2
specifico istituto giuridico, quale la cessione, che presiede alla circolazione
dei crediti. Secondo la relativa normativa, il creditore ha la facoltà di
“trasferire, a titolo oneroso o gratuito, il suo credito anche senza il consenso
del debitore”. In forza del potere riconosciutogli il creditore può quindi
disporre di ciò che gli è dovuto, incidendo su una componente attiva del suo
patrimonio mediante un fenomeno attuativo di un trasferimento di tipo
volontario
3
.
La cessione, realizza un mutamento soggettivo nella titolarità attiva del
rapporto obbligatorio
4
, attraverso la sostituzione al creditore originario
(cedente) di un nuovo creditore (cessionario). L’effetto che si ottiene
attraverso detta operazione è il trasferimento del diritto di credito,
rimanendo inalterati i termini e le modalità del titolo da cui il credito alienato
trae origine
5
.
Da una prima analisi della disciplina, è possibile constatare come la
normativa di riferimento abbia accordato preferenza all’aspetto operativo
dell’istituto, nulla disponendo in ordine al fondamento costitutivo della
correlata vicenda traslativa. Il legislatore, focalizzando l’attenzione talvolta
sui profili effettuali, talvolta sulla fattispecie
6
, ha adottato una tecnica
3
Cfr. D. PASTORE, op. cit., p. 64.
4
Critica l’inquadramento dell’istituto della cessione dei crediti in termini di <<sostituzione
soggettiva nel rapporto obbligatorio>>, A.A. DOLMETTA, Cessione dei crediti, in
Digesto/civ., II, Torino, 1988, p. 287, il quale ritiene che essa si fondi <<unicamente sul
fatto che il rapporto obbligatorio può permanere nonostante il mutamento dei suoi termini
soggettivi, ciò si risolve nella pura e semplice constatazione della possibilità logica del
credito di cambiar titolare>>; secondo l’Autore meglio appare descrivere l’istituto in parola
alla stregua di uno <<strumento deputato a realizzare una potenzialità funzionale del
credito diversa da quella direttamente derivantegli dal suo consistere nel potere del titolare
di acquisire al proprio patrimonio il bene dovuto dal debitore: di soddisfare cioè, bisogni
connessi non all’utilizzazione del bene dovuto, bensì a risultati concretamente ritraibili dalla
circolazione del credito stesso>>.
5
V.: D. PASTORE, op. cit., p. 62; F. GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, I, Padova,
1999, p. 109; M. CANTILLO, Le obbligazioni, III, in Giur. Sist. dir. civ. comm., fondata da W.
Bigiavi, Torino, 1992, p. 1114 ss. Cfr., anche, C.M. BIANCA, Diritto civile, IV,
L’obbligazione, Milano, 1990, p. 568, il quale sottolinea che la vicenda del trasferimento sia
da qualificare come successione nel credito. Infatti, successione e trasferimento sono da
intendersi come termini rappresentativi di un’identica realtà, seppur intesa sotto due profili
diversi: l’uno attinente all’oggetto, nel senso che il diritto si trasferisce dal creditore
originario al nuovo creditore, l’altro attinente ai soggetti, nel senso che al creditore
originario succede il nuovo creditore
6
Dal punto di vista giuridico la cessione può venire intesa come fatto, cioè come fattispecie
causativa del trasferimento, oppure come effetto, cioè come trasferimento del credito. Cfr.:
P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, in V. Scialoja e G. Branca, Commentario del
3
legislativa foriera di non poche problematiche sotto il profilo della
configurazione causale della cessione dei crediti. Gli elementi prediletti
nell’analisi, infatti, risultano inidonei a cristallizzarsi in una forma unitaria, se
si prescinde dalle varie funzioni che di volta in volta giustificano la cessione
posta in essere
7
.
Tali problematiche risultano ancora più evidenti qualora si riferiscano a
fattispecie, per le quali non risulta codificato un generale principio di
ammissibilità. Ed è proprio quanto si verifica nell’ipotesi di cessione del
credito a scopo di garanzia. Infatti, allorché lo scopo cui i contraenti hanno
preordinato la cessione dei crediti è la garanzia dell’adempimento di una
distinta obbligazione, gli interessi sottostanti l’adozione della cessione, a
differenza di quanto si verifica nei casi di cessio pro solvendo e di cessio
pro soluto, non risultano codificati, e il trasferimento della posizione attiva
del rapporto obbligatorio non è disposto in contemplazione di un debito da
estinguere, bensì di un credito da garantire.
In realtà, la cessione del credito a scopo di garanzia, benché ricondotta nel
novero delle garanzie atipiche, non può dirsi estranea al nostro ordinamento
giuridico. Nonostante il silenzio serbato su una sua generale ammissibilità,
infatti, ne è prevista l’operatività in numerose disposizioni di legge speciale.
