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CAPITOLO 1
LA CARTA DEI SERVIZI PUBBLICI
1. Introduzione
Lo scopo del presente capitolo è fare una panoramica generale sulla Carta dei Servizi pubblici.
Saranno illustrati con chiarezza gli elementi costitutivi (caratteristiche, finalità, concetti portanti), i
vantaggi legati alla loro introduzione e i principali problemi connessi alla loro applicazione,
terminando con un esame sullo stato attuale.
2. La Carta dei Servizi
La Carta dei Servizi (d‟ora in avanti CdS o Carta) è un documento rivolto ai cittadini da parte di
un‟amministrazione pubblica o da un‟azienda erogatrice di un servizio di pubblica utilità, con cui
dichiara quali servizi intende erogare, con quali modalità e quali standard di qualità intende
garantire.
Il documento è regolato dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, in
materia di «Principi sull‟erogazione dei servizi pubblici», dove sono specificati i principi
fondamentali, gli strumenti e le forme di tutela degli utenti.
Secondo lo Schiavo (1997, p. 53-54):
Con questo atto a carattere normativo - seppure di incerta cogenza - la qualità dei servizi
pubblici compare per la prima volta nell‟intricato complesso di disposizioni che regola la
pubblica amministrazione italiana. Benché sia presentata come «essenzialmente volta alla
tutela degli utenti», la Carta dei Servizi va ben oltre il mero riconoscimento di garanzie del
cittadino in quanto utente di servizi pubblici. Essa segna, infatti, un “salto di qualità” rispetto
alle iniziative precedenti nel filone giuridico dell‟informazione al cittadino e della
«trasparenza», in quanto introduce alcuni principi radicalmente nuovi nel panorama italiano
dei servizi pubblici.
Si tratta in particolare di:
a) l‟adozione di standard di qualità del servizio e la loro pubblicizzazione;
b) il dovere, per le strutture pubbliche, di valutare la qualità dei servizi erogati, con verifiche
sul rispetto degli standard e sulla soddisfazione degli utenti;
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c) il diritto per gli utenti al rimborso “nei casi in cui è possibile dimostrare che il servizio reso è
inferiore per la qualità e tempestività, agli standard pubblicati”.
La Carta dei Servizi introduce quindi un concetto nuovo di partecipazione dei cittadini al controllo
della qualità dei servizi pubblici, che va al di là del semplice diritto all‟informazione e alla
trasparenza (Lo Schiavo, 1997).
Funzione della CdS è agevolare il cittadino nell‟uso corretto dei servizi messi a disposizione dalla
pubblica amministrazione o dai soggetti erogatori di servizi pubblici. Ciò significa che al cittadino
non sono solo date delle garanzie, ma gli viene attribuito anche un potere di controllo sulla qualità
dei servizi stessi. La Carta rappresenta, dunque, un nuovo strumento di tutela dei cittadini
fortemente legato al problema dell‟insoddisfazione per le prestazioni pubbliche rese.
Il contesto stesso in cui si inquadra, caratterizzato da cambiamenti in atto nei servizi pubblici e da
una maggiore sensibilità dell‟opinione pubblica e delle istituzioni verso i problemi legati alla una
scarsa qualità dei servizi, costituisce il presupposto della sua elaborazione ed evoluzione.
3. La nascita delle Carte dei Servizi e l’evoluzione normativa
Fin dall‟inizio degli anni ‟90, il crescente sviluppo di una cultura dell‟orientamento al cittadino,
l‟evolvere degli approcci alla qualità nelle amministrazioni pubbliche e la necessità di ricostruire un
rapporto di credibilità e di fiducia tra soggetti erogatori di servizi e cittadini, hanno portato diversi
Stati europei ad intraprendere un‟azione di rivalorizzazione dei servizi pubblici.
Le CdS si collocano in un quadro caratterizzato dall‟esigenza di un‟amministrazione più vicina ai
cittadini, che gestisse con maggiore trasparenza e attenzione i loro bisogni.
