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CAPITOLO IV
1. Storia ed evoluzione del complesso della ex GIL di Montesacro
Tra le più importanti Case della G.I.L. vi è quella di Montesacro, nella città-giardino Aniene,
progettata dell’architetto Gaetano Minnucci nel 1934. Il progetto venne approvato dalla
Commissione Edilizia Comunale nel 1935 e si trattò della terza casa della G.I.L. più importante
d’Italia, dopo quella del Foro Mussolini e di Trastevere.
Inizialmente il complesso doveva sorgere su un lotto di superficie pari a circa 7.800 mq,
con una larghezza massima di 60 m. Il progetto era organizzato attorno ad una corte aperta
con la realizzazione di due blocchi distinti funzionalmente, ossia quello della palestra e quello
della casa della G.I.L. vera e propria che al suo interno comprendeva gli uffici, la biblioteca, il
teatro ed altri locali.
Già dal primo progetto erano chiare le intenzioni dell’architetto, ossia semplicità e
chiarezza dell’impianto planimetrico per rispondere a ben precise esigenze funzionali. I volumi
erano collegati mediante percorsi a terra piuttosto articolati e tramite aeree pensiline al livello
della copertura, una parallela a viale Adriatico e l’altra ortogonale alla prima, tra la palestra ed
il teatro.
Nella relazione che accompagnava il progetto si poteva leggere che “L’architettura ha
quella sobrietà della destinazione dell’edificio e si vale principalmente del giuoco delle masse
dei fabbricati che saranno riuniti tra loro da due ardite pensiline di collegamento poste
all’altezza delle terrazze di copertura. Le facciate saranno in linea di massima eseguite in
stucco romano con tinteggiature ‘a cementite’ di tono chiarissimo mentre delle zoccolature,
gradinate e riquadri di travertino conferiranno una certa nobiltà all’edificio. Così pure la parete-
fianco della palestra verso l’ingresso sarà arricchita da un bassorilievo scultoreo in travertino
che, con la gradinata di accesso, costituirà certo un insieme non privo di monumentalità.”.
In seguito, l’area a disposizione venne portata a circa 16.000 mq, il che portò ad un
ampliamento della casa e alla sistemazione dell’esterno con l’inserimento di campi da gioco.
Alla casa vennero aggiunte due piscine, una scoperta ed una al coperto, posta al di sotto del
teatro, entrambe dotate di ingresso indipendente da via Monte Berico. Inoltre, venne
progettato e realizzato un nuovo edificio di tre piani che doveva ospitare la Scuola di Economia
Domestica, anch’esso con ingresso indipendente.
Il passaggio dal modesto edificio al complesso poi realizzato, si verificò parallelamente
a due eventi. Il primo fu la sostituzione di Enrico Del Debbio con Luigi Moretti nell’ufficio tecnico
dell’O.N.B., mentre il secondo fu l’assorbimento dell’Opera stessa dalla Gioventù Italiana del
Littorio, un’organizzazione più propriamente politica.
L’edificio realizzato prevedeva sempre i due blocchi distinti per funzioni, ma il loro
collegamento avveniva mediante un porticato che correva parallelamente a viale Adriatico,
con i due ingressi posti simmetricamente rispetto ad esso. Tale porticato, che sostituiva una
della due pensiline del progetto iniziale, al piano superiore ospitava la sala del consiglio.
Il complesso, inizialmente progettato per l’O.N.B., una volta realizzato venne affidato alla
G.I.L. e, nel 1941, venne ulteriormente ampliato con la costruzione di un edificio che in parte
collegava i due precedenti, ancora una volta su progetto di Minnucci. Tale edificio era il
Collegio destinato ai corsi di formazione per 250 Istitutrici della G.I.L. che venivano reclutate
mediante un concorso nazionale bandito nel giugno dello stesso anno. La realizzazione di
questo blocco edilizio snaturò completamente l’organizzazione degli spazi esterni e dei campi
da gioco.
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Figura 4.1: Planimetria originale, pianta a quota -3.30
Figura 4.2: Planimetria originale, pianta a quota +1.20
Figura 4.3: Planimetria originale, pianta a quota +5.50
Figura 4.4: Planimetria originale, pianta a quota +9.80
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2. La palestra
Il tema della palestra, al tempo, era un tema relativamente nuovo e Minnucci prese
ispirazione dai suoi numerosi viaggi per trovare una soluzione planimetrica adatta alla
funzione. Inoltre, nel volume “Progetti di costruzione: Case del balilla – palestra – campi
sportivi – piscine ecc..” di Del Debbio, erano date indicazioni dimensionali e costruttive. In tale
volume era scritto che la palestra doveva essere realizzata su un piano rialzato rispetto a
quello stradale e che la sua dimensione massima doveva essere di 540 mq, con un rapporto
tra lunghezza e larghezza di 1:0,6 ed un’altezza di 6 o 7 m. Per ogni individuo frequentante la
palestra dovevano essere previsti dai 6 agli 8 mq di spazio. Per quanto concerne gli aspetti
costruttivi, il pavimento doveva essere abbastanza elastico, con minima sonorità e non doveva
produrre polvere, per questo la soluzione consigliata era uno strato di asfalto a cui veniva
sovrapposto un foglio di linoleum di sughero. Le pareti, lisce e senza spigoli, dovevano essere
intonacate o, se possibile, rivestite in legno o con lastre di lavagna. Gli spogliatoi dovevano
essere disposti in modo tale da poter essere raggiunti senza dover passare per la palestra,
così da evitare il trasporto di polvere dall’esterno. Essi erano dimensionati in base al numero
di frequentatori, per cui era previsto 1 mq di spazio, e dovevano essere dotati di docce, lavabi
e gabinetti. A questi ultimi era bene che si potesse accedere anche senza il passaggio
all’interno degli spogliatoi.
