4
Il settore edile ha grandi possibilità di miglioramento nella direzione di un uso efficiente dell‟energia
contribuendo a diminuire sensibilmente le emissioni di gas serra che stanno determinando il
riscaldamento globale. Non solo. Per molti Paesi, possono essere un valido aiuto per rispettare gli
accordi presi con il protocollo di Kyoto.
I governi dei singoli Paesi, per perseguire l‟obiettivo di abitazioni efficienti del punto di vista
energetico, devono cercare di capire la logica che vi è dietro al comportamento dei singoli attori
che sono coinvolti in questo progetto. In questo modo tutti possono essere coinvolti ed incentivati
ottenendo un risultato assai migliore. Tra gli attori, un ruolo fondamentale deve essere giocato
degli scienziati e ricercatori che con le loro scoperte possono fornire soluzioni sempre più efficaci e
adatte alle situazioni più difficili.
Il lavoro congiunto tra ricercatori e politici è per cui premessa fondamentale per poter raggiungere
l‟obiettivo un uso efficiente dell‟energia. Solo attraverso una legislazione attenta le scoperte
scientifiche possono assumere un valore pratico evitando di rimare mere discussioni teoriche.
Costruire è l‟attività umana a più alto impatto ambientale, ma è anche la più antica. E‟ un‟attività
che non si ferma e non si può fermare. E‟ giusto continuare a costruire ma si deve costruire meglio
e soprattutto costruire sostenibile, il che significa garantire ai nostri figli almeno le opportunità, le
risorse e l‟ambiente che abbiamo ricevuto dai nostri genitori.
L'efficienza energetica non dovrebbe essere un optional per poche case di lusso, ma un elemento
portante di tutta l'edilizia, capace di procurare grandi risparmi.
Per raggiungere tale scopo, il lavoro congiunto tra ricercatori e politici, come già affermato, diventa
di fondamentale importanza e il risultato di questa collaborazione è una legislazione attenta e
sensibile che sia strumento efficacie per raggiungere lo scopo di un‟edilizia sostenibile in cui
l‟energia più ecologia ed economica è proprio quella risparmiata attraverso un suo uso efficiente.
Uno degli strumenti legislativi che meglio si presta a tale scopo, è sicuramente la certificazione
energetica introdotta a livello comunitario della direttiva 2002/91/CE ed attuata in Italia dal decreto
n.192 del 19 agosto 2005, modificato in seguito col decreto n. 311 del 29 dicembre 2006.
L‟obiettivo principe di questa trattazione è quello di comparare la normativa nazionale con quella
della mia regione, Emilia-Romagna, che ha attuato delle linee guida proprie tramite la delibera
dell‟assemblea legislativa n.156 del 4 marzo 2008, su proposta della giunta regionale n.1730 del
16 novembre 2007.
Per una maggior chiarezza si è scelto di suddividere il lavoro in quattro parti. La prima parte sarà
dedicata all‟analisi di concetti fondamentali come l‟efficienza energetica e il certificato energetico,
la seconda parte sarà dedicata all‟analisi della normativa nazionale, la terza parte all‟analisi delle
linee guida regionali, la quarta parte al confronto tra le due normative, mentre nella quinta e ultima
parte si applicheranno le normative in un lavoro pratico riguardante certificazione di un edificio.
5
PARTE PRIMA: CONCETTI FONDAMENTALI
1. EFFICIENZA ENERGETICA
Le ragioni che spingono verso un migliore utilizzo dell‟energia sono molteplici. Dal punto di vista
economico, gli interventi di efficienza sono generalmente competitivi. Per il Paese, il vantaggio è
dato dalla riduzione delle importazioni che rende possibile dirottare ingenti capitali dall‟acquisto di
combustibili fossili verso comparti industriali innovativi, con significative ricadute occupazionali. In
un contesto “climate friendly”, la disponibilità di prodotti di segmenti ad alta e altissima efficienza
rappresenterà sempre più un elemento importante per migliorare il posizionamento sul mercato
internazionale delle industrie.
A tutto ciò va aggiunto il vantaggio ambientale legato sia al miglioramento della qualità ambientale
su scala locale che alla riduzione delle emissioni dell‟anidride carbonica. Quindi, un vantaggio
netto per i singoli utenti, per la collettività e per l‟ambiente.
Per ottenere risparmi significativi (pensiamo al 20% di riduzione dei consumi rispetto allo scenario
tendenziale previsto dall‟Unione Europea al 2020) occorre però un approccio sistemico che
consenta di incidere non solo sulle singole tecnologie, ma sull‟intero contesto in cui sono inserite.