Tra esse, in particolare: l’art. 18 legge 25 luglio 1952, n. 949, abrogato dal
Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, autorizzava, il
Mediocredito ad <<effettuare finanziamenti contro cessione in garanzia,
totale o parziale, di crediti>> concessi alle aziende di credito autorizzate in
forme non comportanti il rilascio di effetti cambiari; il decreto ministeriale 21
dicembre 1953 autorizza l’Opera nazionale combattenti a concedere
finanziamenti <<garantiti da cessione di credito>> ; l’art. 65 legge 27
dicembre 1953, n. 968
8
, in tema di <<Concessione di indennizzi e contributi
per danni di guerra>>, il quale al 3° comma, autorizza gli istituti di credito e
Codice civile, Libro IV, Delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1982, pp. 1-3; D. PASTORE, op.
cit., p. 64; V. PANUCCIO, voce Cessione dei crediti, in Enc. dir., VI, Milano, 1955, pp. 846-
847.
7
In questo senso il pensiero di P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., pp. 1-3.
8
Sul punto, v. F. BATISTONI FERRARA, Cessione di credito “ garanzia “ e fallimento del
cedente, in Foro it., 1961, I, c. 1449.
4
le loro sezioni specializzate <<a concedere finanziamenti provvisori contro
l’impegno di cessione dei contributi>>
9
. Particolarmente studiata è poi la
cessione a scopo di garanzia nell’ambito di finanziamenti a produttori
cinematografici: si tratta della cessione di contributi governativi di cui all’art.
14 legge 29 dicembre 1949, n. 958, proventi e diritti di sfruttamento relativi
alle opere cinematografiche
10
. Infine occorre considerare la disposizione
dell’art. 46, comma 1, lett. d) del Testo Unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia, che prevede la costituzione di un privilegio convenzionale sui
crediti, anche futuri, derivanti dall’alienazione di beni aziendali, scorte e
prodotti, a loro volta suscettibili di formare oggetto di privilegio
11
.
D’altro canto, la cessione del credito in garanzia è ormai divenuta uno
strumento ampiamente utilizzato dagli istituti bancari nell’ambito delle
operazioni di finanziamento garantito
12
. Basti pensare a tutte quelle ipotesi
in cui i soggetti esercenti un’attività imprenditoriale, nonostante la titolarità di
una cospicua massa di crediti verso terzi, si trovino in uno stato di illiquidità,
e per farvi fronte richiedano ad una banca l’erogazione di un prestito in
denaro. In queste situazioni, per la prassi invalsa nel settore creditizio,
l’istituto bancario, disponibile a concedere il finanziamento, normalmente
richiede di essere garantito contro l’eventualità che il mutuatario non sia in
grado di onorare con regolarità il piano estintivo del debito, con la possibilità
di soddisfarsi sulle somme di cui lo stesso soggetto è creditore. Si viene
quindi ad eseguire un’operazione garantita da una cessione di crediti, in
quanto contestualmente o anche successivamente all’erogazione di un
9
Precedentemente l’art. 35 d.l.C.p.s. 10 aprile 1947, n. 261, riguardante la concessione di
contributi governativi per la ricostruzione postbellica, autorizzava alcuni enti creditizi <<a
concedere ai proprietari dei fabbricati da riparare, finanziamenti provvisori contro cessione
del contributo dello Stato>>.
10
In proposito Cass., 6 marzo 1991, n. 2343, in Annali dir. aut., I, 1992, p. 471. Per la
dottrina: R. SIMONE, Distribuzione di films, cessione in garanzia dei contributi governativi:
a ciascuno il suo, in Foro it., 1991, I, c. 2088 ss.; C. VARRONE, Il trasferimento della
proprietà a scopo di garanzia, Napoli, 1968, pp. 142-143; F. SANTORO-PASSARELLI,
Cessione pro solvendo di contributi governativi e fallimento del cedente, in Riv. dir. civ.,
1962, II, p. 97 ss.
11
Cfr. F. ANELLI, L’alienazione in funzione di garanzia, Milano, 1996, pp. 193-194.
12
L’A.B.I. ha anche elaborato uno schema contrattuale destinato a regolare in maniera
uniforme i negozi a tal fine posti in essere dalle banche. Tale contratto tipico costituisce
l’allegato c) della circolare A.B.I. 2 aprile 1990. Al riguardo, v. M. VIALE, Le garanzie
bancarie, cit., pp. 123-126 e Appendice al cap. IV.
5
finanziamento, la banca richiede, a maggiore garanzia dell’esposizione del
debitore, la cessione dei crediti che questi vanta verso terzi; spesso in
dipendenza di rapporti ai quali il finanziamento medesimo si collega.
Tuttavia, né la previsione all’interno di specifici testi normativi, né la prassi
bancaria, hanno contribuito a fugare ogni dubbio sull’ammissibilità e la
validità della cessio in securitatem, e ancora oggi risulta difficile considerarla
affrancata dalle complesse problematiche sorte in ordine alla sua struttura
oggettiva e alla sua collocazione sistematica.
