5
punto di vista giuridico, con l'aiuto del Norme Interne della FIGC, le cosiddette NOIF
e il Regolamento FIFA sullo status e il trasferimento dei calciatori, ho spiegato
dettagliatamente tale argomento, in riferimento al mondo calcistico. Ho cercato
quindi di mettere in evidenza tutti i tipi di cessione del contratto del calciatore e le
norme che li regolano.
Con la sentenza Bosman sono state apportate sostanziali modiche nel rapporto tra
giocatore e società; il giocatore ha ottenuto così più libertà d'azione, facilitando
l'evolversi della sua breve carriera. Ho osservato quindi tutti gli aspetti di tale
sentenza e anche i successivi cambiamenti che sono stati introdotti nei regolamenti
fino ad oggi.
Infine ho dedicato un capitolo a quella figura che si occupa proprio del contratto dei
calciatori e cioè l'agente FIFA (o di calciatori), delineandone i compiti e i doveri.
La scelta di tale argomento per la mia tesi di laurea è stata dettata dal mio interesse
per questa materia, supportato anche dalla scelta di un curriculum di studi a indirizzo
manageriale.
Le problematiche affrontate in questo mio lavoro, come riportato nella citazione
iniziale, sono ancora oggi oggetto di discussione, in quanto chi si interessa di sport, e
in particolare di calcio, ha sicuramente sentito parlare dei trasferimenti di calciatori,
ma solo in pochi sanno come effettivamente avvengano, quali regolamenti ci siano
dietro e come nel corso del tempo si siano evoluti sotto vari aspetti.
6
Capitolo 1
Tesseramento, Vincolo Sportivo
e Ordinamento previgente la legge n. 91 dell'81
Uno sportivo, per poter esercitare una attività sportiva a livello agonistico,
riconosciuta e tutelata all'interno dell'organizzazione federale, deve essere tesserato.
Così anche i calciatori (gli arbitri, i tecnici, i dirigenti), grazie al tesseramento alla
Federazione Italiana Giuoco Calcio, acquisiscono l'abilitazione all'esercizio
dell'attività sportiva agonistica nelle competizioni e nelle gare da essa organizzate.
Con il tesseramento il giocatore diventa soggetto di diritto sportivo, deve quindi
sottostare a diritti e doveri che le varie norme della FIGC gli impongono. In caso di
controversie attinenti all'attività sportiva l'atleta ha l'obbligo di rivolgersi
esclusivamente agli organi di giustizia sportiva, obbligo definito “vincolo di
giustizia”. Ogni iscritto alla Federazione deve essere tesserato per il ruolo che svolge.
Ad esempio arbitri e allenatori non possono tesserarsi come calciatori. Non è poi
consentito il tesseramento contemporaneo a più società. Il calciatore infatti chiede il
tesseramento alla FIGC tramite la società sportiva per la quale intende giocare. Ogni
anno il tesseramento va rinnovato in modo da consentire alla Federazione di
verificare la permanenza o meno del giocatore nella squadra, e anche per il controllo
della regolare posizione dal punto di vista amministrativo e riguardo il mantenimento
dei requisiti soggettivi e oggettivi. Non possono essere infatti tesserati i soggetti che
hanno ricevuto sanzioni di squalifica e inibizione per una durata maggiore di trenta
giorni durante l'esecuzione del provvedimento, oppure coloro nei confronti dei quali è
stata dichiarata la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della
FIGC. Infine è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente,
con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o
7
ad una sanzione irrogata nei suoi confronti.2
Il tesseramento è quindi l'atto di adesione del calciatore al movimento sportivo, i cui
effetti sono disciplinati dalle regole sportive. Il modulo di adesione alla Federazione
sportiva, compilato, sottoscritto e inviato alla FIGC, è lo strumento attraverso il quale
la volontà del soggetto viene manifestata. Con questo però non si viene a
regolamentare il rapporto fra il soggetto e la società affiliata, né alcuna attività
negoziale fra la Federazione e lo sportivo che richiede il tesseramento, in quanto lo
scopo è comune, cioè l'esercizio della pratica sportiva, non vi è dunque da
regolamentare alcuna contrapposizione di interessi.3 Con la firma del modulo di
tesseramento il calciatore manifesta la propria volontà a partecipare ai campionati e
alle altre manifestazioni organizzate dalla FIGC. Il tesserarsi tramite la società
sportiva crea il cosiddetto “vincolo”, il calciatore si “vincola” con la società sportiva
e, contemporaneamente, si associa alla Federazione. Il tesseramento allora è il
rapporto fra l'atleta e la Federazione; l'affiliazione invece è l'atto attraverso il quale
una società si lega alla Federazione ed è quindi il rapporto fra queste ultime; il
vincolo è il rapporto tra l'atleta e la società. Il vincolo dà il diritto di avvalersi, in via
esclusiva, delle prestazioni del calciatore. Il vincolo a una squadra, che una volta era
a tempo indeterminato, nacque in Inghilterra intorno al XIX secolo con lo scopo di
evitare che le società più ricche si accaparrassero gli atleti migliori a danno delle
società meno ricche. In Italia si tennero numerosi dibattiti sull'argomento: da una
parte i giocatori, rappresentati dall'AIC (Associazione Italiana Calciatori), chiedevano
l'abolizione del vincolo, dall'altra i presidenti delle società e la stessa FIGC, si
battevano invece per mantenerlo. Le tesi a favore del vincolo sportivo sostenevano
quanto citato sopra per evitare che le società più ricche si aggiudicassero i giocatori
migliori. Inoltre insistevano sull'importanza dei vivai giovanili, cioè i centri di
addestramento dei giovani calciatori, poiché con il vincolo sportivo la società poteva
utilizzare al meglio i giovani più dotati o cederli ad altre squadre in cambio di un
adeguato corrispettivo. Un altro punto a sostegno del vincolo era che, senza di esso,
2 Vedi art.36 commi 5,6,7 N.O.I.F.
3 G. Valori, Il Diritto nello Sport, Giappichelli, Torino, 2009, pag. 170 ss.
8
le società avrebbero avuto interesse a tenere un'ampia rosa di giocatori, infatti anche
quelli non ritenuti utili alle esigenze della stagione in corso avrebbero avuto un valore
patrimoniale e avrebbero potuto quindi sempre essere ceduti ad altre società. Questo
consentirebbe alla società il recupero delle somme spese per assicurarsi le prestazioni
dei calciatori in questione.