Non basta, infatti, aumentare l‟efficienza degli usi finali, ma occorre incidere sui consumi grazie a
interventi più complessivi di governo dell‟energia e a mutamenti nel comportamento degli
utilizzatori. [2]
Ma i consumi energetici sono destinati a crescere sempre?
Negli scenari che vengono elaborati, s‟ipotizza generalmente un aumento del fabbisogno
energetico nel tempo, con tassi di crescita differenziati in relazione alle assunzioni sull‟andamento
del Pil e sull‟adozione di politiche di efficienza. In realtà, questa impostazione va rivista nel nuovo
contesto in cui gli alti prezzi dell‟energia e la predisposizione di specifici strumenti di incentivazione
sia sul fronte dell‟efficienza sia delle energie rinnovabili rende molto più agevole l‟adozione di
politiche incisive di intervento.
Consideriamo che il prezzo medio del petrolio nel periodo 1985-2005 era di 25 $/barile, mentre nel
prossimo decennio è molto probabile che si manterrà sopra i 100 $/barile. [3]
Inoltre a livello europeo, attraverso l‟emanazione di direttive in campo edile, la definizione di
standard per le autovetture, la progressiva eliminazione di apparecchiature a bassa efficienza
(pensiamo all‟illuminazione a incandescenza) si sta definendo un quadro di forte sostegno alle
politiche di riduzione delle emissioni.
A livello nazionale sono stati poi definiti nuovi strumenti di incentivazione che dovranno essere
mantenuti e perfezionati per raggiungere gli obbiettivi ed evitare di pagare sanzioni. Di più. E‟
prevedibile che le recenti decisioni volte a definire e ripartire obbiettivi per l‟efficienza energetica e
per le energie rinnovabili a livello regionale, porteranno a una responsabilizzazione delle istituzioni
decentrate.
Va poi considerato l‟avanzamento tecnologico che, in una fase di tumultuosa crescita in questi
settori a livello mondiale, consentirà l‟utilizzo di soluzioni fino a poco tempo fa inaccessibili per
l‟alto costo e le limitate prestazioni. Un esempio è dato dai miglioramenti attesi dai sistemi di
illuminazione a Led o dalle celle fotovoltaiche a film sottile.
Riassumendo: alti prezzi dell‟energia, politiche di incentivazione favorevoli, miglioramenti
tecnologici fanno ritenere che nei prossimi anni si potranno ottenere risultati che fino al recente
passato erano ritenuti impensabili, ma già raggiunti in alcuni Paesi particolarmente attenti e
virtuosi. Pensiamo alla Danimarca in cui i consumi energetici sono sostanzialmente stabili da molti
anni senza che la qualità della vita sia stata minimamente intaccata (Fig.1), alla California con
consumi elettrici pro capite costanti da oltre trenta anni mentre nel resto degli Usa aumentavano
del 50% (Fig. 2) o alla Germania che ha raddoppiato la produzione di elettricità verde tra il 2002 e
il 2007. [4]
6
Fig. 1 Andamento dei consumi energetici danesi tra il 1995 e il 2006, corretti per tenere conto delle variazioni climatiche
(anno base 1995 =100)
Fig. 2 Consumo elettrico pro capite in California e negli Usa
1.1. L’Efficienza energetica in Italia: passi indietro e grandi prospettive
Analizzando l‟andamento dell‟intensità energetica del nostro Paese dal 1974 al 2004, dopo una
prima fase in cui il valore è diminuito alla presenza degli alti prezzi dell‟energia (reazione alla prima
crisi petrolifera) è seguito un periodo con valori stazionari fino al 2002, dopodiché l‟intensità è
risalita, cioè l‟impiego dell‟energia è peggiorato (Fig. 3). Negli ultimi due anni però si è registrata
anche nel nostro Paese una seppure lieve inversione di tendenza. [5]
7
Fig. 3 Intensità energetica in Italia, 1974-2004 (ktep/$)
Considerando l‟andamento positivo dell‟intensità media europea, che si è ridotta nell‟ultimo
decennio, possiamo dire che da un lato l‟Italia sta perdendo il primato che aveva in termini di
efficienza e dall‟altro che i margini di intervento per il nostro Paese sono molto grandi.
