4
leggi e la dura opposizione clericale, vendevano pubblicazioni
protestanti. Non fa eccezione la storiografia sulla Claudiana cui sono
stati dedicati soltanto due studi: uno, promosso dalla stessa casa editrice,
per la celebrazione del I° centenario; l’altro, di Gabriella Solari, che
della Claudiana ha analizzato l’organizzazione produttiva e le rete di
vendita del colportaggio.
Relativamente al primo volume, nel 1956 l’allora direttore della
Claudiana, Roberto Nisbet, diede alle stampe un volumetto di poco più
di un centinaio di pagine che raccontava le vicende di quella che era stata
la prima casa editrice evangelica italiana. Cento anni di stampa
evangelica
3
è sicuramente un primo indispensabile strumento per
conoscere la storia della Claudiana: vi si delineano a grandi linee le
tappe che hanno portato alla creazione della Società di Trattati religiosi
per l’Italia e dell’annessa Tipografia Claudiana e tutti i principali
avvenimenti di quei primi cent’anni. Nonostante una certa enfasi, sin
dalle prime righe appare chiaro che l’intento del direttore era da una
parte quello di celebrare un popolo e la sua conquista della stampa, e
dall’altra quello di indicare una strada da seguire per coloro che
intendessero intraprendere uno studio sistematico della casa editrice in
questione.
In realtà, prima che il tema della Claudiana venga affrontato in
maniera sistematica, passeranno altri quarant’anni. Produzione e
circolazione del libro evangelico nell’Italia del secondo Ottocento. La
casa editrice Claudiana e i circuiti popolari della stampa religiosa
4
di
Gabriella Solari, è infatti l’unico testo che si è interessato
3
Cento anni di stampa evangelica. La Claudiana 1855-1955, Torre Pellice, Libreria Editrice
Claudiana, 1956.
4
G. SOLARI, Produzione e circolazione del libro evangelico nell’Italia del secondo Ottocento. La
casa editrice Claudiana e i circuiti popolari della stampa religiosa, Manziana (Roma), Vecchiarelli
editore, 1997.
5
approfonditamente delle vicende della casa editrice torinese; difatti come
la stessa Solari afferma: «Se nella storia dell’evangelismo italiano
numerosi sono i riferimenti alla Claudiana, non esistono studi sistematici
sull’argomento»
5
. Tuttavia, anche il testo della Solari non affronta il
problema delle origini preferendo soffermarsi sul rapporto tra la
produzione e la diffusione della letteratura popolare-religiosa in Italia
durante la seconda metà dell’Ottocento e in particolare sulla figura dei
colportori. Pertanto tutta una serie di questioni relative alla nascita di
questa casa editrice è rimasta a lungo senza le necessarie risposte: perché
nasce la Claudiana? con quali mezzi? chi sono i protagonisti? quali
vicende hanno caratterizzato i primi anni della sua esistenza? è riuscita
nel suo scopo?
Le pagine che propongo in questo lavoro tentano di ricostruire le
vicende che portarono i valdesi a diventare i capofila di una minoranza
religiosa capace di intervenire nel mercato editoriale, nella speranza di
operare una evangelizzazione sempre più vasta ed efficace.
Ogni tentativo di ricostruzione deve necessariamente iniziare
dall’Editto di Emancipazione del 17 febbraio 1848 che riconosceva i
diritti civili e politici alle minoranze religiose. È infatti a partire da
questa data che la comunità valdese decide di uscire dalle Valli e inizia a
mettere in pratica quella libertà di cui non aveva mai potuto godere.
Negli anni immediatamente successivi, uno dopo l’altro
incominciarono ad essere pubblicati i primi giornali valdesi: mi riferisco
a «L’Echo des Vallées Vaudois», a «La Buona Novella», ma anche
all’almanacco «L’amico di casa». Si tratta dei primi esperimenti di una
stampa che nel volgere di un decennio diventerà il punto di riferimento
per tutti i protestanti italiani. Un’editoria protestante che suscita
5
Ibid., nota 18, p. 18.