3.1 Le principali esperienze straniere
La Carta dei Servizi nasce in Gran Bretagna dal programma “The Citizen‟s Charter, Raising the
standard” aperto con la pubblicazione di un “Libro bianco” (Cabinet Office, 1991) che fissava i
principi generali e gli obiettivi per ciascun settore.
L‟introduzione delle CdS rientra pertanto nell‟ambito di un programma che rappresenta “uno dei
cavalli di battaglia del Governo conservatore di J. Major, che, mettendo la qualità dei servizi
pubblici al centro dell‟attenzione del Governo, ha voluto in questo modo differenziare la sua
immagine dal precedente gabinetto Thatcher, che aveva lasciato un inconfondibile segno di
«smantellamento del settore pubblico» (Lo Schiavo, 1997, p. 58).
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I temi rilevanti dell‟iniziativa erano: 1) il miglioramento della qualità dei servizi; 2) la garanzia
della scelta dei cittadini; 3) la definizione chiara degli standard di servizio; e 4) la produzione di
valore nei servizi (Marcuccio, Barbieri, 2004).
A esso sono poi seguite le diverse Carte di settore contenenti gli standard minimi obbligatori per
tutte le strutture pubbliche del settore.
Il concetto di “standard” è definito da Lo Schiavo (1997, p. 58) “come complesso di obiettivi che
l‟amministrazione «si sforza di raggiungere», dunque non diritti assoluti dell‟utente, ma piuttosto
come impegni presi pubblicamente con l‟utenza”.
Il Regno Unito è il precursore di un fenomeno che velocemente si espande, in modo differente, nei
diversi sistemi amministrativi degli altri Stati europei, spingendosi fino negli Stati Uniti.
Si possono ricordare: per la Francia, la CdS pubblici del 1992; per il Belgio, la Carta per gli utenti
dei servizi pubblici del 1992; per il Portogallo, La Carta nella qualità dei servizi pubblici del 1993;
per il Canada, l‟iniziativa sugli standard dei servizi del 1993; per la Spagna, la CdS del 1999.
3.2 Dalla Citizen’s Charter alla Carta dei Servizi italiana
Nei primi anni ‟90, l‟offerta di servizi pubblici in Italia è “contrassegnata da profondi contrasti, dati,
da una parte, dal volume crescente della domanda, e quindi della richiesta di qualità di questi, e,
dall‟altra, dalla loro assoluta costante insufficienza e inadeguatezza” (Mancini Proietti, 2000, p.
1139).
Il complesso quadro di trasformazione del settore pubblico che stava interessando diversi Stati
europei influenza anche il quadro italiano, “dove già da tempo aveva preso l‟avvio l‟elaborazione di
strumenti normativi di vario genere” (Mancini Proietti, 2000, p. 1139).
Le diverse leggi emanate in quel periodo, traggono ispirazione dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, in
materia di «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai
documenti amministrativi», e si legano con altre norme che si muovono verso direzioni comuni,
potendo perfino facilitarne l‟applicabilità. In particolare:
ξ la L. 241/90 (modificata dalla L. 11 febbraio 2005, n.15 ), stabilisce (art. 1) che "l'attività
amministrativa è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità". La novità
risiede nel cambiamento del rapporto tra cittadino e amministrazione, determinando il
passaggio del ruolo del cittadino da un mero destinatario passivo a un interlocutore
partecipe, dotato di tutti i diritti nei confronti di un‟amministrazione che deve orientare il
suo lavoro verso la soddisfazione delle sue esigenze;
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ξ il D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in materia di «Razionalizzazione dell'organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a
norma dell'art. 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421» (modificato dal D. Lgs 31 marzo 1998, n.