1.2 Il potenziale di risparmio
Una valutazione del potenziale di risparmio negli usi finali elettrici italiani è stata effettuata nel 1999
per conto dell‟Anpa (ora Ispra) dall‟Istituto californiano Ipsep. L‟analisi delle varie tecnologie ha
portato a un calcolo del potenziale economicamente sfruttabile entro il 2010 pari al 14%. Una
rivisitazione dello studio è stata effettuata dal gruppo eERG del Politecnico di Milano per conto di
Greenpeace, estendendo il calcolo al 2020 e valutando un potenziale economicamente
conveniente dell‟ordine dei 100 TWh/a. [6]
Tabella 1 Potenziale tecnico di risparmio di energia elettrica al 2020 (eERG)
Queste analisi sono riferite solo ai consumi elettrici. Se si considerano i margini di risparmio relativi
alla corretta climatizzazione estiva e invernale degli edifici introdotta tramite la certificazione
energetica, si evidenza un analogo elevato potenziale d‟intervento. Ciò è particolarmente vero per
l‟Italia il cui parco edilizio è caratterizzato da prestazioni termiche piuttosto scadenti.
Lo stesso discorso si può fare per il comparto dei trasporti che presentano ampi margini di
intervento sia per il passaggio a mezzi di trasporto più efficienti che ricorrendo a un più razionale
governo della mobilità.
8
1.3 Le politiche di promozione dell’efficienza energetica
Attualmente sono in vigore in Italia incentivazioni molto interessanti per quanto riguarda la
riqualificazione energetica dell‟edilizia. Le detrazioni fiscali del 55% consentono risparmi energetici
e monetari significativi. Considerando un appartamento medio, i risparmi ottenibili con un mix di
interventi sono dell‟ordine di 500-1.000 €/anno con tempi di ritorno degli investimenti di 4-6 anni.
Nel primo anno di applicazione sono stati effettuati 106.000 interventi con una riduzione delle
emissioni stimata in 0,2 Mt CO2/a.
Anche l‟incentivo di 200 € per l‟acquisto di frigoriferi ad alto rendimento ha avuto successo, tanto
che nel 2007 il 23% delle vendite ha riguardato proprio frigoriferi di classe A+ o A++ che
garantiscono un risparmio medio di 60 €/anno. Peraltro, la modifica del mercato determinata
dall‟etichettatura energetica è stata formidabile portando i frigoriferi più efficienti dal 5% delle
vendite nel 2000 al 78% nel 2007, con risparmi equivalenti alla produzione di una media centrale
elettrica (Fig.4). [7]
Fig. 4 Percentuale delle vendite di frigoriferi in Italia in base alla classe di efficienza
Ma oltre che agli incentivi è importante ricorrere anche a obblighi e divieti. Così per i nuovi edifici
devono essere installati impianti solari termici e fotovoltaici e non si può superare un valore
massimo di fabbisogno termico. Già dall‟anno prossimo i nuovi edifici dovranno essere realizzati
con consumi invernali dimezzati rispetto ai limiti previsti nel 2005, ma occorre ridurre questo limite
massimo nei prossimi anni fino ad arrivare a edifici “carbon neutral”, cioè il cui contributo alle
emissioni di CO2, inclusa illuminazione ed elettrodomestici, sia nullo. Questa è la strada seguita
dalla Gran Bretagna (che peraltro vuole realizzare entro il 2016 cinque “ecotowns” in cui tutti gli
edifici dovranno essere a zero emissioni) e non si capisce perché non possa essere percorsa
anche dall‟Italia.
Un altro strumento che ha iniziato a portare i primi risultati riguarda l‟obbligo di risparmio per i
distributori di elettricità e gas che ha portato a risparmi di 2 Mtep dal 2005, corrispondenti al
consumo domestico annuo di una città con 2,7 milioni di abitanti e alla produzione di 3 centrali
termoelettriche di media grandezza.
Nei prossimi anni ci si aspetta un contributo decisamente più alto, considerando che gli obbiettivi
sono stati recentemente innalzati a 6 Mtep/a al 2012. Gli interventi che verranno realizzati
consentiranno di ridurre di 12 Mt/a le emissioni di CO2 nel quinquennio di Kyoto, una quantità
importante, in grado di limitare il gap di 100 Mt/a che ci separa dall‟obbiettivo assunto a Kyoto. [8]
9
Fig. 5 Incremento degli obbiettivi di riduzione per i distributori di elettricità e gas
Risultati incisivi si possono poi conseguire eliminando dal mercato i prodotti meno efficienti, che si
tratti di motori elettrici, elettrodomestici, illuminazione.
