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un fondamentale tassello nell’opera di modernizzazione del sistema
finanziario italiano. La nuova legge, infatti, dischiude agli intermediari
importanti possibilità ostacolate fino ad oggi proprio dalle incertezze del
quadro normativo. L’Italia, fino a meno di un anno fa, era l’unico paese
europeo a non disporre di una normativa sulla cartolarizzazione, con la
conseguenza che tali operazioni, anziché avvenire in Italia, venivano
realizzate all’estero.
In Italia, la cessione di portafogli di crediti, intesa come strumento
alternativo alla raccolta di liquidità, per lungo tempo è stata considerata
esclusivamente nell’ambito di operazioni di factoring
1
.
1
L’istituto del factoring è disciplinato dalla Legge 21 Febbraio 1991, n. 52. Si tratta di un
contratto attraverso il quale un soggetto (che deve essere un imprenditore) cede ad un altro soggetto
(c.d. factor, che deve essere una banca o un intermediario finanziario, con capitale non inferiore a 5
volte il capitale minimo previsto per le s.p.a. – 200 milioni) i suoi crediti – purché derivino da
contratti stipulati dal cedente nell’esercizio della sua attività di impresa – presenti e futuri, a fronte
dell’immediata corresponsione del valore dei crediti ceduti, dedotta la commissione per il factor. In
base a tale legge:
• La cessione avviene, quindi, verso corrispettivo, con il risultato di dare risalto alla
componente di scambio inglobata nel contratto rispetto ad altre cause possibili quali, ad
esempio, il finanziamento o il mandato ;
• Sono cedibili sia i crediti futuri che i crediti in massa, purché sia identificato il debitore e
limitatamente ai contratti che saranno stipulati entro i ventiquattro mesi successivi alla
data della cessione ;
• È invertita la regola civilistica per cui la cessione del credito si presume effettuata senza
rivalsa nei confronti del cedente (“pro-soluto”): salvo patto contrario, vi è una presunzione
“pro-solvendo” che assiste le cessioni di crediti di impresa ;
• Quanto alle norme dettate in materia di revocatoria in caso di fallimento del debitore, si
stabilisce che il pagamento compiuto da questi al cessionario non sia soggetto alle
disposizioni dell’articolo 67 del R.D. n. 267/1942; inoltre, è previsto che l’efficacia della
cessione verso i terzi non sia opponibile al fallimento del cedente, qualora il curatore provi
che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza quando ha eseguito il pagamento .
15
In assenza di una normativa riferita specificamente alla
cartolarizzazione, in Italia sono state effettuate diverse operazioni di
questo genere, tuttavia avvalendosi di intermediari stranieri
2
. Ciò
derivava, prima ancora che dalla assenza in Italia di operatori
specializzati in possesso di una adeguata esperienza, dai vincoli imposti
dalla normativa vigente, con particolare riferimento all’istituto della
cessione di crediti, disciplinata agli articoli 1260-1267 del Codice Civile
.
Affinché la securitization potesse svilupparsi in Italia era necessario
che, come negli Stati Uniti e negli altri paesi anglosassoni, ove prima si è
diffusa, ci fossero le condizioni (normative ed economiche) per
realizzare, entro i nostri confini, l’intero ciclo della cartolarizzazione, e
non soltanto la prima parte .
2
Soltanto intorno alla prima metà degli anni ’80 sono state realizzate, da parte di alcune società
di leasing, operazioni di smobilizzo di crediti che possono avvicinarsi alla securitization. Le prime
operazioni di securitization sono state realizzate soltanto a partire dal 1990, e le strutture sinora
adottate per realizzarle sono tutte basate su schemi oramai consolidati negli Stati Uniti. L’unica
peculiarità della securitization italiana è che essa prevede normalmente il coinvolgimento di due
distinti veicoli: uno italiano che acquista i crediti; l’altro estero che colloca i titoli sul mercato. Le
ragioni della suddivisione delle funzioni di acquirente e di emittente tra due soggetti operanti in
diverse giurisdizioni vanno ricercate non solo nelle barriere civilistiche e fiscali che rendevano fino ad
oggi non appetibile una “obbligazione” italiana e nell’esistenza di mercati esteri più maturi, ma anche
nell’esigenza di eliminare il rischio di fallimento dell’originator cedente : R. GHIO, tratto da “La
documentazione tecnico-giuridica nel contesto di un’operazione di securitization italiana”, in <Lo
sviluppo della securitization in Italia>, Bancaria Editrice, 1995, Roma .
