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sviluppata secondo un’evoluzione caratterizzata da un intervento
sempre crescente in questo settore da parte dello Stato, sia
direttamente che indirettamente. Direttamente nell’istituzione e
nell’organizzazione dei servizi sanitari pubblici (come ad esempio la
costituzione delle aziende sanitarie e degli enti ospedalieri), nella
programmazione degli interventi, nella quantificazione delle risorse
necessarie, nel fissare i livelli delle prestazioni sanitarie;
indirettamente fissando le regole del settore anche per i soggetti
privati, vale a dire per le persone fisiche e le società che operano in
ambito sanitario (ad esempio attraverso la disciplina delle professioni
sanitarie o mediante la disciplina della produzione e della
commercializzazione dei farmaci).
Detto questo, la domanda preliminare che viene da porsi è: cosa
dobbiamo intendere per salute dell’individuo? In altre parole, prima di
analizzare quali sono gli strumenti utilizzati dallo Stato ai fini della
sua tutela, dobbiamo chiederci cosa l’ordinamento giuridico intende
per salute.
“Salute”, secondo il significato generalmente attribuito al
sostantivo, significa stato di benessere fisico e psichico
dell’organismo umano derivante dal buon funzionamento di tutti i suoi
organi e apparati.
Sotto il profilo giuridico il concetto “salute” lo troviamo nel
codice penale nei reati contro la persona, ma anche nel diritto
internazionale nel preambolo dell’istituzione dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità, in cui salute viene definita come “lo stato di
benessere completo, fisico, mentale e sociale”.
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Da quanto sopra possiamo quindi affermare che la corretta
accezione attribuita al termine salute oggi, anche sotto l’aspetto
giuridico, non sia legata solamente ad uno stato patologico
momentaneo e acuto, ma abbia una portata molto più ampia
comprensiva del benessere psicofisico complessivo dell’individuo e
della salubrità dell’ambiente che lo circonda.
Ciò è tanto più vero se si considera ed analizza quella che
ancora oggi è la legge di riforma più importante del nostro sistema
sanitario, forse il punto di vertice nello sviluppo normativo dello Stato
sociale, ovvero la Legge 833 del 23/12/1978. Si tratta dell’atto
normativo che ha inteso dare attuazione proprio all’art. 32 della Cost.
in quanto afferma tre principi fondamentali che da allora costituiscono
altrettanti capisaldi della legislazione in materia (universalità,
globalità e democraticità) e di cui parleremo più avanti.
A questo punto possiamo tranquillamente affermare che esiste
una branca del Diritto Pubblico ed Amministrativo che prende il nome
di Diritto Sanitario, all’interno della quale possiamo far confluire tutto
il complesso di norme giuridiche rivolte alla tutela della salute dei
cittadini. Bisogna dire altresì che lo scopo perseguito da tale
complesso normativo non si riduce all’assistenza ai cittadini e alla
prevenzione delle malattie ed infortuni, ma volge anche alle finalità
più ampie di risanamento dell’ambiente di vita e di lavoro.
Forse il cammino per il riconoscimento di una completa
autonomia da parte del Diritto Sanitario dalle altre discipline
giuridiche è ancora lungo, ma, viste anche le esigenze sempre nuove
emergenti dalla società in tale ambito e il riconoscimento operato dal
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legislatore sotto forma di atti normativi, peraltro sempre più numerosi,
crediamo che non si possa interrompere.
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CAPITOLO I
Cenni storici
SOMMARIO: 1 - Il primo periodo dal 1861 al 1947. 2 - Il secondo periodo dal 1947 al 1977. 3 - Il
terzo periodo dal 1998 al 2002.
1 – Il primo periodo dal 1861 al 1947.
Se si prendono a riferimento importanti avvenimenti storici
quali la nascita dello Stato unitario, l’entrata in vigore della
Costituzione ed infine l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, è
possibile distinguere i seguenti tre periodi nell’evoluzione storica del
sistema sanitario italiano:
ξ un primo periodo dal 1861 al 1947;
ξ un secondo periodo dal 1948 al 1977;
ξ un terzo periodo dal 1978 a tutt’oggi.