80), codifica (art. 20) le responsabilità dirigenziali, istituisce i servizi di controllo interno e
gli uffici per le relazioni con il pubblico;
ξ la L. 14 gennaio 1994, n. 20, in materia di «Disposizioni in materia di giurisdizione e
controllo della Corte dei conti», assegna “alla Corte dei conti ad un‟azione di controllo
esterno sulla gestione di tutte le amministrazione pubbliche” e [...] la previsione di nuclei
interni di valutazione” (Mancini Proietti, 2000, p. 1139).
La Direttiva che disciplina la CdS, in Italia, ha origine da studi comparativi sull‟evoluzione delle
riforme amministrative in corso negli altri Stati europei.
La CdS italiana s‟ispira, in particolare, all‟esperienza inglese del programma Citizens’s Charter e
nasce su proposta del Ministro della Funzione pubblica del Governo Ciampi, Sabino Cassese (Lo
Schiavo, 1997).
Realizzata tra il luglio e il settembre del ‟93, in un passo della presentazione di questo documento
egli scriveva:
I rapporti tra le amministrazioni che erogano servizi pubblici e i fruitori di tali servizi sono
spesso difficili a causa di molte disfunzioni dovute alla rapida crescita dei servizi, alla
crescente domanda di servizi più efficienti, all‟ordinamento arcaico di molti servizi pubblici.
Sulle cause di queste disfunzioni e sui possibili correttivi da apportare è in corso, da qualche
tempo, un ampio dibattito che coinvolge le sedi istituzionali e scientifiche. Per contribuire a
tale dibattito ho ritenuto opportuno incaricare un gruppo di studiosi di predisporre una Carta
dei Servizi pubblici (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la funzione
pubblica, 1993).
Il testo, privo di efficacia giuridica, ha il solo scopo di “sollecitare una riflessione e un pubblico
confronto” (Battini, Vespertini, 1997, p. 52). La bozza di articolato è stata tradotta (con poche
variazioni) nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, 27 gennaio 1994, recante
«Principi sull'erogazione dei servizi pubblici».
La presente Direttiva dispone i principi cui deve essere uniformata progressivamente, in generale,
l'erogazione dei servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione,
quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute,
all'assistenza e previdenza sociale, all‟istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla
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sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n.
146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas.
L‟impianto della Direttiva si articola in tre sezioni principali (i principi, gli strumenti, la tutela) e si
chiude con l‟impegno del Governo “ad adottare tutte le misure legislative, regolamentari ed
amministrative necessarie a dare piena effettività ai principi contenuti nella Direttiva stessa”.
Nonostante la portata innovativa dello strumento, la CdS italiana differisce dal modello inglese in
quanto si limita a fissare le linee generali del meccanismo di controllo (adozione di standard,
informazione, valutazione, reclami, rimborsi, ecc) e lascia agli enti erogatori dei servizi pubblici la
facoltà di individuare propri standard generali e specifici, nonché di migliorare progressivamente i
livelli attesi di qualità. In tal modo, fa leva sulle risorse interne alle singole strutture pubbliche,
rappresentando soprattutto uno strumento di cambiamento organizzativo e non un riferimento unico
direttamente applicabile dai cittadini.
3.3 La successiva evoluzione normativa
Il primo tentativo di attuazione della Direttiva nel nostro paese non ha prodotto gli effetti sperati, se
non per qualche eccezione. Nei vari settori pubblici interessati (sanità, scuola, elettricità, gas, poste
e previdenza) si registrano risultati molto diversi, segnati soprattutto da una scarsa diffusione e
difficoltà nell‟applicazione dello strumento (Lo Schiavo, 1997).
L‟insuccesso spinge a rivedere il sistema attuativo della CdS e porta a definire schemi differenti per
settori. Il disegno, elaborato dal Ministro della Funzione pubblica del Governo Dini, Franco
Frattini, diviene norma con la L. 11 luglio 1995, n. 273, in materia di «Misure urgenti per la
semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell‟efficienza delle
pubbliche amministrazioni».
