Introduzione
Questa tesi prende in considerazione la cattedrale di San Giusto nei suoi aspetti
generali per quanto riguarda la sua storia, la sua architettura e le opere d’arte
che hanno contribuito nel corso dei secoli a impreziosirla, soffermandosi
ovviamente sugli aspetti medievali piuttosto che sulle opere di altra
periodizzazione, non perché ritenute di minor rilevanza ma, semplicemente non
fanno parte dell’ambito disciplinare in esame. Nonostante questa precisazione
ho ritenuto necessario menzionare ugualmente le opere che esulano dall’ambito
medievalista come il mosaico presbiteriale di Guido Cadorin, la tela della
Madonna Bambino in trono tra San Giusto e San Sergio di Benedetto
Carpaccio, la pala seicentesca di Giovanni Giuseppe Cosattini e altre ancora,
perché le ritengo imprescindibili per comprendere il fervore artistico che ha
sempre coinvolto la cattedrale triestina.
La tesi si articola in cinque capitoli di cui il primo tratterà in modo sintetico i
due edifici preesistenti alla nascita della basilica dell’Assunta e del sacello di
San Giusto, ritenuti fondamentali per comprenderne la storia e le varie
componenti che, ancora oggi, persistono sulla facciata e all’interno della
cattedrale. Il secondo capitolo, diviso in paragrafi e sottoparagrafi, argomenterà
l’origine delle due chiese romaniche fino alla nascita della grande cattedrale
trecentesca avvenuta attraverso la loro unione con riferimento agli studiosi che
ne hanno dato nel corso degli anni svariate interpretazioni cronologiche.
In questo capitolo sono presenti dei sottoparagrafi che tratteranno
principalmente la costruzione delle cappelle e la loro articolazione interna,
intesa come contenitori di opere artistiche. La parte relativa al terzo capitolo,
va precisato, non si occuperà di esaminare tutte le sculture presenti nella
cattedrale che, invece, ho citato parlando del luogo della loro collocazione.
Proponendo un esempio, la scultura di San Giusto è stata inserita nel paragrafo
riguardante il campanile per ragioni di completezza nei confronti della
descrizione della torre campanaria. In questo capitolo verranno presi in
IV
considerazione solo i diversi tipi di capitelli che arricchiscono la chiesa. La
penultima parte del mio lavoro prende in esame i pregevoli mosaici che
occupano le absidi senza la pretesa di analisi dettagliate che avrebbero
comportato una tesi monografica, peraltro, già scritta nell’ateneo veneziano
dalla dottoressa Mara Mason. Infine, ho descritto i cicli di affreschi che hanno
coinvolto, più volte, attraverso complesse vicende di restauro la curia triestina
e personalità di spicco di Trieste e non solo.
Non ho ritenuto opportuno inserire una parte dedicata solo ai restauri che, per
la complessità delle loro vicende e l’elevato numero di interventi, sarebbe stata
fuorviante rispetto al tono generale del mio lavoro. Ho ritenuto comunque
fondamentale per una buona comprensione degli eventi citarne quanto meno i
principali e quelli che hanno cambiato l’assetto della cattedrale.
Le mie ricerche sono iniziate all’interno della cattedrale quando ho deciso di
affrontare questo argomento, dopodiché ho cominciato a prendere visione del
vasto materiale che gli studiosi locali e non hanno proliferato nel corso dei
secoli, selezionandolo in base a quelle che erano mie esigenze. Ogni qualvolta
che concludevo le mie letture mi sono recata presso la cattedrale per verificare
le varie opinioni che avevo raccolto e cercare di farmi un’idea personale.