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Il primo periodo dal 1861, nascita dello Stato Italiano, al 1947,
anno che precede l’entrata in vigore della Costituzione della
Repubblica, è caratterizzato, inizialmente, in coincidenza con lo
sviluppo dell’industria, dall’associazionismo operaio.
In tale periodo hanno preso il nome di Società di Mutuo Soccorso
le associazioni che si sono poste la finalità di garantire aiuti di varia
natura ai propri componenti contro i rischi più gravi derivanti dalle
pericolose condizioni di lavoro.
Si trattava di un sistema di assistenza privata di carattere
mutualistico in cui erano gli stessi operai ad accantonare le risorse da
utilizzare al verificarsi di determinati eventi dannosi.
Anche la Chiesa cattolica ha da sempre avuto un ruolo
fondamentale nella nascita e nell’evoluzione del Servizio Sanitario
Nazionale. Sin dall’inizio questa istituzione aveva sviluppato e
maturato competenze specifiche nel settore sanitario, soprattutto da
parte degli ordini religiosi.
La Chiesa soprattutto prestava assistenza ospedaliera,
rappresentando nel settore l’unica organizzazione presente con una
certa continuità sino all’affermarsi di altre iniziative laiche e solo più
tardi pubbliche, che però assumono importanza molto lentamente.
Bisogna ricordare che, dato lo stato assai precario di sviluppo della
scienza medica di allora, l’ospedale, sempre rifuggito dalle classi
sociali abbienti, non andava molto più in là della diffusione di pratiche
igieniche nella popolazione, del ricovero e del sostentamento, di cure
talvolta assai empiriche.
E se le c.d. Opere Pie Ospitaliere (così erano denominati gli enti
ospedalieri) furono attratte in parte nella sfera pubblicistica, ciò
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avvenne sul finire del secolo scorso, salvaguardando le metodiche e le
prassi di cura e di amministrazione dello spedale invalse
nell’esperienza comune lungo i secoli.
Il primo importante provvedimento legislativo durante questo
periodo iniziale è stata la legge 22 dicembre 1888, n. 5849 (legge per
la tutela della igiene e della sanità pubblica), che trattava di materie
nel campo dell’igiene pubblica.
In seguito fu il governo Giolitti a registrare, per la prima volta
nell’organizzazione ministeriale, un segno palese di attenzione verso il
bisogno sociale di assistenza sanitaria. Si tratta dell’istituzione, nel
1904, della Direzione generale per la Sanità, nell’ambito del dicastero
dell’interno.
Tornando per un attimo alla legge 5849, possiamo dire che è stata
la prima legge sanitaria organica e completa del nostro paese fino
all’entrata in vigore del Testo Unico delle leggi sanitarie, la legge n.
1265 del 1934, che contiene norme in parte ancora oggi vigenti.
Si tratta di un ampio provvedimento legislativo che riunisce e
rinnova tutta la normativa sulla sanità, composto da ben 394 articoli,
che riguardano l’ordinamento dell’amministrazione sanitaria, l’igiene
del suolo e dell’abitato, l’esercizio delle professioni sanitarie.
L’organizzazione pubblica del settore ospedaliero in questa fase è
ancora a livello embrionale.
Dal punto di vista professionale il Testo Unico classificava in tre
categorie coloro che prestavano la loro opera in campo sanitario,
prevedendo le professioni sanitarie, la professioni parasanitarie e le
arti ausiliarie. In particolare le professioni sanitarie ausiliarie
presupponevano il possesso di un titolo abilitante (come nel caso
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dell’infermiere professionale, del tecnico, del terapista), mentre le arti
ausiliarie presupponevano lo svolgimento di lavoro manuale
qualificato sotto la vigilanza dell’autorità sanitaria (come nel caso
dell’odontotecnico, dell’infermiere generico, dell’ottico).
Il Testo Unico stabiliva inoltre che i medici, i veterinari ed i
farmacisti facevano parte dei rispettivi Ordini Professionali, dotati di
personalità giuridica di diritto pubblico, che avevano competenze in
materia disciplinare e stabilivano le regole per l’esercizio della
professione sanitaria e l’iscrizione agli Albi.