Il corpo di fabbrica realizzato nella G.I.L. di Minnucci misurava circa 45x26,5 m, con
un’altezza massima di 14,5 m, e la palestra vera e propria, di dimensioni in pianta pari a circa
41x21 m era, al tempo, la maggiore palestra italiana.
L’accesso era collocato sul lato sinistro del portico, al piano rialzato era posta la palestra
vera e propria che occupava interamente la larghezza e l’altezza del corpo di fabbrica mentre
sul lato lungo erano sistemati, su tre livelli, i locali accessori. Al piano terreno erano distribuiti
i vestiboli, il magazzino per gli attrezzi e gli spogliatoi per 50 allievi. Al primo piano erano
presenti ulteriori spogliatoi con bagni, sia per gli allievi che si esercitavano nei campi all’aperto
sia per le squadre in speciale allenamento, mentre al secondo piano era posto un grande
Figura 4.5: Planimetria originale, pianta a quota +14.10
Figura 4.6: Veduta generale del complesso
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locale da adibire a dormitorio nel caso di soggiorno di squadre di organizzati, anch’esso dotato
di servizi. La copertura dell’edificio era sistemata a terrazza da utilizzare come solarium,
fiancheggiata da un porticato. Tali piani erano serviti da due rampe di scale in posizione
simmetrica, una vicino l’accesso principale e l’altra accanto all’uscita verso i campi da gioco e
la piscina scoperta.
L’areazione e l’illuminazione dell’ambiente avveniva con un sistema di aperture piuttosto
particolare. Due grandi serie di aperture modulari erano disposte su tutta la lunghezza
dell’ambiente, una serie verticale sulla parete verso viale Adriatico ed una serie orizzontale
sulla terrazza di copertura dal lato opposto. Questa soluzione permetteva un’illuminazione
uniforme ed un’areazione costante senza danno per gli atleti che frequentavano la palestra.
La serie di aperture verticali era formata da tre file di sovrapposte di 39 bucature, di dimensioni
pari a 73x73 cm e profondità pari a 62 cm, collocate al di sotto del controsoffitto che
nascondeva le travi. La chiusura era realizzata con serramenti in ferrofinestra con apertura a
bilico orizzontale apribili in serie, posti sul filo interno della parete. Le aperture orizzontali, con
stesse dimensioni, erano ricavate da un graticcio che si staccava dal controsoffitto e che
schermava la presa di luce proveniente da ritagli sul solaio di copertura chiusi da piastre in
vetrocemento.
L’illuminazione artificiale andava a riprendere gli stessi punti-luce dell’illuminazione
naturale, infatti le lampade erano poste in corrispondenza delle aperture.
Internamente, all’altezza delle aperture, correva un ballatoio a cui si accedeva tramite
due scale simmetriche. Il ballatoio era separato dal grande ambiente della palestra da un
graticcio in cemento che ripeteva lo stesso schema delle aperture.
Strutturalmente, la palestra presentava, sul lato verso viale Adriatico, un muro portante
‘alla romana’, ossia in tufo con ricorsi di mattoni, dello spessore di circa 50 cm. Sulla sommità
di tale muro era poi stato realizzato un graticcio in cemento armato su cui andavano ad
innestarsi le alte e fitte travi della copertura che si incastravano, sul lato opposto, nell’ossatura
in cemento armato della zona adibita ai servizi. Il telaio era palesato all’interno dai grandi
pilastri a tutta altezza, mentre, all’esterno, sia dal rapporto delle aperture che si ripetevano
con lo stesso interasse e con le stesse dimensioni per tutti e quattro i piani, sia dal porticato
che emergeva al livello della copertura.
I rivestimenti esterni erano in lastre di marmo di Carrara su tre pareti, mentre la quarta,
che affacciava sulla corte esterna, era ricoperta ad intonaco, e vi si aprivano in serie le finestre
degli ambienti di servizio.
Il pavimento era in linoleum mentre le pareti interne, come il soffitto, erano intonacate e
tinteggiate con colori chiari.
Figura 4.7: Foto d'epoca della palestra (esterno)