La Certificazione di Qualità negli studi professionali
dottrina sulla qualità, le linee di pensiero, le ricerche, le analisi, gli
esperimenti e quant’altro relativo al mondo del settore industriale
possa essere applicato, con gli opportuni accorgimenti e adattamenti,
alle realtà di medio-piccole dimensioni che operano nel campo dei
servizi, quali appunto gli studi professionali.
Parlare di certificazione di qualità per uno studio di
Commercialisti significa accreditare che le norme organizzative, le
procedure, i comportamenti adottati sono conformi a standard
internazionali prefissati, ritenuti di qualità elevata. Non si deve
pensare che la certificazione si riferisca solo alla prestazione
professionale erogata: essa va ben oltre, mira all’organizzazione dello
studio e quindi alle modalità di funzionamento. La certificazione non
vuol dire mettere sotto osservazione le competenze e la preparazione
del professionista: esse sono già provate e riconosciute con l’esame di
stato e con l’iscrizione all’Albo.
Nel mio lavoro mi riferisco costantemente al binomio
professionisti-qualità, seguendo un percorso logico che parte
dall’esame della professione contabile del Dottore Commercialista e
Ragioniere Commercialista nel nuovo millennio e finisce con
l’osservazione del piano preparatorio di uno studio professionale che
avverte l’esigenza di adottare un Sistema Qualità con lo scopo di
conseguire un vantaggio competitivo e rendere ai propri clienti un
servizio che li lasci pienamente soddisfatti.
Il primo capitolo è, infatti, di tipo introduttivo. Esso tratta
della nascita della professione contabile, di come si presenta il
Commercialista medio oggi, di come il panorama delle professioni sia
reso confuso dal processo di riforma, in più modi teorizzato e
discusso, che si incentra su temi quali i minimi tariffari, l’esercizio
della professione in forma societaria e la pubblicità.
Questo capitolo è una necessaria premessa al secondo, il quale
tratta dapprima del concetto generale di “qualità”, poi passa ad una
disamina dei riferimenti legislativi delle norme UNI, EN ed ISO ed
Introduzione
infine si occupa del processo di richiesta ed ottenimento della
certificazione in uno studio professionale. La procedura di
certificazione viene ripercorsa per singole fasi e vengono spiegati
anche i documenti essenziali affinché l’ente convenzionato possa
rilasciare detta certificazione. Viene illustrato cosa sia un Piano di
Qualità, come si compone un Manuale di Qualità e come redigere le
procedure interne del processo di erogazione. Elementi probatori la
cui stesura segue la norma ISO 9001 e 9002 racchiusa nelle cosiddette
Linee Guida n° 27 elaborate dall’UNI con la collaborazione del
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti.
Il terzo capitolo affronta alcuni concetti e assunti teorici del
mondo della qualità, come il Total Quality Management ed i costi della
qualità. Si parla dei problemi specifici di uno studio professionale dai
quali dipende il livello di qualità che lo stesso studio è in grado di
offrire ai suoi clienti. Ci si riferisce alla formazione professionale,
all’uso delle tecnologie informatiche e alla tutela della privacy,
elementi sui quali il professionista deve far pressione se vuole
distinguersi e caratterizzarsi per la qualità della propria struttura e dei
servizi erogati, per la sua reputazione, per l’immagine positiva
percepita da clienti, fornitori, enti pubblici e privati ai quali i
professionisti si rapportano. L’ultima parte di tale capitolo esamina
invece quali possano essere i vantaggi e gli svantaggi per uno studio di
Commercialisti che si appresta o che ha appena ottenuto la
certificazione del proprio Sistema. Soprattutto ci si sofferma sul
vantaggio competitivo, su come il marchio “certificazione ISO” possa
essere sfruttato o abusato e si conclude tracciando un modello
ipotetico di come il professionista potrà essere organizzato in un
futuro non molto remoto.
I CAPITOLO
La professione di Commercialista
Sommario
I.1) La contabilità nella storia e la nascita della professione
I.2) Uno sguardo alla professione di Commercialista
I.2.1) Il Dottore Commercialista
I.2.1.1) Gli Ordini locali
I.2.1.2) Un’indagine sul Dottore Commercialista
I.2.2) Il Ragioniere Commercialista
I.2.2.1) Un’indagine sul Ragioniere Commercialista
I.3) Panorama e riforma della libera professione
I.3.1) Le tariffe
I.3.2) L’esercizio della professione in forma societaria
I.3.3) La pubblicità dei servizi professionali
I.3.3.1) La pubblicità svolta dai Ragionieri Commercialisti
I.4) Riferimenti bibliografici
La certificazione di qualità negli studi professionali
I.1 - La contabilità nella storia e la nascita della
professione
Il commercialista, inteso come “professional” qualificato e
specializzato, è un ruolo piuttosto recente. Ma il suo antenato può
essere identificato nella figura del “rationator” o “magister
rationalis”.