Al cospetto delle incertezze sull’effettiva riconducibilità delle ipotesi previste
dal legislatore speciale alla figura della cessione dei crediti come
disciplinata dal codice civile
13
, sarebbe possibile affermare come, tali casi,
più che costituire un aspetto sintomatico di una generale conformità della
cessio in securitatem ai principi del nostro ordinamento, sembrino
suffragare l’ipotesi di una loro natura derogatoria. La stretta relazione delle
norme in questione allo specifico settore nel quale sono destinate ad
operare, sembra svolgere una funzione ostativa al tentativo di costruire,
partendo da esse, argomentazioni di carattere generale in favore della
ammissibilità e della validità nel nostro ordinamento della alienazione del
credito a scopo di garanzia. Prescindendo da esse, si cercherà di operare
un’analisi sulla causa della cessione del credito per verificare in che termini
ed entro quali limiti, se ne possa affermare l’ammissibilità e la validità sotto il
profilo della sufficienza causale e la compatibilità con il divieto del patto
commissorio, nell’ipotesi in cui sia attuata a scopo di garanzia.
13
Cfr. A.A. DOLMETTA e G.B. PORTALE, Profili della cessione dei crediti in garanzia, in (a
cura di) S. Maccarone e A. Nigro, Operazioni bancarie e procedure concorsuali, Milano,
1988, p. 261, n. 16 che ritengono tali normative configurazioni di operazioni di sconto di
crediti non cartolarizzati.
6
2. Astrattezza e causalità della cessione del credito.
Larga parte della dottrina
14
meno recente inquadra la cessione del credito
fra i negozi astratti, vale a dire fra i negozi nei quali si prescinde dalla
funzione che l’atto in concreto svolge
15
.
La formulazione più autorevole di tale orientamento poggia essenzialmente
sul rilievo secondo il quale, la legge, definendo in maniera incompleta la
figura negoziale della cessione, non regolerebbe un determinato assetto di
interessi delle parti, ma si riferirebbe all’atto di trasferimento come modus
adquirendi, prescindendo da qualsiasi considerazione relativa alla causa del
trasferimento stesso
16
.
Sembra potersi riscontrare, si afferma, che l’istituto debba essere
esattamente qualificato come rapporto di trasmissione attiva delle
obbligazioni, svincolato dalla <<causa particolare e contingente>> per la
quale la cessione è stata attuata
17
. Il negozio di cessione viene quindi
classificato quale negozio di esecuzione o di prestazione, quale negozio,
cioè, il cui contenuto non è costituito da una dichiarazione di volontà in
senso giuridico, né da un rapporto reale od obbligatorio, bensì da una
prestazione avente contenuto patrimoniale, che viene compiuta per
soddisfare esigenze economiche
18
. Conseguenza di tale impostazione è
14
Cfr.: F. PELLEGRINI, Della cessione dei crediti, in Codice civile. Commentario, a cura di
D’Amelio e Finzi, Libro delle obbligazioni, I, Firenze, 1948, p. 181; G. GORLA, L’atto di
disposizione dei diritti, Perugia, 1936, p. 3 ss.; S. SOTGIA, voce Cessione dei crediti e di
altri diritti (dir. civ.) in Noviss. dig. ital., III, Torino, 1959, p. 155 ss.; G. LONGO, Diritto delle
obbligazioni, Torino, 1950, p. 366 ss.; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e
commerciale, II, Milano, 1952, tomo II, p. 188 ss.
15
Si parla qui di astrattezza sostanziale o materiale, e cioè dell’irrilevanza della causa ai fini
della validità del negozio. Cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1998, p.
440, ove si afferma che <<in base a tale nozione, il negozio astratto è propriamente il
negozio che si perfeziona a prescindere dalla causa>>. Sulle diverse accezioni della
nozione di astrattezza, v., in sintesi, V. SCALISI, voce Negozio astratto, in Enc. dir., XXVIII,
Milano, 1978, p. 87.
16
Cfr.: S. SOTGIA, voce Cessione dei crediti e di altri diritti (dir. civ.), cit., p. 155 ss.; G.
LONGO, Diritto delle obbligazioni, cit., p. 366 ss.; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e
commerciale, cit., p. 188 ss., in particolare p. 189 ove afferma che <<la struttura e
l’essenza della cessione dei crediti non mutano qualunque sia, nella fattispecie concreta, il
fine, oneroso o gratuito, per il quale il trasferimento è posto in essere>>. In giurisprudenza:
Cass., 24 giugno 1968, n. 1289, in Foro it., Rep., voce Cessione di crediti, n. 8; T. Roma, 9
novembre 1963, in Temi romana, 1964, p. 352.
17
Cfr.: S. SOTGIA, op. cit., p. 156; G. LONGO, op. cit., p. 367.
18
S. SOTGIA, op. loc. cit.
7
che il cessionario può far valere nei confronti del debitore ceduto il diritto
acquistato senza bisogno di richiamarsi al rapporto sottostante alla
cessione.