6
immediatamente sdegno e scalpore nel clero piemontese: inevitabile
pertanto anche un accenno alla decennale polemica che contrappose
«L’Armonia» di don Margotti e le «Letture Cattoliche» di don Bosco a
«La Buona Novella» del pastore Meille.
A metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento, su iniziativa del
pastore Meille, nasceva la Società di Trattati religiosi per l’Italia e
l’annessa Tipografia Claudiana. Contrariamente a quanto è accaduto ai
documenti di fondazione di numerose altre case editrici, i materiali
relativi alla costituzione vera e propria della Società e della Tipografia
Claudiana sono perfettamente conservati presso l’Archivio Storico della
Tavola Valdese e l’Archivio Storico della Società di Studi Valdesi a
Torre Pellice; pertanto è da lì che ogni lavoro di analisi deve cominciare.
Qui si possono ritrovare ancora i carteggi che svelano gran parte dei
passaggi che hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo della
Claudiana. Mi riferisco alla corrispondenza del pastore Meille, l’artefice
e l’ideatore, ai verbali di fondazione e a quelli delle riunioni, e anche ai
primi rapporti del Comitato direttivo della Italian Evangelical
Publication Society.
Nel corso di questo lavoro verranno presentati alcuni documenti
che danno una spiegazione più esaustiva dei motivi che portarono alla
creazione di una società di trattati religiosi. Si cercherà, attraverso la
ricostruzione dei primi trent’anni di attività, di evidenziare quanti e quali
sforzi furono fatti nella speranza di evangelizzare l’Italia.
Verrà analizzato non soltanto il target delle vendite, ma anche il
tipo di prodotto: libri di cultura biblica e teologica, liturgia e innologia,
opere polemiche e apologetiche, pubblicazioni di carattere storico, testi
di letteratura popolare e infantile, Sacre Scritture e stampa periodica. Si
ricorderà la figura dei colportori, ossia di quei venditori ambulanti che
7
con il loro carretto contribuirono a diffondere ovunque i testi evangelici,
ma anche alcuni degli autori che legarono indissolubilmente il loro nome
a quello della Claudiana, come Luigi De Sanctis ed Emilio Comba.
Nonostante la consapevolezza che le vicende di questa piccola
casa editrice non incisero sulla storia del Risorgimento, siamo altrettanto
consapevoli che così come di un mosaico si può dire che sia concluso
solo dopo avere inserito tutte le tessere che lo compongono, così la storia
di quel fondamentale periodo si potrà dire scritto solo dopo aver
composto insieme le numerose vicende che la letteratura ha finora
ignorato in quanto “minori”.
8
Capitolo Primo
I valdesi tra emancipazione, libertà e stampa
Nel 1848, in un’Italia in cui era profondamente radicata la cultura
cattolica e in cui lo spazio per le altre religioni era ridotto ai minimi
termini, destò sicuramente sorpresa, e in taluni anche ansia e
preoccupazione, la comparsa di periodici e di una pubblicistica
protestanti. Non poteva essere altrimenti: a distanza di sei secoli, l’unica
eresia medievale sopravvissuta, quella valdese, tornava alla ribalta in
virtù dell’Editto di Emancipazione e dello Statuto Albertino. Legittimata
dallo Stato sabaudo, essa poteva inserirsi appieno nella società,
sfruttando quella libertà di stampa che le avrebbe concesso l’opportunità
sia di pubblicare i propri testi, sia di farsi realmente conoscere da quanti
sino ad allora vedevano nei “barba” (così venivano chiamati i valdesi in
Piemonte) un pericolo costante all’integrità della fede cattolica; una
libertà che venne vissuta dal clero di Santa Romana Chiesa come
un’insidia portata nelle case di una popolazione per la maggiore
analfabeta e poco preparata anche sul piano dottrinario.