Tutto il materiale a mia disposizione è stato reperito nelle sedi bibliotecarie di
Trieste, Venezia e dell’archivio generale e l’archivio vescovile. Un
ringraziamento particolare va alla disponibilità dei bibliotecari della biblioteca
Attilio Hortis e alla Diocesi triestina che mi ha fornito la documentazione
relativa ai restauri degli affreschi dell’abside di Sant’Apollinare del 2002, il
restauro del mosaico dell’Assunta del 2004, il restauro dell’abside centrale
2005 e alcuni regesti inerenti ai restauri. Non per ultimo va il mio sentito
ringraziamento alla dottoressa Maria Grazia Cadore e agli addetti ai lavori
della Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio e per il
patrimonio storico, artistico e etnoantropologico del Friuli-Venezia Giulia
(abbreviato in SBAPPSADT mentre la sigla AF sta per archivio fotografico)
V
che si sono impegnati a farmi avere quanto prima una parte del materiale
fotografico utilizzato.
VI
I. Edifici preesistenti alla cattedrale di San Giusto
I.1. Il propileo Romano
La cattedrale di San Giusto sorge sul colle capitolino della città Tergestina,
com’era ormai consuetudine, secondo un’antica tradizione che voleva
l’avvicendarsi su questo colle dei più importanti edifici cittadini nel susseguirsi
dei secoli.
La cattedrale di San Giusto, non solo è un importante monumento per la
conoscenza storico-artistica del medioevo alto-adriatico, ma rappresenta per gli
abitanti di Trieste il simbolo della loro storia. Quest’affermazione nasce dallo
studio delle sue complesse vicende costruttive, avvenute in secoli di storia, che
s’inseriscono pienamente nel clima culturale e storico cittadino
1
.
Come ho detto in precedenza, sul colle capitolino furono costruiti notabili
edifici, taluni fondamentali e imprescindibili dallo studio della cattedrale
Tergestina.
Resti dell’antico passato Triestino sono stati individuati attraverso le varie
campagne di scavi archeologici e mediante i numerosi materiali di reimpiego,
tuttora visibili, nella cattedrale di San Giusto e nel Museo Lapidario Tergestino.
Molti materiali di reimpiego riutilizzati nel campanile e nella facciata di San
Giusto appartenevano al presunto propileo romano.
Il primo storico Tergestino a interessarsi alla preesistente struttura celatasi sotto
la cattedrale di San Giusto fu Ireneo della Croce, il quale ritenne che il propileo
1
Sul colle capitolino vanno ricercate le origini della città Tergestina. Dell’antico insediamento preromano non ci
sono giunte molte notizie. Furono trovate tracce di vari castellieri di matrice protoveneta nei colli vicini a
Trieste, come per esempio a Montebello. Questo portò a ipotizzare il Marchesetti che anche sul colle capitolino
in epoca remota s’impiantò un castelliere. L’origine stessa del nome Tergeste risale probabilmente ai tempi più
antichi. Maggiori notizie si hanno sull’avvento dei romani in prossimità dell’attuale territorio di Trieste. A
quanto pare fondarono la colonia militare di Aquileia per cominciare una guerra contro gli Istri, che stavano
avanzando in quelle terre. Si susseguirono varie guerre dal 183 a.c. al 35 a.c., anno in cui Ottaviano Augusto
stroncò per un lungo periodo le invasioni degli stranieri. Già nel 53 a.c. Giulio Cesare cercò di reprimere le
invasioni dei Giapodi, senza ottenere risultati duraturi. Con certezza Trieste fu colonia Romana dal I secolo a.c.
Grazie all’operato di Ottaviano Augusto l’antica Tergeste raggiunse un buon livello di prosperità. Su quel colle
capitolino, già precedentemente occupato, sorsero i più importanti edifici romani, quali il propileo, la basilica
forense e il foro. Ma nonostante queste edificazioni, a causa della ridotta espansione delle mura romane e la
natura pubblica degli edifici, si pensa che Trieste restasse per tutta l’età imperiale una città di servizio, delegando
alla vicina Aquileia le più importanti funzioni politiche-amministrative (cfr. Attilio Tamaro, 1976, pp.27-44).