16
Infatti, i momenti essenziali e terminali di questo ciclo sono
essenzialmente due :
1. la cessione “pro-soluto”, ad una società terza, del portafoglio
crediti da smobilizzare, onde alleggerire il bilancio del cedente
(“originator”) ;
2. la raccolta dei fondi necessari per acquisire il portafoglio
medesimo, mediante l’emissione dei valori mobiliari garantiti da
detto portafoglio (“Asset-backed securities , Abss” – cioè i titoli
derivanti dalle operazioni di cartolarizzazione dei crediti) .
Nelle cartolarizzazioni che sino a prima della Legge n.130/99 erano
state effettuate da cedenti (“originators”) italiani si era potuto realizzare
solo uno dei due momenti essenziali predetti : la cessione “pro-soluto”
del portafoglio dei crediti. Non invece il secondo, cioè l’emissione dei
valori mobiliari necessaria per raccogliere i fondi occorrenti per
acquisire il portafoglio medesimo. Per questa emissione ci si è sempre
dovuti rivolgere a società straniere; il che ha poi determinato, in più o
meno larga misura, l’attrazione in ordinamenti stranieri anche di quelle
operazioni inerenti alla securitization, “in primis” la cessione “pro-
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soluto” del portafoglio da smobilizzare, che pur si potevano svolgere
nell’ordinamento italiano
3
.
Si poneva quindi il problema di creare anche in Italia i presupposti
per la nascita di soggetti di diritto “ad hoc” che, al pari delle società
veicolo anglosassoni (“Special purpose vehicles, Spv”), potessero
realizzare sia la cessione “pro-soluto” del portafoglio da titolarizzare, sia
la raccolta dei fondi contro l’emissione dei valori mobiliari garantiti dal
portafoglio ceduto (le “Asset-backed securities”), e così l’intero ciclo
della securitization .
Il problema, che sino ad oggi non aveva consentito l’emissione in
Italia dei valori mobiliari garantiti dal portafoglio dei crediti così ceduti
(cioè le “Asset-backed securities”), scaturiva dagli stretti limiti entro i
quali queste emissioni erano consentite dalla legge italiana,
segnatamente in base all’art. 2410 c.c.
4
, richiamato dall’art. 11 della
3
Si determinava, in questo modo, un quadro penalizzante per le operazioni di securitization
che imponeva l’innaturale sdoppiamento della “Spv” in due società :
• una in Italia per la cessione del portafoglio crediti, peraltro appesantita dall’immobilizzo di
capitale imposto dalla Legge n. 52/91 sul factoring, che rende in partenza poco economico
adibire a “Spv” una società di factoring ;
• l’altra, per la raccolta dei fondi e l’emissione dei valori mobiliari, all’estero :
C. RUCELLAI, tratto da “La securitization in Italia : prospettive e soluzioni normative” ,
in <Lo sviluppo della securitization in Italia> Bancaria Editrice, 1995, Roma .
4
“L’articolo 2410 c.c. limita per una società l’emissione di obbligazioni in funzione di un certo
rapporto con il capitale sociale (1° comma : <La società può emettere obbligazioni al portatore o
nominative per somma non eccedente il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio
approvato>). Fin quando esisterà questo limite o fino a quando non sarà emanata una normativa ad
hoc per la securitization per esentare la società veicolo da questo stesso limite, non sarà possibile
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Legge bancaria, e dalla normazione secondaria emanata dal Cicr ai sensi
di detta disposizione . Trattasi di una normativa che, anche là dove
deroga ai rigidi criteri di cui all'art. 2410 c.c., fa sempre e comunque
riferimento al capitale ed alle riserve dell'emittente come parametro per
stabilire l'entità dell'emissione consentita. L'ammontare consentito
dell'emissione obbligazionaria e/o di valori diversi dalle obbligazioni è
insomma sempre parametrato a criteri di adeguatezza riferiti al
patrimonio proprio del soggetto emittente.
Trattasi, a ben vedere, di una cautela tecnica stabilita in
applicazione del principio fondamentale fissato dall'art. 2740 c.c., in
forza del quale il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i
suoi beni presenti e futuri o, in altri termini, del principio che la garanzia
del creditore è costituita dal patrimonio del debitore.
realizzare operazioni di cartolarizzazione in Italia, dovendo ricorrere ad intermediari internazionali” :
A. TAGLIAVINI – T. SEBTON, tratto da “L’esperienza italiana ed europea a confronto”, in <Lo
sviluppo della securitization in Italia>, Bancaria Editrice, 1995, Roma .