6
6
Il timore e il disappunto provocato dalla comparsa di una stampa protestante, appare evidente da
questo passaggio dell’articolo Il protestantesimo pubblicato su «La Civiltà Cattolica» (uno dei
principali organi della stampa cattolica intransigente assieme a l’«Armonia»): «vengono eziando in
aiuto giornali venduti ad ogni nequizia, e uomini ribaldi che prestano la loro opera per diffondere
scritture maligne, bibbie falsificate e stravolte, insinuando nei popoli che per questa via essi
giungeranno alla grandezza nazionale, alla felicità civile; né vi mancan governi che … vi lascian
fare». («La Civiltà Cattolica», a. I, vol. 1, Napoli, sabato 1° giugno 1850, p. 588).
9
1. La situazione nelle Valli e in Italia all’indomani della
Restaurazione
Per poter comprendere pienamente il percorso e le ragioni che
hanno portato alla creazione della prima casa editrice protestante in Italia
è necessario, ed inevitabile, ricollegarsi agli anni che seguirono la caduta
di Napoleone. La Restaurazione, nel tentativo di liquidare le idee
illuministe e rivoluzionarie, aveva favorito il recupero di tutte quelle
forze che più ne avevano subito l’impatto, prima tra tutte, la Chiesa
cattolica; il risultato fu che quest’ultima, nuovamente reinvestita del
ruolo di guida della società civile, potè riprendere – se mai furono
interrotte – le pratiche di intolleranza religiosa. In Italia, così come in
altri paesi, si tornò infatti a discriminare le minoranze religiose (ebrei e
protestanti) privandole dei diritti civili.
Uno dei primi atti conseguenti alla Restaurazione fu l’abolizione
delle leggi napoleoniche al fine di ripristinare l’ordinamento giuridico
antecedente. Il disincanto, per tutti coloro che sotto la Repubblica e
l’Impero avevano goduto della condizione di cittadini con eguali diritti
politici e civili, fu enorme, dal momento che la legislazione napoleonica
aveva riconosciuto a tutti il diritto di professare la propria fede
liberamente, eliminando quindi alla radice ogni forma di discriminazione
religiosa.
Altro effetto del clima di Restaurazione, fu il tentativo di
controllare la stampa, che in quegli anni era divenuta una presenza
abituale e in continua espansione in tutta Europa. Negli stati assolutistici
si tornò ad ostacolarla con la censura, con il divieto di diffondere
pubblicazioni a sfondo liberale o democratico e con la chiusura
10
poliziesca dei fogli di opposizione. In realtà anche se queste misure
costrinsero spesso alla circolazione clandestina, rallentando pertanto il
processo di circolazione delle idee, ben difficilmente riuscirono a
contenere un fenomeno ormai sempre più in ascesa, inarrestabile. La
British & Foreign Bible Society, una società biblica che era nata a
Londra nel 1804 con il preciso scopo di rendere accessibile al popolo la
Bibbia, si prese l’impegno di far giungere ai protestanti italiani le Sacre
Scritture; le difficoltà che incontrava nel realizzare questo suo proposito,
permettono di conoscere le problematiche condizioni in cui si trovavano
ad operare quei riformati desiderosi di entrare in possesso di Bibbie
curate dai protestanti d’oltralpe o dagli inglesi. Compito delle società
bibliche era infatti quello di tradurre, stampare e diffondere le Sacre
Scritture nonostante i numerosi impedimenti che trovavano sul loro
cammino: in Piemonte, per esempio, all’indomani della Restaurazione
Vittorio Emanuele I tornava a far rispettare gli antichi editti restrittivi
7
,
tra cui quello che vietava di stampare libri o di importarli senza previa
autorizzazione. Così nel Regno di Sardegna, come del resto in quasi tutta
Italia, la diffusione dei testi evangelici divenne ardua.
Il clima di Restaurazione pertanto comportò una riorganizzazione
non solo nelle comunità statali, ma anche all’interno della comunità
valdese: «Come fa il re nel suo regno, i valdesi si vedono dunque
costretti a restaurare il loro piccolo mondo … riallacciare o incrementare
il loro rapporti con il mondo protestante europeo … importare Bibbie di
nascosto … e gestire al meglio l’esistente»
8
. Ciò nonostante, i protestanti
7
Tra gli editti che i valdesi consideravano i più odiosi v’erano quelli che stabilivano l’obbligo di
contribuire al mantenimento del clero cattolico e il divieto di contrarre matrimoni misti o di aprire
scuole.