1
fosse caduto in rovina a causa della foga distruttrice di Attila e del suo popolo e
in seguito gli fosse stato inflitto il colpo finale dal passaggio dei Goti. Ireneo
della Croce individuò nei resti del monumento <<un sontuoso arco trionfale>> e
sopra i suoi resti nacquero sia il campanile sia la cattedrale di San Giusto
2
.
A trarre in inganno lo storico furono i rilievi di carattere militare che accostò,
non a ragione, a tale edificio. Ireneo della Croce credette anche di aver
individuato il committente di questo edificio <<Porge fondamento di poter
congetturare che l’adotto Palpellio facesse fabbricare si sontuoso edificio
3
>>.
Questa convinzione fu generata dal ritrovamento dietro il campanile di San
Giusto di un architrave. Sull’architrave si trovava l’iscrizione del nome di
P.Palpellio Clodio. E ciò indusse Padre Ireneo a pensarlo il committente
dell’opera. Le indagini dello storico carmelitano furono solo le basi per i futuri
dibattiti sulla reale natura del monumento.
Nel 1814 si effettuarono, nella zona della torre campanaria, i primi scavi
sistematici condotti da Pietro Nobile
4
per impulso di Domenico Rossetti
5
.
Nel 1842 Pietro Kandler
6
e l’ingegnere Giuseppe Sforzi ripresero gli scavi
iniziati da Pietro Nobile. Questi furono provvidenziali per ampliare le
2
Ireneo della Croce, 1698, pp.548-549.
Il suo nome di battesimo era Giovanni Maria Manarutta. Prese il nome di Ireneo della Croce quando divenne
frate sotto l’ordine dei Carmelitani Scalzi. Nacque a Trieste il 25 maggio 1625. Si dedicò allo studio della storia
della sua città con l’obiettivo di comprenderne nascita e contestualizzazione nella storia europea. Fu conoscitore
curioso e appassionato di tutte le tradizioni attinenti alla sua Trieste. Nel 1698 pubblicò la sua grande opera
“Historia antica e moderna, sacra e profana della città di Trieste” di cui la seconda parte uscì postuma. Morì a
Venezia nel 1713.
3
Ireneo della Croce, 1698 , p.551.
4
Pietro Nobile nacque a Campestre nel Canton Ticino nel 1774. Dopo i primi studi nella città di Trieste
frequentò in seguito l’Accademia di San Luca a Roma.Durante l’esperienza romana imparò ad apprezzare dal
vivo i monumenti classici. Entrò in contatto con importanti personalità della cultura neoclassica dell’epoca, tra
cui Canova. Fece numerosi viaggi in tutta l’Europa, allargando cosi il suo raggio culturale, ma fu sempre legato a
Trieste, dove risiedeva il fratello Antonio con il quale ebbe una proficua corrispondenza per tutta la vita.
L’architetto Pietro Nobile fu nominato nel 1807 direttore delle fabbriche a Trieste. Successivamente fu nominato
consigliere aulico del Dipartimento Costruzioni e direttore dell’accademia di Belle Arti a Vienna. A Vienna si
spense nel 1854. Tra le sue molte opere iniziò gli scavi presso il campanile di San Giusto che purtroppo furono
interrotti e ripresi nel 1842 per merito di Pietro Kandler.
5
Domenico Rossetti nacque a Trieste nel 1774. Effettuò gli studi giuridici a Vienna, dove nel 1800 si laureò.
Nonostante nel 1802 esercitò l’avvocatura a Trieste, s’interessò costantemente degli studi storici e letterari. Fu
grande amico di Pietro Nobile per tutta la sua vita. Nel 1810 fondò la società di Minerva e poi, in collaborazione
con altri illustri personaggi fondò la rivista di interesse locale l’”Archeografo Triestino”tuttora esistente.