Un esempio interessante viene dalla vendita di autoveicoli. La Commissione Europea, vista
l‟inefficacia degli accordi volontari con le case produttrici, ha deciso (seppure con continui
slittamenti nel tempo e con criteri discutibili) di imporre limiti vincolanti ai consumi massimi. Nella
tabella 2 sono riportati i valori delle emissioni specifiche di carbonio (gCO2/km) relative alle vendite
di auto del 2006 e 2007 in Europa e la distanza per le varie case automobilistiche rispetto
all‟obbiettivo proposto per il 2012 (130 gCO2/km).
Tab. 2 Emissioni specifiche di anidride carbonica per le case automobilistiche presenti sul mercato europeo per gli anni
2006 e 2007 e obbiettivo indicato dalla Commissione Europea per il 2012
Gli obbiettivi sono differenziati per le diverse case in base al peso medio dei veicoli venduti, scelta
questa criticabile e che penalizza Fiat. La casa italiana dovrà ridurre del 14% le emissioni
specifiche per centrare l‟obbiettivo, uno sforzo comunque minore rispetto alla riduzione media del
17% richiesta ai produttori.
Oltre ai miglioramenti tecnologici bisognerà introdurre iniziative coraggiose di governo del traffico.
Sono ormai sei le città europee (Manchester, Bergen, Oslo, Londra, Stoccolma e Milano) che
hanno introdotto il “road pricing”, il pagamento dell‟accesso al centro urbano.
Analizzando i risultati dell‟esperienza più nota, quella di Londra, si sono evidenziati molteplici effetti
positivi: Il traffico in entrata si è ridotto del 14%, e con esso inquinamento e incidenti, l‟uso della
bicicletta è aumentato del 43% e i 195 milioni € entrati nelle casse del Comune nell‟anno
finanziario 2007/8 sono stati reinvestiti per migliorare il trasporto pubblico. La “congestion charge”,
introdotta nella capitale inglese nel febbraio 2003, ha visto un‟estensione dell‟area protetta nel
2007, anno in cui i 150.000 automobilisti in ingresso hanno pagato mediamente 11,4 €/giorno. [9]
10
1.5 Le prospettive future
Un numero sempre maggiore di Paesi ha ormai compreso e dichiarato che occorre muoversi verso
tagli delle emissioni del 50-60% entro la metà del secolo, come richiede la comunità scientifica per
evitare un collasso climatico.
In questo contesto, il ruolo dell‟aumento dell‟efficienza energetica sarà determinante. Secondo
l‟ultimo rapporto dell‟Agenzia internazionale dell‟energia che ha esplorato le possibilità di
dimezzare le emissioni clima-alteranti al 2050 (scenario Blue), una percentuale molto elevata delle
riduzioni (36%) sarebbe ottenibile proprio grazie a un aumento dell‟efficienza energetica negli usi
finali.
Fig. 6 Settori di intervento nello scenario Blue della Iea per il dimezzamento delle emissioni di anidride carbonica nel
mondo entro il 2050
Ma come operare per avviare un percorso di così radicali cambiamenti nell‟utilizzo dell‟energia?
Le azioni che un Governo motivato e dotato di “visione” potrebbe avviare sono sostanzialmente di
tre tipi. Innanzitutto far crescere la consapevolezza della gravità della situazione, motivare le
persone, coinvolgere profondamente operatori privati e istituzioni locali. Senza questa
partecipazione corale ogni tentativo di modificare l‟attuale modello risulterà perdente. Serviranno
campagne di informazione, un‟azione forte nelle scuole, strumenti di indirizzo dei comportamenti.
In secondo luogo occorrerebbe una diversa distribuzione delle risorse pubbliche e private. Quindi
investimenti mirati a potenziare il trasporto pubblico, la rete ferroviaria e il cabotaggio, a creare una
rete ciclabile nazionale, a ripensare il trasporto merci nelle città. Questi esempi riguardano non a
caso il settore più critico, quello dei trasporti, ma potrebbero essere estesi ad altri comparti.
Un‟azione del Governo illuminata può inoltre favorire gli investimenti privati in aree considerate
strategiche per la gestione del cambiamento. Per esempio, stimolando la creazione di un‟industria
delle fonti rinnovabili, dell‟efficienza energetica, della mobilità sostenibile,…
In terzo luogo, un Governo motivato e autorevole dovrebbe anche usare in maniera intelligente la
leva degli obblighi e dei divieti. Impedire la vendita di elettrodomestici ad alto consumo, chiudere il
centro delle città, garantire livelli di raccolta differenziata definiti, stabilire limiti rigorosi, già in fase
di costruzione degli edifici, per i valori energetici.
Ecco perché, in questa breve trattazione, si è scelto di occuparci delle certificazione energetica
degli edifici, vista, in un‟ottica di edilizia sostenibile, come strumento principe per ottenere
significativi risultati in campo dell‟efficienza energetica.