8
D. TRON, Fra discriminazioni e libertà civili. I valdesi nel Piemonte sabaudo prima del 1848, in B.
Bellion, M. Cignoni, G.P. Romagnani, D. Tron, Dalle valli all’Italia. I valdesi nel Risorgimento (1848
– 1998), Torino, Claudiana Editrice, 1998, pp. 9-46, p. 24.
11
residenti a Torino poterono godere di una certa tranquillità, grazie
soprattutto alle numerose ambasciate estere (Prussia, Inghilterra,
Olanda), la cui presenza imponeva al re un comportamento tollerante, o
comunque politically corrett.
La Bibbia che veniva importata clandestinamente nello stivale era
la versione italiana del Diodati
9
, pubblicata a partire dal 1808 dalla
British & Foreign Bible Society. Per quanto il clima politico fosse
decisamente cambiato, la circolazione dei libri evangelici trovava quindi
un valido aiuto proprio nella Società Biblica di Londra che aveva creato
una rete clandestina per poter rifornire l’esigua comunità di riformati
italiani. L’itinerario che portava alla diffusione delle Bibbie nel nostro
paese era piuttosto tortuoso, poiché da Londra, i testi passavano
attraverso le isole di Malta e di Sicilia dove stazionavano le forze inglesi
e da lì risalivano la penisola. Ad onor del vero, solo un deposito venne
costantemente rifornito dalla Società Biblica londinese, e cioè quello di
Livorno poichè là si era stabilita da tempo una nutrita colonia mercantile
inglese con annessa chiesa
10
. Un ulteriore contributo alla diffusione
venne dalla fondazione nel 1816 di una Società Biblica fra i Valdesi ad
opera del pastore di Torre Pellice, Pietro Bert
11
e del pastore di Losanna,
Antoine Monastier. La società anche se ebbe vita difficile a causa della
bufera reazionaria seguita ai turbolenti anni 1820-21, dimostrò come
pure all’interno del paese vi fosse la concreta possibilità di adoperarsi
per la diffusione.
9
La Bibbia del lucchese Giovanni Diodati venne stampata per la prima volta a Ginevra nel 1609; in
Italia era considerato un libro proibito. Da quando venne pubblicata in Italia nel 1868, sarà utilizzata
dalla maggior parte degli evangelici italiani sino ai primi del Novecento, e ancora oggi, molti di loro
la utilizzano.
10
Cfr., G. SPINI, Studi sull’evangelismo italiano tra Otto e Novecento, Torino, Claudiana Editrice,
1994, p. 90.
11
Pare che l’idea per la fondazione anche in Italia di una Società Biblica sia stata suggerita a P. Bert
dal pastore inglese rev. Thomas Sims al principio del 1815. (Cfr. R. NISBET, Cento Anni di Stampa
Evangelica. La Claudiana 1855 – 1955, Torre Pellice, Libreria Editrice Claudiana, 1956, p. 20)
12
Il numero maggiore di copie entrato in Italia in quel periodo non si
deve ad una improvvisa cessazione dei divieti, quanto piuttosto
all’esigenza da più parti manifestata di nuovi e più “liberali” contatti con
il mondo esterno. Così già nel 1847, l’anno successivo alla salita al
soglio pontificio di Pio IX (il papa delle grandi illusioni, colui che
sembrava essere un liberale pronto a dare il suo contributo
all’unificazione dell’Italia), l’attività della Società Biblica inglese in
Italia divenne sempre più intensa. Lentamente e forse anche
inconsciamente gli evangelici si trovavano sempre più coinvolti nella
lotta politica del Risorgimento.