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Talché, in caso di raccolta di risparmio tra il pubblico mediante
emissione di obbligazioni e/o altri valori mobiliari, il legislatore si
preoccupa che questi impegni verso gli investitori non eccedano certi
limiti prefissati dal legislatore stesso e riferiti al patrimonio del soggetto
emittente che di questi impegni costituisce la garanzia.
È facile osservare che questa nostra normativa si basa sul
presupposto che il soggetto emittente è un autonomo imprenditore
commerciale, il quale persegue fini economici suoi propri e per il quale,
pertanto, l'emissione obbligazionaria è uno strumento di finanziamento
per il perseguimento dei propri fini statutari.
In questo quadro normativo la costituzione di un veicolo finanziario
italiano a destinazione speciale, sul modello della “Spv”, sarebbe stato
pertanto antieconomico e non competitivo. Posto che una securitization
difficilmente è concepibile per impegni globali inferiori ai 100 miliardi,
il conteggio del capitale che occorrerebbe immobilizzare per una
emissione di valori mobiliari ai sensi della normativa sopra richiamata è
presto fatto. Trattasi, in ogni caso, di un immobilizzo di capitale che va
in senso opposto allo scopo della securitization, che è quello di
smobilizzare attivi patrimoniali, e non certo di immobilizzarli.
20
Al contrario, le “Spv”, che negli ordinamenti anglosassoni vengono
costituite allo scopo di emettere le “Asset-backed securities”, cioè i
valori mobiliari garantiti dal portafoglio dei crediti (“receivables”), non
incontrano limiti normativi analoghi a quelli che, prima della Legge n.
130/99,erano stabiliti dall'ordinamento italiano. Sta di fatto che, le “Spv”
sono società costituite “ad hoc”, veicoli speciali costituiti al solo scopo
della securitization. Si tratta, come si è visto, di un'entità costituita senza
un fine imprenditoriale proprio, ma al solo scopo di realizzare la
securitization, ovviamente con i minori costi possibili e, pertanto, senza
immobilizzo di capitale. Sta di fatto che la “Spv” non ha alcun motivo di
dotarsi di mezzi propri, posto che le è inibito di intraprendere qualsiasi
operazione estranea o comunque diversa dal perseguimento del solo fine
che le è proprio. Una dotazione di mezzi propri della “Spv” sarebbe
dannosa ai fini della securitization non soltanto in quanto
controproducente immobilizzo di capitale, ma anche perché i mezzi
propri richiedono un'amministrazione ed una gestione, e quindi
comportano dei rischi e comunque dei costi, compresi ad esempio quelli
del personale, che sarebbero non solo penalizzanti, ma potenzialmente
inquinanti per il fine proprio della “Spv”, in quanto potrebbero generare
21
degli impegni e quindi dei creditori concorrenti con il solo ceto creditizio
naturale della “Spv”, costituito (oltre che da quei soggetti – terze parti
garanti, c.d. “credit enhancers” – che, in base ad appositi accordi,
forniscono ulteriori garanzie ai titoli emessi dalla società emittente, al
fine di migliorarne la valutazione del merito di credito – “rating”) dai
sottoscrittori dei valori mobiliari da questa emessi
5
.
5
N. MELZI, tratto da “Vantaggi e opportunità derivanti dalla securitization”, in <Lo sviluppo
della securitization in Italia>, Bancaria Editrice, 1995, Roma .
22
1.2 – La struttura delle operazioni di cartolarizzazione
Con la recente approvazione della Legge 30 Aprile 1999, n. 130
sulla cartolarizzazione dei crediti, anche l’Italia si è finalmente dotata di
una legislazione coerente con quella degli altri paesi finanziariamente
sviluppati e consona a realizzare obiettivi di rafforzamento della struttura
creditizia, grazie agli indubbi vantaggi – di tipo allocativo e di sviluppo
dei mercati – che la cartolarizzazione comporta.
L’approvazione della legge è stata preceduta da un lungo iter
legislativo cadenzato da successive riscritture del disegno di legge, le
quali hanno via via recepito le proposte e le osservazioni formulate nel
corso del vivace dibattito tra esperti della materia e operatori finanziari,
da un lato, e autorità e legislatore, dall’altro.