Gli argomenti sollevati in contrasto con l’indirizzo in questione sono risultati
decisivi
19
, ed è un dato ormai acquisito che non si possa parlare di
astrazione con riferimento alla cessione.
Innanzitutto, è stato messo in luce come la dottrina che considera la
cessione un negozio astratto il più delle volte non precisa quale significato,
tra i tanti possibili, debba attribuirsi a tale astrattezza
20
: se essa debba
intendersi nei confronti delle parti del negozio, del debitore ceduto, estraneo
al negozio, ovvero dei terzi aventi causa.
Per quanto riguarda i rapporti tra cedente e cessionario, è necessario
considerare, preliminarmente, che l’astrattezza sostanziale si distingue in
assoluta e relativa. Può assumere, cioè, due differenti aspetti: il primo, si ha
quando gli effetti si producono del tutto indipendentemente dalla causa, la
quale non ha su di essi neppure un’efficacia indiretta e ritardata; il secondo,
si ha quando la causa viene in rilievo solo eventualmente o
successivamente senza che ciò impedisca per intanto l’efficacia del
negozio. In quest’ultimo caso, la mancanza della causa dà luogo ad
un’azione diretta a rimuovere le conseguenze dannose del negozio
21
.
In entrambe le accezioni suddette, non si può comunque discorrere di
astrazione della cessione del credito fra le parti del rapporto.
19
In particolare: G. MINERVINI, Lo sconto bancario, Napoli, 1949, p. 18 ss.; T. MANCINI,
La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, Milano, 1968, p. 124 ss.; P.
PERLINIGIERI, Della cessione dei crediti, in V. Scialoja e G. Branca, Commentario del
Codice civile, Libro IV, Delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1982, p. 29 ss.; V. PANUCCIO,
La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, Milano, 1955, p. 16 ss.; R.
MICCIO, Delle obbligazioni in generale, in Comm. cod. civ., libro IV, tomo I, 3° ed., Torino,
1982, p. 500 ss.
20
Cfr.: P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., pp. 29-30; T. MANCINI, La
cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, cit., p. 125 ss.
21
Cfr.: T. MANCINI, La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, cit., pp. 125-126;
C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 440 ss.; M. GIORGIANNI, voce Causa, in
Enc. dir., VI, Milano, 1960, p. 547 ss.; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del
diritto civile, Napoli, 9° ed., rist., 2002, p. 175, il quale precisa che negozio astratto non
significa necessariamente negozio senza causa: <<nel negozio astratto la causa è
accantonata, stralciata, così che la sua eventuale mancanza o i suoi eventuali difetti non
tolgono al negozio di essere valido e di produrre i suoi effetti, ma esplicano un’azione
ritardata, destinata a bilanciare gli effetti che il negozio abbia prodotto grazie alla sua
astrattezza>>.
8
Con riguardo all’astrattezza assoluta, non è accettabile l’idea della cessione
del credito svincolata da uno specifico regolamento negoziale, nell’ambito
del quale lo spostamento patrimoniale possa trovare giustificazione.
L’astrattezza della cessione, in particolare, si potrebbe sostenere solamente
nel caso in cui si riuscisse a ravvisare in essa un atto traslativo autonomo
ed acausale distinto dal negozio obbligatorio di attribuzione patrimoniale
22
.
Tuttavia, il nostro ordinamento giuridico postula l’unicità del contratto di
alienazione, quale negozio causale e traslativo, e nega la possibilità di
configurare un atto traslativo astratto, separato dal negozio sottostante, e
più propriamente dal contratto; l’effetto traslativo non costituisce un atto
dispositivo autonomo ma è pur sempre conseguenza del regolamento
negoziale
23
.
Solo i contratti causali
24
, nella loro duplice configurazione, tipica o atipica,
sono idonei a produrre effetti traslativi. Inoltre, la cessione del credito non
può qualificarsi come un atto semplicemente traslativo, in quanto, ad esso,
normalmente, si riconnettono, anche effetti obbligatori
25
.
Con riguardo all’astrattezza relativa, non si può mancare di sottolineare
come la necessità della causa risulti un principio generale del nostro
ordinamento giuridico stabilito dall’art. 1325 c.c. Sicché l’esistenza di un
negozio astratto, e quindi di una deroga alla norma generale dell’immediata
rilevanza della causa, dovrebbe risultare in modo esplicito ed univoco
dall’ordinamento stesso.
22
P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., p. 31; Id., voce Cessione dei crediti (dir.
civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, p. 4.
23
Diversamente, l’ordinamento tedesco distingue un negozio causale obbligatorio e un atto
di trasferimento avente natura astratta, accogliendo così un modello di alienazione
improntato al principio della separazione. Cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile, IV,
L’obbligazione, cit., p. 587; P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., p.31 e pp. 44-
45.