Le origini del ragioniere-contabile sono molto remote. Sin dai
tempi più antichi l’uomo avvertì l’esigenza di tenere conto delle
risorse costituenti il suo patrimonio. L’esigenza di quantificare la
realtà circostante diveniva un’esigenza sempre più sentita. Ed è sin
dagli albori che spiccava la funzione sociale di tale “mestiere”, la
quale andava evolvendosi in relazione allo sviluppo della civiltà umana
e delle aggregazioni sovraindividuali che si formarono al fine di
raggiungere obiettivi economico-sociali.
Elementi dell’arte professionale di contabile, piuttosto che di
ragioniere, possono essere rinvenuti addirittura nell’antichità, ad
esempio in epoca romana, durante il governo di Augusto
1
. A quei
tempi, infatti, l’incremento delle attività commerciali ed industriali
aveva portato necessariamente ad una complessità sempre più evidente
delle operazioni aziendali. Le difficoltà di registrazione e
contabilizzazione dei conti commerciali venivano attenuate attraverso
l’assegnazione di tale compito ad un soggetto che si occupasse solo ed
esclusivamente di questo.
1
Ne La Ragioneria nella Preistoria di Masi Vincenzo, emerge la figura di tre “calculator”, istruiti nelle
scuole contabili, (le cosiddette ”scholae rationibus ediscendis” che preparavano soggetti che avrebbero presto
assunto incarichi pubblici di una certa rilevanza), i quali, assoldati da un importante mercante, provvedono ad
inventariare e rilevare su di un apposito registro la quantità ed il valore monetario, espresso in sesterzi, delle
merci che giungevano dall’Africa e dalle altre province dell’impero al porto di Ostia, prima di stiparle nei
magazzini dell’impresa.
La professione di Dottore Commercialista
Nel medioevo si assiste, poi, ad un eccezionale sviluppo degli
scambi commerciali ed alla nascita di vere strutture societarie. Si passa
così dalla scrittura semplice all’utilizzo del metodo partiduplistico,
mostrando un primo accenno alla moderna ragioneria: la contabilità
serve in qualche modo ad identificare il reddito e il patrimonio, come
mezzi per indagare l’intima essenza della dinamica gestionale.
Ed eccoci finalmente alla nascita ed all’uso di scritture ormai
non più semplici ad opera di due soggetti. Il primo è un certo
Leonardo Fibonacci che, con il suo Liber Abaci (1202) introdusse la
numerazione indo-araba per rendere più semplici e più veloci i calcoli
matematico-contabili.
Il secondo è il celebre frate Luca Pacioli che, con la sua Summa
de Aritmetica, Geometria, Proporzioni et Proporzionalità (1494), introdusse
il famoso metodo della “partita doppia”.
Nel XVII secolo si assiste alla decadenza del potere politico
degli Stati italiani ed allo spostamento delle grandi linee commerciali
verso l’occidente ed il nord dell’Europa. Le aziende perfezionano i
loro metodi contabili cercando di applicare un sistema di rilevazione
della vita aziendale che fosse il più preciso e corretto possibile.
Comunque non si riesce ad eliminare il grosso divario che separa la
teoria dalla pratica. Quello che si teorizza non coincide con ciò che in
realtà si applica negli uffici di rilevazione e registrazione di ogni
azienda.
All’inizio del XIX secolo l’Italia appare in prevalenza agricola e
la teoria contabile viene soprattutto applicata alla gestione e al
governo di fondi agricoli.
Ed è proprio all’ottocento che si fa risalire la nascita del
Ragioniere vero e proprio, quando appunto nasce l’aggregazione di
Ragionieri in Collegi sulla scia del Collegio dei Ragionati della
Repubblica Veneta del 1581 e del Ducato di Milano del 1742.
La certificazione di qualità negli studi professionali
Esattamente nel 1866 viene istituito il “diploma di Ragioniere”,
quando appunto si assiste al grande risveglio della ragioneria italiana,
che rapidamente si pone al passo della pratica diffusa e riacquista
dignità a livello internazionale.