6
Pietro Kandler nacque a Trieste il 23 maggio del 1804. Fu uno dei maggiori storici Triestini. Studiò a Vienna. I
suoi interessi per la storia Istriana furono incoraggiati da Domenico Rossetti. Fin da bambino mostrò una
spiccata intelligenza. Fece i primi studi a Trieste, sotto il Governo Francese. Continuò gli studi nel Ginnasio di
Capodistria e poi presso l’Università di Padova, dove fece giurisprudenza. Frequentò molto le biblioteche
Imperiali a Vienna. L’ultimo anno di giurisprudenza lo fece a Pavia, dove si laureò. Nel 1826 lavorò presso lo
2
conoscenze sulle preesistenti romanità. Grazie a Pietro Kandler la zona di scavo
fu estesa anche all’interno della cattedrale e fuori dal campanile. Sempre a
Kandler si deve l’apertura di due fornici sul campanile per vedere il podio con le
antiche colonne e parte dell’edificio superstite inglobato nel campanile.
Tale intervento permise il ritrovamento di importanti reperti, tra cui fregi,
capitelli, frammenti di colonne e una cuspide avente i simboli di Giove, Giunone
e Minerva. Proprio quest’ultimo elemento indusse Kandler a pensare che
l’antico edificio fosse il pronao tripartito di un tempio capitolino dedicato alle
suddette divinità. Inoltre a rafforzare questa convinzione ci fu il ritrovamento di
un’altra piramide votiva che si trovava sul tetto della basilica dell’Assunta, ora
presso l’Orto Lapidario, e fu rimossa proprio dal Kandler nel 1866. Entrambe le
cuspidi rappresentavano lo stesso soggetto che simboleggiava la triade
capitolina
7
. A ciò si aggiunge il nome della contrada dietro il campanile. Tale
contrada si chiama Caboro, termine che secondo Kandler richiama la parola
Capitolium.
In più per Kandler era estremamente logico che all’edificio religioso
dell’Assunta avente una cuspide, probabilmente fu preceduta da un’altra
costruzione religiosa con cuspide. Questa tesi fu accolta da numerosi studiosi tra
cui Gino Gartner
8
e Pietro Sticotti
9
.
Con le successive campagne di scavo molte di queste ipotesi furono ribaltate.
studio dell’avvocato Rossetti. Qui Kandler ebbe la possibilità di collaborare alle pubblicazioni
dell’”Archeografo”. Fu mentre lavorava con Rossetti che cominciò a studiare gli Statuti di Trieste. Si occupò
degli Statuto delle principali città dell’Istria, Parenzo, Polo e altre. Il suo più importante lavoro sfocia nel
monumentale “Codice Diplomatico Istriano”. A Kandler si devono importanti scavi che hanno dato contributi
notevoli per capire la nascita e lo sviluppo della cattedrale di San Giusto. Dopo una vita ricca di successi si
spense il 18 gennaio 1872 (cfr. Gaetano J. Merlato, 1872).
7
Il soggetto rappresentato nelle cuspidi era un’aquila uncinata. Nella parte destra c’è un pavone che fa la ruota e
due corone mentre sulla sinistra c’è uno scudo scutulato con la Gorgone, sotto ci sono degli uccelli e sopra un
elmo.
8
Fu un importante architetto Triestino dei primi del Novecento. Fu appassionato conoscitore della storia
Triestina e della cattedrale di San Giusto. Tra le sue opere spiccano “Uno studio su la basilica di San Giusto” del
1914 e “La basilica di San Giusto” del 1926.
9
Fu direttore del Civico Museo di Storia ed Arte. Nel 1934 sotto la sua direzione fu eseguita la risistemazione
dell’Orto Lapidario Tergestino.
3
Nel corso dei lavori condotti da Ferdinando Forlati
10
, vennero fatti degli
interventi per valorizzare le passate costruzioni.
Forlati individuò tre diversi livelli pavimentali, sempre a lui va il merito di aver
abbassato la piazza per visualizzare al meglio parte del basamento antico in
pietra di Aurisina
11
su cui fu fondata la trecentesca facciata in pietra di
Arenaria
12
della cattedrale.