24
V.: G. MINERVINI, Lo sconto bancario, cit., p. 22 ss.; R. CICALA, Il negozio di cessione
del contratto, Napoli, 1962, p. 132. Cfr., anche P.M. VECCHI, Il principio consensualistico,
Torino, 1999, p. 7 ss. Anche in giurisprudenza si è più volte affermata esplicitamente la
causalità della cessione: v., ad esempio, Trib. Perugina, 30 giugno 1955, in Foro it., Rep.,
1955, voce Cessione dei crediti, n. 3, p. 325; App. Potenza, 20 marzo 1962, in Foro it.,
Rep., 1964, voce Cessione dei crediti, n. 10, p. 346; Cass., 6 ottobre 1962, n. 2857, in Foro
it., Rep., 1962, voce Cessione dei crediti, n. 1-3, p. 354.
25
Il riferimento è agli artt. 1262, 1266, 1267 c.c.; lo rileva opportunamente, G. MINERVINI,
op. cit., p. 27.
9
Invero, negli artt. 1260 ss. c.c., che disciplinano la cessione dei crediti, non
si rinviene alcuna disposizione che preveda una rilevanza mediata della
causa del trasferimento tra i soggetti che lo hanno posto in essere.
L’attribuzione patrimoniale che si vorrebbe realizzare con la cessione, non
può avere luogo, se la causa della cessione stessa sia viziata da nullità.
Non vi è, infatti, alcuna norma che permette di concludere legittimamente
che la cessione sia valida nonostante la mancanza o l’illiceità della causa, il
cui difetto non determini la nullità del negozio, ma unicamente una reazione
dell’ordinamento volta all’eliminazione degli effetti validamente prodottisi
26
.
In particolare, manca una disposizione che legittimi l’irrilevanza della
funzione o ritenga valida fra le parti una cessione posta in essere per
ottenere un corrispettivo illecito ovvero per adempiere un’obbligazione
inesistente
27
. Cedente e cessionario, possono sempre far valere i vizi
causali del negozio
28
.
Neanche nei confronti del debitore ceduto, estraneo al negozio, e dei terzi
aventi causa si può parlare di astrattezza della cessione del credito.
Quanto al ceduto, infatti, quando la cessione notificata ha, ad esempio
causa illecita, questi non è tenuto ad adempiere a favore del cessionario, in
quanto il suo adempimento, stante la nullità della cessione, non avrebbe
efficacia liberatoria, in altri termini: non deve adempiere se vuole che il suo
adempimento abbia natura liberatoria
29
. Al riguardo va detto che non
costituisce indice di astrattezza il disposto dell’art. 1264 c.c. E’ vero sì, che
26
Cfr.: V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit.,
p. 17; MICCIO, Delle obbligazioni in generale, cit., p. 501; da ultimo D. PASTORE, op. cit.,
p. 75.
27
T. MANCINI, La cessione dei crediti, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1999,
p. 462; Id., La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, cit., p. 128-129. L’Autore
aggiunge inoltre che l’articolato codicistico che della cessione del credito si occupa, più
volte richiama alla causa negoziale, alla funzione del trasferimento. Nell’art. 1260, ove si
parla di trasferimento a titolo oneroso o gratuito; nell’art. 1198, ove è disciplinata la cessio
pro solvendo, cioè la cessione del credito per la specifica funzione di adempimento; nell’art.
1266, ove il dettato normativo ricollega determinati effetti alla cessione posta in essere a
titolo oneroso. E tali riferimenti sono proprio alla funzione del trasferimento e fanno da
questa derivare, a seconda dei casi, effetti diversi. Non vi è alcuna disposizione che possa
legittimare l’irrilevanza del titolo per il quale la cessione è, di volta in volta, programmata
28
Cfr. M. CANTILLO, Le obbligazioni, III, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da W.
Bigiavi, Torino, 1992, p. 1124.
29
Cfr.: P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., p. 30; T. MANCINI, La cessione dei
crediti futuri a scopo di garanzia, cit., p. 135; V. PANUCCIO, voce Cessione dei crediti, in
Enc. dir., VI, Milano, 1960, p. 875.
10
a norma dello stesso, la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto
quando questi l’ha accettata o gli è stata notificata, ma ciò non vuol dire che
il legislatore intenda per cessione anche quella invalida o inefficace tra le
parti solo perché costituisca il contenuto della notificazione al terzo
30
. La
disposizione suddetta, più precisamente, adempie alla funzione di fissare il
momento di rilevanza della cessione nei confronti del ceduto, ma non
consente affatto di ritenere che tale rilevanza si verifichi anche nell’ipotesi in
cui il negozio, per essere nullo, non produce alcun effetto tra i soggetti che
lo hanno posto in essere
31
.
Per quanto concerne il terzo avente causa, affinché questi prevalga su altro
suo eventuale concorrente, non è sufficiente che la notificazione o
l’accettazione della cessione da parte del debitore abbia data certa
anteriore, come dispone l’art. 1265 c.c., ma occorre anche che la cessione
notificata o accettata sia stata conclusa validamente. La notificazione e
l’accettazione prioritaria della cessione postulano la validità del relativo
negozio, in mancanza della quale prevale la cessione validamente stipulata,
ancorché notificata o accettata successivamente
32
.