Un ulteriore contributo è fornito da Fabio Besta che teorizza il
sistema patrimoniale completando il processo di affermazione
scientifica della ragioneria. Viene così annullato il divario fra prassi e
teoria. Le grandi aziende mercantili ed artigiane, a base familiare,
riescono a trovare il metodo per misurare il patrimonio ed il suo
incremento, unici obiettivi imprenditoriali.
In apertura del I° Congresso Nazionale dei Ragionieri del 1879
viene pronunciato un breve discorso che sembra utile riportare per
intero: «La nobile professione alla quale attendete non solo è una
disciplina indispensabile al civile consorzio, dalla più modesta azienda
familiare alla vastissima che regge lo Stato, ma presuppone altresì, in
chi la esercita, l’ordine, la dignità, la più rigorosa integrità di carattere.
Singolare dote infatti della vostra disciplina è questa: che la
indispensabile condizione dell’esser suo sta nel ritrarre il vero di
un’azienda, quasi specchio fedele, e dove a ciò manchi, da necessario
sussidio che è, diventa il più pericoloso nemico di quella. Fu per
questo, o signori, che in ogni tempo, quanto meno guasti i costumi e
più schietta l’operosità cittadina, tanto maggiore fu l’onoranza e la
stima in che venne il nostro nobile ufficio; e potete essere giustamente
orgogliosi di ciò: che di pari passo al salire o discendere della pubblica
moralità, salì o discese il rispetto e la riverenza pubblica verso la
vostra professione».
Alla fine del XIX secolo la Ragioneria si può dividere in
quattro parti
2
:
2
Secondo il Cerboni, Ragioniere generale dello Stato dal 1876, in Genesi e Sviluppo della Logismografia
(1878).
La professione di Dottore Commercialista
1) studio delle funzioni dell’amministrazione
economico aziendale, avente per oggetto la determinazione delle
leggi con le quali le aziende gestiscono ed amministrano la loro
attività economica;
2) studio della contabilità al fine di comprendere
l’organizzazione aziendale e la disciplina del sistema interno di
rilevazione e registrazione degli eventi economici;
3) studio della matematica applicata ai fatti
amministrativi;
4) studio della logismografia, quale metodo per
rappresentare i fatti amministrativi dell’azienda, scorgere gli
effetti giuridici ed economici di essi e tenerli tutti raccolti in
una sola e continuata equazione.
E quattro sono anche i fini ai quali risponde la Ragioneria:
1) fornire alla didattica nazionale ed ai pedagogisti i
principi per l’educazione economico-aziendale di ciascun uomo,
in relazione alla sua condizione sociale;
2) fornire agli amministratori di qualunque azienda
principi direttivi per adempiere il loro arduo e delicato
ministero;
3) fornire ai Ragionieri i principi e le norme necessarie
alla loro professione;
4) fornire a tutte le aziende, sia pubbliche che private,
le norme e gli strumenti necessari per ben costituirsi, regolarsi
e condursi a loro fine.
Con l’inizio del secolo scorso il panorama cambia leggermente.
L’imprenditoria si svolge sotto forma di strutture societarie e gli
amministratori devono dar conto del loro operato agli azionisti, ossia
ai proprietari. Il reddito diventa il fine ultimo, anche in quanto
La certificazione di qualità negli studi professionali
strumento per misurare le capacità e la professionalità di chi ha il
compito di gestire la struttura aziendale
3
.
Il ragioniere diventa “elemento creatore di ricchezza”
contribuendo allo sviluppo economico pubblico e privato. L’ “uomo
dei conti” si manifesta sempre più utile, sia che indirizzi verso una
maggiore produzione, sia che consigli prudenza nelle scelte aziendali.
4
L’importanza e la centralità del reddito come risultato
economico diventano pilastro fondamentale del pensiero di Gino
Zappa che elabora nuovi principi fondati sull’unitarietà della gestione
aziendale, sulla sua inscindibilità, sul reddito come fine ultimo
dell’organismo produttivo e come unico parametro di riferimento.
L’evoluzione dell’arte e della scienza contabile è stata, e lo è
ancora, strettamente collegata con i cambiamenti degli scenari offerti
dagli organismi aziendali.
Gli strumenti contabili permettono di interpretare i fenomeni
economici e di offrire una serie di informazioni e di dati atti a
prevedere le future prospettive economiche di sviluppo dell’azienda e
dell’ambiente con cui essa interagisce.
