del 2000, dalla decisione di elaborarla, presa a Colonia nel giugno del
1999, su iniziativa della presidenza di turno tedesca.
Non tutto ha però inizio a Colonia, nonostante fossero state molte le
ragioni, legate in prevalenza ai contenuti economici dell’integrazione
europea, per le quali non si era voluto compiere prima questo passo. Non
bisogna dimenticare, infatti, il graduale inserimento dei diritti
fondamentali tra i principi generali dell’ordinamento comunitario ad
opera della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e a partire poi
dalla seconda metà degli anni ottanta, l’evidenza assunta dagli stessi nei
Trattati europei: con il preambolo dell’Atto Unico Europeo, dove gli
Stati membri si dicono “decisi a promuovere insieme la democrazia
basandosi sui diritti fondamentali”; negli articoli 6 e 7 del testo
consolidato del Trattato sull’Unione Europea, che riaffermano quei diritti
e prevedono sanzioni per gli Stati che li violino. Lo stesso articolo 6
richiama, quali fonti principali dei diritti, la Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e
le tradizioni comuni degli Stati membri. Non bisogna tralasciare alcuni
fondamentali momenti della vita comunitaria nel campo dei diritti
sociali, quali la Carta Sociale Europea e la Carta Comunitaria dei Diritti
Sociali Fondamentali dei Lavoratori.
A Colonia – come detto in precedenza – si è presa la decisione di
elaborare la Carta, coscienti del fatto che la tutela dei diritti
fondamentali, senza distinzioni tra diritti civili e politici o sociali ed
economici, deve costituire la base per il futuro dell’Unione Europea. Un
documento, una dichiarazione che ha per riferimento la persona umana
ed i diritti che la caratterizzano. Diritti che in gran parte erano già propri
dell’ambiente giuridico comunitario, ma che, da questo momento in poi,
trovano una via d’accesso più visibile e diretta nell’ordinamento e nella
vita quotidiana dell’Unione.
L’ambizione della Carta è di rendersi ispiratrice e guida
dell’avanzamento della costruzione comunitaria, fino a portarla alla
formazione di una Costituzione e di un démos europei.
Il mio lavoro intende analizzare la Carta di Nizza sia dal punto di
vista strettamente comunitario, sia, approfondendone le tematiche, da
quello del diritto del lavoro.
Il primo capitolo propone una trattazione storica dell’iter
attraverso il quale si è giunti all’elaborazione della Carta, con particolare
attenzione all’importanza che ha avuto il Trattato di Amsterdam nella
riqualificazione dei diritti fondamentali nell’ambito del diritto europeo;
segue un’analisi dei contenuti generali, all’interno della quale ho voluto
dare risalto agli aspetti innovativi rispetto al diritto comunitario vigente;
infine, ho riservato particolare attenzione agli obiettivi sanciti dal
mandato di Colonia e al conseguente attuale valore giuridico di
dichiarazione politica del documento.
Il corpo centrale è dedicato ai diritti sociali e all’evoluzione del
diritto del lavoro in seguito alla promulgazione della Carta. Qui, con
metodo deduttivo, ho cercato di chiudere progressivamente la visuale: da
una valutazione generale dei diritti sociali presenti, ho in seguito ristretto
le valutazioni al solo Capo IV, il più ricco ed innovativo da questo punto
di vista. Infine, la mia attenzione si è focalizzata in particolare su un
articolo – il 28 – che ritengo fondamentale, in quanto introduce i diritti di
contrattazione collettiva e di sciopero tra i principi generali del diritto
comunitario.
L’ultima parte guarda alla costruzione del “Modello Sociale
Europeo”, con considerazioni rivolte al presente, al passato e al futuro
dei diritti fondamentali.
In primo luogo, ho ritenuto necessario accennare alla situazione
dei diritti fondamentali sia all’interno di alcuni Stati membri, sia tra i
paesi dell’est europeo, alcuni dei quali entreranno a far parte dell’Unione
a partire dal gennaio 2004.
Secondariamente, è opportuno ricordare che i diritti fondamentali
sono figli soprattutto della giurisprudenza europea, che spesso ha
sopperito alle lacune dell’ordinamento giuridico comunitario con la
propria creatività: per questo motivo ho voluto analizzare brevemente
alcune sentenze precorritrici della Corte di Giustizia delle Comunità
Europee e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Conseguentemente, il mio lavoro si chiude con un’analisi del
futuro della Carta alla luce del dibattito in corso e dei lavori della
Convenzione per la stesura di una Costituzione Europea, nella quale la
Carta di Nizza dovrebbe avere un ruolo fondamentale.