“Il nuovo sistema attuativo settoriale prevede la pubblicazione, tramite decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri (Dpcm), di «schemi generali di riferimento» delle Carte di Servizi di
determinati settori” (Lo Schiavo, 1997, p. 61). Per ciascun settore, gli schemi generali sono emanati
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, predisposto d'intesa con le Amministrazioni
interessate dal Dipartimento della funzione pubblica. Essi, dunque, insieme alla Direttiva erano
posti come il secondo pilone su cui poggiava l‟intero impianto normativo inerente alle CdS.
Rispetto alla precedente Direttiva, la nuova legge differisce, in primo luogo, per il meccanismo
settoriale, che definisce i tempi di scadenza e anche le priorità di applicazione (i vari settori
privilegiano i servizi resi dalle amministrazioni dello Stato, escludendo i servizi degli enti locali).
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In secondo luogo, sono introdotti degli «schemi generali di riferimento» cui gli enti erogatori
devono attenersi ma non è chiaro quali essi siano, poiché non vengono fissati dei requisiti minimi
comuni, lasciando discrezionalità nella loro interpretazione (Lo Schiavo, 1997).
Tuttavia, anche le modifiche introdotte dalla L. 273/95 non hanno prodotto risultati positivi. Esse
hanno determinato un accentramento delle politiche sulla Carta riducendo il meccanismo di
adozione a un mero procedimento formale. La conseguenza fu che, all‟accrescimento del loro
numero, non corrispondeva l‟intenzione di migliorare concretamente la qualità del servizio e
l‟utenza non ne avvertiva la rilevanza fondamentale per la propria sfera d‟interessi (Sgueo, 2006).
Successivamente, l‟entrata in vigore di nuove disposizioni ha contribuito ad arricchire il quadro
normativo.
La L. 14 novembre 1995, n. 481, recante «Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di
pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità», ha istituito
le Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità, competenti, rispettivamente, per l'energia
elettrica e il gas e per le telecomunicazioni. Oltre ai compiti generali di regolazione e controllo dei
servizi pubblici, avevano poteri inerenti al perseguimento della concreta attuazione dei principi già
stabiliti nella direttiva del 1994: poteri precettivi, propositivi, di controllo e di soluzione delle
controversie tra gli utenti e gli enti erogatori del servizio.
In seguito, il disegno ordinamentale in materia si è evoluto con l‟emanazione D.lgs 30 luglio 1999,
n. 286, recante il «Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni
pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59».
Questo ha comportato l‟abrogazione dell‟art. 2 della L. 273/95 e introduce una nuova disciplina per
la determinazione dei parametri guida per l‟emanazione delle CdS (Piazza, 2004, p. 2494).
Non sono più emessi schemi generali di riferimento, verificandosi così un deciso ritorno
all‟“antico”. Con tale scelta, le decisioni fondamentali riguardo la CdS vengono assunte per mezzo
di direttive del Presidente del Consiglio dei ministri (aggiornabili annualmente) che forniscono le
basi sulle quali ciascun soggetto erogatore redige, in modo autonomo, la propria Carta.
In seguito, con riferimento ai servizi sociali, l‟emanazione della L. 8 novembre 2000, n. 328, in
materia di «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d‟interventi e servizi sociali»,
con l‟art. 13 “opera un‟inversione di tendenza rispetto all‟opzione prescelta con l‟art. 11 del D. lgs.
286/99” (Piazza, 2005, p.1119).
L‟art. 13 definisce “i criteri per l‟accesso alle prestazioni, le modalità di funzionamento dei servizi,
le condizioni per facilitarne la valutazione da parte degli utenti e dei soggetti che rappresentano i
loro diritti, nonché le procedure per assicurare tutela agli utenti”. Al comma 3, si trova il dato più
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rilevante di tutta la legge: “l‟essenziale funzionalità dell‟adozione della Carta dei Servizi al fine del
conseguimento dell‟accreditamento” (Piazza, 2005, p.1121).