La realtà aziendale appare oggi subire un ulteriore
cambiamento: il professionista, alle prese con l’impresa
contemporanea ipercomplessa, flessibile, globale, è, quindi, chiamato a
rispondere con l’elaborazione di nuove idee e di nuovi strumenti.
L’affermazione delle grandi public company spinge ad esaltare
la funzione del bilancio come strumento di informazione per tutti gli
stakeholders (dagli azionisti agli operatori del mercato finanziario):
l’informazione contabile deve rispettare il fondamentale canone della
“reliability”, dell’attendibilità della misurazione e dei processi
3
Servalli Stefania, Atti del primo seminario nazionale sulla Storia della professione contabile -Evoluzione dell’arte contabile e
scenari economico aziendali, 1999, Napoli, Cedam.
4
Servalli S., loc. cit.
La professione di Dottore Commercialista
valutativi; di qui lo sviluppo dei processi di elaborazione dei principi
contabili e delle attività di revisione.
Il management utilizza, invece, come strumento di conoscenza
della realtà che governa e dirige, non le informazioni dalla contabilità
generale, ma quelle offerte dalla contabilità analitica, elaborate
attraverso i processi di programmazione e controllo ed il sistema di
reporting.
L’obiettivo unico non è più il profitto, ma entrano in scena
altre variabili come quelle sociali ed ambientali che condizionano il
processo di sviluppo dell’azienda moderna.
Ed allora occorre porre attenzione a non cadere nello stesso
errore commesso all’epoca: il gap fra teoria e pratica. La professione
deve tenere il passo con l’evoluzione della struttura aziendale e dei
suoi elementi, deve guardare al futuro e questo può farlo solo
meditando sulla millenaria tradizione passata.
La certificazione di qualità negli studi professionali
I.2 - Uno sguardo alla professione di Commercialista
Ai fini del nostro esame, se tralasciamo quelle entità minori
che esercitano anch’esse attività professionale
5
, la professione di
Commercialista si può ricondurre a due binari diversi ma paralleli:
quello dei Ragionieri e Periti Commerciali, oggi divenuti Ragionieri ed
Economisti d’impresa, e quello dei Dottori Commercialisti ai quali
fanno capo rispettivamente due Albi e due Ordini Nazionali.
Per scendere in un’analisi più approfondita della professione
esaminiamo dapprima la figura del Dottore Commercialista e poi
quella del Ragioniere. La netta distinzione è d’obbligo per due motivi.
Il primo è che le analisi e le ricerche sono tenute separatamente per i
due Ordini, in quanto svolte dai rispettivi Collegi o Consigli
Nazionali. Il secondo motivo è che, tracciando due profili diversi, è
agevole evidenziare le differenze ed individuare invece anche i
caratteri comuni fra una figura e l’altra.
5
Ci riferiamo ai Centri di Assistenza Fiscali, alle associazioni di categoria, agli abusivi e a tutti quegli altri
soggetti o organismi che comunque svolgono un’attività più o meno assimilabile a quella dei Ragionieri e dei
Dottori Commercialisti.
La professione di Dottore Commercialista
I.2.1 - Il Dottore Commercialista
La professione di Dottore Commercialista trova il suo primo
riconoscimento ufficiale nel D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067.
Il percorso da compiere per poter diventare Dottore
Commercialista, e quindi esercitare la professione, è abbastanza lungo
e complicato.
Prima di tutto bisogna aver conseguito una laurea in economia
e commercio
6
o altro diploma di laurea equivalente.
Il secondo passo è quello di svolgere un periodo di tirocinio,
della durata di almeno tre anni, presso uno studio di Dottore
Commercialista già iscritto all’Albo
7
. La finalità del tirocinio, detto
comunemente anche praticantato, è riconducibile alla necessità di
garantire l’acquisizione di conoscenze (pratiche) relative alla
professione che si intende esercitare. Esso rappresenta, comunque, un
costo per chi è obbligato a sostenerlo, in quanto posticipa il periodo
di entrata nel mondo del lavoro. Può accadere che esso non riesca a
fornire una formazione qualitativamente elevata perché i
Commercialisti di solito delegano ai tirocinanti prestazioni semplici e
standardizzate. Pertanto, a fronte del costo imposto ai
neoprofessionisti in termini di allungamento del periodo di
formazione, non sempre si riscontra un corrispondente beneficio in
termini di “addestramento” professionale.
Per cui il tirocinio, oltre a rallentare l’inserimento dei giovani
nel mondo del lavoro ed essere al quanto “inutile” per via delle
6
Nella maggior parte delle Università italiane è stata soppressa la facoltà di Economia e commercio e
sostituita con quella di Economia.
