‟ identità forte, del privilegio di poter far parte di un‟
organizzazione potente. Tutte le azioni che vengono compiute in nome dell‟
organizzazione sono valide e ammissibili.
All‟ organizzazione non si può dire di no, se l‟ organizzazione ordina, si
deve eseguire, si deve anche uccidere un amico o un familiare se questa è
la volontà. La vendetta e non il perdono, questo è quello che insegna il
credo mafioso.
Ma chi è il Dio dei mafiosi? Chi è questo Dio che permette tutto ciò?
Privo di trascendenza, onnipotente, garante dell‟ ordine cosmico e sociale,
segue il principio del potere e della violenza, vendicativo, progetta
consapevolmente il male e lo persegue. Il Dio dei mafiosi è tribale, segue
una logica clientelare dove i Santi hanno la funzione di intercessori. La
teologia dei mafiosi in alcuni casi attinge dalla teologia cattolica prendendo
ad esempio elementi che suggeriscono esplicitamente alcune linee e
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A.Dino, La mafia devota, Edizioni Laterza, Roma 2010 p. 53.
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modelli di comportamento, in altri casi gli elementi cattolici vengono imitati,
ma in forma deformata, plasmando così una mentalità dove ciò che è
illecito diventa lecito, la sopraffazione diventa giustizia, la prepotenza
rispetto e l‟asservimento costume e presupposto normale della comunità.
Il ritratto di Dio è frutto di un processo di antropomorfizzazione ovvero della
proiezione di categorie umane derivanti dalla nostra esperienza quotidiana.
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Dio è quindi una costruzione ideologica dei potenti? La risposta a questa
domanda segue un percorso intricato e complesso, sicuramente, come già
affermato in precedenza, si è verificato e si continua a verificare un
processo di impiego ideologico dell‟ immaginario simbolico cristiano: un
processo che rimarca l‟ esteriorità, manifestazioni eclatanti del sentimento
religioso, funzioni celebrate con grande solennità apparente che però
nascondono una mancanza interiore, una distanza abissale dal vero
significato del Vangelo. E‟ necessario mantenere le apparenze, tutto ruota
attorno al concetto di visibilità e riconoscimento sociale per poter mantenere
il ruolo di predominio, per far rispettare le gerarchie.
I capimafia sono i custodi della giustizia divina, incarnano esseri superiori
che si sentono legittimati dalla Chiesa e da Dio. Il confine tra regole e
violazioni delle stesse si fa labile e indefinito, esse divengono due elementi
che si compenetrano poiché legati all‟ arbitrio indiscutibile del capo.
Il mafioso sovrasta tutti gli uomini non mafiosi, nelle sue mani il potere viene
esercitato in maniera plateale.
La figura di Dio è privata della parola, Dio non viene interrogato, il Suo
giudizio si riduce al volere del capomafia.
Il mafioso atteggia una vita spirituale che in realtà si riduce ad un involucro
vuoto, privo di contenuto, si basa sull‟ ostentazione di qualcosa che è solo
parziale, incompleto, privo della vera essenza di ciò che predica il Vangelo.
Ma cos‟ hanno in comune mafia e Chiesa?
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A. Cavadi, Il Dio dei mafiosi, Milano: Edizioni San Paolo p.104
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Ad una prima e superficiale analisi, sembrano due realtà il cui
accostamento è inimmaginabile: da una parte la Chiesa che fin dalla Sua
nascita ha come scopo la difesa dei più deboli, la condivisione, la povertà,
la vita e sul versante opposto la mafia che ha come fine l‟ acquisizione del
potere e per farlo non rifiuta l‟ uso della violenza e dell‟ intimidazione.
Se si pensa alla Chiesa come depositaria, predicatrice e testimone dei più
profondi insegnamenti contenuti nel Vangelo, è evidente che dovrebbe
sempre condannare il pensiero mafioso.