A quasi quindici anni dall‟emanazione della Direttiva, l‟ultima novità in materia è l‟art. 2, comma
461 della L. 24 dicembre 2007, n. 244, nota come «Finanziaria 2008». L‟art. ripropone la “Carta
della qualità dei servizi” come uno strumento di tutela dei cittadini in grado di fornire informazioni
chiare e complete per l‟esercizio dei loro diritti, anche nel rapporto con le amministrazioni
pubbliche. Il focus è posto, in modo particolare, sul monitoraggio permanente degli standard sotto
la diretta responsabilità dell‟ente, accompagnato da una valutazione periodica dei risultati raggiunti
e, soprattutto, introducendo un ruolo attivo delle associazioni dei consumatori nel processo di
definizione e gestione delle Carte (la cui consultazione va considerata obbligatoria). Da notare
come, la Finanziaria 2008, facendo esplicito riferimento al termine Carta della qualità dei servizi (e
non più CdS), rileva l‟intento del legislatore di assegnare un ruolo attivo ai cittadini, individuando i
modi per consentire una partecipazione effettiva alla valutazione della qualità (Bertocchi, 2008).
3.4 I settori interessati
Gli ambiti di applicazione della Carta sono molteplici e riguardano sia le amministrazioni pubbliche
incaricate di erogare servizi pubblici, sia quelli di pubblica utilità, sia quelli “sociali”. Con
riferimento ai primi, i settori interessati sono: acqua, gas ed energia elettrica. Per i secondi, invece,
si fa riferimento a sanità, assistenza e previdenza sociale, telecomunicazioni, trasporti, poste, fisco,
scuola e università (Piazza, 2004).
4. Il contenuto della Carta: i principi, gli strumenti, la tutela
Secondo il modello della Direttiva del 1994, le caratteristiche di fondo della CdS sono riconducibili
a tre elementi principali dove vengono rispettivamente descritti i principi ispiratori, gli strumenti e
le forme di tutela per l‟utente.
4.1 I principi fondamentali
La Direttiva apre con l'elenco e la specificazione dei principi generali che presiedono all'erogazione
dei servizi. In particolare, enuncia:
1) l‟eguaglianza dei diritti degli utenti, con il divieto assoluto di discriminazioni per sesso,
razza, lingua, religione ed opinioni politiche;
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2) l‟imparzialità da parte dei soggetti erogatori;
3) la continuità e regolarità dell‟erogazione del servizio. Nei casi di funzionamento irregolare o
d‟interruzione “i soggetti erogatori devono adottare misure volte ad arrecare agli utenti il
minor disagio possibile”;
4) il diritto di scelta tra più soggetti erogatori (che va attribuito, ove possibile, all‟utente);
5) la partecipazione dell‟utente alla prestazione del servizio e “l’accesso alle informazioni in
possesso del soggetto erogatore che lo riguardano”;
6) l‟efficienza e l‟efficacia del servizio assicurata dai soggetti erogatori che “adottano le
misure idonee al raggiungimento di tali obiettivi”.
A essi fanno seguito anche dei principi specifici riguardanti la chiarezza e l‟accessibilità delle
comunicazioni, la cortesia e la trasparenza (Marcuccio, 2002).
Nonostante si tratti di materia relativamente recente, alcuni dei principi richiamati trovano
rispondenza negli artt. 3, 30, 33, 34, 97 della Costituzione italiana, mentre altri sono di recente
introduzione (efficacia ed efficienza).
“L‟art. 97 in particolare, nel richiamare i principi di “buon andamento” e “ imparzialità”, demanda
alla pubblica amministrazione il compito di dotarsi di strumenti e metodologie in grado di
perseguire i suddetti principi” (Unibosi, 2005, p. 407).
4.2 Gli strumenti
Nella seconda parte sono individuati gli strumenti, in altre parole le regole e i sistemi di gestione
necessari per dare attuazione alle funzioni della CdS.