7
La documentazione del tirocinio si evince dall’iscrizione nel Registro dei Praticanti e dal Libretto di
Tirocinio.
La certificazione di qualità negli studi professionali
prestazioni “vuote e di routine” del tirocinante, rappresenta
comunque uno sbarramento delle porte di accesso alla professione.
C’è da notare, anche, come il tirocinio non sia un’imposizione
riservata a tutte le professioni.
8
Ad esempio Architetti ed Ingegneri,
dopo la laurea, sono ammessi ad esercitare la libera professione,
previo un esame, ma senza svolgere alcun periodo di tirocinio.
Dal tirocinio si passa poi all’esame di Stato.
9
Tale esame
dovrebbe essere diretto ad accertare che il professionista abbia i
requisiti di preparazione attitudinale e capacità tecnica occorrenti per
l’esercizio della professione e dovrebbe rappresentare la garanzia
dell’esistenza dei requisiti minimi per l’esercizio dell’attività di
Commercialista.
Il controllo delle capacità e attitudini dei candidati dovrebbe
essere esercitato da una commissione esaminatrice imparziale, il cui
giudizio deve risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione
verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri
dell’esame. Quest’ultimo viene, non a caso, condotto secondo criteri
uniformi sul territorio nazionale ed è volto ad accertare l’effettiva
competenza degli aspiranti Commercialisti secondo un riconoscimento
paritario di capacità occorrenti per l’esercizio della medesima
professione. Tuttavia la scelta di formare delle commissioni presiedute
da membri dello stesso Ordine dei Commercialisti, comporta la
possibilità per essi di influenzare gli esiti del processo di selezione,
restringendo il numero di coloro che intendono accedere alla
professione al di là di quanto sarebbe giustificato su una mera base “di
merito”.
Se si è riusciti a superare le prove scritte e orali dell’esame di
abilitazione, allora si ha la facoltà di iscriversi all’Ordine dei Dottori
8
L’obbligo del tirocinio incombe, oltre ai Dottori Commercialisti e Ragionieri, anche, ad esempio, sugli
Avvocati, Revisori e Consulenti del Lavoro.
La professione di Dottore Commercialista
Commercialisti. I requisiti per l’iscrizione, oltre a quelli già visti,
prevedono la cittadinanza italiana o la cittadinanza di uno Stato estero
a condizioni di reciprocità
10
, il pieno esercizio dei diritti civili, una
condotta irreprensibile e la residenza nella circoscrizione di
competenza. Rispetto all’esame di Stato, l’iscrizione all’Albo ha
l’ulteriore finalità di sottoporre al controllo dell’Ordine l’attività
svolta dal professionista. Tuttavia, l’iscrizione stessa attribuisce
all’atto la funzione di “autorizzazione” all’esercizio dell’attività.
Alcuni
11
sostengono che la funzione dell’Ordine non è
riconducibile alla tutela dell’attività, i cui contenuti sono liberi, ma
alla tutela del titolo. A tale tutela si riconnette la funzione di
certificazione, ovvero di accreditamento di fronte al potenziale
fruitore del servizio, il quale sa che coloro che possono fregiarsi di
quel titolo possiedono determinati requisiti e appartengono all’Ordine
che ne controlla l’esercizio dell’attività.
E’ vero che ogni Dottore in Economia è libero di iscriversi o
meno all’Albo, ma se non si iscrive è vero anche che gli è preclusa la
possibilità di esercitare la professione. L’iscrizione, perciò, dovrebbe
essere volontaria e non più obbligatoria. Infatti imporre a un soggetto,
che ha conseguito un titolo professionale, anche l’obbligatoria
appartenenza all’Ordine per poter esercitare un’attività libera,
rappresenta un’ingiustificata restrizione concorrenziale, quando non si
sia in presenza di esclusive la cui attribuzione comporta la necessità di
un controllo oltre che sull’accesso anche sull’attività.
Oggi i Dottori Commercialisti sono circa 48.000 e sono iscritti
in 126 Albi territoriali.
9
L’art. 33 comma 5 della Costituzione recita: “E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini
e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”.
10
Condizioni di reciprocità significa che se un cittadino italiano può concorrere all’accesso alle professioni in
quel Paese estero, allora i cittadini di quest’ultimo possono anche decidere di svolgere l’attività professionale
nel nostro Paese, sempre che tutto sia previsto da convenzioni internazionali fra i Paesi che si contendono la
reciprocità.