Alla luce di quanto illustrato, si conviene che debba escludersi la
configurazione della cessione del credito come negozio astratto.
Tale conclusione è altresì avvalorata da un ulteriore rilievo: i negozi astratti,
quale eccezione al principio della causalità, sono soltanto quelli riconosciuti
tali dalle legge, e tale riconoscimento è normalmente accompagnato dalla
previsione espressa della necessaria presenza di un requisito formale
33
.
Orbene, le norme che regolano la cessione dei crediti non ne prevedono
alcuno.
30
P. SCHLESINGER, Invalidità o inefficacia della cessione del credito e posizione del
debitore ceduto, in Dir. econ., 1958, p. 239.
31
V.: V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit., p.
27 ss.; C.M. BIANCA, Gli oneri del debitore con riguardo all’accertamento dell’avvenuta
cessione del credito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, p. 799.
32
P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, cit., p. 30.
33
La forma, infatti, sostituisce nei negozi astratti la causa negoziale e pertanto è
rigorosamente determinata dall’ordinamento. Cfr.: E. BETTI, Teoria generale del negozio
giuridico, Torino, 2° ed., 3 rist. corretta, 1960, p. 201; F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine
generali del diritto civile, Napoli, cit., p. 173; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile,
Padova, 37° ed., 1997, p. 160.
11
La natura causale dell’atto non comporta però che di esso debba indicarsi
necessariamente la causa e darne la relativa prova: si parla di astrazione
processuale, la quale, esprime semplicemente l’esonero dalla prova della
causa del negozio
34
. Quindi, in applicazione del principio della presunzione
della causa, valevole in generale per i negozi non formali, la cessione del
credito si presume giustificata da una causa idonea fino a quando non sia
data la prova della sua inesistenza o illiceità
35
.
Escluso che la cessione dei crediti costituisca, nel nostro ordinamento
giuridico, un negozio astratto, svincolato dal requisito della causa, è
necessario esaminare quale sia la causa della cessione stessa, ossia la
funzione economico–sociale che la fattispecie svolge in concreto, e per la
quale l’ordinamento la riconosce e la tutela.
34
C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1998, p. 441.
35
C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, p. 587, il quale richiama
Cass., 6 ottobre 1962, n. 2857, in Foro it., Rep., 1962, voce Cessione dei crediti, n. 1-3, p.
354, ove si afferma: <<qualora nel contratto di cessione di un credito non venga indicata la
causa per la quale essa ha avuto luogo, non può ritenersi che la cessione sia stata fatta a
titolo gratuito. Pertanto, in caso di mancata indicazione della causa è consentita l’indagine
diretta ad individuarla e tale accertamento può essere fatto anche in base ad elementi
estranei al contratto>>. La regola della presunzione della causa lascia comunque aperta la
possibilità di accertare se e quale sia la causa del negozio.
Sull’astrazione processuale
della cessione, v. G. RAGUSA MAGGIORE, Mandato irrevocabile e cessione dei crediti nel
fallimento e nell’amministrazione controllata, in Giur. it., 1980, I, 1, p. 138, il quale afferma
che <<la cessione del credito costituisce uno dei negozi ad astrazione causale in cui
l’astrazione, nel nostro sistema, ha valore unicamente sul piano processuale e non
sostanziale>>.
12
3. La causa del trasferimento ed il problema dell’autonomia negoziale
nella cessione dei crediti.
La ricerca in ordine alla causa della cessione del credito è tutt’altro che
agevole. L’articolato codicistico di cui agli artt. 1260 ss., infatti, si cura
esclusivamente di delineare lo schema e gli effetti della fattispecie in
esame, nulla disponendo in ordine al fondamento costitutivo della correlata
vicenda traslativa. Le difficoltà incontrate dalla dottrina nell’attribuire alla
cessione dei crediti una precisa qualificazione causale, sono in buona parte
imputabili a questo silenzio.
Il problema relativo al fondamento causale dell’istituto è strettamente
correlato alla questione dell’autonomia del tipo negoziale “cessione dei
crediti” e dei rapporti di questo con le plurime fattispecie nell’ambito delle
quali il trasferimento di un credito può prodursi.
Le teorie principali, sostanzialmente proposte, sono due: la prima
36
,
riconosce nella cessione dei crediti un negozio autonomo, caratterizzato da
una causa generica costante, consistente nell’interesse al trasferimento del
credito, che deve essere, però, di volta in volta integrata da una causa
specifica variabile; la seconda
37
, che, negando al contrario una tale
autonomia, ritiene che la cessione possa definirsi quale risultato degli effetti
traslativi prodotti da singole fattispecie contrattuali già regolate in maniera
autonoma dalla legge e dai privati.