Non era un fatto strano che all’estero ci si interessasse alla causa
dei protestanti; vi era infatti in Italia una presenza evangelica che si
estendeva dalle valli valdesi del Piemonte sino alla Sicilia
12
. Anche se il
nucleo maggiore era rappresentato dai valdesi della Val Pellice e della
Val Chisone, nel resto dell’Italia vivevano altre piccole comunità
formate per la maggiore da francesi, inglesi e tedeschi, ma anche da
italiani di recente conversione. Dato che i valdesi avevano avuto una
scarsissima visibilità in un paese egemonizzato dalle forze cattoliche, e
che la loro posizione geografica li relegava in piccolissimo angolo
d’Italia, nel corso della loro storia essi avevano inevitabilmente trovato
dei punti di riferimento nelle grandi capitali europee come Ginevra,
Amsterdam o Londra. Qui, presso le università locali, i futuri pastori
valdesi compivano i loro studi, formandosi pertanto all’insegna di una
mentalità “europea”. Nelle Valli, inoltre, si usava prevalentemente il
francese sia per una questione di abitudini secolari sia per mantenere
12
Particolarmente nutrita era la comunità protestante di Messina, grazie anche alla numerosa presenza
inglese.
13
vivo il legame con la Francia, paese in cui ha avuto origine il movimento
valdese.
All’indomani della Restaurazione, le difficoltà incontrate dai
valdesi nel Piemonte reazionario coinvolsero anche attori stranieri: il
filo-valdismo diveniva così un segno distintivo dell’opinione liberale di
tutta Europa, un sentimento che doveva per forze di cose anche
coinvolgere i liberali piemontesi e che verrà sfruttato al meglio da
Cavour per mantenere buoni rapporti con l’Inghilterra.
Vi era in Italia una discreta presenza di altre comunità riformate
oltre a quella valdese, una presenza che era dovuta soprattutto al
movimento del Réveil ginevrino
13
ed era ispirata dal pensiero teologico
di Alexandre Vinet
14
, il quale, opponendosi a qualsiasi commistione di
Stato e Chiesa, proponeva la formazione di chiese libere. Nelle Valli
valdesi il Réveil era arrivato nel 1825 portato dal pastore svizzero Felix
Neff, che con la sua predicazione contribuì a smuovere le acque
all’interno della comunità, provocando accese discussioni e
contrapposizioni.
Tra le nuove comunità di convertiti e i valdesi non correvano
buoni rapporti. Questi ultimi venivano infatti accusati di non essere a
13
Costituite nell’ambito del movimento europeo del Risveglio, le comunità evangeliche libere
ponevano in risalto la necessità di una concezione soggettivistica della fede quale premessa per il
conferimento del battesimo e della comunione, e si richiamavano ad una autonomia di origine biblica.
La prima di queste comunità fu fondata a Ginevra nel 1816. Il concetto annesso di Chiesa libera
indicava pertanto una chiesa protestante indipendente dallo Stato e i cui membri dovevano confermare
formalmente la propria appartenenza. Questi esperimenti si realizzarono nella Svizzera occidentale,
dapprima nel Vaud e poi con maggiore successo a Ginevra. Il movimento del Risveglio ebbe larga
diffusione nella Svizzera di lingua francese. Due i principi cardine del Risveglio: 1) la religione non è
un fatto di nascita ma di convinzione; 2) la religione non consiste solo nell’accettazione di una
dottrina e dell’autorità della chiesa ma in una vita di dedizione e impegno sociale. All’interno del
Réveil, l’atteggiamento di apertura religiosa e la concezione soggettivistica della fede si univano in
una forma di devozione, in cui l’aspetto missionario e sociale erano centrali, capace di opporsi all’idea
di una Chiesa di Stato e all’indifferenza religiosa e altresì capace di accogliere tra le sue fila tendenze
separatiste.
14
Alexandre Vinet (Ouchy, Losanna 1797 – Losanna 1847), teologo e pensatore protestante, ideatore
del «Réveil». Fu per un certo periodo anche presidente della Facoltà di Teologia di Losanna.