Eppure nel corso della storia queste due realtà sono venute spesso non
solo a contatto, ma hanno addirittura interagito fra loro : più indietro nel
tempo, la Chiesa come succube e collaboratrice della mafia, e solo nella
storia più recente la Chiesa in antitesi alla mafia.
La Chiesa ha sempre mostrato difficoltà nell‟ assumere una posizione ferma
e chiara, singole figure hanno provato a combattere la mafia, ma per
fermare un‟ organizzazione tanto potente è necessaria la collaborazione di
tutti, una compattezza e una solidità che spesso e volentieri sono mancate
e hanno portato a spargimenti di sangue e fenomeni di violenza inauditi.
Se non giustificabile e condivisibile, è comunque comprensibile l'
atteggiamento di certi personaggi religiosi che hanno coperto con il loro
silenzio l' agire della mafia. La mafia infatti arriva ovunque, non promette
morte solo per fare paura, ma quando stabilisce che qualcuno deve morire,
nessuno la può fermare.
Ci vogliono quindi, persone di forte coraggio, di grande valore morale e
sociale, di alti ideali per combattere la mafia, per proporre un nuovo codice
di comportamento. Esse ci dicono che è possibile convivere con la paura
della morte, perché in ogni momento sono vulnerabili e con il loro agire
testimoniano che ogni piccolo successo è un mattone per costruire una
nuova società.
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1945-1959: fase rurale, il tempo del silenzio.
Contesto storico
Sono gli anni del dopoguerra. Gran parte del patrimonio nazionale è andato
distrutto. Il forte rialzo dei prezzi porta all‟ impoverimento delle masse;
industrie, officine e vie di comunicazione sono pressochè impraticabili. In
modo particolare, essendo stato il bacino del Mediterraneo il fronte primario
della guerra, le condizioni della Sicilia, già precarie, sono ulteriormente
danneggiate. Infatti il conflitto ha causato gravi danni alle forniture di
energia con forti ripercussioni in vari settori. Già nel 1944 sorgono
movimenti separatisti per l‟ indipendenza della Sicilia. Il governo italiano il
15 maggio 1946, guidato da Alcide De Gasperi, promulga un decreto che
sancisce una autonomia regionale a statuto speciale per la Sicilia. Nell‟
aprile del 1947, viene eletto il primo Parlamento regionale. Nasce la Cassa
per il Mezzogiorno, per finanziare progetti industriali e agricoli. Tra gli anni
‟40 e ‟50 si svolgono grandi manifestazioni dei braccianti agricoli siciliani
che chiedono con forza la ripartizione dei latifondi. Nel 1950 la Legge
Regionale n. 104 dispone la concessione a coltivatori diretti dei terreni dei
latifondi. Anche se, in seguito a questa politica agricola, la creazione della
piccola proprietà contadina porta ad un allentamento delle tensioni sociali,
non impedisce l‟ abbandono successivo delle campagne.
In ambito religioso si assiste ad una Chiesa che, nel secondo dopoguerra,
rimane incapace di cogliere le istanze religiose del popolo. La paura della
modernità porta alla chiusura delle comunità parrocchiali e all‟ indifferenza
della vita civile e politica. Preti e laici cattolici si preoccupano maggiormente
degli aspetti ideologici della fede, piuttosto che dei reali processi di
trasformazione della società. In campo politico, l‟ intervento della Chiesa
favorisce l‟ ascesa della Democrazia Cristiana, in particolare l‟ incarico dato
a Luigi Gedda, carismatico dirigente del movimento cattolico, da Pio XII di
formare i Comitati Civici finalizzati alla formazione e mobilitazione civico-
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politica dei cattolici. La Chiesa gode dell‟ influenza su larghi strati di
cattolici, un ampio bacino di voti da far confluire alla DC.
Ma la Chiesa non è la sola a disporre di voti, anche la mafia, tornata
prepotentemente alla ribalta dopo la caduta del fascismo grazie al prezioso
aiuto nella riconquista del potere e del prestigio da parte degli americani
dopo lo sbarco nel 1943, ha la possibilità di gestirne un gran numero.