36
Sostengono tale tesi, in particolare: V. PANUCCIO, voce Cessione dei crediti, in Enc.
dir., VI, Milano, 1960, p. 846 ss.; Id., La cessione volontaria dei crediti nella teoria del
trasferimento, Milano, 1955, p. 15 ss.; T. MANCINI, La cessione dei crediti futuri a scopo di
garanzia, Milano, 1968, p. 144 ss.; Id., La cessione dei crediti, in Tratt. dir. priv., diretto da
Rescigno, 9, 1999, p. 459 ss.; R. MICCIO, Delle obbligazioni in generale, in Comm. cod.
civ., libro IV, tomo I, 3° ed., Torino, 1982, pp. 500-502; A. PIRAINO LETO, Cessione di
credito a fine di garanzia, in Nuovo dir., 1977, p. 529 ss.; A. TORRENTE, In tema di causa
della cessione del credito, in Giur. compar. dir. civ., 1946, p. 54 ss.
37
In questo senso, v.: L. CARRARO, Recensione a Panuccio, La cessione volontaria dei
crediti nella teoria del trasferimento, in Riv. di dir. civ., 1957, I, p. 117 ss.; R. CICALA, Il
negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, p. 130 ss.; M. SPINELLI, Le cessioni
liquidative, II, Napoli, 1962, p. 617; P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, in Comm.
al cod. civ. diretto da Scialoja e Branca, Roma Bologna, 1982, p. 29 ss.; Id., voce Cessione
dei crediti, in Enc. giur. Treccani, VI, Roma, 1988; A.A. DOLMETTA, voce Cessione dei
crediti, in Digesto/civ., II, Torino, 1988, p. 285 ss.; A.A. DOLMETTA e G.B. PORTALE,
Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento italiano, in Banca borsa e tit.
cred., 1999, I, p. 76 ss.
13
Secondo il primo degli orientamenti menzionati, la cessione dei crediti è un
negozio autonomo, ma incompleto. Ciò si evincerebbe dalla normativa
codicistica, in quanto, l’art. 1260 c.c. postula l’esistenza di un titolo, oneroso
o gratuito, estraneo alla fattispecie ed idoneo a giustificarne gli effetti
traslativi, così escludendo che la cessione possa produrre il trasferimento
della titolarità di un diritto se non all’interno di uno schema causale ulteriore.
L’incompletezza dello schema negoziale imporrebbe la necessità di dar
rilievo agli interessi specifici cui è finalizzato, nel caso concreto, il negozio
stesso. In tal senso, lo schema contrattuale della cessione, in sé
considerato, non è idoneo alla produzione del trasferimento, da qui, la
necessaria integrazione con un titolo in forza del quale possa prodursi il
trasferimento stesso
38
. Infatti, è stato affermato che, mentre nella cessione
la causa sarebbe non la << cessione senz’altro >>, ma << la cessione più
titolo >>, nella vendita la causa sarebbe la sola vendita
39
. Da questo punto
di vista, la causa specifica e variabile va ad integrare la causa generica e
costante, diversamente da quanto avviene in altre fattispecie, come appunto
la vendita, dove tale integrazione non ha ragion d’essere, in quanto il suo
schema tipico sicuramente basta a formare una causa.
L’interesse generico al trasferimento rappresenterebbe l’elemento
caratterizzante la cessione, espresso dalla disciplina normativa incompleta.
Invece, sullo sfondo rimarrebbe l’aspetto fungibile o variabile secondo il
riferimento ai vari tipi negoziali, cioè la causa variabile, costituita dalla
funzione alla quale il trasferimento è nella fattispecie preordinato, che di
volta in volta completa e qualifica la causa generica, e che può essere la
causa della compravendita, della donazione, della permuta e via dicendo
40
.
38
Cfr.: V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti, cit., pp. 19-28; R. MICCIO, Delle
obbligazioni in generale, cit., pp. 500-502; T. MANCINI, La cessione dei crediti futuri a
scopo di garanzia, cit., p. 144 ss.
39
V. PANUCCIO, op. ult. cit., p. 20.
40
V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti, cit., p. 25; T. MANCINI, op. ult. cit., pp.
144-151, il quale rileva che non si può sostenere sic et simpliciter che la cessione dei
crediti ha una causa variabile, perché allora essa sarebbe soltanto una forma vuota, nella
quale andrebbe ad inserirsi la funzione concreta che il negozio svolge e in tal modo, pur
non negandosi formalmente l’autonomia della cessione, si giungerebbe sostanzialmente
allo stesso risultato, in quanto si farebbe della cessione soltanto l’effetto di altre fattispecie
negoziali. L’opinione è ribadita in La cessione dei crediti, in Tratt. dir. priv., cit. pp. 463-464.
14
Il legislatore, del resto, avrebbe adottato una tecnica analoga a quella che si
riscontra anche in altre fattispecie negoziali, come la novazione, l’accollo, la
cessione del contratto e la delegazione
41
.
Tuttavia, la suddetta ricostruzione della causa è stata fatta oggetto di
penetranti critiche.