A sua difesa l'AIC ha risposto a ogni singolo punto delle tesi sostenute dalla FIGC:
ritenendo assurdo che, con l'abolizione del vincolo, si abbiano solo tre o quattro
squadre di campioni, mentre le altre siano formate essenzialmente da giocatori
scadenti. Infatti la capacità e la bravura dei singoli giocatori è difficile da valutare se
l'atleta non è inserito in una determinata squadra, così come è difficile fare una netta
distinzione tra campioni e non campioni. Inoltre viene ribadito il fatto che essendo
solo undici i giocatori a scendere in campo, più le eventuali sostituzioni, non avrebbe
senso che una squadra acquistasse un numero illimitato di giocatori solo per sottrarli
alle altre società, senza poi utilizzarli sul campo. Bisogna inoltre tener conto che le
quotazioni di un calciatore, che non gioca, diminuiscono rapidamente, e che
difficilmente i campioni accettano di stare in panchina o in tribuna. Infine sulla
questione dei vivai viene obbiettato che nulla impedisce alla società, in caso di
cessione di un giovane, di farsi rimborsare debitamente anche delle spese sostenute
per addestrarlo.4 Questi dibattiti hanno portato poi alla formulazione della legge del
23 marzo 1981, n.91 che analizzeremo nel seguente capitolo. Con questo vincolo
quindi il giocatore rimane, anche alla scadenza del suo contratto sportivo con la
società, legato ad essa. Il calciatore ha due scelte: o stipulare un nuovo contratto di
lavoro, semmai a condizioni sfavorevoli, o rimanere inattivo poiché il vincolo vieta di
svolgere attività sportiva per un'altra società. Per poter giocare in un'altra squadra
deve prima avere il consenso della società a cui è legato che, solitamente, lo lascerà
andare solo in cambio di un adeguato pagamento in denaro, cedendo così il vincolo:
in questo caso si tratterà di una compravendita. Nel caso invece ci sia la cessione del
vincolo di un giocatore di una squadra a un'altra squadra, quest'ultima a sua volta
cederà in cambio il vincolo di un suo giocatore, si parlerà di permuta. Se, caso raro, il
4 P. L. Marzola, L'industria del calcio, NIS, Roma, 1990, pag. 47 ss.
9
vincolo di un giocatore venisse ceduto gratuitamente ad una squadra, ci troveremmo
in presenza di una donazione; ovviamente questa è una ipotesi assai improbabile.
Ceduto il vincolo, il calciatore si trova vincolato in favore di una nuova associazione
sportiva e il tesseramento alla squadra originaria si modifica in tesseramento a favore
della nuova società per la quale ora è vincolato. Il calciatore diventa quindi uno
spettatore delle contrattazioni che lo riguardano: il suo futuro è tutto nelle mani della
società che ne detiene il vincolo. Può soltanto rifiutare la cessione, ma è una
posizione estremamente debole e ricattabile in quanto: o acconsente al trasferimento,
o non gioca; quindi può avvalersi di questo suo potere soltanto di rado e in casi
eccezionali.5
Prima del 1981 non c'erano ancora leggi che regolavano il rapporto tra società e
calciatore, ma solo norme dell'ordinamento sportivo. Si è dibattuto diverse volte in
dottrina sulla natura giuridica del rapporto di lavoro sportivo. In un primo momento
alcuni autori sostenevano la natura atipica del contratto, facendolo rientrare nell'area
del lavoro autonomo, altri invece ritenevano il rapporto di lavoro sportivo più
attinente all'area del lavoro subordinato. Chi era più propenso alla natura autonoma di
tale rapporto lo inquadrava nel contratto d'opera6. Questa teoria però stentava a
reggere in quanto questo tipo di contratto escludeva il vincolo di subordinazione dal
committente in favore del lavoratore, mentre il calciatore, al contrario, doveva
sottostare a diversi obblighi e istruzioni comportamentali e tecniche imposte dalla
squadra di appartenenza. Un'altra dottrina ancora affermava di richiamarsi alla
disciplina dei rapporti di natura associativa, disciplina che veniva inquadrata
nell'ambito della comunità sportiva ed era caratterizzata da un fine comune a società e
atleti costituito dallo svolgimento dell'attività sportiva. Saranno poi le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione a risolvere la controversia, pronunciandosi a favore della
natura subordinata del rapporto di lavoro sportivo. Viene così confermata la presenza
del vincolo di subordinazione, infatti, come scritto prima, gli atleti devono sottostare
a diverse indicazioni e direttive del club; devono tenere uno stile di vita che non ne
5 E. Minervini, Il Mercato dei Calciatori Professionisti in Fenomeno sportivo e Ordinamento Giuridico: atti del terzo
convegno nazionale a Capri marzo 2008, Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2009, pag. 431 ss.
6 Vedi art. 2222 Codice Civile