Capitolo I
Parte generale: la Carta di Nizza
I.I Iter storico: dal Trattato di Roma alla promulgazione
della Carta
I.I.I Dalle origini della Comunità al Trattato di Maastricht
E’ cosa evidente che il processo d’integrazione europea iniziato
negli anni ’50 aveva in origine una finalizzazione essenzialmente
economica. Le preoccupazioni sociali che si potevano cogliere nel
Trattato di Roma erano relegate sullo sfondo, mentre tutto lo sforzo
progettuale era diretto alla ripresa economica attraverso il miglioramento
dell’efficienza dei meccanismi competitivi. Per i padri fondatori della
Comunità europea “le preoccupazioni sociali erano seconde rispetto a
quella di promuovere un grande mercato unificato, fondato sulla
concorrenza”
1
.
Lo status di minorità giuridico-istituzionale dei diritti
fondamentali rispetto alla costituzione economica comunitaria dipese
non solo dalla decisione di favorire un’economia aperta ed in libera
concorrenza, ma anche dalla scelta di considerare ogni stato nazionale
1
M. ROCCELLA – T. TREU, Diritto Del lavoro della Comunità europea, Padova, CEDAM, 1997.
come protagonista della politica sociale, relegando l’ordinamento
comunitario a funzioni di direttiva e di coordinamento.
I padri fondatori, in realtà, non avevano neppure previsto la
politica sociale tra quelle comuni. Il Trattato di Roma, al riguardo,
attribuiva alla Comunità competenze esclusive molto limitate: in
particolare quelle concernenti la libera circolazione dei lavoratori, la
parità retributiva tra uomini e donne e la sicurezza sociale dei lavoratori
migranti. Erano materie funzionali alla creazione del mercato unico e
all’obiettivo di eliminare le sperequazioni che potevano alterare le
condizioni della concorrenza.
Per l’attuazione di principi sociali, il Trattato “si limitava ad
enunciare obiettivi generali che gli Stati membri avrebbero poi attuato
nell’esercizio delle loro competenze riservate”
2
. L’opera comunitaria di
armonizzazione sociale era affidata “allo strumento, di difficile
attuazione, delle direttive adottate all’unanimità”
3
.
La nascita di un sistema di tutela dei diritti fondamentali è frutto
dell’attivismo giurisprudenziale della Corte di Giustizia che, a partire
dalla sentenza Stauder
4
, afferma che “i diritti fondamentali fanno parte
dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza in
ambito comunitario”. Non diversamente l’anno successivo, nel
caso Internationale Handelsgesell-schaft
5
, la tesi dell’incorporazione
2
G. ARRIGO, Il diritto del lavoro dell’Unione Europea, Milano, Giuffrè, 1998.
3
L. DEL PEZZO, L’Europa sociale e l’Europa dei diritti, in Aa.Vv., Regionalismo, federalismo,
welfare state, Milano, Giuffrè, 1997.
4
Sentenza Stauder/Città di Ulm, del 12 novembre 1969, causa 29/69, in Racc., 1970,
pag.419
5
Sentenza Internationale Handelsgesellschaft GmbH/Einfurh und Vorratstelle fuer Getreide und
Futermittel del 17 dicembre 1970, causa 11/70, in Racc. 1970, p. 1125.
dei diritti fondamentali tra i principi generali dell’ordinamento
comunitario viene ribadita dalla Corte, che si preoccupa anche di
precisare che il giudizio sulla validità e legittimità degli atti emanati
dalle istituzioni della Comunità deve essere effettuato alla luce del diritto
comunitario allo scopo di preservarne “l’unità e l’efficacia”.
Tra le altre pronunce della Corte che gettano le basi per la tutela
dei diritti fondamentali ricordo: la sentenza Nold
6
, in cui la Corte
afferma che i diritti fondamentali, pur protetti in quanto principi generali
dell’ordinamento, non costituiscono però prerogative assolute, essendo
sottoposti a limiti giustificati dagli obiettivi di interesse generale
perseguiti dalla Comunità; il caso Gronan
7
, che rappresenta un esempio
significativo della maestria della Corte, la quale allo scopo di evitare
contrasti con la costituzione irlandese in tema d’aborto, arriva a definire
quest’ultimo come un servizio ai sensi dell’art.50 (ex art.60) del Trattato
CE.
“Non si può negare che all’interno della CE i diritti fondamentali
abbiano finito per ricevere tutta l’adeguata protezione attraverso il
judical activism della Corte di Giustizia”
8
, ma il ruolo della Corte, oltre
ad avere innegabili aspetti positivi, ha anche vincoli legati al suo modo
di operare. Sul tema, Tiziano Treu
9
ha affermato che “il ruolo della
Corte di Giustizia (…) ha tutti i vantaggi della progressività e della
6
Sentenza Nold, Kohlen und Baustoffgrosshaundlung/Commissione delle Comunità europee del 14
maggio 1974, causa 4/73, in Racc. 1974, p. 491.
7
Sentenza Gronan del 4 ottobre 1991, causa 159/90, in Racc.1991, p. 4684.