Se pur Forlati dubitava dell’esistenza di un tempio, ne fece comunque una
ricostruzione grafica provvista di trabeazione e timpani che coronavano i due
avancorpi dell’edificio. Per Forlati quest’opera doveva essere datata al II secolo
d.c.
13
.
Fu Mario Mirabella Roberti
14
che per primo, nel 1949, diede una nuova
interpretazione ai ritrovamenti romani. Sostenne che il fabbricato non era un
pronao facente parte di un tempio bensì un propileo isolato
15
.
La sua convinzione fu rafforzata dalle scoperte che vennero alla luce nelle
seguenti campagne di scavo, soprattutto nei lavori del 1951. I lavori furono
condotti dall’architetto Fausto Franco con la preziosa collaborazione di Mario
Mirabella e del geometra Dario Gerlini. I lavori nacquero con l’intento di
10
Ferdinando Forlati nacque a Verona nel 1882. Dopo gli studi ingegneristici decise di interessarsi alla sua
passione per l’arte occupandosi di restauro. Nel 1910 divenne Architetto presso la Soprintendenza ai monumenti
di Venezia. Nel 1926 ottenne l’incarico di Soprintendente alle opere di antichità e d’arte del Friuli-Venezia
Giulia. Ebbe l’opportunità di collaborare, ripetutamente, con le riviste “Bollettino d’Arte” e “Arte Veneta”.
La sua fama lo portò a essere ricercato anche all’estero. Lavorò fuori dalla sua nazione in vari intervanti di
restauro, tra cui quello di Santa Sofia a Ohrid in Jugoslavia. Tra i numerosi restauri italiani citerò solo
l’intervento svolto nella cattedrale di San Giusto negli trenta, quale lavoro fondamentale ai fini del mio discorso.
Dopo una lunga carriera, colma di successi, si spense a Venezia nel 1975 (cfr.Guglielmo De Angelis D’Ossat,
1975).
11
E’ una pietra calcarea estratta dalla cava romana di Aurisina, ora vicino alla stazione ferroviaria di Bivio
Aurisina. Grazie alle sue caratteristiche è possibile estrarre grandi massi monolitici. Le apprezzabili qualità della
pietra di Aurisina quali omogeneità, compattezza, mancanza di fessurazione e uniformità di grana l’hanno resa
esportabile sia nel resto d’Italia sia all’estero. Per esempio si avvalsero di questo materiale la stazione centrale di
Milano e il castello di Miramare a Trieste.
12
Chiamata Arenaria o Arenite è una roccia di origine sedimentaria composta di granuli delle dimensioni di un
granello di sabbia. La composizione chimica dei granelli di sabbia varia a seconda del luogo di estrazione.
Solitamente i granuli sono legati tra loro da un cemento abitualmente è carbonato di calcio, ossido di ferro, silice.
13
Ferdinando Forlati, 1934, p.117.
14
Mario Mirabella Roberti conseguì il 21 dicembre 1932 la laurea in Lettere e filosofia presso l’Università
Cattolica di Milano. Negli anni successivi fu assistente volontario nell’istituto di filologia presso l’Università
Cattolica fino al 1935. Lasciò Milano per ricoprire la carica di Direttore del Museo dell’Istria a Pola di occuparsi
degli scavi istriani. Fu in questa occasione iniziò il suo interesse per l’arte alto.adriatica. Nella sua vita ricoprì
innumerevoli ruoli in varie città. Si occupò dell’insegnamento umanistico nelle scuole medie, superiori e
università, dove insegnò a lungo Archeologia cristiana a Trieste. Fu soprintendente alle Antichità della
Lombardia e della Liguria. A Trieste si occupò a lungo degli scavi inerenti alla cattedrale di San Giusto,
ottenendo eccellenti risultati.
15
Mario Mirabella Roberti, 1975, p.420.
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