In primo luogo, si è posto l’accento su come sia difficile ipotizzare, in capo al
titolare del credito l’esistenza di un astratto interesse al trasferimento dello
stesso, che prescinda da uno specifico fine di liberalità, di lucro o di
pagamento. Ma anche nell’eventualità in cui si potesse configurare questo
interesse astratto, apparirebbe senz’altro come una forzatura ammettere
che il legislatore lo abbia ritenuto giuridicamente rilevante, nonostante esso
sia insufficiente a costituire da solo la causa del contratto
42
.
Del resto, se fosse proprio il generico interesse al trasferimento del credito il
fondamento giustificativo dell’unità del negozio di cessione, caratterizzato
da una causa generica, non si saprebbe spiegare perché il legislatore non
avrebbe attribuito lo stesso rilievo giuridico anche ad un astratto interesse al
trasferimento dei diritti reali immobiliari, così da consentire che pure il
trasferimento della proprietà è un negozio a causa generica
43
.
In realtà, se nel nostro ordinamento, caratterizzato dal principio del
consenso traslativo di cui all’articolo 1376 c.c., non esiste un unitario ed
autonomo negozio di trasferimento dei diritti reali, non si vede come possa
esistere un negozio autonomo ed unitario di trasferimento dei crediti
44
.
Infatti, per il nostro ordinamento solo i vari negozi traslativi causali sono
Secondo Cass., 20 novembre 1975 n. 3887, in Giur. it., 1977, I, 1, c. 126, la cessione dei
crediti non è un tipo contrattuale a se stante, ma un negozio incompleto che va integrato
con il sottostante contratto che ne sta alla base; di conseguenza la cessione dei crediti non
ha una causa tipica, ma costituisce un negozio a causa variabile o generica.
41
V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit., p. 29
ss.; T. MANCINI, La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, cit., p. 146, nota 68.
42
In questo senso si sono espressi, in particolare: L. CARRARO, op. cit., p. 118; R.
CICALA, op. cit., pp. 133-134
43
La critica è di R. CICALA, Il negozio di cessione del contratto, cit., p. 135. Cfr., anche:
C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, p. 586; F. GALGANO, Diritto
civile e commerciale, II, tomo 1, 2° ed., Padova, 1994, pp. 104-105.
44
Sul punto, in particolare: R. CICALA, op. cit., pp. 133-134; P. PERLINGIERI, Della
cessione dei crediti, cit., pp. 34-35; G. MINERVINI, Lo sconto bancario, cit., p. 28.
15
idonei a produrre tanto il trasferimento dei diritti reali, quanto il trasferimento
dei crediti.
E’ stato altresì sottolineato
45
, come la teoria in esame incontri in se stessa il
limite della sua sostenibilità. Una volta affermato che la cessione dei crediti
sarebbe da considerare come un negozio la cui causa totale si scompone in
due cause, l’una generica, e l’altra specifica, attribuendovi autonomo rilievo
giuridico, si verrebbe a delineare una causa complessiva carente del suo
essenziale rilievo unitario, creando un artificio che non trova fondamento in
nessuna norma del codice civile. Proprio l’autonomia di tali profili causali
determina un’efficacia ostativa alla ricostruzione unitaria della fattispecie
negoziale, in quanto appare come una vera e propria contraddizione
sostenere l’unità della fattispecie negoziale ponendovi a fondamento la
pluralità degli elementi causali che la caratterizzano. D’altronde,
ricostruendo la causa come la sintesi degli effetti essenziali del negozio
46
,
ovvero come <<la sintesi degli interessi che da quegli effetti sono
soddisfatti>>
47
, vi sarebbe un’erronea valutazione di tali interessi.
Quest’ultimi, infatti, verrebbero considerati non sotto un aspetto
onnicomprensivo, bensì parziale, in quanto scomposti nell’interesse
costante e nell’interesse variabile
48
. Il primo ascrivibile al negozio
incompleto e quindi riferibile alla causa generica, il secondo, al negozio
completo, fornito di causa tipica e comunque idonea a giustificare il
trasferimento, che va ad integrare il primo. Tale integrazione, realizzando
un’inutile sovrastruttura, in quanto i vizi attinenti all’uno o all’altro profilo
causale hanno il medesimo rilievo unitario, presuppone l’autonomia delle
cause e dei negozi, là dove l’autonomia della cessione è tutta da
dimostrare
49
.
Oltre a quanto fin qui considerato, da un punto di vista più generale, uno dei
primi argomenti che viene addotto a favore dell’asserita autonomia
45
P. PERLINGIERI, op. cit., p. 35; D. PASTORE, Riflessioni a proposito di struttura e
causa della cessione di credito, in Riv. dir. comm., 1998, I, p. 77.
46
V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit., p. 67.
47
L. CARRARO, op. cit., p. 118.
48
L. CARRARO, cit. alla nota prec.
49
P. PERLINGIERI, op. cit., p. 35.