La legge n. 1265 del 1934 (avente la forma di Regio Decreto),
organizzò infine i vari servizi relativi alla sanità pubblica e precisò le
competenze all’amministrazione sanitaria. In particolare il Titolo I
precisò le competenze in materia sanitaria del Ministero dell’Interno,
dei Prefetti, dei Medici provinciali, dei Veterinari provinciali, dei
servizi sanitari per scali marittimi, per le frontiere di terra e per gli
aeroporti, dei Sindaci e degli Ufficiali sanitari dei Comuni, dei servizi
di assistenza e profilassi demandati alle Province.
Nel 1945 venne istituito, nell’ambito del Ministero dell’interno,
l’Alto Commissario alla Sanità, con compiti sempre più organici, sino
alla costituzione del Ministero della sanità avvenuto con la Legge
132/58.
Dalla fine del 1800 inizia anche il passaggio dall’assistenza
facoltativa al sistema di assistenza sociale obbligatoria per gli
infortuni sul lavoro nel settore dell’industria. In tal modo il fenomeno
mutualistico passa sotto il controllo statale e va esaurendosi il
processo di autogestione della salute da parte degli stessi lavoratori.
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2 – Il secondo periodo dal 1948 al 1977.
Il secondo periodo storico copre l’arco di tempo che va
dall’1/1/1948, data di entrata in vigore della Costituzione della
Repubblica, al 1977, anno che precede l’entrata in vigore della legge
n. 833 del 23 dicembre 1978, dal titolo “Istituzione del Servizio
Sanitario Nazionale”.
Con la Carta Costituzionale sono state poste nel nostro
ordinamento giuridico le norme fondamentali per la tutela della salute
(art. 32), per il diritto all’assistenza ed alla previdenza sociale (art. 38)
e per il decentramento dell’assistenza sanitaria ed ospedaliera alle
Regioni (artt. 114, 115, 116 e 117).
In particolare l’art. 32 Cost. ha stabilito che “la Repubblica tutela
la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
In sostanza l’art. 32 ha individuato, a livello della massima fonte
dell’ordinamento giuridico italiano, il diritto alla salute come diritto
individuale e collettivo, ossia come diritto sancito a tutela
dell’interesse del cittadino ad ottenere determinate prestazioni dirette
od indirette da parte dello Stato e come interesse generale per le
condizioni di maggiore benessere fisico e psichico dei cittadini.
Con l’art. 32 si sono poste le basi per l’affermazione di un sistema
di sicurezza sociale, in cui lo Stato interviene a garantire totalmente,
od in gran parte, il finanziamento dei mezzi necessari per liberare le
persone dalle situazioni di bisogno.
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Successivamente alla entrata in vigore della Costituzione si sono
comunque registrati altri significativi cambiamenti nell’assetto
organizzativo complessivo della sanità del nostro paese.
Tappa importante per il riordino dell’assistenza sanitaria è stata
l’approvazione della legge 12 febbraio 1968 n. 132 (dal titolo “Enti
ospedalieri ed assistenza ospedaliera”, altrimenti conosciuta come
legge Mariotti) e dei successivi decreti delegati n. 128, 129 e 130 del
27 marzo 1969, con la quale (all’art. 3) c’è stato il riconoscimento di
diritto degli enti ospedalieri.
La legislazione sanitaria in materia di assistenza ospedaliera si era
basata fino all’entrata in vigore della legge 132/1968, soprattutto su
principi di carità e beneficenza.
Le precedenti leggi sull’assistenza ospedaliera infatti
consideravano l’erogazione dell’assistenza ospedaliera come
un’attività che doveva riguardare soltanto alcune categorie di soggetti
da sostenere nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. In
particolare erano state emanate la legge n. 753 del 30 agosto 1862, che
disciplinò per la prima volta gli ospedali per gli infermi,
comprendendoli nel numero delle Opere Pie, e la legge 17 luglio 1890
n. 6972 (“Sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”), che
considerò istituzioni di beneficenza le Opere Pie ed ogni altro ente
morale che avesse in tutto o in parte il fine di “prestare assistenza ai
poveri, tanto in stato di sanità, quanto di malattia”. Anche il Regio
Decreto n. 16631 del 30 settembre 1938, che definì le norme generali
per l’ordinamento dei servizi sanitari e del personale sanitario degli
ospedali, non affermò il diritto all’assistenza ospedaliera.