Questa operazione si inserisce nel complesso degli interventi
legislativi sul settore del credito, che sono stati realizzati su tre terreni
principali: la privatizzazione degli istituti di credito, la riforma delle
fondazioni bancarie e la disciplina della cartolarizzazione.
La legge al nostro esame risponde ad un’esigenza di notevole
rilievo, per il fatto che il mercato, che con questa norma può venirsi a
23
costituire, può essere misurato in termini quantitativi sull’ordine di
grandezza di 100 mila miliardi nel settore bancario e su una cifra
imprecisata, ma di consistenza analoga, per operazioni di
cartolarizzazione originate nel settore delle imprese.
La norma arriva con un certo ritardo, perché all’estero operazioni di
questo genere sono state compiute ormai da tempo; anzi, quella che
all’estero viene chiamata la finanza innovativa riguarda operazioni di
questo tipo e dunque il settore nel quale i saggi di incremento delle
operazioni sono più rilevanti.
Per cartolarizzazione o titolarizzazione dei crediti
(securitization), si intende la “mobiliarizzazione” di attività preesistenti,
vale a dire la conversione in strumenti finanziari negoziabili di crediti
preesistenti, onde riceverne immediatamente la relativa liquidità; infatti è
una tecnica che consiste nel tramutare poste contabili, attività
patrimoniali, che tornerebbero liquide dopo molto tempo, in attività
prontamente liquidabili
6
.
6
Tra le disposizioni più interessanti contenute nella Legge del 30 Aprile 1999, n.130, si
segnala in particolare l’art.1, nel cui 1° comma , al fine di meglio delimitare l’ambito di applicazione
della normativa , viene fornita una definizione di cartolarizzazione : “ La presente legge si applica
alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari ,
sia esistenti sia futuri , individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti , quando
ricorrono i seguenti requisiti : a) il cessionario sia una società prevista dall’articolo 3; b) le somme
corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti siano destinate in via esclusiva, dalla società
24
La securitization è un’operazione di finanza strutturata che consiste,
in buona sostanza, nella cessione in massa di crediti, o di altre attività
finanziarie non negoziabili ( come ad esempio crediti commerciali,
prestiti , impieghi ), idonei a produrre flussi di cassa pluriennali, e nella
loro successiva trasformazione in titoli di debito negoziabili collocati sui
mercati dei capitali ( come ad esempio obbligazioni, che sono facilmente
negoziabili in quanto quotate e quindi velocemente monetizzabili ).
La cartolarizzazione, che può essere richiesta da imprese
commerciali, ma anche da banche, finanziarie e società operanti nel
mondo finanziario, risponde ad un triplice ordine di esigenze :
1. in primo luogo, la conversione di crediti può risultare vantaggiosa per
la società che li detiene nel proprio portafoglio, posto che essa può
acquisire liquidità in tempi più rapidi di quelli che sarebbero imposti
dalla attesa della scadenza del termine di pagamento dei crediti stessi
da parte del debitore ;
2. in secondo luogo, contribuisce a favorire lo sviluppo dei mercati
finanziari mediante l’immissione di nuovi titoli, che possono
costituire una valida alternativa alle opportunità di impiego del
cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società,
per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione”.
25
risparmio già esistente , purché si determinino alcune precise
condizioni
7
.
3. in terzo luogo, la cartolarizzazione consente di realizzare una gestione
innovativa dei rischi derivanti dal portafoglio crediti, mediante la loro
ripartizione su un numero elevato di sottoscrittori tramite il ricorso al
mercato, evitando in tal modo l’eventualità che la banca disponga di
una provvista non correlata, per tasso e durata, agli impieghi.
La tecnica della cartolarizzazione ha avuto origine negli Stati Uniti
d’America tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta ed è
stata realizzata “in primis” su mutui ipotecari e, successivamente, su una
vastissima gamma di tipologie di crediti ( “receivables”
8
, usando la
terminologia anglosassone ), quali ad esempio i crediti derivanti da carte
di credito, i finanziamenti concessi per l’acquisto di autovetture o per la
7
Da questo punto di vista , la cartolarizzazione potrebbe risultare particolarmente opportuna
nel nostro paese che , rispetto ad altri , si caratterizza per la ristrettezza dei listini dei titoli quotati nei
mercati regolamentati . Il mercato finanziario italiano , pur avendo registrato negli ultimi anni tassi di
crescita assai significativi , è infatti un mercato prevalentemente secondario ; il volume degli scambi
che riguardano titoli già in circolazione è infatti ampiamente superiore alle nuove emissioni .