8
M. BIAGI – R. SALOMONE, “L’Europa sociale e il diritto del lavoro: il ruolo della “European Social
Charter”, in Lav. Giur., 2000, p. 415.
9
T. TREU, “Diritti sociali europei: dove siamo”, in Lavoro e diritto, n.3, autunno 2000, p. 434.
riflessività (…), ma ha d’altra parte quei limiti di visibilità, di certezza e
quindi anche di organicità e di incisività".
Oltre ai principi contenuti nelle sentenze della Corte accumulatesi
dai primi anni ’60, i diritti fondamentali trovano spazio in modo
frammentario all’interno di alcune carte europee.
La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali
10
, firmata poco meno di due anni dopo la
fondamentale Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
11
, riunisce
tutti i diritti umani, tutelandoli attraverso la Corte Europea dei Diritti di
Strasburgo.
La tutela dei diritti sociali, invece, è affidata alla Carta Sociale
Europea
12
, la Carta dei Diritti Sociali Fondamentali dei Lavoratori
13
e la
Carta dei Diritti Sociali Fondamentali
14
.
Tuttavia, la netta preminenza delle politiche nazionali in materia
sociale non viene sostanzialmente scalfita sino all’emanazione dell’Atto
Unico Europeo
15
ed alla firma del Trattato di Maastricht
16
, che ampliano
sensibilmente gli spazi di politica sociale comune fra i paesi membri.
10
CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e modificata con Protocollo n.11 firmato a Strasburgo
l’11 maggio 1994 ed entrato in vigore il 1 novembre 1998.
11
Proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
12
Firmata a Torino il 18 ottobre 1961 dai paesi membri del Consiglio d’Europa.
13
Firmata il 9 dicembre 1989 nell’ambito del vertice di Strasburgo, la Crta ha carattere simbolico. In
tale data il Regno Unito non ha firmato il documento, decisione recentemente modificata da governo
Blair (1998).
14
All’interno della dichiarazione del Consiglio europeo emessa a Vienna nel dicembre del 1998, in
occasione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
15
Documento di revisione dei Trattati di Roma, entrato in vigore il 1 luglio 1987. L’Atto Unico ha
dato il via all’Unione economica e monetaria tra i paesi che fino a quel momento avevano operato nel
Sistema Monetario Europeo (SME).
16
Firmato a Maastricht nel 1992, in modifica del Trattato CE.
L’articolo 6 paragrafo 2 (ex articolo F paragrafo 2) del Trattato
dell’Unione sancisce: “L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali
sono garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei
Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata a Roma il 4
novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni
degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”.
Quest’articolo ha l’indubbio merito di aver modificato la collocazione
dei diritti fondamentali nel sistema delle fonti: non più solo principi
generali in una posizione intermedia tra la normativa primaria e quella
secondaria, ma essi stessi consacrati in una norma del Trattato e quindi
formalmente parte del diritto originario o costituzionale dell’Unione.
Di particolare rilievo è l’Accordo sulla politica sociale
17
, allegato
al Trattato tramite apposito Protocollo. L’accordo, infatti, ispirandosi alla
Carta Comunitaria dei Diritti Sociali Fondamentali dei Lavoratori del
1989, non solo conferisce alla Comunità Europea competenze sociali più
ampie, ma allarga, altresì, i casi in cui è possibile procedere con
deliberazioni a maggioranza qualificata.
Ne emerge un quadro indubbiamente più articolato rispetto a
quello definito a Roma. Confermata l’esclusione di ogni competenza
comunitaria in materia di retribuzione, di diritto di associazione, di
diritto di sciopero e di serrata, la Comunità acquisisce nuove competenze
in materia di condizioni di lavoro, informazione e consultazione dei
lavoratori, parità professionale tra uomini e donne, integrazione delle
17
Accordo sulla politica sociale concluso tra gli Stati membri della Comunità Europea ad eccezione
del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (Aps), allegato mediante Protocollo n.14 al
Trattato di Amsterdam. D’ora in avanti: Aps.
persone escluse dal mercato del lavoro, nonché miglioramento
dell’ambiente lavorativo, per proteggere la sicurezza e la salute dei
lavoratori.
Sulla base dell’Aps, il Consiglio può adottare direttive a
maggioranza qualificata per la gran parte di queste materie, a differenza
di quanto accadeva precedentemente a causa dell’obbligo di
deliberazione all’unanimità.
La ripartizione di competenze operata a Maastricht tra le
istituzioni comunitarie e quelle nazionali è ispirata chiaramente
all’istanza di porre fine al “blocco politico”
18
rappresentato dal principio
di deliberazione all’unanimità. Tuttavia in tale ripartizione è anche
implicita l’idea che la politica sociale comunitaria abbia una natura
complementare rispetto a quelle sociali nazionali.
18
G. ARRIGO, Il diritto del lavoro ecc., op. cit.