Necessari per rendere effettivi i principi stabiliti, possono essere suddivisi in due distinte categorie:
“una parte riguarda la procedura di definizione degli standard di qualità (art.1), l‟altra, invece,
contiene precise regole in ordine alle relazioni tra soggetti erogatori di prestazioni ed utenti”
(Piazza, 2004, p. 2492).
1) L‟adozione di standard di qualità da parte dei soggetti erogatori, che ne assicurano il rispetto
e il periodico aggiornamento per adeguarli alle esigenze dei servizi;
2) La semplificazione delle procedure “al fine di razionalizzare e rendere conoscibili gli atti
relativi alla disciplina e alla prestazione dei servizi pubblici”. I soggetti erogatori “sono
tenuti a ridurre, per quanto possibile, gli adempimenti richiesti agli utenti e forniscono gli
opportuni chiarimenti su di essi”;
3) L‟informazione degli utenti da parte dei soggetti erogatori circa “le modalità di prestazione
dei servizi”, mediante “appositi avvisi e opuscoli chiari e facilmente leggibili”;
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4) I rapporti con gli utenti tramite “appositi uffici volti a curare le relazioni con il pubblico,
presso i quali siano disponibili tutte le informazioni utili”;
5) Il dovere di valutazione della qualità dei servizi resi “specie in relazione al raggiungimento
degli obiettivi di pubblico interesse”;
6) Il rimborso da parte dei soggetti erogatori “nei casi in cui è possibile dimostrare che il
servizio reso è inferiore, per qualità e tempestività, agli standard pubblicati”. Esse “devono
essere tali da non rendere difficile, per complessità, onerosità o durata, l'esercizio del
diritto dell'utente”. “I soggetti erogatori si rivalgono nei confronti del dipendente al quale è
imputabile, per dolo o per grave negligenza, il mancato rispetto degli standard”.
4.3 La tutela
Una volta definiti gli standard e conformato il processo di erogazione dei servizi al conseguimento
dei medesimi, resta da chiedersi chi controlla l'effettiva coincidenza della performance conseguita
con gli obiettivi posti, in termini di standard quanti - qualitativi.
La Carta si completa, così, di una terza e ultima parte riguardante la tutela dei diritti degli utenti, da
assicurare attraverso un sistema di controlli articolato su due livelli: un controllo interno (art. 1) e
uno esterno (art. 2). Il primo è assicurato dallo stesso ente erogatore tramite le procedure di reclamo
e un apposito Ufficio reclami destinato a ricevere i ricorsi e le segnalazioni di disservizio, in modo
da “dar voce” all‟utente in caso di violazione degli impegni assunti e consentire l‟attivazione di
interventi correttivi. Il secondo, invece, è svolto da un soggetto terzo indipendente dall‟ente, avente
specifica competenza di risolvere in via extragiudiziale i conflitti tra gli utenti e i soggetti erogatori
di servizi e alla vigilanza della generale implementazione della Carta (Mancini Proietti, 2000). Si
tratta del Comitato permanente per l'attuazione della Carta dei servizi pubblici, un organo collegiale
“composto da tre esperti di riconosciuta indipendenza e di notoria esperienza nel settore dei servizi
pubblici”.
Al fine di verificare il puntuale rispetto dei principi della Carta, a esso sono attribuiti compiti di
verifica degli standard definiti dall‟ente erogatore e compiti di proposta. Mancini Proietti (2000, p.
1148) chiarisce che esso “gode di autonomia organizzativa, funzionale e contabile” [ed è legittimato
a] “richiedere atti e documenti, ovvero effettuare future ispezioni o convocare riunioni con gli
amministratori. Ha altresì, competenza a giudicare circa l‟adeguatezza degli standard programmati
all‟effettiva esigenza dell‟utenza, provvedendo se del caso essa stessa alla loro determinazione,
anche in via differenziata rispetto alle aree e ai soggetti di riferimento”.