I mafiosi non si fanno sfuggire l‟ occasione di instaurare rapporti con il
mondo politico e la scelta ricade sulla Democrazia Cristiana. L‟ alleanza con
il partito di maggioranza relativa, garantisce alla mafia una via di facile
accesso al denaro pubblico e un‟ amplificazione e un maggior radicamento
dei rapporti con personaggi di spicco quali imprenditori, professionisti e
amministratori. La mafia ha grande capacità di adattamento, comprende i
mutamenti del quadro politico e si schiera dalla parte del potere. E così
Chiesa siciliana e mafia si ritrovano gomito a gomito tra le file della
Democrazia Cristiana, a condividere la battaglia politica contro la crescita
del comunismo.
La mafia spara, ferisce e uccide contadini che chiedono a gran voce un
pezzo di terra, bagna con il sangue di sindacalisti, comunisti e socialisti le
strade della Sicilia.
Carabinieri e polizia si schierano a favore dei proprietari che non vogliono
cedere le proprie terre.
E la Chiesa? La Chiesa tace, la Chiesa non denuncia, la Chiesa non
capisce. I preti siciliani battezzano il figlio di un mafioso, ma si rifiutano di
conferire il sacramento se il bambino viene presentato da un comunista.
Dove sta la differenza? Forse un mafioso porta con sè meno peccati di un
comunista, solo perché partecipa alle funzioni religiose e cammina con
sguardo alto e fiero durante le processioni?
Ai preti siciliani bastano le laute donazioni fatte dai mafiosi per finanziare le
processioni religiose del santo patrono per distogliere lo sguardo dalle mani
insanguinate e macchiate di infamia che sorreggono la statua?
Il mafioso porta rispetto ai preti fino a quando quest‟ ultimi non mettono in
pericolo i suoi interessi.
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E‟ forse il clima di paura per possibili ritorsioni che smorza il grido di
denuncia nella gola degli uomini di Chiesa?
Perché alcuni trovano il coraggio e la forza di far uscire quel grido, ma
vengono lasciati soli, invitati dai religiosi che occupano gradini più alti della
scala gerarchica a non intromettersi in affari che non li riguardano?
Perché il reciproco ossequio tra Chiesa e mafia risulta vantaggioso anche
su un piano materiale.
La lotta contro il nemico comune: il comunismo
Come già sottolineato in precedenza, nella descrizione della cornice storica,
conservazione politica e sociale fanno della Chiesa e della mafia due
alleate. La Chiesa trova difficoltà nel capire e nell‟ adattarsi al processo di
modernizzazione che si sta verificando all‟ interno della società. Essa
affonda le sue radici nella tradizione, nella società contadina dove, in
questo contesto di trasformazione, il mafioso resta il garante rispettato e
paventato. Ciò che preme al mondo ecclesiastico è di reprimere le teorie
socialiste e comuniste che negano, sul piano concettuale, l‟ esistenza
stessa della religione. Il comunismo e il socialismo diventano così nemici
ideologici da combattere, contro i quali la Chiesa deve convogliare tutte le
sue forze e la sua attenzione. La mafia, dal canto suo, sente il bisogno di
reprimere qualsiasi forma di affrancamento di tipo sociale (la massa deve
rimanere ignorante) e sfrutta il focalizzarsi dell‟attenzione sul, per muoversi
in totale libertà dietro le quinte.
La mafia esalta gli aspetti folkloristici ed esteriori della religione ponendosi
al riparo dalla condanna della Chiesa. In realtà il contenuto essenziale del
Vangelo viene a mancare, ma gli ecclesiali sembrano non preoccuparsene
più di tanto. Essi condannano gli atti di violenza mafiosa mediante la
scomunica dei mandanti e degli esecutori materiali dei delitti.
L‟ appartenenza alla mafia però, resta immune da ogni riprovazione
considerato che, secondo i vescovi siciliani, non rappresenta un pericolo
diretto per la religione. La mafia non attacca il potere della Chiesa, lo sfrutta