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La concezione di un’assistenza ospedaliera che non costituisse un
diritto dei cittadini, col passare degli anni si dimostrò sempre più
inadeguata, non più in sintonia con la richiesta di un’assistenza
sempre più qualificata e soprattutto, a partire dal 1948, non in linea
con quanto previsto con l’art. 32 della Costituzione.
Caratteristica essenziale della nuova legge ospedaliera del 1968 era
l’affermazione del disposto costituzionale (art. 32 Cost.) del diritto
all’assistenza e della conseguente trasformazione della natura
dell’ente ospedaliero: è stato quindi abbandonato l’antico concetto di
ente di assistenza e beneficenza per passare a quello di Ente Pubblico
Ospedaliero.
L’art. 4 della legge recitava infatti: “con decreto del Presidente
della Regione, su delibera della Giunta Regionale, sentito il Consiglio
Provinciale di Sanità, le istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza e gli altri enti pubblici che, al momento di entrata in
vigore della presente legge, provvedono esclusivamente al ricovero ed
alla cura degli infermi, sono dichiarati Enti Ospedalieri…”.
Altri tratti essenziali della legge n. 132 del 1968 erano:
ξ l’individuazione dei compiti degli Enti Ospedalieri: oltre alla
diagnosi e cura dei degenti anche la prevenzione in generale
delle malattie, la preparazione professionale del personale
medico e tecnico, la ricerca scientifica, l’educazione
sanitaria della popolazione e la lotta contro le malattie
sociali;
ξ la determinazione degli organi dell’Ente Ospedaliero
(Presidente, Consiglio di Amministrazione, Consiglio dei
Sanitari e Consiglio dei Sanitari Centrale, Collegio dei
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Revisori), nonché la loro composizione ed il loro
funzionamento. Il Consiglio dei Sanitari è previsto come
organo di consulenza tecnica del Consiglio di
Amministrazione;
ξ la democratizzazione dei Consigli di Amministrazione
dell’Ente attraverso un’ampia rappresentanza democratica
con componenti eletti dai Consigli Regionali, Provinciali e
Comunali. Fra le funzioni che la nuova legge conferiva al
Consiglio di Amministrazione particolare rilievo assumeva
quella prevista dalla lettera “i” dell’art. 10 secondo la quale
spettava al Consiglio “deliberare la misura della retta di
degenza sulla base del costo complessivo dell’assistenza
sanitaria ospedaliera prestata agli infermi (art. 32), nonché le
tariffe per le prestazioni sanitarie per i paganti in proprio”;
ξ il procedimento di costituzione e riconoscimento degli Enti
Ospedalieri;
ξ l’individuazione dei requisiti necessari per l’esistenza di un
Ospedale e per la classificazione dell’Ospedale come
“generale”, “specializzato”, “per lungodegenti e per
convalescenti” nonché come “regionale”, “provinciale”,
“zonale”;
ξ i principi cui doveva uniformarsi la programmazione
ospedaliera nelle sue varie manifestazioni territoriali:
nazionale, regionale e provinciale;
ξ l’individuazione dei mezzi necessari al finanziamento della
spesa conseguente sia all’erogazione della prestazione ai
degenti, sia all’ammodernamento delle strutture e delle
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componenti da considerare annualmente per la
determinazione della retta di degenza;
ξ l’individuazione dei principi di massima cui si sarebbe
dovuto attenere il Governo nell’emanazione di norme
delegate in materia di ordinamento interno dei servizi
ospedalieri e delle cliniche universitarie, di stato giuridico
dei dipendenti, di amministrazione e contabilità degli enti
ospedalieri.
La legge si proponeva inoltre di attuare il decentramento
istituzionale delle competenze in materia ospedaliera delegandola alle
Regioni. Affermava quindi la funzione di vigilanza e di tutela
esercitata sugli Enti Ospedalieri da parte della Regione (art. 16),
nonché quella di alta sorveglianza e controllo sugli Enti medesimi per
la tutela degli interessi sanitari generali dello Stato, svolta dal
Ministero della Sanità, nel rispetto delle competenze proprie delle
Regioni.