11
2. EDILIZIA SOSTENIBILE
Come già accennato, la certificazione energetica ha, come obiettivo principe quello di raggiungere
elevati valori di efficienza energetica, in un ottica di edilizia sostenibile. All‟interno di questo campo
è possibile suddividere gli edifici attualmente esistenti sul territorio in diverse categorie a seconda
dell‟indice di efficienza energetica: questo fornisce il fabbisogno energetico (KWh/m²a) necessario
per il riscaldamento, per la produzione di acqua calda e per il raffrescamento estivo. Includendo
inoltre il consumo energetico dell‟illuminazione e degli apparecchi elettrici, si ottiene l'indice
energetico complessivo.
Tab. 3 Suddivisione degli edifici in base all‟indice di efficienza energetica.
In tutte queste categorie ovviamente l‟isolamento dei muri perimetrali gioca un ruolo fondamentale
nel bilancio energetico globale.
Proviamo a mettere a confronto, grazie ai dati fornitici da ENEA, i consumi energetici di tre
tipologie di edifici: uno tradizionale, costruito prima dell‟entrata in vigore delle norme sul risparmio
energetico in edilizia, uno a basso consumo, e infine un edificio passivo.
Tab. 4 Confronto dei consumi energetici in KWh/m²a di tre differenti tipologie di edifici. [10]
Come si può ben notare, il consumo energetico per il riscaldamento di un edificio italiano tipico
supera di sette volte quello di un edificio passivo. Al giorno d‟oggi, lo standard degli edifici a basso
consumo (25-60 KWh/m²a) corrisponde alla metà del fabbisogno termico di un edificio
convenzionale di nuova costruzione (100- 150 KWh/m²a) e a circa un quarto di quello di un edificio
di vecchia costruzione ( 200- 250 KWh/m²a).
Concentriamo perciò la nostra attenzione sull‟esempio più virtuoso dei tre visti in precedenza. La
passivhaus, secondo il termine originale di lingua tedesca, è un'abitazione che assicura il
12
benessere termico senza alcun impianto di riscaldamento "convenzionale", ossia caldaia e
termosifoni o sistemi analoghi. È detta passiva perché la somma degli apporti di calore
dell'irraggiamento solare trasmessi dalle finestre e il calore generato internamente all'edificio da
elettrodomestici e dagli occupanti stessi sono quasi sufficienti a compensare le perdite
dell'involucro durante la stagione fredda. La distribuzione del calore avviene nella maggior parte
dei casi attraverso un sistema di ventilazione controllata che recupera l'80% del calore dell'aria in
uscita. Ciò è possibile solamente se la perdita di calore attraverso le pareti esterne dell'edificio
viene minimizzata attraverso l‟impiego di materiali isolanti specifici. La trasmittanza termica dovrà
essere compresa tra 0,1 sino a 0,15 W/m²K.
Fig. 7 Schema di funzionamento di una casa passiva.
Nate in Svezia, le case passive sono diffuse principalmente in Germania ed Olanda ed in altri
paesi nord-europei. In Germania, il primo edificio di questo tipo, è stato costruito nel 1991 a
Darmstadt-Kranichstein. Si tratta di un complesso di quattro villette a schiera il cui fabbisogno
energetico ammonta in media a 10 KWh/m²anno e si mantiene stabile da 15 anni.
In Italia stanno prendendo piede con calma, nonostante in Alto Adige, questo tipo di tecnologia sia
già utilizzata da diversi anni. Il primo edificio pubblico in target casa passiva nel nostro paese è
l´Expost a Bolzano progettato dal arch. Michael Tribus nel 2004. L'edificio ha una cubatura di circa
20.000 m³ (totale di cui 12.000 m³ ristrutturati e 8.000 m³ di nuova costruzione) ed il consumo è di
7 KWh/mKa che corrisponde a meno di un litro di olio combustibile per metro quadrato annuo.
Tab. 5 Parametri caratteristici degli edifici passivi. [11]
Grazie alle indagini di aggiornamento condotte negli ultimi anni da EURIMA (European Insulation
Manifacturers Association) a proposito dello sviluppo degli standard europei d‟isolamento termico,
si è potuto constatare un continuo progresso delle tecniche costruttive soprattutto nell‟Europa
centrale. Ovviamente giocano un ruolo fondamentale i paesi scandinavi a causa delle loro
condizioni climatiche; capitanati dalla Svezia, mostrano al sud d‟Europa la strada da seguire.