Nonostante il fatto che nel corso dell’ultimo quinquennio siano state effettuate diverse operazioni di
collocamento di partecipazioni , derivanti in parte dalla politica di privatizzazione di imprese
pubbliche e in parte dalle esigenze di rafforzamento patrimoniale di alcune imprese , e in particolare
di quelle più esposte alla concorrenza straniera , la disponibilità di nuovi titoli appare ancora
largamente inferiore alla domanda costituita dai flussi crescenti di risorse indirizzate dagli
intermediari finanziari verso l’investimento azionario o obbligazionario. Secondo alcuni osservatori ,
il ricorso alla cartolarizzazione potrebbe contribuire in misura rilevante ad ampliare i listini dei titoli
negoziabili , attenuando in tal modo la pressione , che in qualche caso è apparsa eccessiva , su alcuni
dei titoli già disponibili : S. VITALE , in <Il regime giuridico delle operazioni internazionali di
“securitization”.La cartolarizzazione>, Edizioni Cedam, Padova .
8
Tecnicamente, viene definito come <receivable>: “any right to receive cash”.
26
realizzazione di infrastrutture, i crediti concessi nell’ambito di operazioni
di leasing, nonché i crediti correnti di imprese commerciali e i crediti al
consumo ( c.d. “trade receivables” ) . In ogni caso, qualunque sia
l’attività ceduta, è essenziale che la struttura finanziaria della stessa sia
in grado di generare la liquidità necessaria (“cash flow”) ad assicurare
prima il regolare pagamento degli interessi e, alla scadenza, il rimborso
del capitale agli investitori che hanno acquistato i titoli di debito garantiti
dai “receivables” oggetto dell’operazione .
Nelle esperienze estere i crediti oggetto di cartolarizzazione sono
prevalentemente relativi a contratti standardizzati e a crediti “buoni”,
cioè non incagliati o inesigibili. La cartolarizzazione non è impiegata per
lo smobilizzo dei crediti ad alto rischio o “in sofferenza”, ma come
strumento per migliorare l’allocazione del portafoglio degli istituti di
credito. La legge, tuttavia ( come dimostrano le recenti operazioni
effettuate dalla Banca di Roma, dalla BNL e dalla Cassa di risparmio di
Firenze relativamente a crediti “non performing” ), lascia ampio margine
discrezionale nella scelta dei crediti che possono essere cartolarizzati,
non escludendo la cessione di titoli di credito scarsamente solvibili. La
trasformazione anche di questi ultimi crediti in strumenti negoziabili
27
agevola il loro trasferimento ad altri intermediari o ad investitori finali,
in virtù del miglioramento della combinazione rischio/rendimento offerta
dai titoli di credito oggetto di cartolarizzazione.
In realtà sotto l’etichetta di “cartolarizzazione” – ovvero di
“securitization” – vengono classificate diverse strutture finanziarie ,
ciascuna caratterizzata da problematiche peculiari nonché da differenti
tecniche di effettiva realizzazione . Il comune denominatore tra tali
tipologie di operazioni è ravvisabile nell’analogo fine delle stesse; tale
fine infatti consiste nel realizzare i seguenti obiettivi :
1. isolare i flussi di cassa derivanti da determinate categorie
dell’attivo di bilancio del cosiddetto “originator” ( il prenditore finale
dei fondi raccolti sul mercato ) ;
2. porre tali flussi a garanzia – talvolta unica – dei pagamenti
dovuti a fronte dell’emissione di titoli ( cosiddette “Asset-backed
securities o “Asset-backed notes”)
9
;
9
Tale fine può essere perseguito con varie modalità. In particolare, l’emittente dei titoli
derivanti dalla cartolarizzazione (comunemente denominato “Special Purpose Vehicle”) può
coincidere direttamente con il cessionario degli “asset”, ovvero può concedere a un terzo cessionario
un finanziamento “limited recourse” ( cioè a regresso limitato ), il cui rimborso è legato alla
performance delle attività sottostanti : G. ARTALE, A. PAMPANA, C. RAJOLA, tratto da “Le
operazioni di cartolarizzazione”, in <Guida alla Securitization>, Bancaria Editrice, 2000, Roma.