Il legislatore si proponeva infine di attuare una programmazione
ospedaliera al fine di realizzare una rete nosocomiale razionale
omogenea nell’ambito del territorio nazionale, partendo da una
situazione nella quale erano facilmente individuabili zone in cui vi era
abbondanza sia di posti letto (Lombardia e Veneto) sia di attrezzature
per assicurare un’assistenza qualitativamente migliore (Italia
settentrionale e in parte centrale) e zone (Italia meridionale e insulare)
in cui erano carenti i posti letto e le attrezzature.
Infine con il DPR n. 130 del 27 marzo 1969 sullo “Stato
giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri” venivano superate una
molteplicità di disparità di disposizioni tra loro non coordinate,
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dovute alla autonoma potestà regolamentare precedentemente
riconosciuta, in tema di stato giuridico del personale alle singole
amministrazioni ospedaliere, alle quali in contrapposto si faceva
obbligo di adeguare il regolamento del personale alla nuova
normativa.
Il DPR n. 130 elencava le diverse categorie di personale
chiamato a prestare la propria attività alle dipendenze degli enti
ospedalieri, individuava i requisiti generali necessari per poter essere
assunti alle dipendenze degli Enti Ospedalieri, determinava l’iter
necessario per l’emanazione e l’espletamento di qualsiasi bando di
concorso, individuava i diritti riconosciuti a ciascun dipendente
ospedaliero, regolamentava lo svolgimento dell’attività sindacale (che
per la prima volta nel settore pubblico veniva garantita come vero e
proprio diritto) individuando le norme con cui doveva essere regolata
la materia di carattere disciplinare, elencava i casi in cui poteva aversi
la rescissione del rapporto di lavoro.
In proposito è importante sottolineare come l’aver reso
obbligatorio il ricorso al concorso pubblico per l’assunzione di
personale presso gli enti ospedalieri e l’introduzione di esami
nazionali e regionali di idoneità, abbia inteso assicurare, almeno sulla
carta, una sicura qualificazione dei medici e di tutti gli altri operatori
al momento del loro inserimento negli ospedali.
Tuttavia anche in seguito all’entrata in vigore della legge n. 132
del 1968 il sistema sanitario italiano resta caratterizzato da una
pluralità di interventi dettati da motivazioni diverse e svolti da
un’organizzazione composita, sviluppatasi dagli inizi del secolo senza
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quel necessario coordinamento che sarebbe stato logico attendersi in
relazione ad effettive necessità della popolazione.
Alla tutela della salute provvedevano allora da una parte
l’assistenza pubblica e dall’altra la previdenza sociale. L’assistenza
pubblica, oltre all’assistenza ospedaliera, provvedeva ad una funzione
generica di tutela degli indigenti ed era elevata a pubblico servizio
attuato attraverso appositi organi dello Stato, delle Province e dei
Comuni. Lo Stato provvedeva direttamente all’assistenza dei soggetti
affetti dalle cosiddette malattie sociali: malaria, lebbra, tracoma,
postumi di poliomielite, ecc.
I Consorzi Provinciali Antitubercolari provvedevano ad
assicurare i servizi di profilassi e di assistenza contro la tubercolosi.
Le Province provvedevano alla istituzione e al mantenimento
degli Ospedali Psichiatrici.
I Comuni all’assistenza in favore degli ammalati poveri,
assistenza che comprendeva sia le cure mediche ed ostetriche
(Condotte Mediche ed Ostetriche) sia la somministrazione delle
medicine necessarie.
Infine lo Stato aveva istituito alcuni enti non territoriali, che
finanziava parzialmente, fra i quali ricordiamo l’Opera Nazionale
Maternità ed Infanzia (OMNI) per la tutela delle madri e dei fanciulli
in campo igienico-sanitario e la Croce Rossa Italiana (CRI) avente lo
scopo di soccorrere la popolazione civile, feriti, ammalati.
Come si vede dal 1948 può individuarsi la prima data utile per
la serie ciclica decennale di riforme organizzative del settore sanitario.
La seconda riforma fu infatti la legge n. 132 del 1968 poi ci fu la
grande riforma del 1978 la legge 833 istitutiva del S.S.N. mentre nel